Dal Periodico del 28 gennaio 1944: una bomba
“In questo giorno anche il nostro Santuario ha dato il suo doloroso contributo alla guerra. Niente di troppo grave, niente di irreparabile! Una bomba, scoppiata nelle immediate vicinanze, ha colpito con molte schegge la facciata, infrangendo tutti i vetri del Santuario e del Salone, e scrostando, qua e là, o semplicemente segnando, per lo spostamento d’aria, mura e soffitti. La Cappella monumentale ha avuto infranti i vetri del soffitto, e dei finestroni; ma nessun danno agli altari, alle statue, agli ornati, all’Urna. Caratteristico il fatto che tra i molti vetri che si sono infranti nelle vetrate dell’abside (coro) nessuno che portava l’immagine istoriata della Santa è andato rotto.
Preghiamo la Santa che voglia sempre difendere il suo Santuario, finora il primo in Italia, ed ora, dopo la distruzione di quello di Anzio, rimasto anche l’unico. E col suo Santuario voglia proteggere e difendere da tali barbare incursioni il nostro Quartiere, la nostra Città, le cento città della nostra cara Patria, l’Italia”.
La sera del 25 aprile 1945, mentre più grave incombeva l’incubo della guerra, e della resistenza, quando già, troppo barbaramente perché troppo ingiustificato, il nemico aveva fatto saltare, con violentissimi scoppi i nove magnifici ponti della città, e le polveriere, tra cui quella del Forte S. Caterina vicinissimo, si videro comparire i primi “liberatori”. Americani della quinta arma s’erano appostati dinanzi al piazzale quanto comparvero alcuni tedeschi, in bicicletta, tentando di ricoverarsi nell’atrio del Santuario. La scaramuccia che ne seguì fu violenta, ed il Santuario ne porta le tracce: forata dai proiettili dei mitragliatori la facciata, scheggiati i pilastri che sostengono la cancellata, infranti i vetri dei quadri che, nell’atrio, raccolgono le fotografie (alcune, perché metterle tutte era impossibile) dei nostri soldati che s’erano messi sotto la speciale protezione della Santa. Ma la battaglia fu breve, e senza gravi danni.
Il giorno dopo spirava già aria di libertà, e la vita ricominciava. E’ ricominciata con un Te Deum di ringraziamento, quel giorno stesso. E’ ricominciata con una “festa” di riconoscenza, la domenica 13 maggio. E’ ricominciata per gli abitanti di Tombetta, che sono ritornati a viverla all’ombra del loro bel Santuario, da cui s’erano staccati con dolore, e che avevano ricordato sempre con tanta nostalgia nelle lunghe giornate del loro “sfollamento”. E’ ricominciata per i pellegrini che si sono affrettati a venire…”.
“Si può parlare di miracolo?
Per conto mio, dico con sicurezza: sì. Ed anche per conto di molti altri. Per tutti, diciamo solo che, almeno, è evidente la specialissima protezione della nostra cara Santa.
Verona, come tante altre città, e più di tante altre città della nostra bella Patria, è stata davvero duramente provata dalla guerra. Bombardamenti violentissimi; terribile minaccia, gli ultimi giorni, di una resistenza da parte tedesca, che avrebbe, certamente, distrutto tutto. Invece, grazie alla nostra Santa, niente è stato sostanzialmente toccato, nel nostro Santuario, dai bombardamento; e la resistenza è sfumata, improvvisamene, inaspettatamente, si potrebbe dire miracolosamente, proprio all’ultimo momento.
Come non essere riconoscenti alla cara Santa?
Come non vedere in questo una sua specialissima protezione?
Come non sentir crescere la nostra fiducia, sempre più viva, sempre più confidente nella nostra Santa, per noi e per tutti i suoi devoti, per tutti gli amici del Santuario, che ora, per un nuovo motivo, si può dir “suo Santuario”, perché salvato dalle distruzioni della guerra?”.