AMIANTO

ANALISI DI FUTURO SOSTENIBILE IN LOMELLINA SULLA PROBLEMATICA RELATIVA ALLO SMALTIMENTO DELL'AMIANTO

Lo smaltimento dell’amianto costituisce un problema di grande complessità per una molteplicità di fattori che, seppure in modo non esaustivo, Futuro sostenibile in Lomellina ha cercato di evidenziare :

1) censimento e quantificazione dell’amianto da smaltire

2) individuazione delle modalità attraverso cui procedere allo smaltimento

3) individuazione delle aree in cui localizzare gli impianti di smaltimento

4) problematiche connesse al coinvolgimento della popolazione

5) individuazione e organizzazione delle modalità di controllo e vigilanza.

1) CENSIMENTO E QUANTIFICAZIONE DELL’AMIANTO DA SMALTIRE

Questo passaggio costituisce il primo e fondamentale obiettivo che deve essere pienamente condiviso da tutti gli enti, associazioni, cittadini che intendano risolvere adeguatamente il problema amianto.

Tale procedura deve tener conto di una sostanziale e fondamentale differenziazione del problema:

a) le aree di alta e straordinaria pericolosità derivante dalla lavorazione del minerale ( Fibronit di Broni ed eventualmente altre)

b) le rimanenti aree dove l’amianto risulta presente nelle diverse modalità di utilizzo.

Evidentemente i modelli per procedere devono essere diversi: per il primo, qualora non sia già stato adeguatamente fatto, occorre uno specifico intervento appositamente predisposto e con risorse adeguate, nel secondo caso invece occorre una più ampia modalità di realizzazione

I punti fondamentali su cui occorre puntare sono i seguenti:

  • comprendere che, tenuto conto che anche una sola fibra di amianto può essere la causa delle mortali conseguenze evidenziate dalle ricerche epidemiologiche, l’obiettivo ottimale risulta quello della eliminazione totale di tutto l’amianto presente sul nostro territorio. Tale risultato non deve essere considerato come un’utopia irraggiungibile ma come un traguardo a cui tendere.

  • organizzare una massiccia campagna di sensibilizzazione a tutti i livelli perché solo con il coinvolgimento di tutti i cittadini il censimento potrà dare i risultati sperati

  • responsabilizzare gli enti territoriali nella gestione della raccolta dei dati relativi al proprio territorio di competenza

  • superare, come prevede la normativa, modelli che individuano nell’adesione facoltativa dei diretti interessati, sanzionando chi non adempie al rispetto degli obblighi di legge

  • predisporre modelli e tabulati di facile ed efficace compilazione

  • tener conto delle aree dismesse e abbandonate

L’obiettivo da raggiungere consiste nella catalogazione a livello comunale mediante schede o tabulati informatici di tutti i siti in cui si trova l’amianto con l’indicazione del proprietario, della

quantità (estensione e peso) e dello stato di conservazione (coinbentazione, copertura tetti ecc.) e conseguentemente della minore o maggiore pericolosità.

I dati riassuntivi vanno poi trasmessi alla Provincia a cui spetta il compito di quantificare la quantità di amianto presente nelle aree omogenee subprovinciali e complessivamente in tutta la Provincia.

Altre modalità, come il rilevamento aereo vanno considerate come integrative a quella prima delineata in quanto questa risulta maggiormente analitica e idonea a programmare i successivi passaggi.

L’obiettivo finale di tutta l’operazione consiste nella quantificazione la più precisa possibile della quantità di amianto presente nell’area provinciale e su tale entità e solo su quella programmare i successivi passaggi connessi allo smaltimento.

2) INDIVIDUAZIONE DELLE MODALITA’ DI SMALTIMENTO

Il secondo elemento che va necessariamente affrontato nell’ambito della problematica amianto, consiste nella determinazione delle modalità attraverso cui procedere al suo smaltimento.

Individuare innanzitutto alcuni punti fermi da un punto di vista metodologico.

a) la determinazione deve nascere da un approfondito confronto e da un’attenta valutazione fra le diverse modalità senza preconcette prese di posizione e senza aprioristiche adesioni o condanne,

b) nell’ambito della valutazione l’aspetto economico deve necessariamente essere tenuto presente ma non deve essere considerato prioritario; infatti un apparente risparmio nella fase iniziale dello smaltimento può essere vanificato dalla necessità da interventi successivi che vadano a sanare pregresse manchevolezze,

c) nella valutazione va altresì considerata l’opportunità o meno di prevedere un’unica modalità o diverse tecnologie.

Queste operazioni devono essere condotte da tecnici altamente qualificati contestualmente alla prima fase dell’operazione precedentemente illustrata.

Quale Impianto?

Futuro sostenibile in Lomellina dopo avere approfondito sia la discarica e sia i vari trattamenti ha cercato di chiarire gli aspetti negativi dell’uno e dell’altro procedimento e gli aspetti positivi certi arrivando alla conclusione che i trattamenti alternativi dei manufatti in amianto, e in particolare quelli finalizzati alla modifica chimico-strutturale dei minerali per la produzione di materiali utilizzabili in altre filiere, sono sicuramente interessanti e da sviluppare, anche se per ora non ci sono serie valutazioni sull’impatto ambientale che possono procurare. In ogni caso alla luce di tutto ciò riteniamo che sia limitativo adottare esclusivamente il sistema della discarica soprattutto per le tante controindicazioni che esso presenta.

