Fanghi

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AUDIZIONE REGIONE LOMBARDIA

30 OTTOBRE 2018

Commissioni VI “Ambiente e Protezione civile” e VIII “Agricoltura, Montagna, Foreste e Parchi”, in tema di fanghi da depurazione

In fondo alla pagina trovate le nostre osservazioni sull'ART. 41 e suo emendamento inseriti nella decretazione di urgenza del

Decreto Genova e inviate in Regione Lombardia

in occasione dell'audizione del 30 ottobre 2018

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In fondo alla pagina aggiornamento

Fanghi Provincia di Pavia

2016

INCENERIMENTO DEI FANGHI

Posizione di Futuro sostenibile in Lomellina

Un aspetto particolare del problema relativo allo smaltimento dei fanghi provenienti dagli impianti di depurazione urbani ed industriali consiste nella modalità di eliminazione di tali fanghi mediante la distruzione termica ossia l’avvio degli stessi verso gli inceneritori.

Tale questione che si affianca all’altrettanto grave problema della trasformazione dei fanghi in ammendanti da spandere nei fondi agricoli e che ha raggiunto livelli tali da allarmare giustamente i cittadini delle aree interessate a tale pratica, ha assunto una particolare rilevanza in quanto sembrerebbe che anche il termovalorizzatore di Parona debba diventare un impianto a cui destinarli.

Come associazione da anni impegnata in tutte le battaglie volte a difendere l’ambiente della Lomellina e la salute dei cittadini che vivono in tale area, riteniamo di dover avanzare alcune considerazioni.

Per far ciò si potrebbe partire con un’affermazione paradossale: il problema della distruzione dei fanghi da depurazione negli inceneritori così come quello dei fanghi sparsi sui terreni agricoli si eliminerebbe alla radice se fossero resi inoperosi tutti gli impianti di depurazione attualmente in funzione e non se ne facessero di nuovi.

Una soluzione assolutamente irrealizzabile, perché la sensibilità ecologica maturata nel tempo, le evidenze di carattere scientifico hanno dimostrato contro ogni possibile dubbio che la produzione di scorie e di residui chimici determinati dallo sviluppo industriale e dalle modalità di vita odierne, se non adeguatamente depurati, renderebbero l’aria, il suolo e l’acqua avvelenati e conseguentemente la vita degli esseri viventi sempre più in pericolo.

Allora la prima, inevitabile constatazione : i fanghi derivanti dai processi di depurazione realizzati negli impianti urbani ed industriali rappresentano l’inevitabile conseguenza di un processo volto a salvaguardare l’ambiente naturale nei suoi diversi ambiti e conseguentemente la salute ed il benessere psico-fisico delle persone.

Un secondo passaggio consiste nel considerare l’aspetto quantitativo dei fanghi prodotti. Riteniamo sia necessario riflettere e conseguentemente agire circa l’entità dei fanghi e delle acque reflue che si determinano a valle del processo di depurazione perché la valutazione della loro quantità non è certamente un aspetto secondario e marginale del problema.

In altre parole, accanto ad una prospettiva che punti a depuratori sempre più efficienti e tecnologicamente avanzati, è necessario anche lo sforzo massimo da parte della ricerca tecnico-scientifica, delle strutture industriali e delle forze politiche per la realizzazione di impianti che riducano al minimo la quantità di fanghi.

Tali buone pratiche già sono praticabili e in altre realtà nazionali rappresentano la normale prassi che si segue nella realizzazione dei nuovi impianti di depurazione e nel progressivo recupero di quelli già in funzione.

Sono ormai molteplici le soluzioni che hanno come obiettivo primario quello che punta al filtraggio, alla disidratazione ed alla essicazione dei fanghi e che portano ad una assai consistente riduzione della massa complessiva degli stessi.

Non vogliamo in questo momento sviscerare il problema della necessità di una drastica riduzione dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione perché desideriamo centrare l’attenzione sul rapporto fanghi-inceneritori. Pur essendo la minimizzazione dei fanghi la premessa ineludibile per affrontare il problema dell’incenerimento dei fanghi, occorre ragionare circa i successivi passaggi.

L’assunto fondamentale che dovrebbe presiedere a qualunque scelta in ordine al trattamento dei fanghi e delle acque reflue dovrebbe essere quello che dovrebbe presiedere ad ogni valutazione relativa ai rifiuti: considerare gli stessi come risorse da recuperare e valorizzare e non come scarti da eliminare.

Risulta quindi assolutamente inaccettabile ogni pratica che punti alla distruzione pura e semplice dei fanghi senza aver prima provveduto al recupero di ciò che potrebbe essere ancora utilizzabile.

Per questo motivo è essenziale che si recuperi materia anche nella combustione dei fanghi. Per farlo è necessario che i fanghi siano conferiti a impianti di combustione monodedicati dove il monoincenerimento diventa un’opzione complementare (e non unica) per il recupero di materia come fosfati e inerti.

Recupero del fosforo

La necessità di recuperare fosforo è dettata dalla situazione attuale dove l’accumulo di rifiuti provoca perdite in ogni fase del ciclo del fosforo destando preoccupazioni sui futuri approvvigionamenti. Preoccupazione tangibile in Europa dove esistono riserve limitate di rocce fosfatiche e che già nel 2013 la UE ha manifestato nella Comunicazione consultiva UE sull’uso sostenibile del fosforo, come componente insostituibile dell’agricoltura moderna. In questa comunicazione la UE ha invitato gli Stati membri ad adottare azioni per aumentare l’efficienza d’uso e di riciclaggio del fosforo che comporterebbero molti vantaggi , tra cui una migliore gestione del suolo con benefici in termini di clima e di biodiversità. La Svezia già nel 2015 ha raggiunto l’obiettivo di recuperare almeno il 60% dei composti del fosforo presenti nelle acque reflue da utilizzare su terreni produttivi e sui seminativi.

I processi di monoincenerimento, dalle cui ceneri è possibile estrarre fosfati, sono già stati messi a punto in diversi paesi e ora se ne cominciano a vedere le prime applicazioni commerciali.

La Svizzera, ad esempio, che importava annualmente circa 16.500 tonnellate all’anno di fosforo, indispensabile nella pratica agraria con un evidente esborso per la bilancia dei pagamenti di quella nazione, ha reso obbligatorio il recupero del fosforo dalle ceneri nella recente Ordinanza federale sulla Prevenzione e lo Smaltimento dei Rifiuti (OPSR). “Il fosforo contenuto nelle acque di scarico comunali, nei fanghi di depurazione provenienti dagli impianti di depurazione delle acque di scarico o dalle ceneri risultanti dal trattamento termico di tali fanghi deve essere recuperato e riciclato. Art.15”.

La ragione di tale scelta, oltre a rispondere a criteri di rispetto e di valorizzazione dell’ambiente, ha una chiara valenza economica. Infatti gli studi e le implicazioni tecnologiche già attuate nella Confederazione elvetica hanno dimostrato che da un corretto riciclo delle 220.000 tonnellate di fanghi da depurazione prodotti annualmente si potrebbero ricavare circa 5.800 tonnellate di fosforo riducendone di 1/3 l’importazione.

Recupero e riciclo degli inerti.

Sempre nell’ottica di un’attenta economia circolare, adottando il monoincenerimento come unica via di combustione dei fanghi, le ceneri possono poi essere inertizzate e utilizzate per la realizzazione di materiali ceramici. In mancanza invece di normative specifiche per tale riutilizzo le ceneri inertizzate, circa il 30-40% del secco, o il 7-8% della massa iniziale dei fanghi umidi, privi di inquinanti organici, vengono conferite a una discarica per inerti.

E’ logico quindi chiedere che anche in Italia si adottino queste prassi virtuose invece di percorrere strade obsolete che aggraverebbero solo la già pesante situazione ambientale delle zone dove sono presenti i termodistruttori.

Pertanto in base alle considerazioni sopra espresse riteniamo il termodistruttutore di Parona assolutamente non idoneo all'incenerimento dei fanghi da depurazione.

In allegato in fondo alla pagina

Disegno di legge n. 2323 presentato dai senatori Orellana, Casaletto, Fucksia, Vaccari, Caleo, Laniece, Puppato, Sollo, Fravezzi, Bueme, F.G. Longo, De Pietro, Battista, De Pin e Romano, depositato agli atti nel mese di maggio 2016

DOCUMENTO FANGHI

DI FUTURO SOSTENIBILE IN LOMELLINA

MARZO 2016

In allegato, in fondo alla pagina, trovate il documento completo prodotto dalla nostra associazione sul problema dell'utilizzo dei fanghi in agricoltura.

La regione Lombardia il 10 luglio 2014 ha pubblicato sul Bollettino Ufficiale la delibera della Giunta regionale del 1 luglio 2014 - n. X/2031 riguardante le DISPOSIZIONI REGIONALI PER IL TRATTAMENTO E L'UTILIZZO, a beneficio dell'agricoltura, DEI FANGHI DI DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE DI IMPIANTI CIVILI ED INDUSTRIALI

A pie' pagina in allegato il testo

L'Unione europea disciplina l'uso dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo. In particolare, essa stabilisce i valori limite per la concentrazione di metalli pesanti e proibisce lo spandimento di fanghi di depurazione quando la concentrazione di determinate sostanze nel suolo supera questi valori.

