I PAPI E SANTA TERESA

Della lunga e dettagliata analisi dell'esame dei rapporti fra i Papi di questo secolo e santa Teresa del Bambino Gesù ci piace sottolineare quanto segue:

1. C'è un aspetto strettamente personale dei Pontefici verso la santa di Lisieux. Tutti indistintamente, per un motivo o per l'altro, furono attratti dalla santità e dalla personalità di questa giovane Carmelitana e hanno nutrito per Lei una devozione par­ticolaris­sima; ne hanno promosso il culto e favorito la sua divulgazione in tutto il mondo. Fra tutti si è distinto in maniera eccezionale Pio XI, che guardava a Teresa come alla « Stella del suo Pontificato » e ha dimostrato in tanti modi la sua devozione e il suo legame verso di lei.

2. C'è poi l'aspetto della sua santità: da Pio X, che ne introdusse la causa, a Giovanni Paolo II, che si fece pellegrino a Lisieux, c'è un continuo richiamo alla santità di Teresa, alla eroicità delle sue virtù e all'at­tualità del suo esempio. Pio XI - cosa eccezionale nel Pon­tificato Romano - fu il Papa che dichiarò Teresa di Lisieux la prima beata e la prima santa del suo Pontificato. Da tutti i documenti pontifici traspare il richiamo a Teresa, anche per gli uomini del nostro tempo, modello in tutte le virtù evangeliche, specialmente nella « piccola via dell'infa­nzia spirituale », sintesi di amore alla sofferenza, all'abbandono in Dio, alla preghiera, all'amore alla Chiesa e a tutte le anime. In determinate circostanze storiche i Pontefici hanno richiamato la santità e la spiritualità di Teresa e l'hanno nuovamente proposta agli uomini dei nostri tempi, come figura sempre attuale e che non invecchia mai, perché scaturita dalle fonti perenni del vangelo, e perciò mai superata.

3. Riguardo alla sua dottrina c'è qualcosa di più da sottolineare. Quando i Papi parlano della santa di Lisieux non mettono in luce solamente la sua santità e l'eroicità delle virtù; ma nel loro insegnamento lasciano intravedere qualche cosa che va oltre questi aspetti pur tanto importanti; la presentano maestra degli uomini del nostro tempo, non solo nella via della santità, ma nella ricerca di

Dio e nell'approfondimento della sua parola. Si tratta quindi di un richiamo a un valore caratteristico e

magisteriale della sua dottrina. Alcune frasi sparse nei vari discorsi rivelano una valutazione par­ticolarmente positiva della dottrina della santa, della sua singolarità, delle sue basi bibliche e teologiche.

LEONE XIII (1878-1903)

Nel novembre del 1887, Teresa Martin, in occasione delle nozze sacerdotali di Leone XIII, partecipò con il padre a un pellegrinaggio a Roma.

Per Teresa il Papa era la più grande meraviglia di Roma: ne parla con un profondo senso di ammirazione e di devozione. Per un suo colloquio con Leone XIII, durante l'Udienza concessa ai pellegrini francesi, aveva un preciso programma: chiederGli cioè la grazia di poter entrare al Carmelo a quindici anni. Non ottenne ciò che chiedeva; ma non per questo diminuì la sua devozione al Romano Pontefice.

Leone XIII non aveva concesso direttamente la grazia di entrare al Carmelo a quindici anni, come Teresa ardentemente desiderava, ma non la volle neppure scoraggiarla. Scrive la santa: " (Il Papa) mi guardò fissamente, e pronunciò queste parole appoggiando su ciascuna sillaba: « Bene, bene, entrerete se Dio lo vorrà! »". Commenta Teresa: "La sua espressione era così penetrante e convinta, che mi pare d'intenderlo ancora".

Nonostante questo fatto increscioso Teresa ha conservato per tutta la vita un graditissimo ricordo della sua visita al Santo Padre Leone XIII. Il ricordo diverrà conforto nel periodo della malattia del padre. Il Signor Martin era stato presentato al Santo Padre come il padre di due carmelitane: "Il Sommo Pon­tefice, in segno di particolare fervore posò la sua mano sulla testa venerabile del mio caro Re - scrive la santa -, e parve imprimere in lui così un sigillo misterioso, nel nome di colui che veramente egli rappresenta".

PIO X (1903-1914)

L'espressione più caratteristica che uscì dalla bocca del Papa San Pio X e rivolta a un vescovo missionario, che gli aveva recato in dono un ritratto della Serva di Dio, fu: "Ecco la più grande santa dei tempi moderni".

A chi gli faceva notare che in Teresa del Bambino Gesù non c'era nulla di straordinario, Pio X rispondeva: "La sua estrema semplicità è la cosa più straor­dinaria e degna di attenzione in quest'anima. Ristudiate la vostra teologia".

Pio X procurò anche di accelerare il tempo per l'introdu­zione della causa della beatificazione della Serva di Dio Teresa del Bambino Gesù. Il 10 giugno 1914 diede il suo parere favore­vole alla sentenza della Sacra Congregazione dei Riti, che concludeva il Processo Informativo, e designava la Commissione di Introdu­zione della causa di beatificazione: la causa diventava così apostolica. Ma, purtrop­po, il 20 agosto succes­sivo Pio X moriva.

I due decreti sulla comunione frequente e sulla comunione ai bambini: Sacra Tridentina Synodus del 20 dicembre 1905 e Quam singulari dell'8 agosto 1910, non si possono forse vedere nell'ottica degli scritti teresiani?

BENEDETTO XV (1914-1922)

Il 10 dicembre 1918 Benedetto XV accettò la proposta della dispensa, per la causa della Ven. Teresa di Gesù Bambino, dai cinquant'anni, che secondo il CIC dovevano passare dalla morte dei servi di Dio per la discussione delle loro virtù; e riconobbe pure la validità dei Processi apostolici e ordinari per la causa di beatificazione e canonizzazione della Serva di Dio.

Nel lungo discorso per la promulgazione del Decreto sulle virtù eroiche della Ven. Teresa del Bambino Gesù il 14 agosto 1921, Benedetto XV faceva un panegirico delle virtù della futura Beata, focalizzandole nella considerazione della « piccola via » dell'infanzia spirituale. Fra l'altro il Papa diceva: "L'in­fan­zia spirituale è formata da confidenza in Dio e da cieco abbandono nelle mani di Lui [...]. Non è malagevole rilevare i pregi di questa infanzia spirituale sia per ciò che esclude sia per ciò che suppone. Esclude infatti il superbo sentire di sé; esclude la presunzione di raggiungere con mezzi umani un fine sopran­naturale; esclude la fallacia di bastare a sé nell'ora del pericolo e della tentazione. E, d'altra parte, suppone fede viva nella esistenza di Dio; suppone pratico omaggio alla Potenza e Misericordia di Lui; suppone fiducioso ricorso alla Provvidenza di Colui, dal quale possiamo ottenere la grazia e di evitare ogni male e di conseguire ogni bene. Sono così mirabili i pregi di questa infanzia spirituale, tanto se si considera nel lato negativo, quanto se si mira nel positivo, che non reca meraviglia averla il Divino Maestro additata come condizione necessaria per conseguire la vita eterna [...]. Ma donde quella copiosa messe di meriti? Dai frutti meravigliosi maturati nel giardino dell'infanzia spirituale. Donde questo ampio corredo di dottrina? Dai segreti che Dio rivela ai pargoli [....]. In meno di cinque anni apparve piena di meriti; e sebbene alunna di un ordine religioso in cui il serto dei dottori è vanto anche del sesso debole, non fu nutrita di forti studi, eppure ebbe tanta scienza che conobbe per sé e seppe additare anche ad altri la vera via della salute [...]. Auguriamo che il segreto della santità di Suor Teresa di Gesù Bambino non resti occulto a nessuno".