Partendo da due considerazioni quelle delle emissioni e del loro monitoraggio e dei consumi energetici abbiamo rilevato che:

Emissioni e monitoraggio

Aspetti dubbi riguardano i sistemi e le periodicità di monitoraggio ambientale per la limitata

conoscenza delle ricadute ambientali sia delle discariche sia degli impianti, ma ciò vale anche per gli impianti di stoccaggio già presenti e per quelli futuri.*

Le emissioni previste e stimate per gli impianti di trattamento termico, considerate le modalità di emissione e di ricaduta ipotizzabile nelle aree circostanti, sembrano avere ricadute sensibilmente inferiori rispetto a quelle della discarica.

*Le modalità di stoccaggio variano in modo importante in relazione alle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti. In linea generale il deposito deve rispettare le stesse modalità di protezione ambientale richieste per le sostanze di classificazione equivalente a quelle dei rifiuti. Le strutture di stoccaggio devono garantire l’isolamento, la protezione e il drenaggio delle aree di deposito e la minimizzazione delle emissioni di polveri ecc.

Consumi energetici

Sui consumi energetici sicuramente il processo di trattamento dei rifiuti di amianto appare molto più efficiente (con minore impatto) addirittura di quattro volte, dicono alcuni esperti, rispetto alla discarica in virtù dei consumi evitati per effetto del riutilizzo del prodotto finale del trattamento.

Ci siamo quindi soffermati principalmente sul problema dello smaltimento dell’eternit, mentre per l’ amianto friabile presente nella Fibronit riteniamo che l’esperienza di Casale Monferrato sia l’unica attualmente percorribile.

Eternit

Smaltimento in discarica

Aspetti negativi

  • la mancata certezza del controllo reale e pubblico nelle varie fasi di costruzione e di funzionamento

  • l’affidamento a privati della gestione della discarica anche se talvolta con un concorso pubblico ma che è sempre troppo limitato

  • realizzazione delle discariche in Regione Lombardia a poca distanza dai centri abitati*

  • il deteriorarsi degli elementi funzionali della discarica nel lungo periodo

  • misure poco chiare di monitoraggio nel rilascio degli inquinanti

  • l’attenzione delle mafie al movimento terra nel territorio lombardo

  • la paura di demandare alle prossime generazioni il problema

  • pochi posti di lavoro

*le discariche per cemento-amianto possono essere realizzate con caratteristiche costruttive meno restrittive rispetto a quelle per le discariche di tipologia corrispondente alla classificazione di rifiuti pericolosi in deroga” al principio generale che ogni rifiuto può essere smaltito solo in una discarica corrispondente alla sua classificazione. Il cemento amianto è un rifiuto classificato pericoloso, ma l’attribuzione di rifiuto pericoloso avviene in funzione dell’ attività che li ha prodotti, in base alla concentrazione di sostanze pericolose. I rifiuti contenenti amianto (qualunque genere sia il prodotto) sono classificati come pericolosi ma i rifiuti in matrice compatta (cemento-amianto, tra cui lastre in eternit) possono venire smaltiti in discariche non corrispondenti alla suddetta classificazione. Nel caso della Regione Lombardia vedi DGR 21.10.2009 n. 10360.

Aspetti positivi

  • solo se la soluzione discarica è temporanea, sicura, controllata, gestita non da privati e di dimensioni ridotte.

  • solo se il trasporto del materiale avviene per brevi percorsi, con nessun attraversamento dei centri abitati e con chiara identificazione dei mezzi che lo trasportano.

Eternit

Trattamenti

Per entrare maggiormente nel merito degli aspetti positivi e negativi dei trattamenti, pure essendo diversi i trattamenti possibili, da quelli di vetrificazione, a quelli metallurgici, a quelli chimici e a quelli termici, ci siamo soffermati su quelli di vetrificazione e su quelli termici di cui principalmente si discute in questo periodo. Possiamo comunque affermare che gli aspetti positivi per tutti questi impianti sono i seguenti:

  • maggiori possibilità di controllo dell’impianto che non è più affidato alla benevolenza della natura, ma alla possibilità dell’uomo di fermarlo purché ci sia un monitoraggio serio e puntuale dell’attività

  • minor possibilità di infiltrazioni di criminalità organizzata

  • creazione di posti di lavoro

  • riciclo materiali dopo il trattamento

Impianti di trattamento di vetrificazione

Il più noto, anche perché operativo nelle Lande dal 1997, è l’impianto Inertam/Europlasma ora EDF.

Il trattamento modifica il rifiuto di amianto mediante una fusione ad alta temperatura utilizzando la torcia al plasma.

Nel trattamento di vetrificazione il trattamento termico può subire l’aggiunta di additivi fondenti che forniscono silice (compresi altri rifiuti) in relazione alle caratteristiche del rifiuto di partenza (in particolare se proviene da coibentazioni). In presenza di fondenti è possibile operare a temperature più basse (800-1.300 °C).

I rifiuti devono arrivare all’impianto in contenitori omologati per il carico diretto, senza manipolazione. Una volta arrivati all’impianto vengono immessi in una camera pressurizzata dove subiscono la frantumazione.

Il prodotto finale è una scoria fusa o vetrificata costituita principalmente da silice che, nel contempo, ha modificato la struttura chimico-cristallina dell’amianto inglobandolo in una matrice simile al vetro, all’ossidiana o al basalto (da 1 tonnellata di amianto si ottengono 850 kg di massa vetrosa e 10 kg di ceneri secondarie da smaltire). Il prodotto finale, inerte, può essere utilizzato quale additivo per la produzione di materiali vetroceramici, per la costruzione di strade o massicciate ferroviarie, in alcuni casi anche per la produzione di altre fibre minerali, come per esempio la lana di roccia.