DECRETO GENOVA - INNALZAMENTO SOGLIE MINIME IDROCARBURI


LE OSSERVAZIONI INVIATE DA FUTURO SOSTENIBILE IN LOMELLINA

AUDIZIONE REGIONE LOMBARDIA 30 OTTOBRE 2018

Commissioni VI “Ambiente e Protezione civile” e VIII “Agricoltura, Montagna, Foreste e Parchi”, in tema di fanghi da depurazione

OSSERVAZIONI ASSOCIAZIONE FUTURO SOSTENIBILE IN LOMELLINA ONLUS


Decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 226 del 28 settembre 2018

ART. 41. (Disposizioni urgenti sulla gestione dei fanghi di depurazione).

1. Al fine di superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depura-zione, nelle more di una revisione organica della normativa di settore, continuano a valere, ai fini dell’utilizzo in agricoltura dei fanghi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i limiti dell’Allegato IB del predetto decreto, fatta eccezione per gli idrocarburi (C10-C40), per i quali il limite è: ≤ 1.000 (mg/kg tal quale). Ai fini della presente disposizione, per il parametro idrocarburi C10-C40, il limite di 1000 mg/kg tal quale si intende comunque rispettato se la ricerca dei marker di cancerogenicità fornisce valori inferiori a quelli definiti ai sensi della nota L, contenuta nell’allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parla-mento europeo e del Consiglio, del 16 di-cembre 2008, richiamata nella decisione 955/2014/UE della Commissione del 16 di-cembre 2008.

Testo licenziato dalle commissioni VIII e XI

ART. 41. (Disposizioni urgenti sulla gestione dei fanghi di depurazione).

Al fine di superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione, nelle more di una revisione organica della normativa di settore, continuano a valere, ai fini dell’utilizzo in agricoltura dei fanghi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i limiti dell’Allegato IB del predetto decreto, fatta eccezione per gli idrocarburi (C10-C40), idrocarburi policiclici aromatici (IPA), policlorodibenzodiossine e policloro-dibenzofurani (PCDD/PCDF), policlorobife-nili (PCB), Toluene, Selenio e Berillio, Arsenico, Cromo totale, Cromo VI, per i quali i limiti sono i seguenti: idrocarburi (C10- C40) ≤1.000 (mg/kg tal quale), sommatoria degli IPA elencati nella tabella 1 dell’Allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ≤6 (mg/kg SS), PCDD/ PCDF + PCB DL ≤25 (ng WHO-TEQ/Kg SS), PCB ≤0,8 (mg/kg SS), Toluene ≤100 (mg/kg/ss), Selenio ≤10 (mg/kg SS) e Berillio ≤2 (mg/kg SS), Arsenico <20 (mg/kg SS), Cromo totale <200 (mg/kg SS), Cromo VI <2 (mg/kg SS). Per ciò che concerne i parametri PCDD/PCDF + PCB DL viene richiesto il controllo analitico almeno una volta all’anno. Ai fini della presente disposizione, per il parametro idrocarburi C10- C40, il limite di 1000 mg/kg tal quale si intende comunque rispettato se la ricerca dei marker di cancerogenicità fornisce va-lori inferiori a quelli definiti ai sensi della nota L, contenuta nell’allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, richiamata nella decisione 955/ 2014/UE della Commissione del 16 dicembre 2008, come specificato nel parere dell’Istituto superiore di sanità (ISS) proto-collo n. 36565 del 5 luglio 2006 e successive modificazioni e integrazioni.

OSSERVAZIONI


L’articolo 41, nella sua articolazione, CONTIENE PREOCCUPANTI PREVISIONI DI AMMISSIBILITÀ ALL’UTILIZZO DEI FANGHI IN AGRICOLTURA, che invece secondo il Dlgs 27 gennaio 1992, n. 99, Art. 2 devono provenire da insediamenti civili e produttivi, quindi non esclusivamente da depurazione di scarichi civili.

Difatti l’art. 2 del Dlgs 99/92 definisce in questo modo l’ammissibilità dei fanghi in agricoltura equiparando le tre tipologie di fanghi e non ne differisce l’uso o l’ammissione allo stesso nella categoria di matrici utilizzabili in agricoltura

Dlgs 27 gennaio 1992, n. 99

Art. 2. Definizioni

1. Ai sensi del presente decreto, si intendono per fanghi:

· i residui derivanti dai processi di depurazione

· delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti civili come definiti dalla lettera b), art. 1-quater, legge 8 ottobre1976, n. 670;

· delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e produttivi: tali fanghi devono possedere caratteristiche sostanzialmente non diverse da quelle possedute dai fanghi di cui al puntoa.1

· delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti produttivi, come definiti dalla legge 319/76 e successive modificazioni ed integrazioni; tali fanghi devono essere assimilabili per qualità a quelli di cui al punto a.1. sulla base di quanto disposto nel successivo articolo 3.1.

Art. 3. Condizioni per l'utilizzazione

1. E' ammessa l'utilizzazione in agricoltura dei fanghi indicati all'art. 2 solo se ricorrono le seguenti condizioni:

a) sono stati sottoposti a trattamento;

b) sono idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del terreno;

c) non contengono sostanze tossiche e nocive e/o persistenti, e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l'uomo e per l'ambiente in generale.

2. L'utilizzazione dei fanghi è consentita qualora la concentrazione di uno o più metalli pesanti nel suolo non superi i valori limite fissati nell'allegato I A ovvero qualora tali valori limite non vengano superati a motivo dell'impiego dei fanghi.

3. Possono essere utilizzati i fanghi che al momento del loro impiego in agricoltura, non superino i valori limite per le concentrazioni di metalli pesanti e di altri parametri stabiliti nell'allegato I B.


PERTANTO

I fanghi da spandere in agricoltura:

- devono essere idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del terreno

- non devono contenere sostanze tossiche e nocive

- devono essere prodotti dalla depurazione delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e se provenienti da insediamenti produttivi devono possedere caratteristiche sostanzialmente non diverse da quelli di cui sopra, quindi a loro assimilabili.

Se invece i fanghi di tutte le provenienze vengono tutti assimilati, tutti potranno essere sparsi nei campi, riducendo drasticamente i conferimenti in discarica ma incrementando in modo esponenziale gli spargimenti in un settore molto delicato come l’agricoltura.

Riguardo ai parametri inseriti nell’art. 41 e suo emendamento:

I valori limite che sono stati attribuiti non fanno alcun riferimento alla valutazione del rischio tale da escludere qualsiasi problematica per la salute, l’ambiente, la biodiversità, le acque, la catena alimentare e la filiera zootecnica.

Basti pensare agli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), sostanze con riconosciuta azione cancerogena derivante dalle trasformazioni metaboliche degli stessi in diolo-epossidi, molecole capaci di legarsi al DNA e di produrre mutazioni genetiche e cancerogenicità. Gli IPA, una volta ingeriti attraverso gli alimenti, vengono rapidamente assorbiti a livello gastrointestinale a causa della loro elevata liposolubilità. Stesso discorso per i policlorobifenili (PCB), inquinanti persistenti e tossici quanto le diossine.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Agency for Research on Cancer, IARC) ha attribuito cancerogenicità certa e sufficiente evidenza di cancerogenicità per l’uomo, per i composti di Nichel, Arsenico e i suoi composti inorganici, Cromo esavalente CR(VI), Cadmio e Berillio.

EVIDENZIAMO CHE:

nel testo licenziato non sono previsti né controlli ferrei né alcuna preventiva analisi del rischio degli stessi parametri difatti non è stata prevista la valutazione

1. del fattore di trasferimento dal suolo alla pianta;

2. dei valori massimi di concentrazione nel suolo e nel sottosuolo delle sostanze di cui si definiscono i limiti con un’analisi del terreno alla profondità di 10 cm anche se l’ideale sarebbe 30 cm perché è questa la profondità in cui viene lavorato il terreno

RIPRENDIAMO INOLTRE QUANTO SANCITO DALLA CASSAZIONE PENALE, SEZ. III, 6 GIUGNO 2017, N. 27958

i fanghi sono assoggettati alla disciplina dei rifiuti va interpretato nel senso che la regolamentazione dei fanghi di depurazione non è dettata da un apparato normativo autosufficiente confinato all'interno del d.lgs. n. 99 del 1992, ma il regime giuridico, dal quale è tratta la completa disciplina della materia, deve essere integrato dalla normativa generale sui rifiuti

per cui l'attività di trattamento dei rifiuti deve comunque avvenire senza pericolo per la salute dell'uomo e dell'ambiente…”.

L'uso agronomico presuppone quindi che il fango sia ricondotto “…al rispetto dei limiti previsti per le matrici ambientali a cui dovrà essere assimilato.

RIGUARDO AI LIMITI INTRODOTTI

· CROMO

Cromo il valore attribuito di 200mg/kg è maggiore di quello dei suoli da bonificare (150mg/kg/ss). Quale valutazione è stata fatta riguardo all’accumulo sul suolo?