PIO XI (1922-1939)

Pio XI auspicava che la Basilica della santa a Lisieux fosse "molto grande e molto bella e che si facesse presto a realizzarla". A Lisieux mandò i paramenti sacri indossati per la canonizzazione della santa; ogni anno destinava a Lisieux una copia dei ceri benedetti in occasione della Can­delora. Furono in­numerevoli le grazie che Pio XI attribuiva a Teresa da Lui chiamata "il suo medico". Vicino al letto del dolore che lo portò alla tomba, volle il reliquiario di Teresa e vi posava spesso la mano, dicendo: "Io non sono solo, la piccola santa è con me".

Teresa era la stella del Pontificato di Pio XI: è lui stesso che la chiama così. L'11 febbraio 1923 dà l'approvazione dei miracoli per la beatificazione: "Miracolo di virtù in questa grande anima, da farci ripetere col divino Poeta: « cosa venuta di cielo in terra a miracol mostrare » [...]. La piccola Teresa si è fatta Ella pure una parola di Dio [...]. La piccola Teresa del Bambino Gesù vuol dirci che ci è facile modo di partecipare a tutte le più grandi ed eroiche opere dello zelo apostolico, mediante la preghiera". Ai pellegrini francesi accorsi a Roma per la beatificazione di Teresa Pio XI ripete:: "Eccovi alla luce di questa Stella - come Noi amiamo chiamarla - che la mano di Dio ha voluto far risplendere all'inizio del Nostro Pon­tificato, presagio e promessa di una protezione, di cui Noi stiamo facendo la felice esperienza [...] capolavoro della natura e della grazia".

Fu felice di poterla beatificare il 29 aprile 1923. Nel Decreto di beatificazione si legge che Teresa è "Carmelitarum ordinis decus et ornamentum", che "ha voluto essere chiamata « del Bambino Gesù » quasi volesse significare con il suo nome quel particolare genere di santità alla quale tese con sommo impegno, a quella perfezione chiamata quasi infanzia spirituale". Dal 28 al 30 maggio del 1923 inviava il card. A. Vico suo legato a Lisieux per presiedere ai festeggiamenti in onore della nuova Beata. Il 25 luglio seguente dava il placet per il proseguime­nto della causa. Il 19 marzo 1925 approvava i miracoli per la canoniz­zazione e il 29 marzo seguente dava il consenso per il Tuto per la canonizzazione, dicendo fra l'altro: "In un tempo di tanta impurità di vita, di tanta insolenza di sensualità, ecco la Beata Teresa del Bambino Gesù, visione di semplicità incantevolmente infantile e di purezza, che si eleva tanto in alto in quello che è della purezza l'ambiente e il regno, la disciplina cioè e la penitenza”.

Il 17 maggio dell'Anno Santo 1925 la canonizzava e nell'Omelia ringraziava il Signore per avergli concesso che Teresa del Bambino Gesù "era la prima beata da Lui elevata agli onori degli altari e la prima santa da Lui canonizzata". Parlando poi della sua dottrina il Pontefice affermava: "Teresa aveva attinta con profusione la vera dottrina della fede dall'istruzione catechistica, la dottrina ascetica dall'aureo libro dell'Imitazione di Cristo, e la mistica dai volumi del suo Padre Giovanni della Croce. Ma alimentava la sua mente e il suo cuore nell'assidua lettura delle Sacre Scritture. Lo Spirito di verità le comunicò e manifestò ciò che suole nascondere ai sapienti e ai prudenti e rivelare ai piccoli. Infatti ella fu dotata di tanta scienza delle cose celesti da additare agli altri la via certa della salvezza. E da questa partecipazione così copiosa della divina luce e della divina grazia divampò in Teresa un incendio così grande di carità, che alla fine la consumò [...]. Desideriamo che tutti i cristiani guardino a lei con diligenza per imitarla, rendendosi come fanciulli, poiché se non saranno tali, secondo che Gesù Cristo dice, saranno esclusi dal regno dei cieli".

Il 17 maggio 1927, a due anni precisi dalla canonizzazione, Pio XI benediceva nei giardini Vaticani una statua di santa Teresa del Bambino Gesù, alla presenza dell'Ambasciatore di Francia presso la santa Sede, Sig. G. Doulcet, di parecchi cardinali e vescovi, della Curia Generalizia e del Collegio Internazionale dei Carmelitani Scalzi. L'amabile santa veniva posta a guardiana vigile dello Stato Pontificio. Da allora, nelle passeggiate vespertine, il Santo Padre si intratteneva amabil­mente con la celeste guardiana, confidandole le preoccupazioni e le ansie del suo cuore di Padre universale.

Il 14 dicembre 1927 e in risposta alla richiesta di un numero ingente di vescovi missionari (ingens numerus), dichiarava santa Teresa del Bambino Gesù "Patrona principale insieme a san Francesco Saverio, di tutti i missionari e di tutte le missioni cattoliche del mondo intero". Tale atto assumerà nella Chiesa un valore profetico, come si potrà vedere negli atti del Concilio Vaticano II.

Verso gli anni 30 c'era una violenta persecuzione contro i cattolici sia in Messico che in Russia. Nel 1927, durante la cruenta persecuzione contro la Chiesa Cattolica in Messico, il Papa esortava i vescovi di quella nazione a porre la loro fiducia nella santa di Lisieux: "Quando la pratica religiosa sarà ristabilita in Messico, desidero che venga riconosciuta in santa Teresa di Gesù Bambino, la mediatrice della pace religiosa nel vostro paese".

L'11 luglio 1937, mentre il card. E. Pacelli, suo Legato a latere, benediceva la nuova Basilica di Lisieux, Pio XI, pellegrino di desiderio, inviava un fervido radiomessaggio, nel quale chiedeva "di continuare a pregare per Noi; e ciò per ottenerci prima di tutto, e soprattutto e ad ogni costo la piena e perfetta conformità all'amabilissima volontà del nostro Divino Redentore Gesù Cristo, in quello spirito di ricca semplicità e di infanzia spirituale, cioè di abbandono filiale, che meritò alla vostra e Nostra cara santa Teresa di Lisieux di essere così accetta al cuore dello Sposo divino".

PIO XII (1939-1958)

Il cardinale E. Pacelli più volte espresse la sua profonda conoscenza della dottrina teresiana. L'11 luglio 1937, come Legato a latere di Pio XI, il card. Pacelli benedisse la nuova Basilica di S. Teresa di Lisieux. In un lungo discorso il cardinale Legato stendeva una profonda meditazione sulla « piccola via »: "Teresa seppe tracciare una piccola via. La sua scienza delle cose divine, in parte acquisita e in parte infusa, ella non l'ha tenuta per sé. Infatti ha detto: « La mia missione è di fare amare il buon Dio come lo amo io, e di donare la mia piccola via alle anime ». Ecco degli aspetti meravigliosi sotto i quali ci appare questa fisionomia così attraente: la piccola Carmelitana, dal fondo del suo convento, fa lezioni al nostro secolo così orgoglioso della sua scienza. Ella ha una missione, ha una dottrina. La sua dottrina, come tutta la sua persona, è umile e semplice: è racchiusa in due parole: Infanzia spirituale, o Piccola via”.