Aspetti negativi

  • Costi elevati

  • Dubbi sui rischi di rilascio di fibre durante il processo di framuntazione degli involucri contenenti eternit

  • Le polveri e i metalli pesanti sono trattati con un sistema di elettrofiltri e filtri ad alta efficienza con un abbattimento analogo a quello di un impianto di incenerimento rifiuti (ne abbiamo però già una triste esperienza)

  • Adatto a materiale ricavato dalle coibentazioni

Trattamenti di conversione termica

Sono quelli per i quali sono in corso diverse procedure autorizzative in Italia. In Lombardia quello di Lonate Pozzolo per lo smaltimento di 78.000 t/a e sostenuto dagli industriali della provincia di Varese e quello di Montichiari per lo smaltimento di 200.000 t/a.

Il principio si basa sulla modifica chimico-cristallina delle fibre di amianto per effetto del

calore a temperature inferiori a quelle di fusione (tra 650 e 1.300 °C). Gli amianti si trasformano,

per effetto delle modifiche chimiche in specie mineralogiche diverse da quelle di partenza e con incremento delle dimensioni delle fibre che li fa “uscire” dal range di rilevabilità previsto dalla norma, con il passaggio di classificazione da rifiuto a non rifiuto.

Le temperature in cui l’amianto viene modificato sono diversificate a seconda del tipo di amianto.

I prodotti finali possono avere impieghi molteplici, nell’industria delle costruzioni, dell’asfalto,

della ceramica, in percentuali diversificate a seconda delle prestazioni finali richieste al prodotto.

Il trattamento utilizzato a Arborea in Sardegna e proposto anche a Montichiari (BS)

Per amianto friabile e compatto

200.000 - 240.000 T/a

Aspetti negativi

  • Granulazione del materiale con pretrattamento dei rifiuti di cemento-amianto imballati

su pallets che vengono integralmente macinati e inviati ai forni direttamente, senza intervento

umano (ma come si può essere certi che non ci sia rilascio di fibre di amianto anche se non vi è diretto contatto umano?)

  • Forno rotante 1.000- 1.100 °C per 3 ore + stabilizzazione a 950°C (E’ sufficiente a garantire l’innocuità del prodotto finito?)

  • Grandi quantità: 200.000 t/a (trattamanento di tutto l’eternit regionale in 6 anni). Quanti camion con eternit transiterebbero all’anno?

  • E poi tutti gli aspetti già citati all’inizio parlando dei trattamenti relativamente al sistema di monitoraggio delle emissioni.

  • Esperienza negativa a Arborea in Sardegna

Aspetti positivi

Non siamo stati in grado di individuare aspetti positivi

Il trattamento proposto a Lonate Pozzolo (Va)

Per amianto compatto ovvero Eternit

70.000 - 78.000 T/a

Aspetti negativi

  • Mancata sperimentazione del metodo

  • l’innocuità del prodotto finito è garantita in laboratorio ma come in ogni impianto di trattamento termico la temperatura di processo appare l’elemento più critico per il raggiungimento effettivo della completa trasformazione dell’amianto su lastre intere

  • E poi tutti gli aspetti già citati all’inizio parlando dei trattamenti relativamente al sistema di monitoraggio delle emissioni.

Aspetti positivi

  • Lavorazione diretta della lastre su pallets

  • Il trattamento a 1.200 – 1.300 °C per 12-24 ore di manufatti in cementoamianto condotto come dalle condizioni progettuali previste fornisce maggiori garanzie sul prodotto finito rispetto agli altri trattamenti

  • Materiale finale esente da cristobalite che è un possibile cancerogeno (da esperimenti in laboratorio)

3) INDIVIDUAZIONE DELLE AREE IN CUI LOCALIZZARE IMPIANTI DI SMALTIMENTO

Questa è la fase dell’operazione più delicata e critica per le implicazioni che ne derivano.

Infatti la localizzazione degli impianti di smaltimento dell’amianto determina reazioni assai critiche da parte dei cittadini coinvolti direttamente.

Si ritiene quindi che vada preventivamente affrontato un problema ossia se sia preferibile un accentramento degli impianti con la realizzazione di una o di pochissime unità di smaltimento che operino su elevati quantitativi di materiale oppure se siano da preferirsi l’individuazione di più siti che smaltiscono più modeste quantità di amianto.

Evidentemente sussistono ragioni che propendono a favore e contro l’una e l’altra delle due opzioni e quindi occorre un approfondimento tecnico che, oltre ad evidenti motivazioni di carattere generale (problematiche connesse alla valutazione delle distanze, le economie di scala , i problemi di controllo e verifica a medio e lungo termine, ecc.) tenga conto della specificità del territorio interessato alla programmazione dello smaltimento.

Una volta determinato il “quanto”, occorre stabilire il “dove” e a tale proposito si ritiene necessario operare a due livelli necessariamente convergenti:

  • un’approfondita analisi delle caratteristiche del territorio in tutte le sue componenti ed in ragione della scelta effettuata circa la modalità di smaltimento (in altre parole significa che gli studi geologici e morfologici diventeranno maggiormente o meno determinanti in rapporto al fatto che si decida per una discarica o per un impianto di inertizzazione).

Lo studio deve necessariamente essere il più approfondito possibile, supportato da valutazioni di carattere tecnico scientifico di comprovato valore e deve concludersi con la proposta circa gli ambiti territoriali in cui risulti oggettivamente motivata la localizzazione degli impianti.

