Omaggio dei Padri Carmelitani Scalzi e dei devoti del Carmelo alla ‘loro Madre’ nella ricorrenza del settimo centenario del dono dello Scapolare (1251 – 1951).
Anche perché avrebbero ricordato ai posteri il lietissimo avvenimento, celebrato con solenni riti in tutto il mondo, l’altare e la Cappella vennero curati in ogni minimo particolare con ispirazione d’arte e, più ancora, con ispirazione di Fede.
Lo splendore del marmo apuano, la delicatezza delle tinte negli ornati, lo splendore dei ricchissimi mosaici, l’espressione sublime delle figure, o scolpite o dipinte, sono un debole, ma eloquente riflesso di Colei che è ‘La Tutta Bella’. Pure il suo altare è di una bellezza non facile a descriversi.
Osserviamo le magnifiche linee gotiche dei tanti pinnacoli, che svettano in alto sullo sfondo di un variopinto prezioso panneggio, un mosaico, che serve a staccarli convenientemente dalla parete frontale.
La guglia centrale è sublime. Nella nicchia – tutta oro – si vede la statua della Madonna del Carmine in marmo statuario dai caratteristici colori della veste carmelitana: marron e bianco.
Il volto, sia della Madonna che del Bambino, e le estremità nude sono del bel ‘raro’ marmo di Candoglia, adattissimo a dare, nel fresco colore carnicino, una magnifica espressione naturale. Parte per parte della Madonna, su un sfondo in mosaico-oro, si snoda una teoria di Santi e di Sante dell’Ordine Carmelitano, quasi lungo una galleria dalle colonne pure d’oro-mosaico.
Gli Angeli, con espressione di gioia, additano ad anime prosciolte dalle pene la Madonna. Le Anime congiungono le mani in segno di riconoscenza a Maria. Altre Anime avvolte dalle fiamme implorano grazia, in un atteggiamento di serena fiducia.
Più sotto, e costituiscono lo stesso paliotto d’altare, altre Anime ancora tra le fiamme purificatrici, recano in volto i segni della loro – pur rassegnata – sofferenza. E’ un complesso meravigliosamente artistico e pio, che mette al vivo e la realtà delle pene del Purgatorio e la realtà della consolante promessa di Maria SS. fatta a Simone Stock, Generale dell’Ordine, per le Anime devote del Suo Scapolare: “Questo è il privilegio che io concedo a te e a tutti i Carmelitani: chiunque morrà con questo Scapolare non patirà il fuoco eterno”.
Si osservino attentamente le colonnine d’onice del Tabernacolo, la porticina dello stesso in argento massiccio, incastonato di pietre all’intorno e finemente cesellato a sbalzo; i variopinti mosaici fiorentini che ornano i gradini sopra la mensa e gli originali candelabri in marmo e mosaico.
La mensa dell’altare poggia, nella parte anteriore, sopra quattro colonnine di giallo Siena.
Vi sono parte per parte in basso dell’altare due pannelli bassorilievo raffiguranti l’uno il Sacrificio del Profeta Elia, l’altro lo stesso Profeta, addormentatosi sotto il ginepro, che viene svegliato dall’Angelo del Signore.
Ai fianchi dell’Altare due figure d’Angeli, dal ricco paludamento in marmo di Carrara tinteggiato, reggono due lampade a piramide.
Il pavimento in mosaico alla veneziana con arabeschi è di splendido effetto.
L’elegantissima balaustrata gotica di scelti marmi, sorretta da colonnine in mosaico, ha fregi simbolici e sopra, in mosaico, la scritta: “E mostraci Gesù il frutto del ventre Tuo”.
Il Prof. Pegrassi di Verona ha curato la parte decorativa e le pitture con finezza e signorilità. Si fissi poi lo sguardo alla lunetta centrale in alto dove in una visione evanescente l’artista ha riprodotto l’apparizione della Madonna al Profeta Elia sul mare che lambisce il monte Carmelo, culla dell’Ordine.
Nella lunetta di destra il Pegrassi ha ritratto la scena scritturale di Anna che fa dono di una veste al suo figliolo Samuele, figura del dono di Maria SS. ai suoi figli di predilezione.
Nella lunetta di sinistra Maria che, sulla soglia del Paradiso, incontra i rivestiti del Santo Scapolare e li introduce lieta, nel regno della gloria.
Due grandi mosaici del Castaman occupano le pareti laterali.
A destra è rappresentato il Purgatorio. A sinistra l’approvazione della “Bolla Sabatina” del Papa Giovanni XXII data in Avignone il 3 marzo 1322: la Madonna prometteva la “salvezza eterna e la liberazione di tutti i religiosi dell’Ordine e dei membri della ‘Confraternitas Ordinis’ dal Purgatorio il sabato dopo la loro morte”.
Artistico è pure il Confessionale sulla sinistra di chi osserva l’altare.
Ma quello che è un altro ben ricco gioiello incastonato, vorrei dire, nel gioiello maggiore che è dato dal complesso della Cappella è la nicchia di S. Anna con Maria Bambina, sulla destra.
Non si finirebbe mai d’ammirare il mosaico policromo della nicchia. Dove si rimane addirittura estatici è nel rilevare l’espressione che l’Arrighini ha saputo trasfondere nel gruppo di S. Anna con Maria Bambina. S. Anna è di un magnifico blocco statuario. Si noti la leggerezza dello scialle che Le copre il capo e Le scende sulle spalle. Si direbbe reale. Modestissimo il Volto. Bellissimo il naturale atteggiamento col quale, schiudendo le braccia, presenta la sua piccola Maria. La Bimba, stretta in fasce, è adagiata nella culla – tutto in marmo di squisita lavorazione – sorretta da quattro graziosissimi putti marmorei che sembrano santamente ambiziosi, gioiosi dell’onore loro fatto. Il volto della Santa Bambina lo direbbe vivo, i piccoli occhi scintillano, il labbro atteggia al sorriso. Da quel pio simulacro sprigiona qualcosa, che non è di questa terra, e invita soavemente a ripetere: “Ave Maria”…