Il 23 marzo 1938 il card. Pacelli, al Seminario francese di Roma, benediceva una statua di santa Teresa del Bambino Gesù, seduta, con il libro del Vangelo sulle ginocchia. La statua era stata regalata dalla Madre Agnese di Gesù, sorella della santa. Sul piedestallo stava scritto: TERESIA DOCET. Il cardinale parlò a lungo dell'influsso che la santa Carmelitana esercitava sui sacerdoti: "I miei fratelli lavorano al mio posto, e io, piccolo bambino, me ne sto vicino al trono regale. Io amo per essi che combattono". "Teresa concepiva il sacerdozio come una lotta. In questa lotta ella vi aiuterà, quando fra poco sarete impegnati. Intanto dovete preparare le vostre armi spirituali, che possono essere ridotte a due parole: studio e santificazione personale. Siamo felici di vederla qui, non soltanto portando come santa Cecilia il santo vangelo nelle pieghe del suo saio e nel profondo del suo cuore, ma anche tenendo questo libro aperto per leggere e meditare le pagine in un lungo e profondo raccoglimento".

A un gruppo di religiose, il giorno dopo la beatificazione di Emilia di Vialar, nei primissimi mesi del suo Pontificato, il 19 giugno 1939, Pio XII ricordava: "Il Nostro predecessore Pio XI proclamava una Carmelitana di Lisieux, Patrona delle missioni: non faceva che segnare a dito Teresa Martin, che indicava lei stessa nel cielo la sua stella, come un astro di prima grandez­za". Il 26 dicembre dello stesso anno, ricevendo in Udienza la sua Guardia Nobile, diceva: "Ci piace di proporvi per modello l'amabile santa Teresa di Lisieux, la quale, nella piccola sacrestia del Carmelo, poneva una cura piena di amore per conservare senza macchia, per rendere anzi sempre più risplenden­ti i vasi sacri, che dovevano custodire il Corpo santissimo di Gesù. Così anche voi, custodi del corpo e Guardie di onore del Vicario di Cristo, conserverete, accrescerete sempre in voi quella purità di cuore e quella elevazione di animo, che sono il più bello dei vostri titoli...". Il 6 ottobre 1940, ricevendo nel cortile di San Damaso un numeroso gruppo di giovani dell'A­zio­ne Cattolica Femminile Italiana, Pio XII sottolineava: "La loro vista ci ricorda l'amabile santa Teresa di Gesù Bambino, la quale, quando era ancora la piccola Teresa Martin, aveva meritato di essere chiamata dal catechista « son petit docteur ». Il 3 maggio 1944: Pio XII proclamava Teresa di Lisieux, Patrona secondaria della Francia.

Il 7 agosto 1947, il Papa inviava una lettera a Mons. F. Picaud, vescovo di Bayeux e Lisieux, nella quale proponeva un nuovo studio teologico dell'infanzia spiritua­le. Ecco alcune frasi del documento pontificio: "La via d'infanzia spirituale che, dopo molti santi, ella è venuta a ricordarci, è quella raccomandata dalle parole del Salvatore ai suoi Apostoli (Mt 18, 3) [...]. Molti immaginano che questa sia una via speciale, riservata alle anime innocenti di giovani novizie per guidarle soltanto nei loro primi passi, e che non convenga a persone già mature che hanno bisogno di molta prudenza, avendo gravi responsabilità. Sarebbe dimenticare che nostro Signore stesso ha raccomandato questa via a tutti i figli di Dio, anche a coloro che hanno, come gli apostoli che egli andava formando, la più alta responsabilità, quella delle anime [...]. Questa via d'infanzia è molto elevata e tuttavia è quella che conviene ad ogni figlio di Dio, anche se fosse giunto ad età avanzata [...]. Questa via d'infanzia, a ben intenderla, ci ricorda la semplicità superiore dell'anima che va diritta a Dio con una intenzione purissima. Essa ci ripete l'importanza dell'umiltà che porta a chiedere la grazia di Dio poiché « senza di lui non possiamo far nulla » nell'ordine della salute [...]. La via d'infanzia spirituale ci fa evitare il danno dell'«attivismo » del tutto naturale ed eccessivo che impedisce di riflettere interiormente e di pregare, e che non può produrre i frutti soprannaturali di santificazione e di salute".

Il 28 aprile 1952, ricevendo in Udienza un folto gruppo di collaboratori missionari, Pio XII richiamava: "La Patrona di tutte le missioni, santa Teresa di Gesù Bambino, ci insegna a fare della nostra vita cristiana di tutti i giorni un'offerta apostolica altamente meritoria e efficace".

L'11 luglio 1954 Pio XII approfondisce il tema della dottrina d'infanzia spirituale nel radiomessaggio per la consacrazione della Basilica di Lisieux. Dopo aver ricordato con commozione l'11 luglio 1937 quando, a nome di Pio XI, Egli stesso benediceva la Basilica della santa, proseguiva: "Se la divina Provvidenza ha permesso la straordinaria diffusione del suo culto, è perché ella ha trasmesso e trasmette al mondo un messaggio di una sorprendente penetrazione spirituale, una testimonianza unica di umiltà, di confidenza e di amore! [...]. È il Vangelo stesso, il cuore del Vangelo che essa ha ritrovato, ma con quanto fascino e freschezza! [...]. Figlia di un cristiano ammirevole, ella ha imparato sulle ginocchia paterne i tesori di indulgenza e di compassione che si nasconde nel cuore del Signore! [...]. Dio è un padre le cui braccia sono costantemente rivolte ai figli. Perché non rispondere a questo gesto? Perché non gridare senza posa verso di lui la nostra immensa angoscia? Bisogna fidarsi della parola di Teresa, quando invita, sia il più miserabile che il più perfetto, a non far valere davanti a Dio che la debolezza radicale e la povertà spirituale di una creatura peccatrice".

GIOVANNI XXIII (1958-1963)

I rapporti di Mons. Angelo Giuseppe Roncalli con Lisieux sono molto antichi. Papa Roncalli si può veramente chiamare il pellegrino di Lisieux. Vi andò la prima volta l'11 settembre 1930, quando era ancora Visitatore e poi Delegato Apostolico in Bul­garia. Ma soprattutto vi andò quando era Nunzio a Parigi, tre volte in incognito e due volte su invito ufficiale, sempre desiderate e in parte da lui provocate. Egli chiamava Teresa "la piccola grande santa, Stella propiziatrice della mia missione in Francia". Scriveva alla Madre Agnese: "Spesso guardo alla sua immagine di marmo che esiste nella cappella privata della Nunziatura; a lei affido le mie difficoltà e i miei sforzi nel ministero di riconciliazione e di pace che caratterizzano la mia missione nel servizio della santa Chiesa e della Francia".