  • contestualmente alla valutazione tecnica, va sviluppata l’azione di coinvolgimento delle realtà territoriali nella determinazione dei siti destinati agli impianti. Da tale raccordo dovrebbero uscire ulteriori elementi di valutazione, più di carattere antropico, che andrebbero ad aggiungersi a quelli tecnici e consentire una determinazione più ragionata e sostenibile circa il perché di determinate scelte.

Pur nella consapevolezza delle notevoli difficoltà nel superare resistenze di tipo campanilistico che si oppongono a priori a scelte che riguardino uno specifico territorio, si ritiene che la difficile scelta delle aree in cui dislocare i siti destinati allo smaltimento sarebbe più facilmente accettata se adeguatamente giustificata da tutta una serie di motivazioni tecniche e scientifiche e nel contempo sia stata progressivamente supportata dal coinvolgimento diretto delle realtà territoriali di riferimento.

Evidentemente la localizzazione dovrà prevedere adeguate forme di compensazione sia per ciò che riguarda l’impatto ambientale sia per i risvolti di tipo economico.

4) PROBLEMATICHE CONNESSE AL COINVOLGIMENTO DELLA POPOLAZIONE

Un aspetto assai rilevante di tale problematica consiste nella partecipazione della popolazione alle diverse fasi del processo di smaltimento.

Innanzitutto va evidenziata la diversità di approccio che va messa in campo distinguendo tra la popolazione dell’intero ambito territoriale e quella più direttamente interessata perché residente nella zona dove l’impianto verrà realizzato.

Rispetto al primo ambito, occorre procedere ad individuare le forme e i modi attraverso cui poter responsabilizzare i cittadini nella fase del censimento della presenza di amianto sul territorio.

Le modalità sono quelle consuete (distribuzione di materiale divulgativo, incontri e dibattiti, ecc.)

e l’obiettivo deve essere quello di informare adeguatamente tutti circa la pericolosità delle fibre di amianto derivanti dallo sfaldamento dei manufatti di C.A. ancora assai presenti sia nelle strutture abitative che in quelle funzionali all’attività lavorativa.

Qualora presenti sul territorio vanno coinvolte le varie associazioni di volontariato, in particolar modo quelle che hanno finalità connesse alla tutela ed alla salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica.

Anche le scuole vanno contattate e rese partecipi mediante incontri specifici organizzati per alunni ed insegnanti.

Assai più difficile risulta la costruzione di un positivo rapporto quando si tratta di interagire con la popolazione direttamente interessata alla localizzazione degli impianti.

L’esperienza di questi mesi ha dimostrato come la sensibilità della gente sia particolarmente viva rispetto a tale problema e la capacità di coinvolgimento e di mobilitazione dell’opinione pubblica da parte di movimenti e gruppi spontanei assai notevole.

Anche in questo caso si ritiene che l’azione indispensabile da attuare consista nell’informazione la più ampia e completa possibile.

Occorre che vengano date tutte le motivazioni e le ragioni che hanno portato all’individuazione del sito in ambito provinciale e tutte le modalità che saranno adottate al fine di ridurre al minimo i potenziali pericoli derivanti dalla concentrazione in loco di grandi quantità di amianto.

Pur nella consapevolezza che l’ “amianto “ rappresenti una questione che determina risposte altamente emotive, si ritiene che l’unica strategia sia quella del confronto e del dialogo ininterrotto.

5) INDIVIDUAZIONE E ORGANIZZAZIONE DELLE MODALITA’ DI CONTROLLO E VIGILANZA

Un aspetto particolarmente importante della questione, come evidenziato precedentemente è quello relativo alle modalità di controllo e di vigilanza nelle diverse fasi del processo.

Risulta quindi necessario l’individuazione chiara del “come” e del “chi” e le relative responsabilità.

Si ritiene che le attuali forme di controllo siano ampiamente insufficienti a garantire un efficace

e valido monitoraggio delle condizioni di salvaguardia ambientale che tale processo richiede.

In tale prospettiva, soprattutto quando la concreta attività di smaltimento avviene da parte di soggetti privati, si ritiene indispensabile un coinvolgimento degli enti territoriali interessati a cui devono essere riconosciuti diritti ed offerti strumenti adeguati per tenere costantemente sotto controllo le operazioni.

Anche la cittadinanza ed in particolar modo le associazioni direttamente interessate devono essere informate e a loro vanno date le informazioni necessarie.

Si tenga conto che qualora fosse scelta la modalità della discarica, i tempi di monitoraggio e di controllo si devono estendere ben al di là dei tempi di effettiva utilizzazione della struttura e quindi si deve necessariamente prevedere e garantire che vengano assicurate forme di controllo e di gestione per un periodo assai più lungo.

Bibliografia

- Direzione regionale Tutela e Risanamento Ambientale, Programmazione Gestione Rifiuti,

Intervento di Bonifica di Interesse Nazionale Casale Monferrato, Torino 2004

- Legge regionale 29 settembre 2003, n. 17, Norme per il risanamento dell'ambiente, bonifica e smaltimento dell'amianto

- Legge regionale 21ottobre 2009, n. 10360

- PDL n. 0056, Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 29 settembre 2003 n. 17 Norme per il risanamento dell'ambiente, bonifica e smaltimento dell'amianto.

- Dlgs 13 gennaio 2003, n. 36, Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.

- Dlgs 27/4/2004, n. 248, G.U. 5/10/2004, n. 234, Processo Trattamenti MCA

- Dlgs 257/1992 (dismissione dell'amianto) e Dlgs 22/1997 (decreto Ronchi).

