Mohāndās Karamchand Gāndhī (2 ottobre 1869 – Nuova Delhi, 30 gennaio 1948) è stato un politico, filosofo e avvocato indiano. È comunemente noto con l'appellativo onorifico di Mahatma (“grande anima”) e di Bapu ("padre"). Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici del satyagraha, un termine coniato da lui stesso, cioè la resistenza all'oppressione tramite la disobbedienza civile di massa che ha portato l'India all'indipendenza. Il satyagraha è fondato sulla satya (verità) e sull'ahimsa (nonviolenza o amore). Con le sue azioni, Gandhi ha ispirato movimenti di difesa dei diritti civili e personalità quali Martin Luther King, Nelson Mandela e Aung San Suu Kyi.
Gandhi iniziò le sue lotte in Sudafrica dove, giunto per lavoro, entra in contatto con il fenomeno dell'apartheid, ma anche con il pregiudizio razziale. La sua azione di lotta, in seguito estesa alla lotta per l'indipendenza dell'India, si fondava sull'Ahimsa "nonviolenza". Questa lotta si fondava sul boicottaggio e dalla disobbedienza civile ed era accompagnata dalla realizzazione dei dieci principi del satyagrahi: non violenza, verità, non rubare, castità, rinuncia ai beni materiali (Gandhi invitò tutti gli indiani a filarsi da sé il khadi, vestito povero dei contadini, e ad indossarlo), lavoro manuale o swadeshi (uso dei prodotti fatti a mano), moderazione nel mangiare e nel bere, impavidità, rispetto per tutte le religioni, sradicamento dell'intoccabilità.
«Ogni rivoluzione inizia con un singolo atto di disobbedienza.»
Praticò anche l'arte del silenzio, del vegetarianismo, del digiuno e della preghiera che riteneva un'azione più «reale» di ogni altra:
«Quando non c'è più speranza, "quando cessano gli aiuti e manca la consolazione", scopro che l'aiuto mi arriva, non so da dove. Le suppliche, l'adorazione, la preghiera non sono superstizioni; sono azioni più reali che il mangiare, il bere, il sedersi o il camminare. Non è esagerazione affermare che solo esse sono vere e tutto il resto è illusione.»
«La grandezza di una nazione e il suo progresso morale possono essere valutati dal modo in cui vengono trattati i suoi animali.»
Gandhi insisteva spesso sulla distinzione tra la nonviolenza del debole, che consiste nel subire passivamente e vigliaccamente l'oppressione o nell'opporsi a essa con la semplice "resistenza passiva", e la nonviolenza del forte.
«Per praticare la nonviolenza, bisogna essere intrepidi e avere un coraggio a tutta prova.»
Una società armonica e che tiene alla sua sopravvivenza deve rifuggire dalle sette cose che possono distruggerla:
Ricchezza senza lavoro, Piacere senza coscienza, Conoscenza senza carattere, Commercio senza moralità, Scienza senza umanità, Religione senza sacrificio, Politica senza principi.
Nelson Rolihlahla (letteralmente "colui che provoca guai") Mandela (1918-2013) è stato un rivoluzionario e uomo simbolo della lotta all'apartheid. Si laureò in Legge e alla fine degli anni 50 fu imprigionato. Durante la sua detenzione, lesse molti testi, poemi e poesie, in particolare, come spiegò il presidente dopo l'elezione a primo presidente bianco della Repubblica del Sudafrica (1994-1999), una poesia in inglese del poeta Britannico William Ernest Henley, del 1875, dal nome Invictus, dal latino "invitto", o "invincibile". Questa poesia per Mandela è stata il principale stimolo del suo continuare la vita in prigione nell'arco di 27 lunghi anni. Di ideologia Ubuntu, internazionalista, la sua ispirazione politica venne influenzata dal marxismo. Nel 1942 aderì all'African National Congress. Si ispirò in parte alla rivoluzione cubana. Ci ha lasciato tante bellissime frasi celebri.
“Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso.”