Il 16 ottobre 1960, in un Udienza generale, dopo aver parlato di S. Teresa d'Avila, aggiungeva in forma colloquiale: "…Grande fu Teresa di Avila per aver attestato, in maniera splendente, quale forza viva di santificazione ci sia nel Cri­stianesimo; grande fu Teresa di Lisieux per aver saputo nella umiltà, nella semplicità, nell'abnegazione costante, cooperare alle imprese e al lavoro della grazia per il bene di innumerevoli fedeli".

Al P. François de Sainte Marie OCD, che gli aveva offerto l'edizione dei ritratti “Visage de Thérèse de Lisieux” Giovanni XXIII diceva: "Santa Teresa la Grande, io l'amo mol­to...ma la Piccola: ella ci conduce alla riva [...]. Bisogna predicare la sua dottrina così necessaria".

Nella Esortazione inviata alle Religiose, a pochi mesi dell'inizio del Concilio Ecumenico, per chiedere l'aiuto delle loro preghiere, scriveva: "Da quelle che vivono nel silenzio del chiostro, e particolarmente da là, la Chiesa molto si attende. Esse, come Mosè, tengono le braccia alzate in preghiera, consapevoli che in tale supplice atteggiamento si ottiene vittoria. Ed é tanta l'importanza del contributo delle Religiose di vita contemplativa all'apostolato, che Compatrona delle missioni - emula quindi di san Francesco Saverio - Pio XI volle non una suora di vita attiva, ma una Carmelitana, santa Teresa del Bambino Gesù".

PAOLO VI (1963-1978)

In una lettera del 18 dicembre 1938, in ringraziamento alle monache di Lisieux per il dono natalizio del Calendario e dell'Almanacco teresiano, confessava di "seguire da lunga data e col più vivo interesse lo sviluppo del Carmelo di Lisieux" e "di avere una grande devozione a santa Teresa, della quale conserva - dice la lettera - una piccola reliquia sul tavolo di lavoro". Nell'Archivio di Lisieux si conservano 20 lettere e un telegramma firmati da Mons. Montini, come Sostituto e poi Pro-Segretario di Stato di Pio XII.

Nella parrocchia di S. Pio X, a Roma, la domenica 16 febbraio, il Papa sottolineava con chiarezza quanto aveva praticato e insegnato S. Teresa di Gesù Bambino riguardo alla fiducia che dobbiamo avere nella bontà di Dio: "Uno scrittore moderno assai noto conclude un suo libro affermando: tutto è grazia. Ma di chi è questa frase? Non del ricordato scrittore, perché anch'egli l'ha attinta - e lo dice - da altra sorgente. È di S. Teresa di Gesù Bambino. L'ha posta in una pagina dei suoi diari: "Tout est grâce". Tutto può risolversi in grazia. Del resto anche la santa Carmelitana non faceva che riecheggiare una splendida parola di S. Paolo: « Diligentibus Deum omnia cooperan­tur in bonum ». Tutta la nostra vita può risolversi in bene, se amiamo il Signore".

C'è poi il discorso dell'Udienza del 29 dicembre 1971, quando parlando della devozione a Gesù Bambino, accennava piuttosto diffusamente a santa Teresa di Gesù Bambino e al suo spirito di infanzia spirituale. Nell'Udienza il Papa affermava di volere dedicare all'argomento "una parola sola". Ma questa parola è significativa. Egli constatava innanzitutto che "l'infan­zia spirituale è una delle correnti vivaci nella religiosità del nostro tempo". E proseguiva: "essa non ha nulla di puerile e di affettato; si esprime in un linguaggio semplice e innocente, derivato senz'altro dalla paradossale, ma sempre divina parola di Gesù: Mt 18,3; cfr. pure Mt 11,25; 18,4; 19,14; 25,40". Per cui osservava: "La base evangelica di questa spiritualità non potrebbe essere più autorevole".

Ma il pensiero di Paolo VI sulla dottrina di S. Teresa di Gesù Bambino viene più ampiamente sviluppato in occasione del I° centenario della nascita della santa (1873-1973). In una lettera indirizzata a Mons. J. Badé, vescovo di Bayeux e Lisieux, il 2 gennaio 1973, il Papa vuole presentare la santa in "una luce provvidenziale" per gli uomini del nostro tempo. Nella dottrina e spiritualità di Teresa di Lisieux Papa Montini mette in risalto tre aspetti:

- Prima di tutto c'è la preghiera: "Alla nostra epoca la intimità con Dio rimane come un obiettivo capitale, ma difficile. È stato infatti gettato il sospetto su Dio; si è qualificata di alienazione ogni ricerca di Dio per se stesso; un mondo lar­gamente secolarizzato spinge a staccare dalla loro sorgente e dalla loro finalità divina l'esistenza e l'azione degli uomini". Da qui "la necessità di una preghiera contemplativa, disinteres­sata, gratuita si fa maggiormente sentire. L'apostolato stesso, in tutti i suoi livelli, deve radicarsi nella preghiera, raggiungere il cuore di Cristo, sotto pena di esaurirsi in un'attività che non conserverebbe di evangelico che il nome".

Teresa "rimane quella che ha creduto appassionatamente all'amore di Dio, che ha vissuto sotto il suo sguardo i più piccoli dettagli quotidiani, camminando alla sua presenza, che ha fatto di tutta la sua vita un colloquio con il suo Diletto".

- C'è poi la speranza: "Al giorno d'oggi molti provano duramente i limiti delle loro forze fisiche e morali; si sentono impotenti dinanzi agli immensi problemi del mondo con cui essi si stimano a giusto titolo solidali. Il lavoro quotidiano sembra loro opprimente, oscuro e inutile". Da qui la mancanza della speranza: "la debolezza, la piccolezza e la depressione [...]. Alcuni si rassegnano con passività; altri si rinchiudono nel loro egoismo e nel godimento immediato; altri si incupiscono e si rivoltano; altri infine si disperano". A tutti "Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo insegna a non contare su stessi, sia che si tratti di virtù o di limitatezza, ma sull'amore misericordioso del Cristo, che è più grande del nostro cuore e ci associa all'offerta della sua passione e la dinamismo della sua vita. Possa essa insegnare a tutti la « piccola via regale » dell'Infa­nzia spirituale, che è agli antipodi della puerilità, della passività e della tristezza".

- C'è infine l'inserimento nella comunità: "Molti cristiani non vedono come conciliare concretamente lo sviluppo personale e le esigenze dell'obbedienza religiosa o della vita comune; la libertà e l'autorità; la santità e l'istituzione; la verità dei rapporti e la carità; la diversità dei carismi e la unità". Paolo VI osserva che "l'inserzione realista della comunità cristiana, ove si è chiamati a vivere l'istante presente, Ci sembra una grazia sommamente desiderabile per il nostro tempo". E guardando a santa Teresa scrive: "Teresa si è trovata costantemente di fronte a tali problemi [...]. Con la nitidezza della sua sensibilità, la lucidità del suo giudizio, il suo desiderio di semplificazione, il suo attaccamento personale all'essenziale, si può dire che essa ha seguito lo Spirito, segnato una via originale, sviluppato la propria personalità e permesso a molte anime di prendere uno slancio nuovo e adatto a ognuno di esse. Ma - continua Paolo VI - per fare questo Teresa non si è allontanata dall'obbedienza: ella ha saputo utilizzare gli umili mezzi che le offriva la sua comunità e che la Chiesa metteva a sua disposizione. Essa non attese, per iniziare ad agire, un modo di vita ideale, un ambiente di convivenza più perfetto, diciamo piuttosto che essa ha contribuito a cambiarli dal di dentro. L'umiltà è lo spazio dell'amore. Il valore degli atti si misura dalla loro carica d'amore. La sua ricerca dell'Assoluto e la trascendenza della sua carità le hanno permesso di vincere gli ostacoli, o piuttosto di trasfigurare i suoi limiti".