- Ambiente e Ricerca, Trattamento dei rifiuti di amianto con la meccanochimica, 2003

- Alessandro F.Gualtieri, Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Scienze della Terra, Amianto da risorsa a problema, da problema a risorsa

- Alessandro F. Gualtieri, Quale soluzione per l’emergenza amianto in Italia, Mortara 20 maggio 2011

- Amitalia, Progetto Inertizzazione amianto, Aosta

- Aspireco, regione Sardegna, 2008

- Aspireco, progetto inertizzazione, Montichiari (BS)

- Groupe Europlasma, Inertam, Francia

- Zetadi, Progetto Kry-AS, Lonate Pozzolo (Va)

- Marco Caldiroli, Amianto fuori. Diritti degli esposti e bonifiche ambientali, 5 giugno 2010

- Commissione di Studio per il coordinamento delle iniziative del CNR nel campo dell’amianto e della sua dismissione e sostituzione, L’Industria e l’amianto: I nuovi materiali e le nuove tecnologie a dieci anni dalla Legge 257/1992, Roma 2002

Lo smaltimento dell’amianto nella Provincia di Pavia

Documento sottoscritto dalla

Rete delle Associazioni e dei Comitati per Salute, Ambiente e Sviluppo Sostenibile

Provincia di Pavia

Pavia, 17/2/2012

Il problema dell’amianto affligge ormai da decenni la nostra Provincia, costituendo un allarmante rischio ambientale e sanitario per i residenti, senza che ad oggi sia stato approntato un programma organico per la sua dismissione. Stiamo invece assistendo al proliferare di proposte di impianti (discariche o inertizzatori) dove imprenditori cercano la collaborazione delle istituzioni locali in quello che si prospetta come un vero e proprio business dello smaltimento: simili proposte giungono al di fuori di qualsiasi schema di coordinamento o pianificazione della gestione dell’amianto a livello provinciale o regionale, e senza che si sia ancora effettuato un censimento esaustivo e dettagliato della quantità di amianto presente nel nostro territorio. La risposta allarmata dei cittadini ha portato alla costituzione di diversi comitati locali che pongono l’urgente questione delle strategie da implementare per la risoluzione del problema. Lo smaltimento dell’amianto non può essere affidato a iniziative estemporanee in assenza di una pianificazione provinciale e di preliminari studi scientifici sui possibili siti dove eventualmente collocare nuovi impianti. Un fattore che aggrava il quadro complessivo è la presenza sul nostro territorio di diverse discariche abusive alcune contenenti proprio amianto (l’ultima scoperta è situata a Pavia nel quartiere storico di Borgo Ticino), nonché le notizie di infiltrazione malavitosa nel traffico di rifiuti speciali che giungono sia dalle inchieste in corso sia dalle relazioni semestrali della Direzione investigativa antimafia di Milano, che hanno fra l’altro portato al sequestro della discarica di Cappella Cantone (Cremona).

In questo quadro abbiamo elaborato una serie di considerazioni circa lo smaltimento dell’amianto nella nostra Provincia che riguardano:

    1. il censimento dell’amianto .

    2. le modalità di smaltimento.

    3. l’individuazione dei siti idonei ai futuri impianti in funzione della modalità di smaltimento scelta.

    4. la disamina dei diversi tipi di impianto sotto un profilo economico e ambientale.

    5. le modalità di controllo e vigilanza sul processo di smaltimento.

    6. osservazioni e proposte conclusive.

Censimento dell’amianto

Per il censimento è necessario preliminarmente distinguere le aree ad alta e straordinaria pericolosità (Broni per la presenza dell’impianto Fibronit) dalle altre aree della Provincia. L’area Fibronit, dichiarata “Sito inquinato di interesse nazionale” dalla legge 179/2002, necessita ed è sottoposta a un procedimento tecnico e normativo ad hoc di bonifica e smaltimento assicurato da adeguati protocolli riguardanti il finanziamento e l’esecutività dello smaltimento stesso.

Ad oggi è stato realizzato un primo censimento dell’amianto all’interno della prima fase del PRAL (Piano regionale amianto Lombardia), piano deliberato nel 2005 da Regione Lombardia che prevede il totale smaltimento dell’amianto in Regione entro il 2016 (obiettivo irraggiungibile entro quella data allo stato attuale dei lavori), anche perché non sono stati stanziati fondi per raggiungere questo obiettivo. Il censimento è avvenuto secondo due modalità:

    • per le coperture in cemento-amianto è stato effettuato un telerilevamento aereo a campione a cura di ARPA

    • per le coperture e per gli altri materiali e manufatti si è proceduto con un censimento gestito dalle ASL in collaborazione con i Comuni. Il censimento prevedeva l’autonotifica da parte dei cittadini.

Secondo il censimento, peraltro ancora in corso, è stato trovato amianto in 4.228 edifici pubblici, in 23.972 edifici privati, 1.033 siti (ex aree industriali, logistiche, commerciali), per un totale di 2.700.000 metri cubi.

Riguardo al censimento effettuato rileviamo che ha messo a disposizione dati importanti e rilevanti ma non definitivi in quanto: il telerilevamento è una tecnologia imprecisa, mentre l’autonotifica può essere inficiata dal timore dei cittadini di doversi fare carico dei costi di rimozione dell’amianto.

Per questi motivi è necessario che in Provincia di Pavia il censimento del progetto PRAL venga integrato con dati più accurati. A tal fine è necessario:

    • Organizzare una campagna di sensibilizzazione dei cittadini per favorirne la partecipazione.

    • Superare la facoltatività delle dichiarazioni di autonotifica, prevedendo sanzioni per chi omette di informare le autorità circa la presenza di amianto nelle sue proprietà.

    • Sensibilizzare gli enti locali affinché prestino una fattiva collaborazione nella raccolta dati.

