Da Ponte Caffaro a Langhirano del 14 luglio 1866 - Affrancata con 20/15 c. annullato con bollo numerale.
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Ponte Caffaro nel Tirolo 14 luglio 1866
Mio amatissimo Filippo
Dopo la vostra del primo corrente non ebbi più notizie né di voi né della famiglia. Se non vedessi il disordine che regna nel servizio postale qui in Tirolo vi confesso che questo lungo silenzio mi condurrebbe ad inquietudine. La mia salute non potrebbe essere migliore, l’aria balsamica, la bontà delle acque compensano le molte privazioni che tutti noi dobbiamo sopportare.
Per ora qui non abbiamo feriti, quelli degli scorsi giorni sono stati tutti inviati a Brescia. Il nostro Mora continua a star benino; è tranquillo e sereno come se fosse in salute e non avesse lasciata qui la sua gamba sinistra. Così mi scriveva un amico da Brescia.
Il movimento in avanti di tutta la linea è cominciato ieri con il passaggio del 7 Regg.to e di un Battaglione dì Bersaglieri regolari accompagnati da due buone batterie di cannoni da otto. Garibaldi passò di qui ieri e pose il suo quartier generale a Darzo, piccolo paese lontano da Caffaro due miglia e mezzo, giusto di fronte al nemico. I Tedeschi a quest'oggi si ritirano senza colpo ferire e si concentrano in un piccolo forte detto D'Ampola che l'artiglieria nostra smantellerà domani in poche ore. Garibaldi non può ancora montare in sella la sua ferita però è quasi cicatrizzata. Si mostra ai soldati in carrozza scoperta con uno strano berrettino sul capo sempre calmo e ridente.
Nei Reggimenti c'è ancora un po'di feccia che porta disordine; la maggioranza però è formata da persone rispettabilissime, pronte a tutti i sacrifizi, donata al paese e alla disciplina. Se non vi fosse del patriottismo credete pure che gravi torbidi regnerebbero perché molte volte i poveri Soldati mangiano al Lunedì il rancio della domenica. Le rapide mosse, la mancanza di persone notabili in tutti i paesi, un po' di disordine forse anche del Corpo Garibaldino, determinano spesso il ritardo nella distribuzione dei viveri.
Nell'ultimo combattimento succeduto qui a Caffaro il giorno 10 i soldati assalirono impetuosamente il nemico e lo inseguirono per sei miglia a stomaco digiuno da 14 ore circa.
Ieri sera a Darzo vidi Gianni Righi e molti altri Parmigiani. M’accorgo che la carta mi manca, debbo perciò contro la mia volontà far punto. Se al Caffaro ci fossero delle sovracoperte riempirei anche la quarta facciata ma purtroppo mi trovo in un paese poco differente dall’ameno Trefiumi.
Addio mio caro Filippo………..
Il vostro Gianlorenzo
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La lettera è scritta da Ponte Caffaro, località famosa perché fu teatro del primo scontro tra Garibaldini e Austriaci avvenuto il 25 giugno, e riporta una breve cronaca della battaglia di Lodrone avvenuta tra il 7 e il 10 luglio 1866. Si trattò di un’altra offensiva Austriaca che costrinse i Garibaldini a ritirarsi dapprima a Lodrone e poi a Ponte Caffaro. Qui, due compagnie del 3º Reggimento resistettero, sostenute dall'artiglieria, e poi passarono all'offensiva con tutto il reparto costringendo il nemico ad abbandonare Darzo e a ripiegare in disordine a Storo e nella Valle d'Ampola. Molto interessante, dal punto di vista storico, il fatto che il Basetti desse per scontato già dal giorno 14 luglio che l’obiettivo militare di Garibaldi fosse la conquista del forte d’Ampola e che l’artiglieria dei volontari avrebbe avuto facilmente ragione delle difese del forte già il giorno successivo. In realtà in forte cadde il 19 luglio e solo dopo lo svolgimento della sanguinosa battaglia di Condino descritta nella lettera successiva.
Di grande interesse anche il riferimento al Garibaldino Mora. Grazie alla cortese segnalazione di un suo discendente ho scoperto trattarsi del Parmense Luigi Mora, appassionato sostenitore della causa Risorgimentale e veterano della Guerra del 1859 durante la quale, a San Martino, venne gravemente ferito e successivamente decorato. Il giorno 7 luglio 1866, durante la carica dei Garibaldini volta a respingere la prima offensiva Austriaca sferrata dal Capitano von Gredler, Luigi Mora venne colpito da una granata alla gamba sinistra. La ferita era di tale gravità che fu necessaria l'amputazione e il successivo ricovero all'ospedale di Brescia. Avvocato di grande fama al termine del conflitto del 1866 ritornò a Parma dove in seguito divenne Professore Universitario di diritto costituzionale. Per dare la misura della tempra dell’uomo riporto un passo di un articolo biografico della Gazzetta di Parma del 1925 che descrive lo svolgersi dell’intervento chirurgico di amputazione dell’arto subito dall’Avv. Mora.
Luigi Mora
Questa lettera è scritta da Gianlorenzo Basetti al fratello Filippo . Lo scrivente è un medico di Parma, fervente Garibaldino, arruolatosi tra le camicie rosse e nominato medico di battaglione. Si tratta di una figura di rilievo storico perché dopo la campagna del 1866 seguì Garibaldi a Mentana e in seguito fu lo stesso Garibaldi a volerlo con sé a dirigere il servizio medico dell’esercito dei Vosgi nel corso delle operazioni in Francia nel 1870-1871. Al termine dell’esperienza militare si dedicò alla politica e a partire dal 1874 divenne deputato e rimase sui banchi parlamentari per 35 anni sempre militando nella Sinistra storica e battendosi per importanti cause sociali tra le quali si ricorda la sua battaglia contro l’imposizione della tassa sul macinato.
L'amato fratello Filippo , di due anni più giovane, era invece una figura eccentrica ed affascinante. Uomo di vastissima cultura, pittore, musicista e mecenate si distinse per alcuni pamphlet satirici pubblicati sulla rivista "Il fischietto" e per l'amore per la natura spinto al punto da impedire qualsiasi taglio nei boschi di proprietà della famiglia che diventarono delle selve. E' dato di pensare che mentre il povero Gianlorenzo combatteva e si angustiava per l'assenza di lettere da parte di Filippo lo stesso - assorto nello studio dei quadri del Correggio di cui era un grande cultore - fosse probabilmente sopraffatto da più lievi pensieri.
Gianlorenzo Basetti