Nel 1975 Paolo VI pubblicava l'Esortazione Apostolica Gaudete in Domino sulla gioia cristiana. A un certo momento l'Esortazione parla della gioia nel cuore dei Santi, fra i quali pone pure santa Teresa di Lisieux, della quale scrive: "In tempi più vicini, santa Teresa di Lisieux ci mostra la via coraggiosa dell'abbandono nelle mani di Dio, al quale affida la propria piccolezza. Ma non per questo essa ignora il sentimento dell'assenza di Dio, cosa di cui il nostro secolo, a suo modo, fa la dura esperienza: «Talvolta all'uccellino (a cui essa si paragona) sembra di credere che non esiste altra cosa all'infuori delle nuvole che l'avvolgono [...]. È quello il momento della gioia perfetta per il povero debole esserino [...]. Che gioia per lui restarsene là malgrado tutto, fissare la luce invisibile che si nasconde alla sua fede »".

Il 13 maggio 1977, ricevendo in Udienza privata il Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie, Paolo VI propone di nuovo l'esempio di S. Teresa di Lisieux, Patrona delle missioni cattoliche. "Santa Teresa di Lisieux - affermava - che proprio cinquant'anni fa veniva proclamata Patrona universale delle missioni per aver sostenuto l'ardore missionario senza mai uscire dal suo Carmelo, ci appare come un esempio tipico della solidarietà spirituale che si deve approfondire".

Nel Messaggio per la Giornata Mondiale indirizzato a tutta la Chiesa e pubblicato il 29 maggio 1977 è contenuto un importante riferimento a santa Teresa di Lisieux, Patrona delle missioni: "Carissimi Fratelli e Figli della Chiesa Cattolica! Il consueto indirizzo che vi rivolgiamo in vista della prossima Giornata Missionaria, consapevoli del dovere di promuovere l'evangelizzazione, si apre quest'anno nel ricordo di una eletta figura di donna, da cui la Chiesa ha ricevuto e riceve tuttora un forte impulso missionario: santa Teresa di Lisieux che, proprio cinquant'anni fa, fu proclamata, con San Francesco Saverio, speciale Patrona delle missioni cattoliche [...]. In tutte le epoche missionarie si può infatti constatare come la presenza di un Santo diventi punto di partenza per un nuovo slancio apostolico, ed è questa la ragione ideale e insieme augurale del riferimento da Noi fatto alla insigne e santa religiosa carmelitana".

GIOVANNI PAOLO I (1978)

Nei 33 giorni del suo Pontificato Giovanni Paolo I, il Papa del sorriso - come venne definito - non ha lasciato particolari documenti su santa Teresa del Bambino Gesù. Tuttavia possiamo ugualmente cogliere il suo pensiero in due oc­casioni: la prima si ebbe per il Centenario della nascita di S. Teresa del Bambino Gesù, quando, come Patriarca di Venezia, il 10 ottobre 1973, lesse una dotta conferenza alla Scuola Grande dei Carmini a Venezia; la seconda occasione fu nel libro che raccoglie una serie di lettere scritte a qualche illustre personaggio. Da qui possiamo vedere come il pensiero e la dottrina della santa di Lisieux fosse profondamente presente nell'anima del futuro Papa.

La conferenza tenuta ai Carmini a Venezia, dopo una diligente nota bibliografica della santa, mette in luce alcuni aspetti dottrinali e spirituali che il Patriarca crede opportuno richiamare come particolarmente adatti ai nostri tempi. Rifacen­dosi alla Lettera di Paolo VI al vescovo di Bayeux e Lisieux del gennaio di quell'anno 1973 e che, in un primo punto tratta della vita di intimità col Signore, il Patriarca osserva: "Il nostro tempo non sembra molto apprezzarla e favorirla. Su Dio s'è gettato il sospetto: se uno cerca di piacergli, lo si dice alienato, quasi trascurasse la coltivazione del pascolo reale, vicino, possibile, in vista di irreali ed impossibili « pascoli eterni ». Il card. A. Luciani si sofferma piuttosto e­s­tesamen­te sulla sofferenza nella vita di Teresa. "Mi permetto di tornarci sopra, perché sofferenti siamo un po' tutti: ammalati, in­compresi, non riconosciuti, bersagliati dall'insuccesso, preoccupati da problemi di ogni genere, persuasi di non poter credere in Dio, rosi dall'intimo rimorso di aver sin qui mal impostata e condotta la vita [...]. La grande domanda è: a quando e da chi una serenità per noi?". Teresa ha conosciuto la sofferenza fisica, la sofferenza per la famiglia (la malattia del padre) e una lunga e dolorosa malattia. Ma ha avuto specialmente la sofferenza spirituale. "La notte del nulla, che è ancora più profonda e che le fa toccar con mano che cosa vuol dire non aver fede in Dio [...]. Per mesi, fino alla fine, Teresa ripete atti di fede, fa le opere della fede, ma non ha il godimento della fede. È immersa nelle tenebre più fitte: senza essere respon­sabile di questo fatto, l'accetta come se fosse responsabile di questo fatto, l'accetta come se fosse un'atea colpevole; si siede alla mensa dei peccatori come se fosse una di loro".

Un secondo aspetto richiamato dal Patria­r­­ca in questa occasione è il disagio che molti oggi sentono nella quotidianità della loro vita. "Alcuni, sia semplici fedeli, sia anime consacrate, dicono di non trovarsi a loro agio (nel tempo moderno). Sensibilissimi alla libertà e alla dignità della persona umana, non capiscono l'autorità e l'obbedienza. Nelle cosiddette strutture si sentono come Davide nella pesante ed impacciosa armatura di Saul". Teresa invece si è inserita nella cultura e nelle struttura del suo tempo: confessione a sei anni, la preparazione alla prima comunione in famiglia, il pellegrinaggio - che per Teresa furono altamente istruttivi - il monastero, cioè la vita religiosa coi voti, la regola, l'austerità. "Oggi - commenta Luciani - sotto pretesto di rinnovamenti, si tende talvolta a svuotare tutte queste cose del loro valore. Teresa non sarebbe d'accordo, a mio avviso".

Un altro aspetto positivo suggerito agli uomini di oggi da Teresa è "il suo amore alla Sacra Scrittura e c'è da godere che essa abbia in qualche modo prevenuto questi nostri tempi di riscoperta biblica". Né va dimenticato il ricordo dei santi e della loro dottrina.

Concludendo: A. Luciani osserva che "negli scritti di santa Teresa del Bambino Gesù si trovano tesori di dottrina ascetica [...]. Essa, avendo acuta intelligenza e doni speciali, ha visto chiarissimo nelle cose di Dio e si è anche espressa chiaris­simamente, cioè con somma semplicità e andando all'essen­zia­le"­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­.

Tra i personaggi ai quali il Patriarca di Venezia indirizza una lettera è santa Teresa di Lisieux, col titolo La gioia carità squisita. Anche da questa lettera possiamo dedurre quale posto aveva la santa nel cuore del futuro Papa e quali virtù maggior­mente lo colpissero. Da questa lettera, che rispecchia tutto l'afflato pastorale del Patriarca di Venezia, traspare quanto segue.