    • Incentivazione all’autonotifica con la garanzia di un costo agevolato per lo smaltimento.

Il censimento deve mappare a livello comunale la presenza di amianto specificando i siti in cui si trova, i rispettivi proprietari, la quantità presente, lo stato di conservazione dei materiali e quindi anche il loro livello di pericolosità, l’eventuale presenza di discariche abusive e relativa collocazione. La Provincia anche a fronte di apposito stanziamento regionale dovrebbe raccogliere i dati di tutti i comuni per predisporre una mappa provinciale che sarà alla base del futuro piano provinciale di smaltimento.

Modalità di smaltimento

Lo smaltimento deve essere con tempi certi e totale, come riconosce anche il piano PRAL, in quanto le patologie causate dall’amianto non dipendono dall’accumulo organico dello stesso, ma dalla semplice esposizione dell’organismo: anche un’unica esposizione alle fibre di amianto può ingenerare processi patologici potenzialmente letali.

Circa le modalità di smaltimento, e le relative tecnologie e impiantistiche industriale, sono ad oggi disponibili due principali tipologie: le discariche (da distinguere in discariche sottoterra e di superficie) e gli impianti di inertizzazione (definizione che comprende diverse tecnologie di inertizzazione e di cottura dell’amianto). Le discariche possono ricevere tutte le tipologie di amianto, mentre la gran parte (seppur non tutti) gli impianti di inertizzazione possono trattare soprattutto l’eternit. In compenso, gli inertizzatori, modificando la struttura molecolare del materiale, potrebbero offrire una soluzione definitiva al problema amianto, anche se va considerato che ad oggi mancano studi scientifici definitivi riguardo la sicurezza degli impianti a livello industriale, la natura delle emissioni dei camini dei forni (e quindi l’efficacia dei filtri), la sicurezza generale della gestione di questi grandi impianti industriali, l’emissione di diossine, i materiali di risulta. Parimenti, anche riguardo le discariche non sono ancora disponibili studi definitivi circa la loro sicurezza in relazione alla possibilità di trattare il percolato eliminando le fibre presenti o, peggio ancora,che il percolato raggiunga le falde e, da lì, riaffiori tramite la successiva evaporazione delle acque.

Inoltre, le discariche non rappresentano una soluzione definitiva, perché l’amianto è un elemento che non deperisce nel tempo, mantenendo inalterata la sua struttura chimico-fisica e di conseguenza la sua pericolosità.

Un elemento comune alle due tipologie di impianto è legato al rischio del trasporto, a partire dal momento dello smantellamento iniziale, fino al suo arrivo alla destinazione finale:

lo smantellamento può causare dispersione di fibre nell’aria, l’operazione di impacchettamento può non essere eseguita in modo ottimale, i mezzi adibiti al trasporto possono essere soggetti ad incidenti

Esaminiamo più nel dettaglio gli elementi di rischio degli impianti, in riferimento alla loro storia attuale.

Discariche

    • Difficoltà nel controllo pubblico nella realizzazione e gestione degli impianti, soprattutto quando la realizzazione e la gestione sono affidate a privati.

    • Rischio di infiltrazioni mafiose (in particolare della ndrangheta) nella movimentazione di rifiuti speciali in Lombardia e in altre Regioni d’Italia dalle quali potrebbe giungere il materiale.

    • Difficoltà nella scelta del sito in riferimento a caratteristiche geologiche e morfologiche assolutamente adeguate.

    • Possibile vicinanza a falde affioranti con rischio di infiltrazioni (tale rischio è ridotto nel caso di discariche o siti di stoccaggio di superficie, e dipende inoltre dalla qualità delle strutture isolanti e di drenaggio).

    • Vicinanza ad impianti industriali a rischio di incidenti (Es. Progetto di discarica di Ferrera Erbognone, in vicinanza ad impianti Eni)

    • Deterioramento degli imballaggi per l’azione del tempo (la parte maggiormente deperibile nel ciclo delle discariche).

    • Deterioramento delle strutture dell’impianto per l’azione del tempo.

    • Difficoltà di individuare ed accertare requisisti di sicurezza dei luoghi di stoccaggio temporaneo.

    • Insufficienti garanzie di sicurezza nel trattamento del percolato prodotto.

Impianti di inertizzazione tramite conversione termica (modello proposto a Montichiari)

    • E’ un metodo sperimentato a livello accademico/di laboratorio ma non ancora a livello industriale.

    • Le polveri sono trattenute da elettrofiltri e filtri ad alta efficienza analoghi a quelli in dotazione agli inceneritori. Il caso degli inceneritori ha però mostrato la criticità dell’intero processo che dovrebbe garantire l’efficacia dei filtri, soprattutto come conseguenza della violazione delle condizioni di funzionamento progettuali dei forni e anche perché a tutt’oggi non esistono filtri in grado di trattenere le polveri più sottili, Pm 0,1.

    • La cottura delle lastre intere disposte su pallets non garantisce, nonostante l’alta temperatura, l’innocuità del prodotto finale nella parte più interna dell’involucro messo a cuocere.

    • Non risulta siano state fatte sperimentazioni in caso di modificazioni delle variabili del processo: temperatura, tempi di operatività, massa di materiale interessato, tipologia del materiale.

    • L’eternit inertizzato dovrebbe essere re-impiegato nell’industria delle costruzioni e dell’asfalto, ma non si conoscono ancora in modo specifico tutti i componenti di risulta e quindi il loro impatto sull'ambiente e sull'uomo.

    • Come per le discariche, la gestione da parte del privato, porta con sé la difficoltà di controllare la sicurezza di tutte le fasi del processo.