“L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo”
“Non c'è passione nel vivere in piccolo, nel progettare una vita che è inferiore alla vita che potresti vivere”
“Il compito più difficile nella vita è quello di cambiare se stessi”
“La pace è un sogno, può diventare realtà… Ma per costruirla bisogna essere capaci di sognare”
Crebbe in un contesto di segregazione razziale. Cassius Clay si convertì alla religione musulmana e cambiò il suo nome in Mohammad Ali. Si rifiutò di combattere in Vietnam per la sua religione e la sua opposizione al conflitto. Ciò nel 1967 (era già campione del mondo) gli costò la condanna a 5 anni di prigione (per renitenza alla leva) e il ritiro della licenza da parte delle commissioni atletiche pugilistiche statunitensi. Di conseguenza non poté combattere dal marzo 1967 all'ottobre 1970, cioè da 25 a quasi 29 anni. La sua battaglia come obiettore di coscienza lo rese un'icona degli anni sessanta. Divenne famoso come personaggio provocatorio e stravagante. Prese infatti il controllo di numerose conferenze stampa e interviste, parlando liberamente anche di problemi non legati al pugilato. Con il proprio carisma si contraddistinse inoltre come uno dei principali innovatori della pratica del trash-talking nel mondo sportivo. Trasformò profondamente il ruolo e l'immagine del pugile afroamericano negli Stati Uniti, diventando punto di riferimento del Potere nero.
«Impossibile è solo una grossa parola pronunciata da piccoli uomini, che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che lottare per cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto. È un'opinione. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre. Impossibile è niente»
«Vola come una farfalla, pungi come un'ape»
Ciò che mi spaventa di più non è la violenza dei cattivi; è l'indifferenza dei buoni.
È un filosofo, linguista, scienziato cognitivista, teorico della comunicazione e attivista politico statunitense, nato a Filadelfia il 7 dicembre 1928 da una famiglia ebraica originaria dell'Europa dell'est. Suo padre proveniva dall'Ucraina dell'ovest; sua madre aveva radici bielorusse. La costante e aspra critica nei confronti della politica estera di diversi Paesi, in particolar modo degli Stati Uniti, così come l'analisi del ruolo dei mass media nelle democrazie occidentali, lo hanno reso uno degli intellettuali più celebri e seguiti della sinistra radicale mondiale. Agnostico, riconosce ad alcune persone religiose un ruolo positivo nella storia. Il celebre intellettuale ha duramente denunciato l'ingiustizia e la profonda immoralità su cui si fondano i sistemi di potere, la strumentalizzazione di tutti i mezzi d'informazione occidentali da parte di potenti lobby economiche e la politica imperialista e militarista delle amministrazioni statunitensi, da Roosevelt in poi. Il meccanismo attraverso cui si attua questo livellamento, è costituito dalla "fissazione delle priorità": esiste un certo numero di mezzi di informazione che determinano una sorta di struttura prioritaria delle notizie, alla quale i media minori devono più o meno adattarsi a causa della scarsità delle risorse a disposizione. L'obiettivo è quello che Chomsky definisce come la "fabbrica del consenso", ossia un sistema di propaganda attuato coi mezzi di comunicazione di massa ritenuto dallo studioso molto efficace per il controllo e la manipolazione dell'opinione pubblica. A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élite dominanti. Secondo Chomsky, grazie alla biologia, alla neurobiologia, e alla psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell'essere umano, sia nella sua forma fisica sia psichica, riuscendo ad esercitare un controllo maggiore e un gran potere sugli individui. Chomsky prese una decisa posizione sulla guerra del Vietnam. È tra i più convinti sostenitori, nonché importante membro del consiglio, dell'Internazionale Progressista, un'organizzazione nata formalmente nel 2020 allo scopo di formare un movimento popolare per la giustizia globale. Di religione ebraica Chomsky aveva una posizione molto favorevole alla creazione dello stato di Israele, alla sua iniziale struttura di stampo socialista e ai kibbutzim; col tempo però, con l'inasprimento dei rapporti tra lo stato israeliano e gli stati confinanti, ha assunto una posizione ben più critica nei confronti della politica israeliana verso gli arabi e del colonialismo.
“Se non crediamo nella libertà d'espressione per le persone che disprezziamo, non ci crediamo affatto”
“Una multinazionale è più vicina al totalitarismo di qualunque altra istituzione umana”
Filippo Bruno (Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600) a 14 anni prende l'abito di frate domenicano e rinuncia al nome di Filippo assumendo il nome di Giordano. La scelta d'indossare l'abito domenicano può spiegarsi non già per un interesse alla vita religiosa o agli studi teologici – che mai ebbe, come affermò anche al processo - ma per potersi dedicare ai suoi studi prediletti di filosofia con il vantaggio di godere della condizione di privilegiata sicurezza che l'appartenenza a quell'Ordine potente certamente gli garantiva. Secondo Bruno occorre distinguere tra dottrine morali e filosofia naturale, così occorre distinguere tra teologi e filosofi: ai primi spettano le questioni morali, ai secondi la ricerca della verità. Giordano Bruno sosteneva un universo eterno e infinito, popolato da un'infinità di stelle come il Sole, ciascuna circondata da pianeti (pluralità dei mondi) su taluni dei quali crescono e prosperano esseri intelligenti; anzi, alcuni di questi mondi sono certamente più stupendi del nostro e con abitanti di gran lunga migliori dei terrestri. Non vi sono elementi per affermare che Bruno fu condannato per tale idea (che non è annoverata tra i capi d'accusa della sentenza ma solo negli atti d'accusa). Per le sue convinzioni sulla Sacra Scrittura, sulla Trinità e sul Cristianesimo, Giordano Bruno, già scomunicato, fu incarcerato, giudicato eretico e quindi condannato al rogo dall'Inquisizione della Chiesa cattolica. Fu arso vivo a piazza Campo de' Fiori il 17 febbraio 1600, durante il pontificato di Clemente VIII.
«Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell'ascoltarla»
PIERPAOLO PASOLINI
Pier Paolo Pasolini è stato un intellettuale poliedrico: poeta, regista, scrittore e critico, noto per la sua acuta critica sociale e culturale. La sua opera è caratterizzata da una profonda riflessione sui cambiamenti della società italiana del dopoguerra, la lotta contro il conformismo e una costante ricerca di autenticità. Pasolini è cresciuto in un ambiente familiare complesso, che ha influenzato la sua visione del mondo. Dopo aver iniziato la sua carriera come poeta, si è trasferito a Roma, dove ha vissuto a stretto contatto con le periferie urbane, esperienza che ha profondamente influenzato le sue opere. Le sue opere cinematografiche come Accattone, Mamma Roma, Il Vangelo secondo Matteo e Salò o le 120 giornate di Sodoma esplorano temi come l'emarginazione, la sacralità del povero e la critica al consumismo. Nei suoi romanzi, tra cui Ragazzi di vita e Una vita violenta, Pasolini dà voce agli "ultimi" della società, offrendo un ritratto vivido e compassionevole delle classi più povere. Consigliato: Uccellacci e uccellini.
Pasolini era noto per il suo sguardo critico sul potere e sul conformismo della società contemporanea. Era un critico feroce della modernizzazione che, a suo avviso, stava distruggendo le culture popolari autentiche e le tradizioni. Ha parlato dell'omologazione culturale come una nuova forma di oppressione, una "mutazione antropologica" che svuotava le persone della loro identità.
Petrolio, il suo ultimo romanzo pubblicato postumo nel 1992, si concentra su Carlo, un ingegnere dell'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), e attraverso la sua storia, Pasolini mette in piedi una feroce critica al capitalismo e alle collusioni tra politica, economia e criminalità organizzata. Per le sue allusioni a figure reali della politica e dell'economia italiana non è difficile ipotizzare collegamenti con il suo misterioso assassinio, avvenuto nel 1972. Pasolini ha lasciato un'eredità complessa e provocatoria, invitando le generazioni future a riflettere criticamente sulla società, la politica e la cultura e le mette in guardia dall'alienazione dell'individuo e la perdita delle radici culturali. Ha lasciando un messaggio di resistenza intellettuale e spirituale.
Tra le sue frasi più celebri, una che risuona ancora oggi è: "La verità non è una somma di opinioni ma un'illuminazione improvvisa e folgorante," che esprime la sua ricerca incessante della verità e della sincerità. Altre frasi attualissime:
“Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere in modo sleale."
“La morte non è nel non poter comunicare ma nel non poter più essere compresi.”
“Il nuovo fascismo non distingue più: non è umanisticamente retorico, è americanamente pragmatico. Il suo fine è la riorganizzazione e l'omologazione brutalmente totalitaria del mondo.”
“La televisione è un medium di massa, e come tale non può che mercificarci e alienarci.”
“Finché l'uomo sfrutterà l'uomo, finché l'umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui.”
Aldo Moro è stato uno dei politici più influenti dell'Italia del dopoguerra, noto per il suo ruolo cruciale nella politica italiana e per la sua tragica morte. Fu uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana (DC) e ricoprì numerosi incarichi di rilievo, tra cui quello di Presidente del Consiglio dei Ministri. Fu uno dei principali artefici del "compromesso storico", un'alleanza tra la DC e il Partito Comunista Italiano (PCI), volta a stabilizzare il paese in un periodo di tensioni politiche e sociali. Questo tentativo di dialogo tra forze politiche opposte rappresentava una visione di inclusione e coesione nazionale.