Cromo esavalente: il valore attribuito è uguale ai suoli da bonificare 2mg/kg

· SELENIO: 10 mg/kg/ss mentre è 3 mg/kg nei suoli da decontaminare

· IPA: 6 mg/kg/ss

· PCB: 0,8mg/kg/ss mentre sui suoli da bonificare è di 0,06 mg/kg

· PCDD/ PCDF + PCB DL ≤25 (ng WHO-TEQ/Kg SS)

· ARSENICO: 20mg/kg/ss lo stesso parametro dei suoli da bonificare

IN RELAZIONE AI VALORI LIMITE FISSATI RICORDIAMO

- Questo importante passaggio della sentenza del Tar

“Si avrebbe altresì l'assurdo per cui un fango di natura industriale, con le medesime concentrazioni di idrocarburi, ma non classificato come fango di depurazione dovrebbe essere trattato secondo rigorosi criteri ambientali in operazioni di recupero che ne abbattano gli inquinanti per poter essere destinato a recuperi ambientali, oppure con severe limitazioni anche per essere ammesso in discariche di inerti (500 mg/kg limite massimo stabilito dal d.lgs. n. 36 del 2003) e quindi compatibile solo con discariche di rifiuti industriali"

- E che dalle dichiarazioni apparse anche sulla stampa l’urgenza sembrava dettata dalla necessità che non entrasse in vigore il decreto Galletti (si suppone dopo la Conferenza Stato-Regioni del 1 agosto 2018).


- Tuttavia confrontando i valori non si nota alcuna differenza tra art. 41 e la bozza decreto Galletti, anzi un innalzamento del valore limite per il selenio nell’art. 41. La bozza del decreto Galletti conteneva comunque molte più indicazioni sulle percentuali e sulle tipologie

ELEMENT

CONFRONTO PARAMETRI FISSATI

ART. 41 E BOZZA DECRETO GALLETTI

CONFRONTO I POTENCZIALMENTE TOSSICI

ELEMENTI POTENZIALMENTE TOSSICI

ART. 41

BOZZA DECRETO GALLETTI

CROMO TOTALE

200 mg/kg/ss

200mg/kg/ss

CROMO VI

2 mg/kg/ss

2 mg/kg/ss

ARSENICO

20 mg/kg/ss* reg. lombardia 10mg/kg/ss

20 mg/kg/ss

BERILLIO

2 mg/kg/ss

2 mg/kg/ss

TOLUENE

100 mg/kg/ss

100 mg/kg/ss

SELENIO

10 mg/kg/ss

5 mg/kg/ss

IDROCARBURI (C10_C40)

1000 mg/kg/tal quale

1000 mg/kg/tal quale

IPA

6 mg/kg/ss

6 mg/kg/ss

PCB

0,8 mg/kg/ss

0,8 mg/kg/ss

PCDD/ PCDF + PCB DL

≤25 (ng WHO-TEQ/Kg SS)

≤25 (ng WHO-TEQ/Kg SS)

La nostra associazione, preso atto dell’art. 41 e dell’emendamento licenziato dalle Commissioni VIII e XI inseriti nel decreto Genova, ritiene quanto decretato NOCIVO E ESTREMAMENTE PERICOLOSO PER L’AMBIENTE, LA BIODIVERSITÀ E LA TUTELA DELLA SALUTE UMANA E ANIMALE.

Assolutamente INACCETTABILE IL METODO DELLA DECRETAZIONE DI URGENZA per un tema così delicato che dopo 26 anni necessità di una revisione totale del dlgs 99 del 27 gennaio 1992. L’urgenza era determinata solo e unicamente dal livello degli idrocarburi fissato da regione Lombardia sul valore 10000mg/kg/ss, mentre nell’art. 41 si fissa un valore sul tal quale privo di alcun senso ma utile solo creare confusione. Difatti nessun parametro nel Dlgs 99/92 è fissato sul tal quale proprio perché la percentuale di acqua nel fango è molto variabile. Di fatto il valore fissato dall’art.41 non si discosta di molto da quello fissato da regione Lombardia. Invece si approfitta dell’occasione per inserire NEL DECRETO DI URGENZA ALTRI PARAMETRI DI ACCERTATA CANCEROGENICITÀ CHE UNA VOLTA FISSATI NELLA NORMATIVA diventano di fatto accettabili in una matrice ambientale senza conoscerne poi gli impatti. L’inserimento di un parametro in normativa ne ammette implicitamente il contenuto in una matrice, mentre se tale parametro non è nella matrice, tali sostanze non possono essere contenute.

E nell’art. 41 e nel suo emendamento non vi è NESSUN CENNO ALLE PROCEDURE PER INDIVIDUARE I MARKER DI CANCEROGENICITÀ

In questi giorni si è accennato ai pareri di ISPRA e ISS ma ricordiamo che questi pareri NON sono ancora NOTI.

Riteniamo che si stia procedendo senza avere una visione complessiva del problema fanghi che invece va affrontato nel suo complesso riordinando la materia dal punto di vista tecnico-giuridico con attenzione molto particolare alla minimizzazione dei fanghi che è l’unica seria soluzione al problema. Un progetto di minimizzazione, progetto BIORIME in collaborazione con l’Università di Pavia e di Salonicco, è già in atto nel depuratore di Mortara (ASmia) dove si sta raggiungendo una riduzione dei fanghi oltre il 90%.

Ci chiediamo perché non si riprenda in mano il ddl 2323 presentato dal senatore Orellana e firmato da molti parlamentari nella passata legislatura e già depositato in Parlamento, dove si proponeva tra l’altro anche di normare i gessi di defecazione che attualmente vengono sparsi in agricoltura senza le procedure dei fanghi creando gravissime ripercussioni sull’ambiente e sulle persone.

Inoltre, di fronte alla dichiarazione del 14 ottobre 2018 dell’Assessore regionale all’Ambiente Cattaneo che dichiara che diminuirà la quantità di fanghi destinata all’agricoltura con forme alternative di smaltimento dei rifiuti che provengono dalla depurazione delle acque civili e industriali, deduciamo che delle oltre 800mila tonnellate di fanghi trattati in Lombardia, di cui più di 400mila nella sola provincia di Pavia, solo una minima parte finirà nei campi e sarà solo la parte non inquinante e più ricca di nutrienti. A questo punto è d’obbligo chiedere come intende procedere regione Lombardia per favorire l’agricoltura lombarda, e riconvertire gli impianti di trattamento dei fanghi che vi ricordiamo solo nella provincia di Pavia sono tredici.

Qui sotto le nostre proposte per risolvere il problema dei fanghi

PROPOSTE PER SOLUZIONE FANGHI DI DEPURAZIONE

Nessun import e export dei fanghi,

Esclusione di alcuni codici CER in ingresso come i rifiuti della produzione di prodotti farmaceutici, di plastiche, di prodotti fitosanitari, dei pellami, ecc. (Codici CER 04 RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DI PELLI E PELLICCE NONCHE’ DELL’INDUSTRIA TESSILE, 07 RIFIUTI DEI PROCESSI CHIMICI ORGANICI, 010 RIFIUTI PRODOTTI DA PROCESSI TERMICI),

Proibizione della produzione e della commercializzazione in ambito agricolo dei gessi di defecazione se non normati,

Incentivazione del compost, ottimo ammendante

Innovazioni tecnologiche nei processi produttivi dei fanghi che superino le modalità di ispessimento, stabilizzazione e disidratazione dei rifiuti a favore dell’essicamento termico ed altre tecniche innovative recentemente acquisite. Tra cui il superamento delle tecniche di igienizzazione chimica veloce con calce

INNOVAZIONI TECNOLOGICHE A LIVELLO IMPIANTISTICO CHE ABBIANO COME OBIETTIVO LA MINIMIZZAZIONE DEI FANGHI

Si sa che la parte preponderante dei rifiuti da cui si ricavano i fanghi deriva dai depuratori urbani ed industriali. Pertanto occorre che ATTRAVERSO INTERVENTI BIOLOGICI E CHIMICI si arrivi a:

  1. Minimizzazione dei fanghi

  2. Estrazione sostanze nutritive

  3. Incenerimento minima parte residuale in impianti di incenerimento monodedicati

Castello d’Agogna, 30 ottobre 2018

Alda La Rosa

Presidente Associazione Futuro sostenibile in Lomellina



FANGHI

BREVE NOTA DI SINTESI

L’UTILIZZO IN AGRICOLTURA DEI FANGHI DI DEPURAZIONE

E’ CONSIDERATO DALL’UE

L’IMPIEGO PIU’ RISPETTOSO PER L’AMBIENTE IN QUANTO:

  • chiude il ciclo dei rifiuti

  • diminuisce il conferimento in discarica

  • diminuisce il conferimento agli inceneritori

    • sostituisce quasi completamente la concimazione chimica

      • o altri tipi di concimazione organica

I fanghi prodotti dal processo di depurazione delle acque reflue urbane

sono da tempo utilizzati come fertilizzanti in agricoltura per il loro

buon contenuto di sostanze organiche e di minerali come azoto,

fosforo e potassio, indispensabili alla fertilità vegetale.

L’utilizzo agricolo dei fanghi di buona qualità ha sicuramente dei positivi

riflessi come apporto di sostanza organica parzialmente stabilizzata e di

macroelementi nutritivi presenti principalmente in forma organica e

dunque a lenta cessione.

