Federalismo biblico

Diversità ed unità: valori che devono convivere

L'unità fondamentale dell'umanità e la diversità delle sue espressioni culturali sono entrambi valori radicati nell'insegnamento biblico che vanno simultaneamente salvaguardati. Il Dio che "ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra", è lo stesso Dio che ha "determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione" (Atti 17:26).

Il costante tentativo di "razionalizzare" la vita umana attraverso la concentrazione e l'omologazione di tutte le sue espressioni (uniformazione e livellamento) è cosa che Dio, infatti, ha voluto sempre impedire sin dai tempi della Torre di Babele (Genesi 11) in cui gli uomini si erano detti:

"Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra" (Genesi 1:4). Dio, però, frustra questi tentativi e "confonde loro il linguaggio". Il racconto, cosi, termina dicendo: "Così il SIGNORE li disperse di là su tutta la faccia della terra ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babel, perché là il SIGNORE confuse la lingua di tutta la terra e di là li disperse su tutta la faccia della terra" (Genesi 11:8-9). Dio ha continuato e continua a frustrare i tentativi di omologazione da parte degli "imperi" susseguitisi nella storia del mondo. La diversità, infatti, è un valore che va salvaguardato ad ogni livello, una ricchezza, non uno svantaggio. L'uno e il molteplice possono (e devono) convivere.

Qualcuno, però, potrebbe dire: i propositi ultimi di Dio in Cristo non sono forse "raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra" (Efesini 1:8), come disse Gesù stesso nella Sua preghiera sacerdotale: "...che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi" (Giovanni 17:21)? Certo, ma "che siano tutti uno" non significa che tutti debbano essere "allineati e coperti", tutti irreggimentati, com'è ambizione di ogni dittatura. Dobbiamo essere "uno" come Cristo è in Dio, diversità di Persone d unità al tempo stesso! L'uno e il molteplice possono (e devono) convivere, così come convivono in Dio, unità indissolubile di tre Persone, ciascuna con la propria identità e funzione. Nel creato stesso vi è stupefacente diversità, ma tutto concorre ad un unico progetto. Oggi, per esempio, si parla del valore della "biodiversità", l'insieme armonioso di tutte le forme viventi geneticamente diverse e degli ecosistemi ad esse correlati.

L'individualità deve essere conciliata con l'unità. La diversità, però, va rispettata, protetta e promossa al stesso tempo in cui si deve perseguire l'unità, l'armonia, efficiente cooperazione. In che modo? Nel modo che Dio stesso prescrive, cioè quello che va sotto il nome di federalismo, un concetto biblico applicabile ad ogni tipo di rapporto fra individui a diverso livello.

Così com'è stato rilevato: "Il federalismo non nasce sui banchi dei parlamenti, nelle costituenti o nelle bicamerali. Ha ben più illustri antecedenti. Nientemeno che l'alleanza stabilita da Dio con il popolo di Israele" (G. Santamaria). Certo esistono modelli diversi di federalismo teorizzati e promossi da diversi pensatori, movimenti e partiti. Il federalismo, però, è radicato nella fede ebraica e cristiana, è "un'idea di Dio". Quando il federalismo biblico è applicato coerentemente, esso garantisce libertà e responsabilità.

Federalismo: concetto teologico e politico

Per federalismo si intende quel sistema di organizzazione politica per il quale entità sovrane sottoscrivono volontariamente e liberamente fra di loro un patto di collaborazione in diversi settori dotandosi di un governo centrale che le rappresenta e che gestisce in loro nome quei poteri che esse decidono di accordargli. "Federalismo" deriva dal termine latino foedus, cioè "patto".

Nel federalismo la sovranità è costituzionalmente divisa fra un'autorità di governo centrale e le unità politiche costituenti (come stati, regioni o province). Si parla di federazione quando le entità costituenti (che comprendono sé stesse come nazioni con la propria specifica identità) accettano di considerare la loro comunione come un vero e proprio nuovo stato sovranazionale, e di confederazione quando le entità costituenti conservano solo per sé stesse il termine "stato" e delegano al governo centrale solo alcuni e più limitati poteri (come, ad esempio, i cantoni svizzeri rispetto al governo di Berna. Il Ticino è denominato "Stato e cantone del Ticino").

