Raffineria Eni a Sannazzaro de' Burgondi

Comunicato stampa 2 dicembre 2016

Incidente alla Raffineria di Sannazzaro de’ Burgundi

Dopo aver ascoltato le dichiarazioni di ATS secondo la quale non esistono rischi per la salute e quelle di ARPA sull’ assenza di significativi incrementi degli inquinanti misurati, dopo aver letto lo Studio di impatto ambientale (SIA) redatto da ENI per l’ampliamento dello stabilimento in cui si afferma che ”l’impegno della raffineria non è rivolto soltanto alle esigenze di produzione, ma anche a garantire la sicurezza e la salute nelle proprie attività, a salvaguardare l’ambiente, ad assicurare un buon rapporto con il territorio”, ci permettiamo di fare alcune riflessioni.

Nella raffineria di Sannazzaro è presente, così leggiamo sul SIA, l’unità di desolforazione catalitica della benzina da cracking che ha la finalità di rimuoverne lo zolfo contenuto. Si tratta quindi di idrogeno solforato (H2S) presente sia sotto forma di componente intrinseca del petrolio naturale, sia come sostanza di risulta durante la sua lavorazione.

L’idrogeno solforato a temperatura ambiente e a basse concentrazioni è un gas incolore che emana un caratteristico odore di uova marcie. Il gas è infiammabile, brucia con una fiamma bluastra a temperature superiori ai 260 C. Secondo uno studio dell’università della California, concentrazioni di H2S nell’aria superiori al 4% sono esplosive. I tipici valori di H2S immessi nell’atmosfera da processi naturali sono inferiori ad 1 ppb (una parte per bilione). Metà della popolazione è capace di riconoscere l’odore acre dell’H2S già a concentrazioni di 8 ppb, e il 90% riconosce il suo tipico odore a 50 ppb. L’H2S diventa però inodore a concentrazioni superiori alle 100 ppm (100 parti per milione) perché immediatamente paralizza il senso dell’olfatto. A dosi fra gli 8 ppb e le 100 ppm, si riportano molti casi di difficoltà olfattive. L’effetto desensibilizzante dell’odorato è uno degli aspetti più insidiosi dell’ H2S perché a più alte mortali concentrazioni, la sostanza non è più percettibile ai nostri sensi.

L’idrogeno solforato è dunque considerato una sostanza tossica a largo spettro, un gas irritante che agisce su molti organi del corpo umano, dalle mucose, quali occhi e naso, agli organi che richiedono maggiori quantità di ossigeno, come polmoni e cervello. Gli effetti dell’H2S sono simili a quelli del cianuro – è infatti classificato nel dlgs 152/06, allegato parte V, di classe II come l’acido cianidrico - poiché interferisce con i processi di respirazione. Il corpo umano normalmente reagisce alla presenza di H2S trasformandolo in zolfo allo stato puro e in tiosolfati che poi raggiungono il sangue o il fegato. Se la quantità di H2S è però troppo elevata, la naturale capacità del corpo umano di disintossicarsi non è più sufficiente e la tossicità diventa letale. L’H2S entra nel corpo umano per inalazione attraverso i polmoni, per via orale attraverso la digestione di sostanze contaminate assorbite nel tratto intestinale, prima fra tutte l’acqua e attraverso la pelle. Fra gli effetti non-letali, i danni sono di natura neurologica e polmonare con vertigini, svenimenti, confusioni, mal di testa, sonnolenza, tremori, nausea, vomito, convulsioni, pupille dilatate, infiammazione alla cornea, lacrimazione, tosse, problemi di apprendimento e concentrazione, perdita di conoscenza. Fra i danni di natura polmonare i sintomi ricorrenti sono edema polmonare, tosse, dolori al petto, difficoltà di respirazione. E’ emersa anche la sua potenzialità a basse dosi, di indurre la comparsa di cancro al colon.

L’ EPA, l’ agenzia americana per la protezione dell’ambiente, afferma che “esiste una sostanziale potenzialità da parte degli impianti legati alla lavorazione del petrolio di immettere H2S in maniera costante nell’atmosfera. La possibilità di venire in contatto con l’H2S aumenta notevolmente per le popolazioni in vicinanza dei centri di lavorazione del petrolio.” Tutte le operazioni di trattamento dei prodotti petroliferi, a qualsiasi livello, hanno la possibilità di emettere quantità più o meno abbondanti di idrogeno solforato, sia sotto forma di disastri accidentali, sia sotto forma di un continuo rilascio all’ambiente durante le tutte le fasi non solo di estrazione ma anche di lavorazione e trasporto del petrolio.

Considerata la serietà degli studi e delle informazioni ricevute sugli effetti dell’H2S non possiamo certo accontentarci delle semplici rassicurazioni che come sempre ci vengono elargite. Stanchi di vivere queste situazioni in una provincia che detiene un primato di malattie tumorali non indifferente, chiediamo che si approfondiscano le criticità della raffineria di Sannazzaro che in media ogni 5 mesi sottopone gli abitanti di Sannazzaro, di Ferrera Erbognone in primis e tutti i residenti della provincia di Pavia a uno choc emotivo e a un danno sanitario e ambientale di notevoli proporzioni. Lo chiediamo innanzitutto alle istituzioni, governo, regione, provincia e a tutti i sindaci che hanno firmato qualche mese fa un protocollo d’intesa proprio per salvaguardare la salute e l’ambiente.

Alda La Rosa