“L'autobiografia della santa ‘quando avevo diciassette anni’ fu per me un colpo di fulmine. ‘Storia di un fiorellino di maggio’ l'avevate definita. A me parve la storia di una ‘spranga d'acciaio’ per la forza di volontà, il coraggio e la decisione, che da essa sprizzavano". Infatti "scelta una volta la strada della completa dedizione a Dio, niente vi ha più sbarrato il passo: né malattia, né contrad­dizione esterne, né nebbie e tenebre interiori". Conosciamo inoltre l'aiuto che ebbe da Teresa quando, giovane sacerdote, venne ricoverato al sanatorio, ammalato di tuber­colosi. Albino confessa umilmente: "Mi vergognai di provare un po' di paura: « Teresa ventitreenne, fino allora sana e piena di vitalità - mi dissi - fu inondata di gioia e di speranza, quando sentì salire alla bocca la prima emottisi. Non solo, ma, attenuando il male, ottenne di portare a termine il digiuno con regime di pane secco e acqua, e tu vuoi metterti a tremare? Sei sacerdote, svegliati, non fare lo sciocco »".

In occasione del centenario della nascita (1973) il Patriarca Luciani rilegge l'autobiografia di Teresa di Lisieux e rimane colpito dal "modo con cui aveste amato Dio e il prossimo [...]. Anche voi chiamate la vostra strada « la via dell'amore ». Vi siete sentita come «un uccellino senza forza e senz'ali »; in Dio avete visto l'aquila, che scende per portarvi alle altezze sulle proprie ali. Chiamaste la grazia divina « ascensore », che vi innalzava a Dio presto e senza fatica, essendo voi « troppo piccola per salire l'aspra scala della perfezione »". "Cercare il volto di Cristo nel volto del prossimo è l'unico criterio che ci garantis­ca di amare sul serio tutti, superando antipatie, ideologie e mere filantro­pie". "Aiutare come si può, non prendersela, essere compren­sivi, mantenersi calmi e sorridenti in queste occasioni, è amare il prossimo senza retorica, ma in modo pratico". "Può essere spicciola anche la carità privatizzata o sociale [...]. Accettare il disagio (in caso di sciopero), non mormorare, sentirsi solidali con dei fratelli, che lottano per la difesa dei loro diritti, è pure carità cristiana. Poco notata, ma non per questo meno squisita". "Una gioia mescolata all'amore cristiano [...]. La gioia può diventare carità squisita, se comunicata, come appunto facevate Voi nelle ricreazioni del Carmelo, agli altri".

GIOVANNI PAOLO II (1978-2005)

A pochi giorni dalla sua elezione al Pontificato Romano, il 10 novembre 1978, Giovanni Paolo II riceveva in Udienza le Suore di Roma, tra le quali si trovavano pure molte monache di clausura. Verso la fine del suo discorso si rivolgeva diret­tamente alle claustrali proponendo l'esempio di s. Teresa del Bambino Gesù: "Si realizzi in ciascuna di voi quello che fu il programma di vita di S. Teresa di Gesù Bambino: « in corde Ecclesiae amor ero » - nel cuore della Chiesa sarò l'amore".

Prima di partire per il primo pellegrinaggio in Francia, ove si sarebbe pure recato a Lisieux, a un gruppo di Abadesse benedettine d'Italia, il 22 maggio 1980, Giovanni Paolo II raccomandava una intensa preghiera ai piedi della croce per la salvezza del mondo. Citava il seguente fatto dell'autobiografia di S. Teresa del Bambino Gesù: "Una domenica, guardando un'immagine di Nostro Signore in croce, fui colpita dal sangue che colava da una mano sua divina; provai un dolore grande pensando che quel sangue cadeva a terra senza che alcuno si desse premura di raccoglierlo; e risolsi di tenermi in spirito a piè della croce per ricevere la divina rugiada, comprendendo che avrei dovuto, in seguito, porgerla alle anime".

Ma il pensiero del Papa su santa Teresa del Bambino Gesù venne espresso in modo sistematico nel suo primo pellegrinaggio apostolico in Francia nel maggio del 1980. In quell'occasione pronunciò una memorabile Omelia nella Basilica di santa Teresa a Lisieux, commentando e applicando alla « piccola via » di santa Teresa il testo paolino della lettera ai Romani: "Tutti coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito di schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: « Abbà, Padre! »". Dopo aver ricordato che Teresa "fu in effetti una nostra santa contemporanea", il Papa osserva che "i santi non invecchiano praticamente mai, e che essi non cadono in prescrizione. Essi testimoniano la perenne giovinezza della Chiesa". Nella frase paolina Giovanni Paolo II vede "la caratterizzazione del particolare carisma di Teresa Martin, ciò che cioè costituisce il dono speciale del suo cuore, e che, per mezzo suo, è divenuto un dono particolare per la Chiesa". "Dono meraviglioso nella sua semplicità, e insieme universale. Per suo mezzo Dio ha rivelato al mondo il mistero fondamentale, la realtà del vangelo sintetizzato nello spirito di figli adottivi. La piccola via è la via della santa infanzia. In questa via c'è allo stesso tempo la conferma e il rinnovo della verità più fondamentale e più universale. Quale verità del messaggio evangelico è infatti più fondamentale e più universale di questa: Dio è nostro Padre e noi siamo suoi figli? ".

"Quando ella morì ha lasciato il ricordo dell'infanzia: della santa infanzia [...]. Teresa fu «l'enfant » il bambino. "Ella fu "l'enfant" il bambino che confidava fino all'eroismo, e di conseguenza libera fino all'eroismo". L'eroismo la portò a realizzare il significato del secondo cognome religioso: Teresa del Bambino Gesù e del Santo Volto. "Per questo, la confidenza filiale della piccola Teresa è eroica perché proviene dalla fervente comunione alle sofferenze di Cristo". Ma poiché con la sua passione Cristo ha redento il mondo, Teresa ha sentito forte il problema della salvezza del mondo e dell'uomo, e quindi si è sentita mis­sionaria. "Presente con la forza e la grazia particolare dello Spirito d'amore a tutte le avanguardie missionarie, vicina a tutti i missionari, uomini e donne. Per questa venne proclamata Patrona delle missioni, come san Francesco Saverio".