Il concetto di federalismo trova chiaramente le sue radici storiche nella concezione del mondo ebraica e cristiana, dove il patto o alleanza assume un valore centrale che caratterizza non solo i rapporti nell'ambito della società umana a più livelli (famiglia, tribù, corporazione professionale, stato), ma anche i rapporti che legano Dio stesso all'umanità e, in particolare, al Suo popolo. Secondo le confessioni di fede ebraiche e cristiane, come testimonia e definisce autorevolmente la Bibbia, Dio stesso è considerato, con l'idea di patto, all'origine del federalismo e Sua espressa volontà normativa per organizzare la società umana a diversi livelli.

Teologia del patto. Il federalismo teologico e politico è stato particolarmente studiato, teorizzato e praticato dal cristianesimo riformato (l'ala calvinista del Protestantesimo). Durante la Riforma del XVI secolo e nei successivi XVII e XVIII secolo le radici bibliche del federalismo politico compaiono chiaramente nelle opere di teologi come Heinrich Bullinger e Samuel Rutherford, che mettono in evidenza le implicazioni politiche della teologia biblica del patto, sia nelle opere di pensatori politici e filosofi come Johannes Althusius e Thomas Hobbes che, teorizzando il federalismo politico, fanno espliciti e vasti riferimenti biblici.

Nella Bibbia troviamo singoli e gruppi che si legano l'un l'altro attraverso patti o alleanze per strutturare rapporti economici, politici e familiari. Il rapporto di Dio con il creato e l'umanità è rappresentato nei termini di patto. Dio, attraverso Noè, stabilisce un patto con tutta l'umanità e con la natura dopo il diluvio (Genesi 8:20-9:17). Un patto è stabilito con Abraamo e i suoi discendenti, e poi con gli ebrei dopo la loro liberazione dalla schiavitù in Egitto. I teologi federalisti affermano che originalmente il patto di Dio è con la natura e con tutti gli esseri umani e che i patti susseguenti continuano e rinnovano il patto originale. Per esempio, Hobbes, nell'introduzione al suo Leviathan comprende il concetto stesso di stato come una risposta dell'essere umano in parallelo al fiat per il quale Dio crea il mondo sulla base di un patto. Come già abbiamo osservato all'inizio, i teologi federalisti comprendono gli stessi rapporti delle Persone all'interno della Trinità come basati su rapporti federali e contrattuali. Nella prospettiva federalista l'affermazione fondamentale che i cristiani fanno su Dio è che Egli è un Dio fedele ai termini dei patti stabiliti.

Entità sociali primarie come famiglie, comunità, associazioni professionali e commerciali, esistono in virtù dei patti taciti o espliciti che definiscono i rapporti fra i loro membri ed impegnano i loro partecipanti verso il gruppo. Nell'organizzazione politica, una città è costituita sulla base di un patto fra famiglie, una provincia di un patto fra città, una nazione di un patto fra provincie e i rapporti internazionali di un patto fra nazioni. L'organizzazione biblica di una chiesa e delle associazioni commerciali esemplifica questo modello federale, tanto che il federalismo non è da intendersi esclusivamente politico, nel senso che non è applicabile solo ad organizzazioni governative. Gli elementi di partecipazione volontaria, dei diritti e delle responsabilità dei suoi membri, di impegno verso il gruppo e il suo modello di governo, come pure quello di considerare i suoi leader come responsabili agli obblighi stabiliti nel patto, sono centrali ad ogni ordinamento federale, sia ecclesiastico, che economico e politico.

Un sistema di controllo e di equilibrio dei poteri. Il federalismo mette in rilievo la divisione dei poteri ad ogni livello organizzativo e fra questi livelli. Da questa divisione nasce il concetto della necessità di un sistema di controllo e di equilibrio dei poteri (in inglese checks and balances) come prevenzione contro l'eccessiva concentrazione di potere e di abusi che possono conseguire a questa divisione, sebbene l'efficienza funzionale e l'adeguatezza dell'azione ne sia pure la ragione. Questo aspetto di un ordine federale è diventato così largamente praticato ed osservato che la comprensione del federalismo è spesso definita solo in funzione di questi due elementi a spese di una prospettiva più vasta ed accurata.

