I musei, le gallerie, le fondazioni, gli spazi espositivi di mostre permanenti e/o temporanee sono, purtroppo, i siti meno indicati da frequentare, in un periodo in cui è assolutamente necessario evitare di uscire dalle proprie abitazioni e assembrarsi in luoghi affollati. Ciò ha comportato la chiusura di mostre e sedi museali fino al 3 aprile, come decretato dal DPCM denominato #iorestoacasa, prolungata ulteriormente fino al 18 maggio. Alla luce del nuovo decreto d’urgenza, che impone ulteriori restrizioni per il contenimento del contagio da Covid-19, le istituzioni museali e gli operatori culturali di tutta Italia e del mondo stanno rispondendo all’emergenza coronavirus con iniziative e dinamiche intelligenti, avvalendosi della tecnologia avanzata, col fine di garantire la fruizione digitale dei contenuti culturali, da casa, a tutti gli utenti interessati.
Per portare al mondo esterno le diverse attività svolte a porte chiuse, molte delle grandi realtà museali italiane e mondiali approfittano di queste giornate particolari per re-inventarsi, con programmi online e sui social, attraverso l’iniziativa #museichiusimuseiaperti e la campagna #laculturanonsiferma su Facebook, Instagram e Twitter.
Inoltre, grazie a una fedele mappatura delle sale dei musei e all’alta qualità delle immagini che riproducono le opere esposte, sono sempre di più i siti che offrono l’esperienza della visita virtuale, facendo uso della stessa tecnologia utilizzata dal progetto “Street View" di Google; collezioni provenienti da ogni parte del mondo, infatti, sono state digitalizzate sulla piattaforma Google Arts & Culture, precedentemente Google Art Project (lanciata il I° Febbraio del 2011), attraverso la quale è possibile osservare dettagli microscopici di dipinti e sculture e, dunque, ammirare le collezioni più celebri direttamente dal proprio computer.
Per quanto attiene il panorama italiano è giusto evidenziare, senza voler entrare nell'ambito delle criticità emerse in merito alla qualità di alcuni contenuti e iniziative realizzate, come tale sfida abbia rivelato la scarsa digitalizzazione dei musei italiani.
Tale mancanza, che ha comportato la corsa ad una produzione accelerata e talvolta dettata da un "isterismo digitale" come denunciato da una voce esperta di digital media e comunicazione digitale del patrimonio culturale quale è Nicolette Mandarano, non ha sempre condotto a risultati positivi. Il rischio è stato infatti quello di sfociare in un bombardamento mediatico fine a se stesso. Non tutti i musei si sono trovati preparati ad affrontare una vita alternativa sul web, perché sono poche le istituzioni che dapprima dell'emergere di questa situazione stavano lavorando in quest'ottica.
Ciò emerge dai dati Istat in cui si rileva che al dicembre 2019 solo il 10% dei musei italiani ha effettuato la catalogazione digitale del proprio patrimonio. Le indagini sulla digitalizzazione condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e nelle Attività Culturali, hanno dimostrato come su un campione di 476 musei italiani il 76% non avesse un piano strategico d'innovazione digitale.
Tale indagine del 2019 ha condotto alla presentazione, nel luglio dello stesso anno, del Piano Triennale per la Digitalizzazione e l’Innovazione dei Musei a cura del Mibact.
L'accelerazione forzata prodotta dal lockdown potrebbe risultare l'occasione per attivare una reale svolta nell'investimento sul digitale da parte dei musei, purché comporti un accrescimento strutturato di valore che ripensi la comunicazione sul lungo termine, non limitandosi al voler essere solo il più attivo.