Il 16 marzo 1978, Moro fu rapito dalle Brigate Rosse, un gruppo terroristico di estrema sinistra, mentre si recava in Parlamento per discutere della fiducia al governo Andreotti. Durante il rapimento, la sua scorta fu massacrata. Dopo 55 giorni di prigionia e vari tentativi di negoziazione falliti, Moro fu brutalmente assassinato il 9 maggio 1978. Dietro la sua morte il mistero è ancora fitto ma indubbiamente le responsabilità sono molteplici. A mio parere Moro è stato ucciso da tutti,come Cristo, figura in cui egli credeva convintamente e pubblicamente.
È ricordato per il suo impegno nel promuovere il dialogo e la cooperazione tra diverse forze politiche, cercando di superare le divisioni ideologiche che affliggevano l'Italia del suo tempo. Il suo assassinio ha segnato profondamente la storia italiana, evidenziando le fragilità della democrazia e la violenza politica dell'epoca. Le sue lettere dal carcere, indirizzate alla famiglia e ai colleghi politici, riflettono la sua angoscia e la sua dignità di fronte alla morte. Queste lettere sono diventate documenti storici di grande rilevanza, testimoniando la complessità del suo pensiero e la profondità del suo impegno civile.
Una delle frasi più note di Moro, pronunciata durante il rapimento, è: "Se voi non capite che il problema non è salvare me, ma salvare il paese, non mi avete capito". Questa frase incarna il suo senso di responsabilità e la sua visione politica orientata al bene comune, oltre che la sua consapevolezza della situazione critica in cui si trovava l'Italia.
Aldo Moro è ricordato come un politico che ha cercato di costruire ponti in un periodo di profonde divisioni. La sua tragica fine ha lasciato un segno indelebile nella storia italiana, sottolineando l'importanza del dialogo e della coesione sociale. Secondo me, Moro incarna in sé il concetto di Bene e la sua vita è una testimonianza di ricerca della Verità. Ci lascia un profondo insegnamento di impegno civile e l'eredità di chiederci sempre dov'è il Bene e di perseguirlo senza paura del Male. Ha dato la vita per mostrarci come fare, come andare al di là delle apparenze. Se vogliamo onorare la sua vita dobbiamo cercare la verità prendendo da lui il testimone, anche relativamente alla sua vicenda, perché ciò che ha ucciso lui è ancora tra noi e va combattuto.
“Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi.”
Julian Assange è un giornalista, programmatore e attivista australiano, noto soprattutto per essere il fondatore di WikiLeaks, una piattaforma online dedicata alla divulgazione di documenti riservati e informazioni segrete che rivelano pratiche illegali o immorali da parte di governi e organizzazioni. Nel 2006, Assange ha fondato WikiLeaks con l'obiettivo di creare una piattaforma sicura per la pubblicazione di documenti riservati, garantendo l'anonimato delle fonti. Il sito ha attirato l'attenzione internazionale nel 2010, quando ha pubblicato una serie di documenti militari e diplomatici statunitensi, noti come i "War Logs" dell'Afghanistan e dell'Iraq, e i "Cablegate", una raccolta di comunicazioni diplomatiche riservate. Queste rivelazioni hanno esposto crimini di guerra, violazioni dei diritti umani e altre attività discutibili, scatenando dibattiti globali sulla trasparenza, la sicurezza nazionale e la libertà di stampa. Le attività di Assange lo hanno reso una figura controversa e perseguitata. Nel 2010, la Svezia ha emesso un mandato di arresto europeo nei suoi confronti per accuse di reati sessuali, che Assange ha sempre negato, sostenendo che fossero motivate politicamente. Per evitare l'estradizione, nel 2012 si è rifugiato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, dove ha vissuto per quasi sette anni. Durante questo periodo, l'ambasciata è diventata un simbolo della lotta di Assange contro le accuse che riteneva ingiuste e strumentalizzate. Nel 2019, Assange è stato arrestato dalle autorità britanniche dopo che l'Ecuador ha revocato il suo asilo politico ed in seguito è stato detenuto in una prigione britannica fino a luglio 2024, mentre affrontava una richiesta di estradizione negli Stati Uniti, dove è accusato di spionaggio e altri reati legati alla pubblicazione dei documenti riservati.
Julian Assange ha segnato un punto di svolta nel giornalismo e nell'attivismo per la trasparenza. La sua vita e il suo lavoro sollevano questioni cruciali riguardo al bilanciamento tra sicurezza nazionale e diritto all'informazione, oltre a mettere in luce le potenziali conseguenze personali per coloro che sfidano i poteri forti. Il suo impegno per la verità, nonostante le controverse circostanze della sua vita, ha lasciato un impatto duraturo sulle discussioni globali sulla libertà di stampa e sulla responsabilità governativa.