Un concetto dinamico. È importante considerare il federalismo ed i rapporti federali in termini dinamici: non si tratta, infatti, di un modello statico. Scopo del processo di federalizzazione è la funzionalità per la quale entità politiche separate si accordano fra di loro per trovare soluzioni, adottare politiche comuni e prendere decisioni comuni al riguardo di problemi comuni. I rapporti federali sono rapporti dinamici per la natura stessa delle cose.Ogni comunità federale deve quindi provvedersi di strumenti per rivedere in modo ricorrente il proprio modello o disegno federale. Nella teologia federale questo modello dinamico è affermato considerando la creazione del mondo e dell'umanità non come completa ma come qualcosa in sviluppo verso un compimento più grande nell'ambito dei propositi ultimi del patto stabilito da Dio. Il patto di Dio non è un ordinamento statico, ma un modello di rapporti in sviluppo verso una maggiore giustizia ed amore.

Precisi presupposti biblici. Il federalismo, implicitamente o esplicitamente, presuppongono una precisa concezione della natura umana e della storia. Sia l'umanità che la storia sono comprese in via di sviluppo, in movimento verso gli obiettivi che Dio ha loro posto davanti, e gli esseri umani sono compresi come sociali ed impegnati l'uno verso l'altro su precise basi contrattuali. La mescolanza fra bene e male nella storia, fra bontà originale e peccaminosità dovuta alla Caduta nella natura umana, elimina la possibilità di un facile ottimismo o della nozione di un progresso automatico in riferimento al futuro. Eppure fra i federalisti, Bullinger, Althusius, John Winthrop e James Madison un forte elemento di speranza nelle repubbliche plasmate dalla prospettiva federale.

La concezione federale della chiesa

La chiesa cristiana, proseguimento del popolo di Dio dell'Antico Testamento, ne porta le stesse caratteristiche eminentemente federali. La chiesa, infatti, è formata da coloro che, convocati dall'Evangelo di Cristo, "fanno comunità" sulla base del patto che Dio ha stabilito con il Suo popolo eletto. La Parola di Dio è la sua "costituzione": regola della sua fede e della sua condotta. Essa ne stabilisce i termini e le finalità, i privilegi e le responsabilità, i diritti ed i doveri di ciascuno dei suoi componenti.

Il corpo di Cristo. Il Nuovo Testamento consapevolmente pone in rapporto dialettico, funzionale e federale, il "noi che siamo molti" e il "siamo un corpo unico". Ad esempio: "...noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l'uno dell'altro" (Romani 12:5). Le ordinanze stesse (Battesimo e Cena del Signore) sono tipicamente suggelli del patto federale che lega fra di loro i membri della chiesa: "Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell'unico pane" (1 Corinzi 10:17).

Eminente al riguardo è il concetto di corpo: la chiesa forma il corpo di Cristo. Ogni organo di questo corpo conserva la propria identità e funzione, ma contribuisce, con uguale dignità, a funzionamento armonioso dell'intero corpo.

1 Corinzi 12 è un testo importante dal quale si potrebbero pure trarre importanti insegnamenti per il federalismo politico: "Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune" (v. 7); "Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di Cristo" (12); "Infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra" (v. 14). "...perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre" (v. 25).

Differenze non negate ma sublimate. Le stesse diversità all'interno della chiesa non vengono negate, ma sublimate: "Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù" (Galati 3:28). "Qui non c'è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti" (Colossesi 3:11). Le diversità nella chiesa non sono discriminatorie, ma fonte di arricchimento.

Cristo è il Capo. Di questo corpo (dove l'uno ed il molteplice convivono armoniosamente), il Capo, la testa, è Cristo e Cristo soltanto: “Egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato” (Colossesi 1:18); “Cristo è capo della Chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo” (Efesini 5:23); “Ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi e lo ha dato per capo supremo alla Chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti” (Efesini 1:22,23); “...seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare sé stesso nell'amore” (Efesini 4:15,16).

Come afferma la Seconda Confessione di Fede Eletica del Bullinger: "La Chiesa, quindi, non può avere alcun altro capo che Cristo (...) Rigettiamo quindi la dottrina del clero romano attraverso la quale esso sostiene che il proprio papa è il pastore universale della Chiesa cattolica militante sulla terra, capo sovrano della stessa e vero vicario o luogotenente di Cristo e che egli abbia nella Chiesa la pienezza del potere, come esso la chiama, e il dominio supremo. Noi insegniamo, infatti, che Cristo è il solo Signore e che resta l’unico pastore universale; così pure che egli è vescovo sovrano [sommo pontefice] davanti a Dio, Suo Padre celeste, il quale, compiendo nella Chiesa ogni ufficio e dovere di vero vescovo [sommo pontefice] e [sommo] pastore fino alla fine dei secoli, non ha bisogno di alcun vicario. Il vicario è necessario, infatti laddove il vero Signore sia assente. Ora, Cristo è sempre presente nella Sua Chiesa ed è il Suo capo che la vivifica. Lui stesso ha vietato [rigorosamente proibito] con grandi minacce ai Suoi apostoli ed ai loro successori di usurpare il primato ed il potere nella Chiesa" (Seconda Confessione di Fede Elvetica).

