A Castellammare del Golfo un tempo c’erano “chiddri chi tagghiavanu lu scantu” e si andava da queste persone allorquando una persona era spaventata, per svariati motivi . Costoro davano molta importanza alla segretezza dell’orazione e la si poteva dire solo nel momento di bisogno, ossia quando la persona stava male e vi si recava per farsi “tagghiari lu scantu”, mentre in altre occasioni, o quando non c‘era “malattia”, non si poteva recitare, poichè non aveva validità.
Inoltre, per avere detta la “razioni” bisognava essere a digiuno, altrimenti non aveva efficacia e meglio ancora se detta di venerdì, e in questo caso l’orazione sarebbe valsa per tre sedute.
Non la si poteva insegnare ad altri e se proprio si doveva fare, bisognava trovarsi in chiesa, in giornate particolari, la notte di Natale o di Pasqua, e si poteva recitare solo una volta.
In pratica bisognava essere svelti a scriverla mentre l’altra la recitava.
S. Michele Arcangelo
Il cerimoniale è tutto particolare e sta nella via di mezzo tra la medicina, la magia e l’esorcismo.
Il rituale veniva iniziato mettendo la mano sulla pancia dell’ammalato, (per così dire), massaggiando la parte lesa: “la bocca dello stomaco”, poi prendeva un crocefisso poggiandolo dalle ginocchia fin sulla testa, invitando la paziente a baciarlo per tre volte. Poi fa il segno di croce su alcune parti del corpo della “malata”: sulla fronte, sul petto e sullo stomaco, e inizia a recitare:
A nome di Dio Gesù e Maria, io ti benedico a nome dello Spirito Santo.
S. Giovanni, S. Ignazio, S.Vito e Santa Crisenzia, libera questa creatura da spaventi, fatture, dispiaceri, disgrazie, pericoli, mali e da nemici.
S. Andrea, S. Pasquale, Santu Brannu, a vui m’arriccumannu, queste grazie che fate io le predico.
S. Michele Arcangelo difendila dalle battaglie, siate di presidio contro le malignità e le insidie di satana, Dio ce lo imponga, supplici te ne preghiamo, con la tua presenza distruggi tutte le insidie del maligno, e tu Principe celeste caccia giù negli abissi satana e tutti gli spiriti maligni che si aggirano nel mondo per la rovina delle anime. Arcangelo Gabriele tu in vita e morte proteggi i tuoi fedeli.
Finita l’orazione, consigliava di fare per la sera un impacco sulla pancia con foglie di salvia cotte, impastate con un “muddricuni di pani” e di passare sullo stomaco la mano unta di olio, ripetendo questa frase: “ogghiu di lu comuni chi abbatti scanti e duluri”.
Per “togliersi lo spavento", certe persone che "sunnu pigghiati di scantu" si recano in pellegrinaggio nella cittadina di S. Vito lo Capo.
All’ingresso del paese c’è una piccolo Tempio, dedicata a Santa Crisenzia, nutrice di San Vito, a cui la leggenda attribuisce poteri miracolosi. Infatti, secondo un'antica credenza popolare, per togliersi lo spavento, bisogna mettersi con le spalle verso la cappella, e dopo aver preso un sasso lo si tira indietro in direzione della cappella. Poi fatto questo, ci si allontana, senza voltarsi indietro, altrimenti lo spavento rimane e tutto il rituale non ha efficacia.
La cappella di Santa Crisenzia all'ingresso di S. Vito lo Capo
La leggenda racconta che in questo posto Santa Crisenzia si voltò per guardare indietro, per vedere che fine facevano gli abitanti di Conturrana (il nome che aveva S. Vito una volta) e rimase pietrificata, nel punto dove ora sorge la Cappella a Lei Dedicata.
→ Notizie su S. Vito Martire e sul Santuario di S. VitoLo Capo (TP)
S. Vito Martire