I fanghi di depurazione possono trovare utilizzo in agricoltura nel rispetto

delle seguenti condizioni:

  • essere stati sottoposti a trattamento di stabilizzazione per eliminare

    • i possibili rischi igienico sanitari;

  • essere idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante e

    • correttivo del terreno;

  • non devono contenere sostanze tossiche e nocive e/o persistenti,

  • e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno,

  • per le colture, per gli animali, per l'uomo e per l'ambiente

RISCHI DERIVATI DALL’ UTILIZZO DEI FANGHI DI DEPURAZIONE

  • Possibile presenza in essi di composti organici nocivi, microrganismi

  • patogeni, metalli pesanti che possono accumularsi nel suolo.

  • La composizione delle acque reflue convogliate ai depuratori risente

  • anche del contesto nel quale i fanghi vengono prodotti:

  • la diffusione delle attività produttive e la loro sempre

  • maggiore vicinanza al tessuto abitativo, assieme al maggiore uso

  • di prodotti di sintesi nelle abitazioni rende ancora più indispensabile

  • l’attuazione dei controlli.

CONTROLLI

Per garantire un corretto utilizzo dei fanghi da depurazione e la salute

dei cittadini i controlli devono verificarne sia la qualità, sia il rispetto

delle modalità di spandimento sui terreni agricoli.

I controlli e le analisi a garanzia della qualità dei fanghi per il loro

successivo utilizzo sono affidati a Arpa e alle autorità competenti affinché

i valori limite dei composti potenzialmente tossici vengano rispettati.

NORMATIVA

Le procedure e le condizioni di utilizzo dei fanghi di depurazione in

agricoltura, oltre al rispetto delle norme regionali, nazionali e comunitarie

devono tener conto dei concetti di sostenibilità e precauzione.

La normativa è rappresentata dal D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 99

"Attuazione della direttiva 86/271/CEE concernente la protezione

dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi

in agricoltura" e disciplina la fase di applicazione al suolo dei fanghi

di depurazione: relativamente alle attività di raccolta, trasporto,

stoccaggio e condizionamento degli stessi essendo a tutti gli effetti

classificati “rifiuti speciali”.

In regione Lombardia

Deliberazione X2031 luglio 2014 - Fanghi in agricoltura

  • stabilisce valori limite alla concentrazione dei metalli pesanti:

    • in base alle caratteristiche dei terreni agricoli in cui si intende

    • spandere i fanghi in base alla tossicità dei metalli pesanti

  • stabilisce norme tecniche per definire i criteri per l’accettazione dei

    • fanghi negli impianti autorizzati, i sistemi e i processi di trattamento

    • dei fanghi, le modalità di controllo in campo, i valori limite dei metalli

    • pesanti, le caratteristiche agronomiche dei fanghi, le caratteristiche

    • dei terreni agricoli, i divieti e le modalità di spandimento.

FANGHI

SENTENZA 07965/2019

CONSIGLO DI STATO

N. 07479/2018 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7479 del 2018, proposto dalla Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Viviana Fidani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Cristiano Bosin in Roma, viale delle Milizie, n. 34;

contro

Comune di San Martino Siccomario, Comune di Lodi Vecchio, Comune di Santa Cristina e Bissone, Comune di Bertonico, Comune di Broni, Comune di Casaletto Lodigiano, Comune di Casalpusterlengo, Comune di Casorate Primo, Comune di Cassolnovo, Comune di Castelgerundo, Comune di Castiglione d'Adda, Comune di Castiraga Vidardo, Comune di Chignolo Po, Comune di Cornegliano Laudense, Comune di Cura Carpignano, Comune di Dorno, Comune di Filighera, Comune di Graffignana, Comune di Gropello Cairoli, Comune di Linarolo, Comune di Miradolo Terme, Comune di Orio Litta, Comune di Ossago Lodigiano, Comune di Parona, Comune di Roncaro, Comune di San Martino in Strada, Comune di

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Somaglia, Comune di Pieve Albignola, Comune di Pieve Fissiraga, Comune di Stradella, Comune di Torre de' Negri, Comune di Senna Lodigiana, Comune di Tromello, Comune di Valle Salimbene, Comune di Villanterio, Comune di Robbio, Comune di Torre d’Isola, Comune di Certosa di Pavia, Comune di Tavazzano con Villanesco, Comune di Mairago, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Francesco Adavastro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del dr. Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

Comune di Bascapè, Comune di Cigognola, Comune di Codevilla, Comune di Crespiatica, Comune di Monticelli Pavese, Comune di Portalbera, Comune di Travacò Siccomario, Comune di Castelnuovo Bocca D'Adda, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Francesco Adavastro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del dr. Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;

nei confronti

Acqua&Sole s.r.l., Alan s.r.l., Azienda Agricola Allevi s.r.l., Eco-Trass s.r.l., Eli Alpi Service s.r.l., Evergreen Italia s.r.l., Lucra 96 s.r.l., Var s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutte rappresentate e difese dagli avvocati Pietro Ferraris, Enzo Robaldo e Fabio Cintioli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

ARPA Lombardia, A2A Ambiente s.p.a., Cre - Centro Ricerche Ecologiche s.p.a., Egidio Galbani s.r.l., Provincia di Pavia, Provincia di Lodi, Comune di Siziano, Comune di Borgo S. Siro, Comune di Corno Giovine, Comune di Fombio, Comune di Vistarino, Comune di Merlino, Utilitalia, non costituiti in giudizio;

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per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sede di Milano, Sezione Terza, n. 1782 del 20 luglio 2018, resa tra le parti, concernente fissazione di limiti all’utilizzo in agricoltura di fanghi rivenienti dalla depurazione delle acque reflue.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio:

- del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

- di Acqua&Sole s.r.l., Alan s.r.l., Azienda Agricola Allevi s.r.l., Eco-Trass s.r.l., Eli Alpi Service s.r.l., Evergreen Italia s.r.l., Lucra 96 s.r.l., Var s.r.l.;

- dei seguenti Comuni: Comune di San Martino Siccomario, Comune di Lodi Vecchio, Comune di Santa Cristina e Bissone, Comune di Bertonico, Comune di Broni, Comune di Casaletto Lodigiano, Comune di Casalpusterlengo, Comune di Casorate Primo, Comune di Cassolnovo, Comune di Castelgerundo, Comune di Castiglione d'Adda, Comune di Castiraga Vidardo, Comune di Chignolo Po, Comune di Cornegliano Laudense, Comune di Cura Carpignano, Comune di Dorno, Comune di Filighera, Comune di Graffignana, Comune di Gropello Cairoli, Comune di Linarolo, Comune di Miradolo Terme, Comune di Orio Litta, Comune di Ossago Lodigiano, Comune di Parona, Comune di Roncaro, Comune di San Martino in Strada, Comune di Somaglia, Comune di Pieve Albignola, Comune di Pieve Fissiraga, Comune di Stradella, Comune di Torre de' Negri, Comune di Senna Lodigiana, Comune di Tromello, Comune di Valle Salimbene, Comune di Villanterio, Comune di Robbio, Comune di Torre d’Isola; Comune di Bascapè, Comune di Cigognola, Comune di Codevilla, Comune di Crespiatica, Comune di Monticelli Pavese, Comune di Portalbera, Comune di Travacò Siccomario; Comune di Certosa di Pavia, Comune di Castelnuovo Bocca D'Adda, Comune di Tavazzano con Villavesco, Comune di Mairago;

Visti tutti gli atti della causa;

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Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 maggio 2019 il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti l’avvocato Cristiano Bosin su delega dell’avvocato Viviana Fidani, l’avvocato Francesco Adavastro, l’avvocato Pietro Ferraris, l’avvocato Fabio Cintioli e l’avvocato dello Stato Angelo Vitale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Numerosi Comuni delle Province di Lodi e Pavia hanno impugnato avanti il T.a.r per la Lombardia – Sede di Milano la delibera giuntale della Regione Lombardia n. 10/7076 dell’11 settembre 2017, recante “Disposizioni integrative, in materia di parametri e valori limite da considerare per i fanghi idonei all’utilizzo in agricoltura, alla D.G.R. n. 2013/2014”, nella parte in cui vengono fissati i seguenti valori-limite:

- mg/kg < 10.000 per il parametro “idrocarburi (C10-C40)”;

- mg/kg < 50 per i parametri “nonilfenolo, nonilfenolo monoetossilato, nonilfenolo dietossilato”.

1.1. Si sono costituiti in resistenza la Regione Lombardia, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e, quali contro-interessate, le società Acqua&Sole s.r.l., Alan s.r.l., Azienda Agricola Allevi s.r.l., Eco-Trass s.r.l., Eli Alpi Service s.r.l., Evergreen Italia s.r.l., Lucra 96 s.r.l., Var s.r.l., attive nel settore della gestione dei rifiuti tranne la Lucra 96 s.r.l., titolare di un biodigestore anaerobico.

1.2. Nel corso del giudizio sono inoltre intervenuti:

- ad adiuvandum altri Comuni del pavese e del lodigiano;

- ad opponendum Utilitalia, Federazione che riunisce le principali aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas.