Il patto è fondante per la chiesa. È il Patto che promuove la dimensione comunitaria della Chiesa. È indubbiamente la presenza di un patto che trasforma u gruppo informale di persone in un'autentica comunità. Il patto che sta a fondamento della chiesa è in primo luogo verticale Si focalizza sul Dio Trino del quale siamo il popolo. La base del patto che ci lega come chiesa è la personale confessione "Gesù Cristo è il (nostro) Signore". La chiesa è quindi il popolo che condivide la lealtà di ciascuno all'autorità di Cristo. È questo che rende ciò che lega i cristiani nella chiesa del Signore il legame più importante che abbiamo nella nostra vita, più importante ancora della famiglia naturale: "Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me" (Matteo 10:37). È proprio perché i cristiani sono uniti da questa comune confessione di fede che essi onorano il patto che li lega orizzontalmente. È l'accordo a "camminare assieme" ad avere un significativo e funzionale rapporto l'uno con l'altro. Era questo che aveva portato i cristiani di Gerusalemme a mettere in comune persino ciò che possedevano materialmente (Atti 4:3-35).

Ispirate da questa concezione, storicamente alcune chiese come pure oggi, hanno redatto un vero e proprio patto di chiesa. Il Patto di chiesa [o "patto ecclesiale", in inglese: church covenant] è una dichiarazione che alcune chiese redigono e chiamano i loro membri a sottoscrivere, nella quale sono delineati i doveri che essi responsabilmente assumono verso Dio e l'uno verso l'altro. Esso è un accordo fraterno, liberamente contratto, che stabilisce, alla luce delle Sacre Scritture, quali siano i doveri del cristiano e le responsabilità che ciascun membro di chiesa intende onorare al meglio delle sue capacità. Il patto di chiesa non è generalmente considerato indispensabile all'essere di una chiesa. [Vedi qui maggiore descrizione].

L'opera dello Spirito Santo. La comunione della chiesa è risultato dell'opera dello Spirito Santo, il quale l'accompagna, la fa crescere, la rafforza, ne promuove l'unità e la comunione stessa con Cristo. Difatti: "nessuno, parlando per lo Spirito di Dio, dice: «Gesù è anatema!» e nessuno può dire: «Gesù è il Signore!» se non per lo Spirito Santo" (1 Corinzi 12:3), da cui l'impegno dei cristiani: "...sforzandovi di conservare l'unità dello Spirito con il vincolo della pace" (Efesini 4:3).

La concezione federale del matrimonio e della famiglia

La chiesa viene paragonata al corpo umano

(Ro 12:3-8; Ef 4:4-16; 1P 4:10-11)(Ga 6:2; Fl 2:1-4)

12 Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di Cristo. 13 Infatti noi tutti siamo stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo, Giudei e Greci, schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un solo Spirito.

14 Infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra. 15 Se il piede dicesse: «Siccome io non sono mano, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo. 16 Se l'orecchio dicesse: «Siccome io non sono occhio, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo. 17 Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l'odorato? 18 Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto. 19 Se tutte le membra fossero un unico membro, dove sarebbe il corpo? 20 Ci sono dunque molte membra, ma c'è un unico corpo; 21 l'occhio non può dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né il capo può dire ai piedi: «Non ho bisogno di voi». 22 Al contrario, le membra del corpo che sembrano essere più deboli, sono invece necessarie; 23 e quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore; le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro, 24 mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno; ma Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava, 25 perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre.26 Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui.

27 Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua. 28 E Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi miracoli, poi doni di guarigioni, assistenze, doni di governo, diversità di lingue.29 Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fanno tutti dei miracoli? 30 Tutti hanno forse i doni di guarigioni? Parlano tutti in altre lingue? Interpretano tutti?

Il profeta Malachia lo esprime in modo chiaro: "Eppure dite: «Perché?» Perché il SIGNORE è testimone fra te e la moglie della tua giovinezza,verso la quale agisci slealmente, sebbene essa sia la tua compagna, la moglie alla quale sei legato da un patto" (Malachia 2:14). Il testo, poi, prosegue dicendo: "«Poiché io odio il ripudio», dice il SIGNORE, Dio d'Israele; «chi ripudia copre di violenza la sua veste»,dice il SIGNORE degli eserciti. Badate dunque al vostro spirito e non siate sleali" (Malachia 2:16).

