Un Visual Diary è una narrazione per immagini di esperienze vissute, in costante aggiornamento come la vita di chi racconta. Questa pandemia ha messo a dura prova la nostra quotidianità e tanti artisti hanno deciso di approcciarsi a questa modalità tramite il medium digitale Instagram, in un fare arte che non si eleva bensì si avvicina ad un'umanità rinchiusa per dare voce ad uno spaccato di vita condiviso. Portandosi "il peso di una casa che ormai è me" (cit. Solita Solitudine, Day 67), la giovane artista Giulia Castagna ha condiviso per ben 75 giorni la sua storia.
Giulia Castagna (Ancona, 1992) è artista poliedrica, sia per la varietà di temi che affronta che per le tecniche con cui si interfaccia. Il percorso di studi in Decorazione, intrapreso all'Accademia di Belle Arti di Macerata e ora giunto al termine con la magistrale all'Accademia Albertina di Torino, bene si accompagna alla sua predisposizione a misurarsi con diversi materiali, prediligendone la componente scultorea.
Nella sua formazione si interfaccia più volte con la realtà internazionale: nel 2014 attraverso il workshop Green and Brown sull'Isola di Ouessant (Bretagna, Francia), e nel 2015 con un traineeship a Cluj-Napoca in Romania, collaborando con l'Universitatea de arta si design. È da quest'ultima esperienza che inizia il suo lavoro di ricerca tra corpo, cibo e contemporaneità. Nel 2014 partecipa anche alla mostra collettiva Sculture strutturali, il senso del drappeggio, presso il Museo statale Omero di Ancona con sculture in carta pesta e disegni progettati per persone ipovedenti.
I temi centrali del suo lavoro attuale sono il tempo, come possibilità di cogliere una nuova forma delle cose senza mutarne la sostanza, e il corpo, come strumento di conoscenza e lettura della realtà. L'argomento preferito è però senza dubbio il pasto, come momento culturale di scambio e di esperienze. Tra i materiali più usati vi sono gesso, cera, ceramica e trucco.
Com'è nato il progetto Solita solitudine, il visual diary sulla tua vita in quarantena?
Non sono mai uscita fino ai primi di maggio eccetto per buttare la spazzatura. Questa situazione mi ha fatto trovare non solo la forza di credere che le esperienze che mi avevano fatto dubitare della mie capacità ora mi tornavano utili, ma ho scoperto la solitudine dell’isolamento. Ho seguito diversi dibattiti di artisti e creativi che spingevano altri colleghi a fare “grandi cose” e non limitarsi ai “disegnini”, invece io volevo ripartire dalle basi, dalla cosa più immediata. Volevo creare contenuti continuando ad usare Instagram come sketchbook digitale. Lo sketchbook digitale era l’obiettivo: qualcosa che mettesse tutti allo stesso livello nella medesima situazione.
Tra le altre cose non potevo mettermi a lavorare per questioni di mancanza di spazio. Mi sono concentrata su contenuti divertenti e quotidiani anche per sdrammatizzare. Sarò sincera: è stata un’esperienza forte, unica e piena di paura. Mi ha fatto capire la mia responsabilità di cittadina e come creativa. Inoltre ho scoperto che mentre molte persone sono terrorizzate all'idea di stare da sole, io me la sono cavata alla grande. Ora penso solo a perdere i chili accumulati!
Con quale tecnica realizzi le tue illustrazioni?
Le illustrazioni sono tutte create attraverso una tavoletta grafica ricevuta in regalo a Natale, non una di quelle professionali ma le classiche da prime esperienze per neofiti.
Vi sono temi ricorrenti nel tuo lavoro?
Il diario è stato strutturato sui pensieri, sulle azioni e sui contenuti dei libri che leggevo. Guardavo molto i social, le frasi, le battute, i diversi sketch di colleghi, e volevo ribattere ma cercando di far comprendere l’importanza di uno sguardo che fosse anche positivo su questa condizione di solitudine.
I grandi artisti, scrittori e creativi del passato erano abituati a creare chiusi in una stanza. Perché dovevo temere questo momento storico? Mi sono ritrovata come molti a passare da una quotidianità ricca di cose da fare a non avere più nulla. Ho deciso di riempire il tempo con quesiti filosofici e rispondere ai vuoti con l’ironia. Tante sono state le domande e tante le risposte; da problemi esistenziali a problemi circostanziali, da oggetti funzionali ad oggettistica inutile. È stato bello vedere tutto da una prospettiva diversa. Credo mi abbia aiutata molto a superare anche la perdita di alcune persone.
Come sono cambiati i luoghi e i soggetti del tuo "Diario" nel corso delle varie "Fasi"?
Ho letto ogni fase come cambiamento. La "Fase 2" mi ha fatto sentire un po' come un neonato, quando tra una spinta e un’altra esce dal grembo materno. La mia fase è cambiata nel momento in cui ho deciso dopo tanti dubbi di tornarmene a casa.
Con l'avvento della Fase 2 e il ritorno a casa, ho visto che hai iniziato una nuova rubrica. Ci vuoi dire qualcosa in proposito?
Ho ragionato molto sulla "salute mentale" che veniva sponsorizzata dalle pubblicità e dai social. Molti dei libri che ho letto in quarantena trattavano proprio del “ricercare il selvaggio”, la propria natura, il proprio sé. Mi sono chiesta perché molte persone si siano fatte assorbire dalla paura, senza rileggere i propri cupi pensieri come un motivo di crescita. Non dovremmo aver paura di essere umani, di soffrire, di piangere o di impazzire. Siamo imperfetti, accettiamoci.
Anche i creativi prendono delle posizioni, non in schieramenti politici, ma sempre per la difesa dei diritti umani. In una società decadente creare è l’unico modo per poter rimediare ai terremoti dell’umanità. Così nasce This is me. Non ha una cadenza giornaliera come Solita solitudine, non volevo diventasse troppo da manuale del tipo “ i 10 consigli per diventare te stesso”. Lascio che il mio vivere ogni giorno "qualcosa" possa aprire il dialogo su un argomento, una riflessione, o permettere uno sguardo dentro se stessi. Mi son detta: “ognuno dovrebbe viaggiare con uno specchio all'altezza del cuore e della sua mente”. Non sono un life coach, infatti uso sempre i miei disegnini; alcuni complessi altri veramente banali, per ricordare la semplicità come filo rosso che unisce tutti. Pensieri semplici, immagini veloci ma ricche di simboli.
Ci sono alcune illustrazioni a cui sei particolarmente legata?
Sono affezionata a molti dei miei sketch, in particolar modo al Day 47, Day 55, Day 61, Day 67 e 69. Sono quelli che più rappresentano il modo in cui ho vissuto il modificarsi delle varie fasi e delle mie paure. Dall'ossessione della spazzatura organizzata in uscite mirate, al voler essere la paladina della legge “Sailor covid-mood”. Dall'aggiornare il mio curriculum vitae lavorativo con l’esperienza di esser riuscita a sopportarmi per 60 giorni, al semplice sentire il peso delle mura o il desiderio di tornare dalla mia famiglia. Sono cose normali, di vita, prima si accettano e prima cresciamo trovando quello di cui abbiamo realmente bisogno.
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