1.3. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. ha accolto il ricorso, sostenendo in rito che i Comuni ricorrenti avessero un concreto ed attuale interesse a ricorrere e, nel merito, che:

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- il d.lgs. n. 99 del 1992, recante “Attuazione della direttiva n. 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura”, non rechi una disciplina completa e debba viceversa essere integrato con la normativa contenuta nel d.lgs. n. 152 del 2006, come di recente sostenuto dalla Corte di Cassazione (il riferimento è a Cass. Pen., Sez. III, 6 giugno 2017, n. 27958);

- in particolare, i valori-limite della concentrazione di idrocarburi e fenoli nei fanghi, non indicati nel d.lgs. n. 99, dovrebbero essere tratti dalle disposizioni recate dal d.lgs. n. 152 con riferimento alla matrice ambientale “suolo”, in cui i fanghi sono destinati ad essere sparsi;

- pertanto, la delibera impugnata sarebbe gravata dal vizio censurato dai Comuni con il primo motivo di doglianza, consistente nell’aver introdotto, in una materia riservata alla legislazione esclusiva dello Stato quale quella della “tutela dell’ambiente”, limiti meno stringenti di quelli contemplati dalla normativa statale.

2. La Regione Lombardia ha interposto appello, riproponendo parte delle argomentazioni in rito e tutte le difese di merito svolte in prime cure.

2.1. Dei Comuni ricorrenti in prime cure si sono costituiti in resistenza i Comuni di San Martino Siccomario, Lodi Vecchio, Santa Cristina e Bissone, Bertonico, Broni, Casaletto Lodigiano, Casalpusterlengo, Casorate Primo, Cassolnovo, Castelgerundo, Castiglione d'Adda, Castiraga Vidardo, Chignolo Po, Cornegliano Laudense, Cura Carpignano, Dorno, Filighera, Graffignana, Gropello Cairoli, Linarolo, Miradolo Terme, Orio Litta, Ossago Lodigiano, Parona, Roncaro, San Martino in Strada, Somaglia, Pieve Albignola, Pieve Fissiraga, Stradella, Torre de’ Negri, Senna Lodigiana, Tromello, Valle Salimbene, Villanterio, Robbio, Torre d’Isola, Certosa di Pavia, Tavazzano con Villanesco, Mairago.

I Comuni hanno sostenuto la correttezza della sentenza impugnata ex adverso ed hanno altresì, ad eccezione dei Comuni di Certosa di Pavia, Tavazzano con Villanesco e Mairago, riproposto i motivi assorbiti in prime cure.

2.2. Si sono altresì costituiti:

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- il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

- le società Acqua&Sole s.r.l., Alan s.r.l., Azienda Agricola Allevi s.r.l., Eco-Trass s.r.l., Eli Alpi Service s.r.l., Evergreen Italia s.r.l., Lucra 96 s.r.l., Var s.r.l., che hanno proposto “appello incidentale a valere come appello autonomo”, affidato a censure di merito sostanzialmente coincidenti con quelle spese dalla Regione;

- dei Comuni intervenuti ad adiuvandum in prime cure, i Comuni di Bascapè, Cigognola, Codevilla, Crespiatica, Monticelli Pavese, Portalbera, Travacò Siccomario, Castelnuovo Bocca D'Adda.

2.3. Alla camera di consiglio dell’11 ottobre 2018 la Regione Lombardia ha rinunciato all’istanza cautelare.

2.4. Il ricorso, quindi, è stato discusso e trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 30 maggio 2019, in vista della quale le parti hanno versato in atti difese scritte.

3. Il ricorso in appello, nonché l’appello incidentale svolto dalle società contro-interessate in prime cure, non meritano accoglimento, ai sensi e per gli effetti delle considerazioni che seguono.

4. Il Collegio prende le mosse dalle questioni di rito sollevate dall’appellante Regione, che risultano infondate.

Invero, i Comuni ricorrenti in prime cure avevano (ed hanno) un attuale e concreto interesse all’azione, giacché:

- nella legislazione statale, come specificato infra, vi sono disposizioni che, sia pure indirettamente, fissano i valori massimi di idrocarburi e fenoli che possono essere contenuti nei fanghi;

- la destinazione in gran parte agricola del territorio dei Comuni ricorrenti ne qualifica e differenzia la posizione e conferisce loro la legittimazione e l’interesse a tutelare in giudizio, quali Enti esponenziali delle collettività ivi insediate, il valore della sicurezza delle modalità di coltivazione e, in particolare, di concimazione dei terreni agricoli, attese le possibili ricadute negative in punto di salubrità

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ambientale;

- non è necessaria la positiva dimostrazione dell’effettivo e concreto spargimento di fanghi con le caratteristiche previste dalla delibera impugnata, essendo di contro sufficiente il fatto che, nella prospettazione coltivata in ricorso, l’atto gravato facoltizzi, in tutto l’ambito regionale, l’utilizzo agricolo di fanghi con valori-limite più alti di quelli fissati in sede nazionale: in termini generali, infatti, il pregiudizio che radica l’interesse a ricorrere, pur non potendo essere meramente eventuale, ben può consistere anche nella prospettazione di un danno futuro, quando tale danno sia ragionevolmente certo in quanto caratterizzato da una significativa probabilità di verificazione.

Sempre in punto di rito, l’infondatezza nel merito degli appelli esime il Collegio dallo scrutinio dell’ulteriore eccezione regionale di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum svolto in primo grado, fra l’altro, dai Comuni di Bascapè, Cigognola, Codevilla, Crespiatica, Monticelli Pavese, Portalbera, Travacò Siccomario, Castelnuovo Bocca D'Adda.

5. Quanto, appunto, al merito il Collegio osserva quanto segue.

La definizione della controversia impone un previo esame della normativa vigente in subiecta materia.

Per quanto qui di interesse, il d.lgs. n. 99 del 1992 stabilisce:

- all’art. 1, che “Il presente decreto ha lo scopo di disciplinare l'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo, incoraggiandone nel contempo la corretta utilizzazione”;

- all’art. 3, che “E' ammessa l'utilizzazione in agricoltura dei fanghi indicati all'art.

2 solo se ricorrono le seguenti condizioni: … c) non contengono sostanze tossiche e nocive e/o persistenti, e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l'uomo e per l'ambiente in generale”;

- all’art. 4, che “E' vietata l'utilizzazione dei fanghi sui terreni agricoli se non ricorrono le condizioni previste dall'art. 3”;

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- all’art. 10, che “Il soggetto che richiede l'autorizzazione all'utilizzazione dei fanghi è tenuto ad effettuare analisi preventive dei terreni …”;

- all’art. 16, che “Chiunque utilizza in agricoltura fanghi di depurazione in violazione dei divieti stabiliti dall'art. 4 è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da lire 10 milioni a lire 100 milioni. Si applica la pena dell'arresto se sono utilizzati fanghi tossici o nocivi. Alle attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e condizionamento dei fanghi, previsti dal presente decreto, restano applicabili le sanzioni penali sullo smaltimento dei rifiuti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, e successive modifiche ed integrazioni”.

Negli allegati, inoltre, il decreto individua:

- all’allegato I-A, i “valori massimi di concentrazione di metalli pesanti nei suoli agricoli destinati all'utilizzazione dei fanghi di depurazione”;

- all’allegato I-B, i “valori massimi di concentrazione di metalli pesanti nei fanghi destinati all'utilizzazione in agricoltura”.

6. Nell’impostazione esegetica coltivata dalla Regione e dalle appellanti incidentali, il decreto avrebbe fissato limiti puntuali solo quanto ai “metalli pesanti”, di talché l’individuazione, con la delibera regionale impugnata, di limiti anche per gli idrocarburi ed i fenoli rappresenterebbe, per ciò solo, un quid pluris di tutela, in considerazione dell’assenza, in proposito, di alcuna specifica previsione statale.

Ad avviso dei Comuni, invece, il d.lgs. n. 99 dovrebbe essere integrato con le previsioni dettate dal d.lgs. n. 152 del 2006 in ordine ai valori massimi di concentrazione nel suolo, tra l’altro, di idrocarburi e fenoli, rispetto ai quali la delibera gravata reca valori decisamente più alti, con conseguente illegittimità.

7. Entrambe le prospettazioni non sono condivisibili.

Il d.lgs. n. 99 individua chiaramente, nella disposizione di apertura (art. 1), la propria ratio legis, consistente in primis nello “evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo” a seguito dell’uso di fanghi in agricoltura, pratica “incoraggiata” solo entro il rigido rispetto di tali limiti, significativamente

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presidiati da sanzioni penali (cfr. art. 16)

Al successivo art. 3, invero, è ancor più chiaramente stabilito che non “è ammessa l’utilizzazione in agricoltura dei fanghi” che “contengono sostanze tossiche e nocive e/o persistenti, e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l'uomo e per l'ambiente in generale.

All’art. 4 è ribadito che “E' vietata l'utilizzazione dei fanghi sui terreni agricoli se non ricorrono le condizioni previste dall'art. 3.

La fissazione di limiti specifici per i “metalli pesanti” disposta negli allegati I-A e I-B, dunque, non è affatto l’unico limite previsto dal decreto; al contrario, si tratta di una mera specificazione concreta (l’unica, a dire il vero) della regola generale stabilita dal decreto stesso, ossia il divieto di uso agricolo di fanghi contenenti “sostanze tossiche e nocive”, quali che esse siano, che possano accumularsi nel suolo in concentrazioni “dannose per il terreno, le colture, gli animali, l’uomo, l’ambiente”.