Il matrimonio comporta, nella prospettiva federale biblica, diverse caratteristiche che qui non possiamo che soltanto accennare: (1) è un patto stabilito fra due parti, un uomo ed una donna, con la promessa di fedeltà; (2) comporta precisi obblighi reciproci; (3) esso è stabilito pubblicamente in presenza di testimoni; (4) nel matrimoni due "diventano uno", pur senza perdere la loro specificità; (5) è accompagnato da un segno che rappresenta testimonianza e memoria; (6) vi è l'assunzione di un nome in comune; (7) è celebrato dalla condivisione di un pasto; (8) è un legame molto maggiore di quello dell'amicizia e della fratellanza "...c'è un amico che è più affezionato di un fratello" (Proverbi 18:24).

Per i cristiani, il matrimonio non è soltanto l’amore tra un uomo e una donna. È anche il segno dell’amore di Dio per il Suo popolo, segno della sua Alleanza. È attraverso il loro amore reciproco, in tutte le sue dimensioni (la condivisione della gioia e del dolore, l’amore fisico, la fecondità, il rispetto dell’altro nella libertà ecc.) che gli sposi scoprono cos'è l’amore di Dio per il Suo popolo: il dono di sé senza riserve. Le riflessioni teologiche sul Cantico dei cantici, che è un poema d'amore tra un uomo e una donna, sono senza dubbio all'origine di tale percezione dell'amore di coppia come immagine dell'amore di Dio. I testi di Paolo sul matrimonio servono spesso come riferimento per la definizione del matrimonio cristiano, anche se la sottomissione della donna al marito deve essere intesa in senso cristologico. Paolo premette che tutti i cristiani devono essere sottomessi gli uni agli altri nella carità; in particolare, nel matrimonio la moglie è chiamata ad essere sottomessa al marito come la Chiesa lo è a Cristo, e il marito ad amare la moglie come Cristo ama la Chiesa, cioè come proprio corpo e fino al sacrificio della vita. Paolo afferma così non che la donna sia inferiore all'uomo, ma che i due, con il matrimonio, formano un'unione libera ed indissolubile nell'amore, che ha come sua misura l'infinito.

La dimensione spirituale del federalismo familiare. Una dimensione del federalismo nell'ambito del matrimonio e della famiglia è quella per la quale i genitori agiscono per conto del loro bambino.

L'aspetto soteriologico del federalismo familiare consiste nella partecipazione dei figli di genitori credenti al patto che li lega con Dio. Questa realtà è manifestata chiaramente dalla Bibbia. Quando Dio stabilisce il suo patto con Abraamo, infatti, in questo patto sono pure coinvolti i suoi discendenti ["Stabilirò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno per il quale io sarò il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te" (Genesi 17:7)]. Dio promette che se Abraamo si sottoporrà al segno della circoncisione, uno dei termini del patto, Dio sarebbe stato non solo "il suo Dio", ma anche il Dio dei suoi discendenti. Isacco, per esempio, era stato portato in rapporto con Dio sulla base del patto attraverso la fedeltà di suo padre Abraamo.

Paolo discute ampiamente di questo nella sua epistola ai Galati, capitolo tre, dicendo che la legge mosaica non ha in alcun modo annullato la promessa fatta ad Abraamo. Dato che il Cristo è l'autentica "discendenza" di Abraamo, noi pure che siamo uniti a Cristo siamo per fede "discendenza di Abraamo ed eredi [del patto] secondo la promessa: "Se siete di Cristo, siete dunque discendenza d'Abraamo, eredi secondo la promessa" (3:29). Uno degli aspetti della promessa fatta ad Abraamo era che Dio sarebbe stato pure il Dio dei suoi discendenti. Ne consegue che, in modo altrettanto sicuro di quanto Abraamo poteva reclamare le promesse di Dio per i suoi figli, noi genitori cristiani possiamo fare altrettanto. Nella funzione di "capo federale" noi agiamo in nome e in favore dei nostri figli.

