[11 febbraio 2023]

Articolo su Rivista

Articolo all'interno della rubrica online "L'Ospite", in "La Chiave di Sophia", Nodo Edizioni, Treviso, 2023. ISSN: 2531-954X

[pubblicazione]

"Interruzioni, ispirazioni e scelte. Sull'impotenza progettuale dell'eccesso"

L’ispirazione – questione alquanto dibattuta nel mondo artistico e quasi mai compresa al di fuori di questo – potrebbe essere definita, forse un po’ rozzamente, come un cartello ad un bivio, come il motivo forte di una scelta. Come ciò che, finalmente, ci smuove. E smuovere è più che muovere, poiché presuppone una situazione di precedente stallo.


***


“FORSE DOMANI...”


Si racconta che, nel 1967, niente meno che l’architetto Carlo Scarpa, convocato all’ultimo minuto da due colleghi per l’allestimento italiano per l’Expo di Montreal previsto in quell’anno, sollecitato a dare una risposta in tempi brevissimi, abbia detto loro qualcosa come: “Non lo so, forse domani mi viene un’idea, forse tra un anno, forse mai” (Lanzarini O. [2009], Carlo Scarpa e il disegno, in DISEGNARECON n. 3 - Codici del Disegno di progetto. Appunti di studio, Vol. 2, 2009, p. 6). Si potrebbe affermare: questione di “ispirazione”.

Ecco, queste parole di Scarpa, forse il più grande architetto d’Italia del secolo passato, ritengo possano tornare utili per un discorso intorno alla progettazione, a più di mezzo secolo di distanza – una progettazione intesa in senso ampio, che non vuole riguardare solo l’ambito artistico ma, più in generale, quello della vita.



ABBONDANZA ED ECCESSI


Viviamo nell’era dell’abbondanza.

L’attuale surmodernità – Marc Augé battezza con tale termine l’epoca contemporanea – è, per definizione, opulenta ed eccessiva, qualcosa di tracotante: “È dunque attraverso una figura dell’eccesso [...] che si può cominciare a definire la condizione di surmodernità” (Augé M. [1992], Nonluoghi, Elèuthera, Milano, 2009, p. 52).

Un altro pensatore che avalla la condizione di odierna “abbondanza” – in primis, abbondanza di reti sociali e di risorse artificiali – è il filosofo Byung-Chul Han, che parla di depressione e burnout, le due nuove malattie del secolo, come causate da un eccesso: “Si tratta di stati patologici da ricondurre a un eccesso di positività. [...] La violenza della positività [è] derivante dalla sovrapproduzione, dall’eccesso di prestazione o di comunicazione” (Han B.-C. [2010], La società della stanchezza, Nottetempo, Milano, 2020, pp. 17, 18).

All’interno di questa cornice, viviamo, anche, nell’era dei “big data”: dati non di per sé grandi e rilevanti, ma tanti. Tantissimi. Grandi masse di dati che, assieme con l’ovunque diffusa sovrainformazione, sono indiscutibilmente utili in molti ambiti, inequivocabilmente troppi se si parla di progettualità e progettazione.

Difatti, pensare che da una situazione sovrainformata o sur-dataistica – ovvero costituita di una quantità smoderata ed apparentemente infinita di dati – possa nascere in automatico un progetto è come pensare che da un’orgia di impotenti possa nascere una creatura: piuttosto difficile. L’abbondanza non sempre è sinonimo di fertilità.



PROGETTI E SCELTE


Riassumendo, si potrebbe affermare che l’odierna sur-modernità, più che nel passato, ci allontana dal fare e compiere delle scelte. La sovrainformazione mediatica, poi, nasce anche dall’infinita disponibilità di spazio per lo stoccaggio e per l’archiviazione: spesso non ci curiamo della rilevanza delle informazioni proprio perché tanto si tratta solamente di qualche kilobyte in più – che sarà mai?

Ecco allora che il nostro “archivio mentale” assomiglia sempre più a quell’orgia infeconda. Insomma, direbbe Jason Bourne: “Cerca di capirmi: devo sapere alcune cose. Non tutte: tante quante ne bastano per prendere una decisione” (Ludlum R., The Bourne identity. Un nome senza volto (1980), citazione ripresa in Fisher M. [2009], Realismo capitalista, Nero, Roma, 2018, p. 117).

Alla base del progetto, infatti, c’è sempre una scelta. E la scelta, sin dalla sua etimologia, sta a rivendicare l’atto del separare: la scelta presuppone dei rifiuti, delle negazioni e degli scarti. Prendere delle decisioni – ovvero, in termini minimi, progettare – significa compiere delle scelte, così discernendo e separando l’enorme, e di per sé inutile, montagna dataistica ed informativa. Lo scegliere ci costringe a dei bivi che, uno dopo l’altro, ci fanno fare a fette l’immensa mole dei dati che ci si parano di fronte – ché questi, da soli, non porterebbero ad alcunché.


***


Cosa ci smuova di fronte a questi bivi è ancora sotto sotto incerto. A quanto pare, perlopiù nel mondo artistico, alcuni la chiamano “ispirazione”. Sta di fatto che c’è di mezzo il concedersi del tempo proprio, del tempo-con-sé.

Riprendendo Paul Valéry, la scelta inizia con un’interruzione: interruzione rispetto al flusso e rielaborazione critica – e quindi progettuale – dei dati a disposizione. E l’ispirazione prende le mosse da un’interruzione: essa è più simile ad un rebus dentro di noi (fenomeno interiore) che ad una folgorazione dal cielo sopra la nostra testa (fenomeno esteriore).

E a qualcuno che dovesse ancora chiedere cosa si intende con tale parola, allora, dovremmo modestamente rispondere: “Non lo so, forse domani mi viene un’idea, forse tra un anno, forse mai”. 

Testo completo:

Libri di riferimento:

Marc Augé, Nonluoghi, Elèuthera, Milano, 2009

Mark Fisher, Realismo capitalista, Nero, Roma, 2018

Byung-Chul Han, La società della stanchezza, Nottetempo, Milano, 2020

Byung-Chul Han, La società della trasparenza, Nottetempo, Milano, 2014

In questa pagina:copyright dei testi – Tommaso Antiga