Del resto, la direttiva 86/278/CEE afferma chiaramente la rilevanza primaria e poziore rivestita, anche per il diritto comunitario, dal valore della preservazione della qualità del suolo (cfr. art. 1, ai sensi del quale “la presente direttiva è intesa a disciplinare l’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull’uomo …”).

Il decreto, in altre parole, delinea una disciplina di carattere volutamente “aperto”, idonea a consentire l’integrazione ex post ed ab externo delle relative previsioni in base alle progressive acquisizioni scientifiche.

Più in particolare, il decreto, in disparte i menzionati limiti puntuali in ordine ai “metalli pesanti”, disciplina l’uso dei fanghi non con uno specifico riferimento ai singoli componenti fisico-chimici, ma con una generale attenzione al risultato pratico che il relativo spargimento sul suolo può determinare: è, infatti, vietato l’uso in agricoltura di fanghi che, a causa delle sostanze in essi contenute, possano causare effetti “tossici” e “nocivi” sul terreno e, mediatamente, sull’uomo.

Non a caso, del resto, gli allegati I-A e I-B fissano dapprima i valori limite di

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concentrazione dei “metalli pesanti” nel suolo (allegato I-A) e, quindi, in funzione di tale valore (recte, al fine di evitare il superamento di tale valore), prescrivono anche il valore limite di concentrazione nei fanghi (allegato I-B).

Pertanto, non è corretta l’affermazione regionale secondo cui il d.lgs. n. 99 reca una disciplina esaustiva e, in quanto tale, regolamenta esclusivamente i valori-limite dei “metalli pesanti”: al contrario, il decreto rimanda a tutte le varie normative e, più in generale, a tutte le acquisizioni scientifiche che, rispettivamente, qualifichino o riconoscano il carattere “tossico” o, comunque, “nocivo” di una sostanza che compone i fanghi, quale che essa sia.

Orbene, i valori-limite della concentrazione di idrocarburi e fenoli nei fanghi possono essere tratti, come correttamente osservato dal T.a.r., dalle prescrizioni dettate dal d.lgs. n. 152 del 2006.

Ciò in base a due ordini di considerazioni.

Anzitutto, l’art. 127 stabilisce che “Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile”: l’ascrizione ai fanghi della natura giuridica di rifiuto, ferma la disciplina di favore recata dal d.lgs. n. 99, dimostra con nitore che il legislatore intende circondarne l’uso, pur in termini generali “incoraggiato”, di particolari attenzioni e cautele.

Del resto, l’art. 177 d.lgs. n. 152 stabilisce, con disposizione di principio, che “I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare … senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonche' per la fauna e la flora”.

Inoltre, il d.lgs. n. 152 individua, nell’Allegato 5 del Titolo V (rubricato “bonifica di siti contaminati”) della Parte IV (rubricata “norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”), le “concentrazioni soglia di contaminazione nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica

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destinazione d’uso dei siti”, fra cui, appunto, anche quelle di idrocarburi e fenoli. Tuttavia, da tale ultima previsione non può trarsi la conclusione cui il T.a.r. è pervenuto.

Non risponde, infatti, a criteri logici la meccanicistica traslazione sic et simpliciter ai fanghi dei valori-limite riferiti al recettore “suolo”: è evidente, invero, che una cosa è il recettore, ossia l’ampia matrice che riceve il fattore concimante, altra il concime, quantitativamente assai più ridotto e, comunque, destinato ad essere sparso sulla (recte, nella) matrice, con conseguente assimilazione al terreno.

E’, invece, più ragionevole ritenere, sulla scorta delle previsioni del cennato allegato del d.lgs. n. 152, che i fanghi non possano contenere, per quanto qui di interesse, idrocarburi e fenoli in misura tale da poter prospetticamente determinare nel recettore “suolo”, una volta sparsi ed assimilati in esso, il superamento dei valori-limite indicati dal d.lgs. n. 152.

Tale conclusione si armonizza con le finalità di tutela ambientale sottese sia al d.lgs. n. 152, sia al d.lgs. n. 99 e, al contempo, ne rispetta la lettera: da un lato, infatti, il d.lgs. n. 99 ha scelto di non fissare specificamente i valori-limite di idrocarburi e fenoli, dall’altro il d.lgs. n. 152 ha indicato i valori-limite di tali sostanze con riferimento ai suoli ma non anche ai fanghi, cui pure ha dedicato specifiche disposizioni (cfr. il richiamato art. 127), dimostrando in tal modo di volerli includere nel proprio complessivo ambito oggettuale.

8. Sulla scorta di tali argomentazioni può, dunque, individuarsi il vizio della funzione che colpisce la delibera gravata, non senza precisare che il relativo scrutinio di legittimità deve essere condotto con riferimento al diritto vigente all’epoca dell’emanazione della delibera stessa (cfr. infra, sub § 10).

In particolare, il Collegio osserva che la delibera gravata è illegittima non per i valori-limite che individua, ma perché non è stata preceduta da un’idonea istruttoria volta ad acclarare, previo svolgimento di tutti i necessari accertamenti scientifici, che la concentrazione limite di idrocarburi e fenoli ivi stabilita è tale da non esporre prospetticamente il “suolo” ad alcun rischio di “contaminazione”, ossia di

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superamento dei limiti previsti dal d.lgs. n. 152: l’illegittimità, quindi, attiene al (e rinviene dal) procedimento deliberativo, che non ha consentito di acclarare previamente – come, invece, sarebbe stato necessario nella fase istruttoria – la compatibilità dell’oggetto deliberato con il predetto dovere di risultato.

Non è superfluo, in proposito, osservare che il termine “contaminazione” ha, in subiecta materia, un significato tecnico-giuridico e, più in particolare, costituisce un elemento normativo della fattispecie: il mero superamento nel suolo dei valori fissati dal d.lgs. n. 152 integra ex se, ai fini de quibus, una “contaminazione”, ossia un evento intrinsecamente anti-giuridico.

Il necessario approfondimento istruttorio de quo doveva essere operato con una metodologia di analisi generalmente accettata e validata a livello scientifico e doveva condurre ad escludere, con un grado di probabilità prossimo alla certezza, che lo spargimento dei fanghi potesse determinare una “contaminazione”, come sopra definita.

A tal fine, la Regione poteva, altresì, introdurre specifiche modalità operative dello spargimento che, in base alle peculiari caratteristiche del suolo lombardo ovvero di distinte partizioni infra-regionali puntualmente individuate, garantissero (recte, contribuissero a garantire) il conseguimento ultimo di tale risultato.

A ben vedere, oltretutto, a tenore dell’art. 6, comma primo, n. 2, d.lgs. n. 99 del 1992, l’intervento della Regione in materia di fanghi deve tendere non semplicemente alla garanzia del rispetto dei valori fissati in sede statale, bensì all’individuazione di “ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione” ancor più protettivi per l’ambiente e, indirettamente, per la salute umana (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27 giugno 2017, n. 3146; 10 luglio 2017, n. 3365).

In conclusione sul punto, pertanto, il Collegio osserva che la delibera risulta essere illegittima perché non sorretta da un impianto istruttorio di carattere tecnico-scientifico atto a dimostrare che i suoli lombardi, a seguito dello spargimento dei fanghi con i valori ivi ammessi, avrebbero presentato un tasso di concentrazione di

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idrocarburi e fenoli con ogni ragionevolezza scientifica più basso di quello massimo previsto dal d.lgs. n. 152.

9. Le esposte considerazioni non sono confutate dal fatto che il richiamato allegato del d.lgs. n. 152 non si riferisce ai suoli agricoli, ma genericamente ai “siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale”: in disparte il fatto che l’attività agricola si pratica in spazi non edificati, sino all’emanazione del regolamento ministeriale previsto dall’art. 241 del d.lgs. n. 152 (in tema di “interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d’emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento”) la disciplina dei suoli agricoli non può che essere tratta da quella contemplata genericamente per i “siti ad uso verde pubblico”.

10. Il Collegio osserva, inoltre, che il sopravvenuto d.l. n. 109 del 2018, convertito con l. n. 130 del 2018, non determina l’improcedibilità del giudizio.

L’art. 41 del cennato decreto-legge dispone come segue: “Al fine di superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione, nelle more di una revisione organica della normativa di settore, continuano a valere, ai fini dell’utilizzo in agricoltura dei fanghi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i limiti dell’Allegato I-B del predetto decreto, fatta eccezione per gli idrocarburi (C10-C40), per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), per le policlorodibenzodiossine e i policlorodibenzofurani (PCDD/PCDF), per i policlorobifenili (PCB), per Toluene, Selenio, Berillio, Arsenico, Cromo totale e Cromo VI, per i quali i limiti sono i seguenti: idrocarburi (C10-C40) ≤1.000 (mg/kg tal quale), sommatoria degli IPA elencati nella tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ≤6 (mg/kg SS), PCDD/PCDF + PCB DL ≤25 (ng WHO-TEQ/kg SS), PCB ≤0,8 (mg/kg SS), Toluene ≤100 (mg/kg SS), Selenio ≤10 (mg/kg SS), Berillio ≤2 (mg/kg SS), Arsenico <20 (mg/kg SS), Cromo totale <200

(mg/kg SS) e Cromo VI <2 (mg/kg SS). Per ciò che concerne i parametri PCDD/PCDF + PCB DL viene richiesto il controllo analitico almeno una volta

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all’anno. Ai fini della presente disposizione, per il parametro idrocarburi C10-C40, il limite di 1000 mg/kg tal quale si intende comunque rispettato se la ricerca dei marker di cancerogenicità fornisce valori inferiori a quelli definiti ai sensi della nota L, contenuta nell’allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, richiamata nella decisione 955/2014/UE della Commissione del 16 dicembre 2008, come specificato nel parere dell’Istituto superiore di sanità protocollo n. 36565 del 5 luglio 2006, e successive modificazioni e integrazioni”.

