Lettera non affrancata da Monzambano a Milano del 28 giugno 1866 tassata con timbro a tampone “3” decimi di lira . Al recto annulli di transito di Volta e di arrivo di Milano
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Pregiatissimo Signore
Monzambano, 28/6/66
Ho la compiacenza di parteciparle che suo figlio Cesare questa mattina migliorò in modo che i medici curanti sperano che fra pochi giorni sarà in convalescenza. Son certo che avranno ricevuta una altra mia non che quella di T. Marco diretta al Sig. Carlo Stucchi padre del Cesare ove gli notiziava dello stato e del bisogno di esso di vestiti.
Siano persuasi che al Cesare non manca nulla, che è sorvegliato ed assistito da madri e padri che hanno figli.
Esso è desideroso di vedere suo Padre che non potrà mancare e che io mi unisca al desiderio giusto e Santo di figlio che ama i propri genitori.
Il Cesare per tranquillizzarvi vi scrive pure qui al piede.
Cento baci a tutti dal sempre Di Voi
tutto vostro aff.mo Cesare Aff.mo servitore
Ing. Ercolano Melchiori
Scuserete se non affranco la lettera
ma in paese siamo senza francobolli
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Cesare Stucchi era un volontario Milanese arruolatosi nell’esercito Piemontese e destinato ad un reparto di artiglieria che venne impegnato a Custoza o più probabilmente a Monzambano. Venne ferito molto gravemente da una palla nemica che lo colpì al petto perforandogli un polmone. La sua vicenda ha contorni incredibili che conosciamo nei dettagli grazie al resoconto dell’allora sottotenente delle Guide Cavalleggeri Ulderico Levi riportato nel suo diario di guerra del ’66. Nel memoriale si legge che mentre stava per risalire a cavallo durante le operazioni di ripiegamento della divisione venne chiamato da una donna la quale voleva fargli vedere un ferito che giaceva al primo piano della sua casetta. Salito in fretta, seguito da un furiere dei bersaglieri, vide che ai piedi dal letto, disteso immobile a terra, si trovava un giovane soldato d'artiglieria ferito. Nonostante le scarse speranze Ulderico Levi lo fece caricare su un carro e lo portò al sicuro in una cascina per essere medicato. Il sottotenente Levi fu molto impressionato dalla vista del giovane moribondo e a guerra finita commissionò al pittore milanese Crespi un quadro che ritraesse questo episodio.
Solo nel 1884 Ulderico Levi venne a sapere del tutto casualmente il nome dell’artigliere che aveva salvato e così 18 anni dopo la fine della guerra i due soldati poterono incontrarsi ed abbracciarsi. Ulderico Levi, decorato al valor militare, dopo una brillante carriera militare, divenne prima deputato e in seguito Senatore del Regno.
Tornando al nostro Cesare sappiamo che nella cascina dove gli furono prestate le prime cure erano stati portati molti altri feriti e il nostro artigliere fu deposto accanto al Luogotenente Camillo dal Verme del primo squadrone delle Guide Cavalleggeri che era stato colpito a Monzambano e che spirò tra atroci sofferenze.
Di tale agonia lo Stucchi riferì in seguito i tristi dettagli a Leopoldo Pullè, Ufficiale dei Lancieri di Foggia, patriota della prima ora (corse volontario alla difesa di Venezia nel ’49 a 14 anni) pluridecorato al valor militare e autore del memoriale “Patria, Esercito, Re” che costituisce una miniera inesauribile di informazioni sugli eventi Risorgimentali.
Luogotenente Camillo Dal Verme
Il luogo dove era stato ospitato Cesare Stucchi era la residenza della famiglia Melchiori di Monzambano. Si tratta di una famiglia di grandi tradizioni patriottiche il cui principale esponente era Giovanni Melchiori, fervente Mazziniano, valente chirurgo e autore di molti trattati clinici che in quei giorni si trovava all’ospedale di Salò per prestare assistenza ai volontari Garibaldini impegnati nella campagna del Tirolo. Anni prima, presso la villa Melchiori, aveva trovato ospitalità anche Don Enrico Tazzoli, il famoso martire di Belfiore.
Il padre ed il fratello di Cesare si recarono a Monzambano e portarono il loro congiunto all’ospedale di Brescia dove il giovane volontario riuscì a guarire e a tornare a casa anche se perse un polmone a causa della ferita.
Cesare Stucchi in seguito si sposò e condusse una vita serena al termine della quale si spense a Milano nel 1906.
C’è ancora una circostanza commovente che lega le vicende di Cesare e di Camillo. Nella sua monumentale opera: “Vite degli Italiani Benemeriti” ( Firenze, 1868) Mariano D’Ayala - nella parte dedicata alla morte del Conte Dal Verme - riferisce :
Come non pensare al povero papà Carlo il quale – nonostante avesse il cuore in angoscia per la sorte del figlio – dovette aggirarsi nel cimitero del paese per trovare e contraddistinguere la tomba di un ufficiale a lui sconosciuto ma a cui il figlio era misteriosamente legato e del quale voleva salvaguardare a tutti i costi le spoglie.
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Al termine di questa pagina Risorgimentale così densa di patriottismo, di atti eroici e di sofferenze trovo interessante riportare integralmente quanto riferito da Leopoldo Pullè nel suo già citato memoriale pubblicato a Milano nel 1908 circa una conversazione avuta con Cesare Stucchi pochi anni prima della pubblicazione del suo libro:
“Più fortunato del povero Dal Verme, fu Cesare Stucchi; questi, malgrado la palla nel polmone, portato quasi morente a Monzambano, riuscì invece a guarire e a diventare marito e padre felice. Ma come se la cavò lo Stucchi? L'abbiamo detto: con un polmone di meno. Da buon patriotta, forse pensò allora che avendone due, poteva benissimo sacrifìcarne uno per amore di patria.
Ci incontrammo, viaggiando poco tempo addietro in ferrovia, ed egli ci ripetè il racconto appuntino. Passando in vista di Custoza, si tornò col pensiero a quei bei giorni di palpiti, di gloria.... d'illusioni. E io gli chiesi: — Pare a te che la vita di Camillo Dal Verme.... e il tuo polmone, siano stati bene spesi ?
Non rispose. Ci guardammo a lungo. Ci stringemmo la mano.... e si cambiò discorso ! — Ora è morto anche lui !”