Il matrimonio nella prospettiva della filosofia riformata

Il metodo secondo il quale la filosofia riformata analizza e valuta ogni cosa è identificarne la sua struttura di individualità, valutando, cioè, come si pone rispetto ai quindici modi d'essere in cui può essere suddivisa la realtà della nostra esperienza. Anche per il matrimonio, quindi, ci si chiede: qual è l'aspetto principale, dominante, del suo "modo d'essere".

Il matrimonio (e la famiglia che ne consegue) è una delle strutture portanti della società umana. Esso trova nell'aspetto biologico la sua modalità fondante (è fondato sull'attrazione sessuale biologica di un uomo e di una donne) ed in quello etico il suo aspetto guida (trova, cioè, il suo aspetto più qualificante nell'amore che li lega permanentemente nella piena loro esistenza temporale). È questa pienezza che permette al matrimonio di esprimersi in tutti gli aspetti modali e di trovare significato in ciascuno di essi. Considerato nel suo principio strutturale interno, la comunità del matrimonio include, così, più che un'unione biologica. Essa è pure emotiva, analitica, storica, linguistica, sociale, economica, estetica, giuridica, etica e pistica (il suo aspetto religioso).

Il matrimonio, proprio perché il suo fine o proposito ultimo è l'amore, trova il suo aspetto qualificante nella modalità etica, non in quella legale o ecclesiastica. Il matrimonio non esiste solo ai fini della propagazione della specie, come suppone il tradizionale pensiero cattolico-romano, né si tratta, come dicono molti umanisti, di una forma legalizzata di fornicazione! Vi sono cristiani che sostengono che nel matrimonio l'amore abbia solo un ruolo secondario. Tale concezione, però, è sub-biblica. L'idea che la funzione giuridica (legale) sia l'aspetto più qualificante del matrimonio è insostenibile ed in aperto conflitto con la concezione biblica. Per esempio, in Efesini 5:31, "Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diverranno una carne sola", l'essere "una carne sola" è chiaramente qualificato dall'amore. Questo vincolo d'amore trova la sua consumazione religiosa nell'amore di Cristo verso la Sua sposa, la Chiesa, che, nella pienezza sovra-temporale del significato è pure un corpo solo col nostro Salvatore. Se una coppia dà al proprio matrimonio un significato prevalentemente legale, quindi esterno alla coppia, questo è evidenza dell'inconsistenza del loro legame interiore.

Fondamento del matrimonio non può essere il suo aspetto civile o ecclesiastico, perché questo fondamento si trova nel suo carattere biologico, non in quello legale. Ci si potrebbe chiedere se il matrimonio, così, non corra il rischio di infrangersi se non trova nell'aspetto giuridico, legale, il suo aspetto qualificante? Se l'amore coniugale è l'aspetto più qualificante del vincolo matrimoniale, come potrebbe perdurare se tale amore scomparisse? Se la risposta ad entrambe queste domande è negativa, non proverebbe questo forse che solo in quanto istituzione legale il matrimonio può essere tenuto assieme in quanto regolato dalla legge civile o canonica?

A queste domande si potrebbe rispondere che l'istituzione del matrimonio in quanto tale si identifica con il principio strutturale che caratterizza questa comunità. La natura interiore del legame matrimoniale non è determinata dall'accordo contrattuale d due persone di sesso differente che soddisfi le condizioni determinate dalla legge civile o canonica.