Nell'Udienza del 18 marzo 1981, parlando di raccoglimento e di preghiera a migliaia di giovani di varie diocesi d'Italia, ricordava l'esempio di santa Teresa di Gesù Bambino "che da bambina ogni tanto si rendeva irreperibile, nascondendosi per pregare. « Che cosa pensi? » le chiedevano i familiari, ed essa con innocente semplicità rispondeva: « Penso al buon Dio, alla vita, all'Eter­nità ». E ai giovani proponeva: "Riservate anche voi un po' di tempo, specialmente alla sera, per pregare, per meditare, per leggere una pagina del Vangelo o un episodio della biografia di qualche Santo; createvi una zona di deserto e di silenzio, così necessari per la vita spirituale. E se vi è possibile par­tecipate anche ai Ritiri e ai corsi di Esercizi Spirituali, organizzati nelle vostre diocesi e parroc­chie"

Il pensiero di Teresa di Lisieux Patrona delle missioni ritorna anche nei Messaggi annuali per le Giornate missionarie mondiali. Così nel Messaggio del 1984 scriveva a proposito di santa Teresa del Bambino Gesù: "Santa Teresa del Bambino Gesù, Patrona delle missioni, prigioniera di amore nel Carmelo di Lisieux, avrebbe voluto percorrere il mondo intero per piantare la Croce di Cristo in ogni luogo [...]. Ed ha concretizzato l'universalità e l'apostolicità dei suoi desideri nella sofferen­za chiesta a Dio e nell'offerta preziosa di se stessa quale vittima volontaria all'amore misericordioso. Sofferenza che raggiunse il culmine e insieme il più alto grado di fecondità apostolica nel martirio dello spirito, nel travaglio dell'oscuri­tà della fede, offerto eroicamente per ottenere la luce della fede a tanti fratelli ancora immersi nelle tenebre". Ricordando poi che essa era stata dichiarata Patrona delle missioni con San Francesco Saverio, invitava tutti alla riflessione di tale fatto.

BENEDETTO XVI (2005 -)

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro - Mercoledì, 6 aprile 2011

Santa Teresa di Lisieux

Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei parlarvi di santa Teresa di Lisieux, Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, che visse in questo mondo solo 24 anni, alla fine del XIX secolo, conducendo una vita molto semplice e nascosta, ma che, dopo la morte e la pubblicazione dei suoi scritti, è diventata una delle sante più conosciute e amate. La "piccola Teresa" non ha mai smesso di aiutare le anime più semplici, i piccoli, i poveri e i sofferenti che la pregano, ma ha anche illuminato tutta la Chiesa con la sua profonda dottrina spirituale, a tal punto che il Venerabile Papa Giovanni Paolo II, nel 1997, ha voluto darle il titolo di Dottore della Chiesa, in aggiunta a quello di Patrona delle Missioni, già attribuitole da Pio XI nel 1939. Il mio amato Predecessore la definì "esperta della scientia amoris" (Novo Millennio ineunte, 27). Questa scienza, che vede risplendere nell'amore tutta la verità della fede, Teresa la esprime principalmente nel racconto della sua vita, pubblicato un anno dopo la sua morte sotto il titolo di Storia di un'anima. E’ un libro che ebbe subito un enorme successo, fu tradotto in molte lingue e diffuso in tutto il mondo. Vorrei invitarvi a riscoprire questo piccolo-grande tesoro, questo luminoso commento del Vangelo pienamente vissuto! La Storia di un'anima,infatti, è una meravigliosa storia d'Amore, raccontata con una tale autenticità, semplicità e freschezza che il lettore non può non rimanerne affascinato! Ma qual è questo Amore che ha riempito tutta la vita di Teresa, dall’infanzia fino alla morte? Cari amici, questo Amore ha un Volto, ha un Nome, è Gesù! La Santa parla continuamente di Gesù. Vogliamo ripercorrere, allora, le grandi tappe della sua vita, per entrare nel cuore della sua dottrina.

Teresa nasce il 2 gennaio 1873 ad Alençon, una città della Normandia, in Francia. E' l'ultima figlia di Luigi e Zelia Martin, sposi e genitori esemplari, beatificati insieme il 19 ottobre 2008. Ebbero nove figli; di essi quattro morirono in tenera età. Rimasero le cinque figlie, che diventarono tutte religiose. Teresa, a 4 anni, rimase profondamente ferita dalla morte della madre (Ms A, 13r). Il padre con le figlie si trasferì allora nella città di Lisieux, dove si svolgerà tutta la vita della Santa. Più tardi Teresa, colpita da una grave malattia nervosa, guarì per una grazia divina, che lei stessa definisce il "sorriso della Madonna" (ibid., 29v-30v). Ricevette poi la Prima Comunione, intensamente vissuta (ibid., 35r), e mise Gesù Eucaristia al centro della sua esistenza.

La "Grazia di Natale" del 1886 segna la grande svolta, da lei chiamata la sua "completa conversione" (ibid., 44v-45r). Guarisce, infatti, totalmente dalla sua ipersensibilità infantile e inizia una "corsa da gigante". All'età di 14 anni, Teresa si avvicina sempre più, con grande fede, a Gesù Crocifisso, e si prende a cuore il caso, apparentemente disperato, di un criminale condannato a morte e impenitente (ibid., 45v-46v). "Volli ad ogni costo impedirgli di cadere nell'inferno", scrive la Santa, con la certezza che la sua preghiera lo avrebbe messo a contatto con il Sangue redentore di Gesù. E' la sua prima e fondamentale esperienza di maternità spirituale: "Tanta fiducia avevo nella Misericordia Infinita di Gesù", scrive. Con Maria Santissima, la giovane Teresa ama, crede e spera con "un cuore di madre" (cfr PR 6/10r).

Nel novembre del 1887, Teresa si reca in pellegrinaggio a Roma insieme al padre e alla sorella Celina (ibid., 55v-67r). Per lei, il momento culminante è l'Udienza del Papa Leone XIII, al quale domanda il permesso di entrare, appena quindicenne, nel Carmelo di Lisieux. Un anno dopo, il suo desiderio si realizza: si fa Carmelitana, "per salvare le anime e pregare per i sacerdoti" (ibid., 69v). Contemporaneamente, inizia anche la dolorosa ed umiliante malattia mentale di suo padre. E’ una grande sofferenza che conduce Teresa alla contemplazione del Volto di Gesù nella sua Passione (ibid., 71rv). Così, il suo nome da Religiosa - suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo - esprime il programma di tutta la sua vita, nella comunione ai Misteri centrali dell'Incarnazione e della Redenzione. La sua professione religiosa, nella festa della Natività di Maria, l’8 settembre 1890, è per lei un vero matrimonio spirituale nella “piccolezza” evangelica, caratterizzata dal simbolo del fiore: "Che bella festa la Natività di Maria per diventare la sposa di Gesù! - scrive - Era la piccolaVergine Santa di un giorno che presentava il suo piccolo fiore al piccolo Gesù" (ibid., 77r). Per Teresa essere religiosa significa essere sposa di Gesù e madre delle anime (cfr Ms B, 2v). Lo stesso giorno, la Santa scrive una preghiera che indica tutto l'orientamento della sua vita: chiede a Gesù il dono del suo Amore infinito, di essere la più piccola, e sopratutto chiede la salvezza di tutti gli uomini: "Che nessuna anima sia dannata oggi" (Pr 2). Di grande importanza è la sua Offerta all'Amore Misericordioso, fatta nella festa della Santissima Trinità del 1895 (Ms A, 83v-84r; Pr 6): un'offerta che Teresa condivide subito con le sue consorelle, essendo già vice maestra delle novizie.