Nessuna delle due modalità di smaltimento è esente da criticità e rischi. Va inoltre considerato che i progetti di inertizzazione sono in fase di sviluppo ed elaborazione: i progetti che fino ad oggi sono stati ritirati e i proponenti stanno elaborando nuovi progetti che tengano conto delle criticità evidenziate. Il presente documento ha riportato le osservazioni al progetto di Montichiari (ritirato) elaborate dai Comitati e dalle Associazioni locali con la consulenza di Marco Caldiroli di Medicina Democratica. Oggi è stato presentato un nuovo progetto (Kris-As) a Gianico, progetto in corso di valutazione rispetto al quale non sono ancora disponibili valutazioni di impatto ambientale da parte degli Enti locali né osservazioni proposte da Associazioni e Comitati ambientalisti. In futuro i progetti industriali di inertizzazione potrebbero variare rispetto a quelli proposti in passato: siamo quindi di fronte ad un quadro in evoluzione.

La scelta per l’una o per l’altra soluzione, discariche o impianti di inertizzazione, dovrà conseguire da un’attenta e competente analisi tecnica e scientifica dei progetti a disposizione in relazione ai possibili luoghi di insediamento. Riteniamo inoltre che, quale che sia la soluzione adottata, lo smaltimento debba essere preferenzialmente affidato a società o enti pubblici per garantire maggiore trasparenza e controlli più efficaci.

Individuazione dei siti per l’insediamento degli impianti

La scelta delle aree idonee agli insediamenti deve conseguire da un’approfondita analisi tecnica e scientifica, che tenga conto delle caratteristiche geologiche, idro-geologiche, morfologiche, delle specificità territoriali, della prossimità di centri abitati e di zone ad alta concentrazione di biodiversità. E' altresì indispensabile determinare nell'area individuata il limite di tollerabilità ambientale già presente o in avvenire con la presenza dell'impianto per non superarne il valore per la salute e per l'ambiente.

La valutazione dei siti deve anche analizzare percorsi di trasporto dell’amianto verso e dai siti di stoccaggio o inertizzazione che non passino per centri abitati, e va predisposto un piano di trasporto che preveda non solo i percorsi e le modalità di viaggio più sicuri ma anche modalità di intervento tempestive e pre-programmate in caso di incidente ed eventuale dispersione di amianto nell’ambiente.

Tali scelte devono obbligatoriamente coinvolgere anche le popolazioni residenti, possibilmente tramite un processo partecipativo che permetta di discutere sia i rischi connessi agli impianti sia l’urgenza dello smaltimento dell’amianto per garantire la salute di tutti i cittadini e la salubrità dell’ambiente.

La dimensione degli impianti dovrà essere correlata alla quantità di amianto presente in Provincia così come sarà documentato dal relativo censimento, secondo il principio dell’autonomia provinciale nello smaltimento dei rifiuti e dell’amianto stesso.

Dovranno essere previsti e implementati meccanismi di compensazione ambientale ed economica per i territori interessati.

Controllo e vigilanza

Gli attuali sistemi di controllo e vigilanza della gestione dei rifiuti pericolosi e dei processi di insediamento e gestione delle discariche si sono dimostrati inefficaci, come dimostrato non solo dalla quantità di discariche abusive in Lombardia ma anche dalle indagini in corso sulla gestione illegale dei rifiuti speciali, che vede spesso il fenomeno allarmante dell’infiltrazione mafiosa.

Per questo motivo gli enti territoriali devono essere dotati di efficaci strumenti di monitoraggio e controllo su tutte le fasi dello smaltimento (trasporto dell’amianto, gestione degli impianti, monitoraggio della eventuale dispersione di sostanze inquinanti). Il controllo pubblico deve essere reale e non fittizio, nessun passaggio dello smaltimento dell’amianto deve essere lasciato in mano ai privati, difatti sono gli enti pubblici che devono farsi pienamente carico del problema in tutte le sue fasi. Non deve essere il privato a indicare il sito dove è possibile fare una discarica, non deve essere il privato a cercare il 20% di quota pubblica per avviare un progetto, non deve essere il privato a gestire il sito in tutte le sue fasi. Il controllo delle emissioni degli inquinanti deve essere avviato e programmato in modo estremamente capillare e severo e tutto deve essere messo a conoscenza dei cittadini in tempo reale.

Le procedure di controllo devono prevedere la presenza di commissioni multidisciplinari (Università, CNR, Arpa, etc) e la presenza di rappresentanti dei cittadini aventi la totale disponibilità di verifica di ogni singola fase delle attività e dei processi.

Le nostre richieste:

1. una “moratoria” sulle discariche

Le criticità sullo stato di smaltimento dell’amianto in Provincia derivano dalla mancata programmazione territoriale e dall’assenza di studi tecnici e scientifici che supportino la possibilità di una simile programmazione. E’ urgente superare l’attuale estemporaneità degli interventi, che vedono il proliferare di progetti impiantistici fra loro scollegati e al di fuori di una strategia territoriale di ampio respiro: questo è un motivo ulteriore che avalla la nostra contrarietà ai progetti di discarica recentemente presentati nei Comuni di Ferrera, Cava e Gambolò.

Per questi motivi, e considerate tutte le criticità fin qui esposte, chiediamo che la Provincia di Pavia si faccia sostenitrice, presso Regione Lombardia, di una “moratoria” provinciale sul sistema delle discariche, per fermare i progetti in corso di approvazione e prevenire la presentazione di nuovi progetti non vincolati a un programma provinciale di riferimento.