Certamente coloro che si uniscono come marito e moglie accedono ad una comunità istituzionale la cui struttura non dipende in alcun modo dalla loro discrezione soggettiva arbitraria. Sin dall'inizio, come marito e moglie, essi sono soggetti alla legge istituzionale del matrimonio. Questo vuol dire che il carattere normativo dell'istituzione matrimonio implica come la sua costante identità non possa dipendere dal modo arbitrario in cui, momento dopo momento, coloro che vi sono soggetti si comportano in questo legame strutturale. Questo, però, non significa che l'identità del vincolo matrimoniale si trovi solo nel suo aspetto legale. Non vi può essere comunità se il suo principio strutturale non viene realizzato in un certo qual grado a livello soggettivo. L'unità nella dualità esistente fra marito e moglie deve essere realizzata prima soggettivamente, per quanto in modo imperfetto. La coppia unita nel vincolo matrimoniale, a causa del condizionamento del peccato, non è sempre coerente con questa legge strutturale. Potremmo però ancora parlare di vincolo matrimoniale se i partner costantemente adottano un atteggiamento anti-normativo in riferimento al principio strutturale interno della loro unione e continuamente vivono insieme come estranei, o persino come nemici? In tal caso, non può essere negato che che il vincolo matrimoniale interno non viene realizzato soggettivamente, nemmeno in modo imperfetto. Sfortunatamente questa è la situazione in molti matrimoni contratti affrettatamente o sulla base di motivazioni utilitaristiche. È così che il peccato spietatamente svergogna il più tenero ed intenso dei vincoli temporali che Dio, nel Suo ordinamento creativo, ha dato all'essere umano.

Ci si può chiedere allora se questo ragionamento promuova il divorzio consensuale dei partner di un matrimonio quando essi si siano vicendevolmente estraniati. Il matrimonio è forse solo un affare privato che riguarda solo coloro che direttamente vi siano coinvolti? Queste argomentazioni favorevoli alla dissoluzione consensuale del matrimonio dimenticano, però, come l'amore morale sia una norma permanente che certo può essere realizzato solo per la grazia di Dio in Gesù Cristo, ma che no è distrutto in quanto norma dall'atteggiamento anti-normativo dei coniugi. Il romanticismo che identifica l'amore coniugale con un sentimento esotico sulla base dei suoi presupposti psicologisti, perde di vista la concezione normativa della vita. Nell'idolatrare il "libero amore" essi condannano il matrimonio.

Ciò che si definisce "amore morale" non è semplicemente un'attrazione fisica o ciò che si chiama "innamorarsi", di fatto un'infatuazione soggettiva o ciò che i greci chiamavano eros cioè passione o concupiscenza. L'amore che si fondi sulle "passioni" non può durare più a lungo di quanto duri una passione, è mutevole per sua stessa natura. Il matrimonio è fondato sulla fedeltà. Per una giovane coppia questo significa attendere che tale vero amore si sviluppi. In questo senso amore significa prendersi cura di una persona così come ci si prende cura per sé stessi. Amare la propria moglie significa prendersi cura di lei per quel che lei è re non per quello che può darti o può fare per te. Amare il proprio marito significa trattarlo come fine a sé stesso e non come mezzo per la propria soddisfazione. Questo donarsi completamente all'altro è possibile solo per la grazia di Dio. È solo ricevendo un tale dono dallo Spirito Santo di Dio che possiamo sperare di amare nel senso più profondo del termine. È Dio che crea sia l'amore che la sua "struttura portante". L'uno non è mai da considerarsi senza l'altro. È volontà di Dio che nell'amore naturale l'uomo e la donna facciano esperienza di quella struttura dell'esistenza (il matrimonio) come quello stato dell'essere assieme responsabilmente e quindi fedelmente. Fintanto che l'amore non diventa fedeltà noi semplicemente "facciamo uso" l'uno dell'altra anche se questo è reciproco. Esso rimane sub-personale, è godimento dell'altro, non identificazione con l'altro. Non è l'Eros, ma soltanto la responsabilità della fedeltà che crea il legame del matrimonio.