Dieci anni dopo la "Grazia di Natale", nel 1896, viene la "Grazia di Pasqua", che apre l'ultimo periodo della vita di Teresa, con l'inizio della sua passione in unione profonda alla Passione di Gesù; si tratta della passione del corpo, con la malattia che la condurrà alla morte attraverso grandi sofferenze, ma soprattutto si tratta della passione dell'anima, con una dolorosissima prova della fede (Ms C, 4v-7v). Con Maria accanto alla Croce di Gesù, Teresa vive allora la fede più eroica, come luce nelle tenebre che le invadono l’anima. La Carmelitana ha coscienza di vivere questa grande prova per la salvezza di tutti gli atei del mondo moderno, chiamati da lei "fratelli". Vive allora ancora più intensamente l'amore fraterno (8r-33v): verso le sorelle della sua comunità, verso i suoi due fratelli spirituali missionari, verso i sacerdoti e tutti gli uomini, specialmente i più lontani. Diventa veramente una "sorella universale"! La sua carità amabile e sorridente è l'espressione della gioia profonda di cui ci rivela il segreto: "Gesù, la mia gioia è amare Te" (P 45/7). In questo contesto di sofferenza, vivendo il più grande amore nelle più piccole cose della vita quotidiana, la Santa porta a compimento la sua vocazione di essere l’Amore nel cuore della Chiesa (cfr Ms B, 3v).

Teresa muore la sera del 30 settembre 1897, pronunciando le semplici parole "Mio Dio, vi amo!", guardando il Crocifisso che stringeva nelle sue mani. Queste ultime parole della Santa sono la chiave di tutta la sua dottrina, della sua interpretazione del Vangelo. L'atto d'amore, espresso nel suo ultimo soffio, era come il continuo respiro della sua anima, come il battito del suo cuore. Le semplici parole “Gesù Ti amo” sono al centro di tutti i suoi scritti. L'atto d'amore a Gesù la immerge nella Santissima Trinità. Ella scrive: "Ah tu lo sai, Divin Gesù Ti amo, / Lo Spirito d'Amore m'infiamma col suo fuoco, / E' amando Te che io attiro il Padre" (P 17/2).

Cari amici, anche noi con santa Teresa di Gesù Bambino dovremmo poter ripetere ogni giorno al Signore che vogliamo vivere di amore a Lui e agli altri, imparare alla scuola dei santi ad amare in modo autentico e totale. Teresa è uno dei “piccoli” del Vangelo che si lasciano condurre da Dio nelle profondità del suo Mistero. Una guida per tutti, soprattutto per coloro che, nel Popolo di Dio, svolgono il ministero di teologi. Con l'umiltà e la carità, la fede e la speranza, Teresa entra continuamente nel cuore della Sacra Scrittura che racchiude il Mistero di Cristo. E tale lettura della Bibbia, nutrita dalla scienza dell’amore, non si oppone alla scienza accademica. La scienza dei santi, infatti, di cui lei stessa parla nell'ultima pagina della Storia di un'anima, è la scienza più alta."Tutti i santi l'hanno capito e in modo più particolare forse quelli che riempirono l'universo con l'irradiazione della dottrina evangelica. Non è forse dall'orazione che i Santi Paolo, Agostino, Giovanni della Croce, Tommaso d'Aquino, Francesco, Domenico e tanti altri illustri Amici di Dio hanno attinto questa scienza divina che affascina i geni più grandi?" (Ms C, 36r). Inseparabile dal Vangelo, l'Eucaristia è per Teresa il Sacramento dell'Amore Divino che si abbassa all'estremo per innalzarci fino a Lui. Nella sua ultima Lettera, su un'immagine che rappresenta Gesù Bambino nell'Ostia consacrata, la Santa scrive queste semplici parole: "Non posso temere un Dio che per me si è fatto così piccolo! (...) Io Lo amo! Infatti, Egli non è che Amore e Misericordia!" (LT 266).

Nel Vangelo, Teresa scopre soprattutto la Misericordia di Gesù, al punto da affermare: "A me Egli ha dato la sua Misericordia infinita, attraverso essa contemplo e adoro le altre perfezioni divine! (...) Allora tutte mi paiono raggianti d'amore, la Giustizia stessa (e forse ancor più di qualsiasi altra) mi sembra rivestita d'amore" (Ms A, 84r). Così si esprime anche nelle ultime righe della Storia di un'anima: "Appena do un'occhiata al Santo Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da che parte correre... Non è al primo posto, ma all'ultimo che mi slancio… Sì lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi tra le braccia di Gesù, perché so quanto ami il figliol prodigo che ritorna a Lui" (Ms C, 36v-37r). "Fiducia e Amore" sono dunque il punto finale del racconto della sua vita, due parole che come fari hanno illuminato tutto il suo cammino di santità, per poter guidare gli altri sulla stessa sua "piccola via di fiducia e di amore", dell’infanzia spirituale (cf Ms C, 2v-3r; LT 226). Fiducia come quella del bambino che si abbandona nelle mani di Dio, inseparabile dall'impegno forte, radicale del vero amore, che è dono totale di sé, per sempre, come dice la Santa contemplando Maria: "Amare è dare tutto, e dare se stesso" (Perché ti amo, o Maria, P 54/22). Così Teresa indica a tutti noi che la vita cristiana consiste nel vivere pienamente la grazia del Battesimo nel dono totale di sé all'Amore del Padre, per vivere come Cristo, nel fuoco dello Spirito Santo, il Suo stesso amore per tutti gli altri. Grazie.

Tutti i Papi del secolo XX

Riconoscono quindi in Teresa l'esistenza di un messaggio da comunicare, una dottrina da insegnare basata sulla perenne verità della Scrittura, vissuta dalla Tradizione, dottrina in parte acquisita e in parte infusa. Ella l'ha lasciata in dono alla Chiesa, ricordandola agli uomini del nostro tempo. Tutti gli uomini, anche gli intellettuali, si sono fatti suoi discepoli e si sono messi alla sua scuola. Tante anime hanno attinto, non solo all'esempio eroico della sua vita e della sua santità, ma anche alla ricchezza del suo magistero, un corredo di scienza e una norma di vita. Essa è quindi maestra delle anime: Theresia docet. Essa esercita un magistero con una dottrina ricca particolarmente adatta e vissuta in un tempo in cui prevaleva nella vita spirituale il sentimento giansenista della giustizia divina. Le anime se ne erano alquanto dimen­ticate, consacrandosi alla giustizia divina. Teresa invece si consacra all'amore misericordioso paterno del Signore. Proprio per queste doti universalmente riconosciute dai Papi, Teresa a pieno titolo potrebbe essere riconosciuta dottore della Chiesa, vicino alla sua gloriosa Madre Teresa di Gesù.

La santa di Lisieux è maestra di tutti. Agli uomini di oggi ricorda la perenne verità del vangelo, a tutti ricorda che la santità è possibile per tutti, che tutti possono raggiungere la perfezione, e abbandonarsi fiduciosamente nelle mani di Dio, alla sua misericordia, al suo amore, vivendo di fede, di speranza e di carità. Non sono questi i richiami più eloquenti del Vaticano II quando parla della vocazione universale alla santità in forza del battesimo della fede che ci "ha fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi?" (LG 40).

Ma dalle affermazioni dei Pontefici appare pure che quando essi parlano della dottrina generale della Chiesa (per es. della preghiera, della contemplazione, dell'influsso della vita religiosa nella vita della Chiesa, della santità della Chiesa) si richiamano alla dottrina di Teresa come a un dato ormai pacifica­mente acquisito dal Magistero stesso e dalla coscienza dei fedeli.

Agli studiosi della dottrina dell'infanzia spirituale il compito delicato e difficile di dimostrare come questo aspetto della sua dottrina comporti una tale "eminenza", particolarità e autorevolezza di insegnamento da meritare il titolo di dottore della Chiesa.