"Se le bugie possono provocare guerre, la verità può portare la pace."
Novak Djokovic è uno dei più grandi tennisti della storia, noto per i suoi successi straordinari, la sua tenacia in campo e il suo impegno fuori dal campo. Djokovic è nato a Belgrado, in Serbia, e ha iniziato a giocare a tennis in giovane età. È diventato professionista nel 2003 e ha rapidamente scalato le classifiche mondiali. La sua svolta è arrivata nel 2008 quando ha vinto il suo primo titolo del Grande Slam agli Australian Open. Da allora, Djokovic ha accumulato numerosi titoli del Grande Slam, tra cui vittorie agli Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open. È noto per il suo stile di gioco completo, la sua straordinaria resilienza mentale e la sua capacità di adattarsi a tutte le superfici di gioco. Djokovic ha stabilito molti record nel mondo del tennis. Ha detenuto il numero uno del mondo per più settimane rispetto a qualsiasi altro giocatore nella storia del ranking ATP. È uno dei pochi giocatori ad aver completato il Career Grand Slam, vincendo ciascuno dei quattro principali tornei almeno una volta. Inoltre, ha completato il Golden Masters, vincendo tutti i tornei ATP Masters 1000.
Fuori dal campo, Djokovic è noto per il suo impegno filantropico. Ha fondato la Novak Djokovic Foundation, che si concentra sull'educazione e lo sviluppo dei bambini in Serbia e in altre parti del mondo. Djokovic è anche conosciuto per il suo stile di vita salutare, la sua attenzione alla dieta e al benessere, e il suo interesse per pratiche come la meditazione e lo yoga. Ha mantenuto la sua posizione su alcune questioni, come la vaccinazione durante la pandemia di COVID-19, nonostante le ripercussioni sulla sua carriera.
Una delle frasi più celebri di Djokovic è: "La mia missione è quella di ispirare le persone a migliorare se stesse e a credere che tutto è possibile." Questa frase riflette la sua filosofia di vita e il suo desiderio di usare la sua piattaforma per influenzare positivamente il mondo.
Vittorio Arrigoni è stato un attivista, giornalista e scrittore italiano, noto per il suo impegno nella difesa dei diritti umani e per il suo sostegno alla causa palestinese. La sua vita e il suo lavoro hanno lasciato un segno profondo nelle persone che ha incontrato e nelle cause che ha sostenuto. È nato a Besana in Brianza, Italia. Sin da giovane, ha dimostrato un forte senso di giustizia e un impegno verso le cause sociali. Dopo varie esperienze come volontario in diverse parti del mondo, è arrivato nella Striscia di Gaza nel 2008 come membro dell'International Solidarity Movement (ISM), un'organizzazione che supporta la resistenza non violenta contro l'occupazione israeliana. A Gaza, Vittorio ha documentato le condizioni di vita della popolazione palestinese sotto assedio, utilizzando il suo blog e i social media per diffondere informazioni e sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale. Ha scritto numerosi articoli e reportage, denunciando le violazioni dei diritti umani e le sofferenze dei civili.
Arrigoni è diventato famoso per il suo motto "Restiamo Umani", che rifletteva il suo impegno per la dignità e i diritti umani. Questo slogan, diventato sinonimo della sua missione, incitava alla solidarietà e all'empatia verso tutte le vittime di ingiustizie e conflitti. Il 14 aprile 2011, Vittorio Arrigoni fu rapito da un gruppo estremista a Gaza. Purtroppo, nonostante gli sforzi per negoziare la sua liberazione, fu trovato morto il giorno seguente. La sua morte ha suscitato profonda tristezza e indignazione a livello internazionale, mettendo in luce la pericolosità della situazione a Gaza e il sacrificio degli attivisti umanitari. La sua vita e il suo lavoro hanno avuto un impatto significativo, non solo nella causa palestinese, ma anche nell'ispirare una generazione di attivisti a lottare per un mondo più giusto e umano.
A qualunque latitudine facciamo parte della stessa comunità. Ogni uomo, ogni donna, ogni piccolo di questo pianeta ovunque nasca e viva, ha diritto alla vita e alla dignità.Gli stessi diritti che rivendichiamo per noi appartengono anche a tutti gli altri e le altre, senza eccezione alcuna. Restiamo umani anche quando intorno a noi l'umanità pare si perda.