Il significato dell'ordinamento divino nella creazione del matrimonio è questo: vita in comunione di due persone di sesso diverso, una comunione completa basata sul fondamento naturale dell'amore sessuale, ma solo adempiuta nel riconoscimento del fatto che, così come Dio ha stabilito, essi appartengono l'uno all'altra. Fare esperienza di questo significato del matrimonio è grazia, la grazia che è in Gesù Cristo, il cui elemento più essenziale è l'amore. Il matrimonio è la "scuola di comunità" creata da Dio, in cui l'uomo e la donna "imparano" che non possono vivere come individui, ma solo in quanto sono legati l'uno all'altra, proprio come ciascuno ha ricevuto la propria vita dalla simile connessione di due persone.

Il matrimonio è "il metodo" che Dio ha scelto per insegnarci a vivere l'uno per l'altro. Dato poi che è la scuola più importante della vita, esso comprende le proprie discipline, le proprie "materie di studio". Come ogni buona disciplina, esso è stato disegnato per aiutarci a maturare. Un uomo che abbandona sua moglie per il suo cattivo carattere o lingua affilata si comporta di fatto come un bambino. Noi maturiamo solo attraverso la risoluzione delle difficoltà, non fuggendo da esse.

Le statistiche sembrano dimostrare come nella maggior parte dei divorzi la colpa sia attribuibile ad entrambi i partner. Ecco perché così tanti divorziati rovinano il loro secondo e persino il loro terzo matrimonio, e questo perché sono incapaci di assumersi la responsabilità del matrimonio. Ecco perché si consiglia sia allo stato che alla chiesa che la porta del matrimonio debba essere resa difficile sia per entrare che per uscirne. Più che allora favorire "divorzi facili" sarebbe necessario rendere "più difficile" lo stesso ingresso nel matrimonio.

Sebbene non sia lo stato a creare, stabilire, un matrimonio (dato che il matrimonio è stabilito dalle promesse degli sposi di rimanere fedeli l'uno all'altra, essi si deve occupare delle possibili conseguenze sociali e legali di tale matrimonio. Lo stato si occupa del matrimonio perché il matrimonio, in aggiunta alle sue funzioni interne, pure funziona al suo esterno come istituzione civile legale.

L'istituzione del matrimonio non riguarda, perciò, solo le due persone che vi sono coinvolte, ma lo stato di cui sono cittadini e la chiesa di cui sono membri. Un matrimonio può essere rovinato al suo interno, ma al riguardo dei suoi rapporti con l'esterno nella società umana esso non può essere dissolto ipso facto. Non riguarda soltanto i rapporti dei coniugi fra di loro e con Dio. Come la famiglia, il matrimonio è una delle colonne che sostiene la società. Secondo l'ordine divino della creazione è un'unione che deve durare una vita. È per queste ragioni che la dissoluzione formale del vincolo del matrimonio non può essere lasciata all'arbitrio peccaminoso dei coniugi, specialmente in tempi in cui l'opinione pubblica sembra non rispettare più il carattere istituzionale di questa comunità bi-unitaria.

Se il matrimonio si può sciogliere troppo facilmente questo sarà di pregiudizio per l'intera società che così mette le basi della propria rovina. La struttura istituzionale del matrimonio, così come le leggi stesse della società, è misura di contenimento e di regolazione di un rapporto che, a causa del potere distruttore del peccato, non può essere lasciato alla "spontaneità" e libertà dei partecipanti. La "legalità", legittimità di un matrimonio dipende dal suo soddisfare le condizioni contrattuali stabilite da questi ordinamenti legali. Nel regolamentare le connessioni fra un'istituzione e l'altra (chiamate "connessioni encaptiche" è l'aspetto legale del matrimonio che diventa determinante. La struttura legale esterna del matrimonio, però, non dovrebbe essere confusa con il principio strutturale interno di questa comunità bi-unitaria. La stabilità interna propria di quest'ultima non può mai essere fondata sulla sua supposta essenza di istituzione civile o ecclesiastica. Questa unità in6terna non può essere mantenuta da alcun ordinamento legale esterno, perché può solo essere realizzata nell'ambito della funzione guida dell'amore fedele del matrimonio.