Orbene, la disposizione in commento reca una disciplina diversa da quella dettata dalla delibera regionale gravata e, pertanto, non ne determina implicitamente l’abrogazione o, comunque, il superamento.

Invero, l’art. 41 fa riferimento al “tal quale”, ossia ai fanghi comprensivi della (statisticamente variabile) componente liquida, laddove la delibera si riferisce alla sola “sostanza secca”, ossia alla materia “fango” stricto sensu intesa.

Inoltre, l’art. 41 prevede una generale clausola di utilizzabilità dei fanghi: pur in presenza di un superamento dei valori ivi stabiliti (“idrocarburi C10-C40 ≤1.000 mg/kg tal quale”), l’uso dei fanghi è sempre ammesso allorché i marker di cancerogenicità (che rilevano la natura minerale, dunque pericolosa, degli idrocarburi) siano inferiori ai livelli stabiliti dalla normativa europea.

Al lume di tali difformità strutturali delle due discipline, si deve concludere che la delibera gravata (peraltro riferita anche ai fenoli, cui invece l’art. 41 del d.l. non opera alcun richiamo) non è travolta dalla novella legislativa e mantiene la propria efficacia: del resto, manca un’espressa volontà della Regione di abrogare la delibera.

Oltretutto, quanto agli idrocarburi la delibera, in termini programmatici, intende introdurre una disciplina complessivamente più cautelativa per l’ambiente rispetto al sopravvenuto art. 41 d.l. n. 109 e, pertanto, de jure condito risponde in astratto, quanto meno sotto il profilo dell’obiettivo dichiaratamente perseguito, ai requisiti

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generali cui l’art. 6 d.lgs. n. 99 subordina l’intervento normativo delle Regioni in subiecta materia: anche per tale ragione, dunque, non è travolta dalla novella in parola.

Come già evidenziato, infatti, la delibera:

- non contempla la clausola generale di irrilevanza del superamento dei limiti di concentrazione nel caso in cui i livelli dei marker di cancerogenicità siano inferiori a quelli stabiliti dalla normativa europea: nella disciplina regionale, infatti, il riscontro della presenza di idrocarburi nei fanghi in misura superiore al valore-limite previsto (mg/kg < 10.000) determina eo ipso l’inutilizzabilità dei fanghi, laddove, nel contesto della disciplina statale, il superamento dei diversi limiti ivi contemplati (“idrocarburi C10-C40 ≤1.000 mg/kg tal quale”) è comunque irrilevante, ove i marker di cancerogenicità siano inferiori ai livelli stabiliti dalla normativa europea;

- si riferisce alla “sostanza secca”, mentre la disciplina statale prende a riferimento il “tal quale”, dando indirettamente rilievo al tasso di diluizione della “sostanza secca”, elemento statisticamente variabile.

Di converso, aggiunge il Collegio, la novella legislativa non determina un effetto per così dire “convalidante” sulla delibera.

In disparte la stessa ammissibilità teorica dell’istituto della legittimità sopravvenuta, il Collegio osserva che non solo, nel testo del decreto-legge, manca qualunque previsione esplicita di salvezza ope legis delle normative regionali emanate in precedenza, ma, soprattutto, nel decreto è contenuta una disciplina dichiaratamente temporanea ed interinale, priva di alcuna valenza sistematica (“Al fine di superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione, nelle more di una revisione organica della normativa di settore …”): riflesso evidente di tale carattere è rappresentato dal fatto che il decreto non reca l’abrogazione dell’allegato 5 del Titolo V della Parte IV del d.lgs. n. 152, né, comunque, ne stabilisce l’inefficacia ai fini de quibus.

Pertanto, da un lato tale allegato resta valido elemento di valutazione (mediata ed

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indiretta) della legittimità della delibera, dall’altro è superfluo, ai fini della definizione della presente controversia, scrutinare la questione di legittimità costituzionale del mentovato decreto-legge: non vengono, infatti, in considerazione atti emanati in applicazione di tale decreto che, per altro verso, non determina l’improcedibilità del giudizio né svolge alcun effetto di “legittimazione” ex post della delibera oggetto della presente controversia.

11. Per tutte le esposte ragioni - invero parzialmente divergenti da quelle valorizzate in prime cure - la delibera giuntale n. 10/7076 dell’11 settembre 2017 è illegittima in parte qua: l’appello e l’appello incidentale, pertanto, vanno rigettati.

E’, quindi, superfluo esaminare sia le ulteriori censure svolte in primo grado dai Comuni e qui riproposte, sia l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

12. Sono evidentemente salve le future determinazioni amministrative che la Regione intenda assumere in proposito, che, per quanto detto, dovranno individuare limiti, procedure ed accorgimenti che non solo assicurino il pieno rispetto della normativa, nazionale e comunitaria, vigente in materia, ma altresì rappresentino, ai sensi del richiamato art. 6, comma 1, n. 2, del d.lgs. n. 99 del 1992, “ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione” ancor più protettivi per l’ambiente e, indirettamente, per la salute umana (ad esempio, quanto ai fenoli, garantendo che nel recettore “suolo” si registrino, a seguito dello spargimento dei fanghi, valori inferiori a quanto previsto dall’Allegato 5 del Titolo V della Parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006 con riferimento ai “siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale”).

L’eventuale nuova delibera, inoltre, dovrà essere preceduta da un’istruttoria scientificamente adeguata (cfr. supra, sub § 8) e dovrà conseguire ad un procedimento connotato da idonee forme di partecipazione dei Comuni lombardi, istituzionalmente portatori degli interessi pubblici locali inevitabilmente coinvolti nella vicenda amministrativa de qua, atte a consentire agli Enti locali, pur nella preservazione della titolarità regionale del potere di provvedere, di esporre le

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proprie osservazioni e di fornire il proprio eventuale contributo.

13. La complessità delle questioni suggerisce la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello e sull’appello incidentale, come in epigrafe proposti, li rigetta ai sensi, per gli effetti e nei limiti di cui in motivazione. Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Troiano, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere, Estensore

Nicola D'Angelo, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31991L0271:IT:HTML.

http://europa.eu/legislation_summaries/agriculture/environment/l28088_it.htm

Petizione sui fanghi da depurazione

EUROPEAN PARLIAMENT

The President of the

European Parliament

Rue Wiertz

B-1047 BRUSSELS

Petizione popolare europea su:

In generale, sull’uso di fanghi da depurazione in agricoltura e sulla normativa nazionale italiana in materia di rifiuti

La tutela dell’ambiente e la salvaguardia della salute rappresentano degli indiscussi capisaldi della legislazione e della stessa struttura istituzionale dell’Unione Europea.

La Direttiva del Consiglio 86/278/CEE del 12/06/1986 prevede, all’art. 2, comma primo, lettera a), le tipologie di impianti di depurazione dai quali possono essere prelevati i fanghi da utilizzare, poi, come ammendanti dei terreni agricoli.

L’art. 110 del Decreto Legislativo italiano n. 152/2006 consente ai depuratori di acque urbane anche il trattamento di rifiuti.

Fino al 04/01/2011 i fanghi provenienti da impianti abilitati anche al trattamento di rifiuti non potevano essere impiegati in agricoltura ai sensi del punto 5, lett. h) dell’allegato B) del Decreto Ministeriale n. 367 del 06/11/2003. Secondo questa disposizione normativa vigente in Italia fino allo scorso 4 gennaio, infatti, “i fanghi biologici derivanti dagli impianti di depurazione che trattano rifiuti liquidi NON POSSONO ESSERE riutilizzati in agricoltura”.

Il 04/01/2011 in Italia è, però, entrato in vigore il Decreto Legislativo 219 del 10/12/2010 che recepisce la Direttiva sui rifiuti 98/2008/CE e la 2009/90/CE. Tale provvedimento nazionale ha abrogato il Decreto Ministeriale 367/2003, senza null’altro prevedere in fatto di impianti che trattino acque reflue e pure rifiuti.

Il vuoto normativo che si è così venuto a creare potrebbe comportare un uso in agricoltura di fanghi che, comunque, abbiano un’origine non espressamente contemplata dalla Direttiva 86/278/CEE del 12/06/1986 e dalla relativa norma di attuazione, il Decreto Legislativo italiano n. 99 del 27/01/1992.

Dal tenore letterale delle due disposizioni (quella comunitaria e quella nazionale) appena evocate non pare, infatti, possibile uno spargimento su terreni coltivati di materiale che sia classificabile – in tutto o anche solo in parte - come “rifiuto”.

Non a caso la Direttiva 98/2008/CE, all’art. 2, comma secondo, esclude dalla propria applicazione – relativa ai rifiuti – le “acque reflue”.