Chiediamo che la Regione Lombardia e la Provincia di Pavia elaborino un programma per lo smaltimento dell’amianto che tenga in considerazione i seguenti punti:

    1. censimento dell’amianto da smaltire;

    2. indagine tecnica sulle tipologie degli impianti possibili, sulle rispettive peculiarità tecnologiche, sull’impatto ambientale e sulla loro gestione;

    3. pianificazione territoriale: quantificare gli impianti necessari per lo smaltimento (in un’ottica di riduzione al minimo del trasporto) e individuazione dei siti idonei;

    4. elaborazione di nuovi ed efficaci strumenti di controllo e monitoraggio di cui dotare gli enti territoriali.

L’APPROFONDIMENTO

(dal notiziario n. 16 del dicembre 2010 del Comune di Sommo)

Questo non è propriamente un “approfondimento”. Semmai solo l’inizio.

Vogliamo parlare di un progetto di discarica di amianto e di materiali inquinanti che ogni

tanto, da ottobre in poi, compare sui giornali locali. Il progetto è stato presentato, per

competenza territoriale, ai comuni di S.Martino Siccomario e di Cava Manara ma interessa

anche noialtri abitanti di questo bistrattato margine di Lomellina.

Riguarda complessivamente un’area di 140 mila metri quadrati (214 pertiche), una parte

della quale corrisponde all’ex cava Villa, in prossimità della frazione Spessa di Cava

Manara, a cavaliere del confine fra i comuni di Cava Manara e S. Martino Siccomario.

Quest’area è interessata dal famigerato progetto di autostrada regionale Broni-

Mortara. Il tracciato autostradale con le relative fasce di rispetto (complessivamente

150 metri di larghezza) la taglia in obliquo.

Tutta manna per gli ideatori, e vedremo perché.

L’area si dispone al di là della ferrovia, quasi acontatto del mostruoso svincolo “Pavia sud”

disegnato dai progettisti dell’autostrada e destinato a distruggere la vallata di Torre dei

Torti.

Depurati dal nastro autostradale rimarrebbero a disposizione di questo progetto di

discarica circa 16.000 metri quadrati in territorio di S.Martino e circa 70.000 in quello di

Cava Manara.

Il progetto di discarica (che graziosamente si chiama “recupero di una cava”) si focalizza

sulla ex cava Villa, ma poi per rifarsi della “perdita di capacità” dovuta al passaggio

dell’autostrada comprende l’apertura di una seconda voragine in ampliamento della prima,

direzione Casotti. Dalla seconda cava sortirebbero circa 580 mila metri cubi di

materiale sabbioso da “mettere a disposizione” dei costruttori dell’autostrada. D’accordo

con i progettisti ed estimatori della dannata autostrada e venendo incontro alle istanze dei

comuni di S.Martino e di Cava Manara (ci torneremo sopra) i progettisti della discarica

hanno ipotizzato il passaggio dell’autostrada sul fondo della buca anziché in sommità del

suo riempimento. Il loro sacrificio andrà a “vantaggio” dell’ambiente. Infatti, sono parole

loro, “il passaggio in trincea mitigherebbe l’impatto visivo del tratto autostradale locale e

quello legato alla rumorosità del traffico veicolare”. Intanto si portano a casa una cavabis

di buona sabbia da vendere.

Si sta parlando complessivamente di una buca profonda 16 metri. Dentro ci si ficcheranno,

secondo il progetto, 131 mila metri cubi di inerti (lato S.Martino) e 772 mila metri cubi di

cemento amianto (lato Cava Manara). Direte: la riempiranno fino all’orlo, raggiungendo ll

livello della campagna intorno. No, lo supereranno producendo una collina alta

come un campanile. Schermata da alberi, si capisce. Perché l’ambiente è l’ambiente.

Bando ai pessimismi, perché alla fine saremo tutti contenti (più ancora quelli che si

riempiranno le tasche ed i comuni che rimpingueranno il bilancio).

A proposito di comuni, gli è capitata, a S.Martino e a Cava Manara, questa grana da

non dormirci di notte. All’improvviso, dicono. Ma allora come mai negli elaborati del

progetto di discarica si fa riferimento a soluzioni che vanno “incontro alle istanze dei

Comuni interessati” e al fatto che “l’ipotesi del passaggio dell’autostrada in trincea [.....]

sviluppata in accordo con le aspettative dei Comuni interessati, è stata condivisa con i

progettisti dell’autostrada” ?

E’ evidente che questo progetto gira su certi tavoli da parecchio tempo. Del resto l’inutile

(per il pubblico), dannosissima, speculativa autostrada cosiddetta Broni-Mortara e questa

discarica di inerti e di amianto sono tutt’uno.

Risulta chiaramente dal progetto, e del resto ci arriva a capirlo chiunque. Appartengono

alla stessa famiglia. Vedrete quanti fratelli salteranno fuori nei prossimi anni.

Appartengono alla stessa famiglia, ed hanno padrini (di battesimo) in comune. Alcuni

(persone, società, enti locali) li conosciamo. Altri li conosceremo nel prossimo futuro.

Ancora a proposito di autostrada, un inciso fuori tema. Per cortesia non si dica più che il

comune di Cava Manara “è stato fra le poche amministrazioni a dire no al progetto”. Ormai

in questa frase sibillina non ci casca quasi più nessuno. Il comune di Cava Manara è, ed è

sempre stato, fra i promotori dell’autostrada Broni-Mortara. Il suo no è stato soltanto di

comodo, per far spostare un pochino il tracciato (appunto “il progetto”). A dire no

punto a basta è stato soltanto il piccolo comune di Sommo. Ci teniamo, grazie.