***

In questo contesto vanno evidenziati degli ulteriori aspetti che gli scriventi Cittadini Europei intendono sottoporre all’attenzione delle competenti Istituzioni Comunitarie:

Anche ai meno esperti appare palese la particolare tipologia di acque trattate dagli impianti industriali. Ora, alla luce del noto principio di precauzione in materia di tutela dell’ambiente e della salute umana, non riteniamo giustificabile l’attuale assimilazione comunitaria e nazionale delle acque reflue civili e domestiche a quelle industriali. Ben è vero che le analisi finali dovrebbero equiparare gli apporti delle due tipologie di produzioni in termini di quantità e di qualità di inquinanti e di metalli pesanti. Ma è altrettanto evidente che l’odierna normativa non impone controlli quotidiani sul materiale in ingresso nei depuratori promiscui. La lavorazione industriale comporta di per se stessa il rischio di contaminazioni, di fuoriuscite e di sversamenti di sostanze varie, idrocarburi e altri inquinanti. Ciò anche solo per brevi periodi, a volte pure nell’ordine di qualche ora. L’obbligo di analisi esiste già, non li si mette in dubbio, ma non si tratta di controlli giornalieri. Soprattutto negli impianti di dimensioni e di capienza maggiori sembra, quindi, sussistere il rischio di limitate e saltuarie – ma non per questo meno gravi – contaminazioni. Sarebbe, pertanto, auspicabile distinguere normativamente gli impianti di depurazione che trattino acque reflue domestiche e civili (gli unici da abilitare alla produzione di fanghi da spandere in agricoltura) e quelli che si occupino di acque reflue industriali e urbane (nelle quali rientrano, per l’appunto, anche gli apporti industriali e quelli da dilavamento delle strade). Da evidenziare al proposito come, nel nome del citato principio di precauzione, a partire dal 2003 la Confederazione Elvetica abbia disposto l’incenerimento di qualsiasi fango di depurazione, compresi quelli provenienti da impianti domestici e civili.

  1. La normativa italiana e quella europea non paiono prevedere alcun obbligo di analisi dei campioni prima del loro concreto spargimento. Esistono dei controlli obbligatori ciclici all’impianto di prelievo che vanno ripetuti nel tempo ma i test sui fanghi che materialmente stanno per essere sparsi risultano solamente facoltativi. Ciò stando al testo lessicale dei provvedimenti in esame (si veda, ad esempio, la normativa italiana, che nulla assoggetta a carico dell’Ente autorizzante nei dieci giorni di tempo tra la notifica del piano di utilizzo di fanghi e il loro concreto spandimento). Il settore dei rifiuti e affini è facilmente interessato a infiltrazioni da parte della criminalità organizzata. Allo scopo di scongiurare il pericolo di inquinamento di terreni sui quali sono coltivati beni destinati all’alimentazione umana e animale sarebbe, quindi, il caso di prevedere un obbligo di analisi preventiva di ciascun lotto di fanghi che si intende adoperare. Solo a campionatura effettuata, l’Autorità Nazionale di competenza dovrebbe fornire l’autorizzazione ad utilizzare quei fanghi e non già i fanghi in generale. Sarebbe anche opportuno che tali analisi venissero effettuate a spese dell’utilizzatore finale ma solo ed esclusivamente ad opera di laboratori e Autorità pubbliche. Ciò per garantire la massima neutralità degli esiti delle prove stesse.

***

Tutto ciò premesso, noi Cittadini Europei chiediamo al Parlamento Europeo di:

a) intervenire presso la Commissione Europea, segnalando il caso indicato in narrativa, affinchè la stessa valuti se la richiamata normativa italiana sia in linea con l’aquis comunitario sull’uso in agricoltura di fanghi di depurazione alla cui produzione concorrano anche impianti nei quali vengono trattati rifiuti;

b) alla luce del principio di prevenzione in materia di tutela della salute umana e di salvaguardia dell’ambiente, modificare la legislazione comunitaria per addivenire ad un uso in agricoltura dei soli fanghi provenienti dalla depurazione di acque civili e non già industriali o a queste assimilabili.

c) modificare la normativa europea per imporre agli Stati membri un obbligo di analisi di tutti i fanghi prima del loro concreto spargimento, analisi che siano a carico dell’utilizzatore ma eseguite solo ed esclusivamente da parte di organi, laboratori e/o Autorità pubbliche.

Pordenone, ITALIA, 09/03/2011

In nome e per conto

dell’Associazione onlus ACQUA

Avv. Fabiano Filippin

L’USO DEI FANGHI DI DEPURAZIONE

A cura del CRPA, Centro Ricerche Produzioni Animali, Reggio Emilia

Recupero dei fanghi: norme Ue in evoluzione

Nonostante l’annuncio di una nuova direttiva comunitaria sull’impiego fertilizzante dei fanghi di depurazione, che sostituisca la 86/278/Cee in vigore ormai da oltre vent’anni, per ora tutto apparentemente tace. In realtà, alcuni importanti elementi delineano già i possibili sviluppi di questo tema; basta allargare l’ottica e considerare le strategie e le disposizioni legislative, particolarmente innovative, definite recentemente dall’Unione europea riguardo alle matrici organiche (rifiuti speciali, sottoprodotti dell’industria agroalimentare, residui vegetali delle attività forestali e della coltivazione, ecc..) e al loro recupero, anche ai fini della conservazione della sostanza organica nei suoli.

LA NUOVA DIRETTIVA SUI RIFIUTI

Dopo la pubblicazione della comunicazione del 21 febbraio 2007 - COM(2007) 59 relativa all’interpretazione dei rifiuti e dei sottoprodotti, in cui la Commissione fornisce le linee guida per chiarire i concetti di "prodotto", "residuo di produzione" e "sottoprodotto", il 19 novembre 2008 è stata promulgata la nuova direttiva 2008/98/Ce sui rifiuti, categoria alla quale appartengono i fanghi di depurazione. Entro il 12 dicembre 2010 le nuove disposizioni dovranno essere recepite negli ordinamenti degli Stati membri.

Tuttavia, già dal 12 dicembre 2008 sono temporaneamente in vigore modifiche alle direttive sugli oli usati (75/439/Cee), sulle sostanze pericolose (91/689/Cee), limitatamente ai metodi per la loro individuazione, e alla direttiva quadro 2006/12/Ce. Tali direttive saranno in seguito abrogate.

Pertanto, per l’individuazione dei fanghi di depurazione utilizzabili in relazione ai loro contenuti di sostanze pericolose, occorre fare riferimento a questi aggiornamenti.

La nuova direttiva europea dovrebbe contribuire allo sviluppo di una società del riutilizzo/recupero, che cerca di evitare la produzione di rifiuti e di utilizzarli come risorse. L’orientamento generale è quello di determinare l’applicazione di procedure di gestione dei flussi di materiali per minimizzare il ricorso allo smaltimento, da intendersi come ultima soluzione perseguibile.

PROTEZIONE DEL SUOLO E CAMBIAMENTI CLIMATICI

Tra le strategie che sono parte integrante del nuovo approccio europeo sull’elaborazione delle politiche ambientali, la prevenzione e il recupero dei rifiuti, e quindi dei fanghi, si deve considerare in rapporto alla protezione del suolo e ai provvedimenti per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, che costituiscono uno snodo fondamentale delle politiche ambientali

Il 12 giugno 2008 si è svolta a Bruxelles la conferenza dal titolo “Climate change, can soil make a difference?”(Cambiamenti climatici, il suolo può fare la differenza?), organizzata dalla Direzione generale dell’Ambiente della Commissione europea.

Questi i punti salienti

1. il suolo è parte del problema e della soluzione nella questione dei cambiamenti climatici:

  • si stima che nei suoli dell’Ue siano presenti più di 70 miliardi di tonnellate di carbonio organico, una quantità ingente se si considera che l’Unione europea emette circa 2 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno;

  • le riserve di carbonio del suolo sono limitate in termini di capacità e non sono necessariamente permanenti;

  • la destinazione d’uso del terreno, i cambiamenti di tale destinazione e la silvicoltura (i cosiddetti Lulucf - Land use, land use change, forestry), agricoltura inclusa, devono contribuire a mantenere o aumentare la materia organica contenuta nei suoli

  • 2. il degrado del suolo ha conseguenze transfrontaliere:

  • una non corretta gestione dei suoli agricoli può determinare perdite significative di gas serra, anidride carbonica, metano e protossido di azoto (queste ultime due molecole manifestano un effetto serra decisamente più intenso di una molecola di anidride carbonica);

  • di qui la necessità di un quadro normativo europeo comune per affrontare il fenomeno e, in particolare, individuare le zone in cui si verificano perdite di materia organica del suolo, e quantificarle;

3. il suolo ha un ruolo determinante nel garantire i prodotti alimentari ed i servizi.

Secondo la normativa nazionale di settore, cioè il decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 99, "Attuazione della direttiva 86/278/Cee concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi in agricoltura", i fanghi di depurazione possono trovare impiego agronomico nel rispetto di alcune condizioni:

  • devono essere stati sottoposti a trattamento (ossia a processi di stabilizzazione per contenere/eliminare i possibili rischi igienico-sanitari);

  • devono essere idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del terreno;

  • non devono contenere sostanze tossiche e nocive e/o persistenti, e/obioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l'uomo e per l'ambiente in generale.