La chiesa antica rende ampia testimonianza a questa verità. L'apostolo Pietro dichiara a Pentecoste che la promessa della salvezza si applica non solo a coloro che in quel momento udivano l'annuncio dell'Evangelo, "per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne chiamerà",ma anche "per i vostri figli" (Atti 2:39), Se coloro che udivano avessero riposto la loro fede in Cristo, sottomettendosi a Lui, essi potevano pure avere la certezza che un giorno anche i loro figli sarebbero stati convertiti. Per questo erano stati battezzati sia Lidia che la sua famiglia (Atti 16:15), così pure il carceriere di Filippi "con tutti i suoi" (Atti 16:33) erano stati battezzati e così associati al patto di Dio, avendo egli creduto all'Evangelo. Paolo sostiene che una delle ragioni per le quali i credenti sposati con non-credenti dovrebbero fare di tutto per preservare il loro matrimonio è che i loro figli sono "santi" e non "impuri" (1 Corinzi 7:14). La fede del genitore è tale da santificare il suo bambino.

È altresì chiaramente affermato che il federalismo familiare non sostituisce né opera di per sé stesso la rigenerazione. Requisito della salvezza è una fede personale (Romani 10:9) ed i figli non sono esonerati da una tale fede operante. Il federalismo biblico nella famiglia, però, provvede l'assicurazione che i figli di genitori credenti che fanno proprie le promesse di Dio e di Cristo per i loro figli, come pure ubbidiscono ai termini della Scrittura, possono confidare nella salvezza dei loro figli (Genesi 17:7; Proverbi 23:14). In altri termini, ciascun figlio di genitori pii e credenti è chiamato ad esercitare personalmente la fede, ma le affermazioni e la perseveranza nel patto assicura quella fede. Questo è il federalismo: il genitore sceglie Dio in nome e per conto dell'intera sua famiglia (Giosuè 24:15).

È interessante osservare come quegli stessi che contestano il concetto di federalismo familiare (in teoria) di fatto lo affermano in pratica. Quasi tutti i genitori convertiti parlano della loro famiglia come di una "famiglia cristiana" ed esigono che i loro figli si sottomettano ai comandamenti di Dio contenuti nella Bibbia. In pratica di fatto essi non credono che i loro figli debbano essere considerati "liberi" di decidere in materia religiosa e sottrarsi così ai principi ed alle pratiche cristiane che caratterizzano la loro famiglia. Che lo riconoscano oppure no, essi di fatto praticano il concetto federalista di una persona che agisce in nome di un'altra.

Il federalismo familiare comporta pure degli aspetti negativi. Intere famiglie possono essere soggette a conseguenze negative (giudizi temporali di Dio) a causa dei peccati dei genitori, di solito il padre (Esodo 20:5; Giosuè 7:24-26). È cosa temibile che il peccato e l'apostasia del padre possa causare il giudizio di Dio non solo su di lui, ma anche suoi suoi familiari, dato che egli è il loro rappresentante federale.

Il federalismo soteriologico

Il federalismo come dottrina politica è una concezione della filosofia biblica cristiana applicata coerentemente dalla fede riformata a diverse aree della vita. Di fatto il federalismo come concetto teologico è la chiave per comprendere la dottrina stessa della salvezza.

Uno dei concetti centrali nel federalismo biblico è la persona che è stata definita "il capo federale" che, in termini politici, potremmo equiparare al "presidente federale". Il "capo federale" è quella persona, legalmente delegata nei termini stabiliti da un patto, che agisce in nome o al posto di coloro (o degli enti) che sono compresi nel patto stesso. Ciò che il capo federale decide o compie, determina legalmente la condizione di coloro che egli rappresenta. Coloro che sono compresi nell'ambito del patto, "il popolo del patto", non possono sottrarsi legalmente a ciò che il loro capo federale ha compiuto in loro nome e in loro rappresentanza. Se il loro capo federale compie qualcosa di moralmente reprensibile egli lo fa non a titolo personale, ma in quanto loro rappresentante rende legalmente colpevoli tutti coloro che egli rappresenta.

Il federalismo adamitico. Il luogo classico del federalismo soteriologico nelle Sacre Scritture si trova in Romani 5:12-21 in cui le azioni rappresentative di Adamo e di Cristo (il "secondo Adamo") sono messe a confronto. Attraverso la disubbidienza di Adamo "i molti sono stati resi peccatori" (v. 19). La posterità di Adamo è stata considerata nella condizione di peccatori perché Adamo è il loro rappresentante "federale" che agiva a loro nome. Alcuni oggi suggeriscono che l'atto di Adamo non fosse federale, ma che sia stata semplicemente trasmessa, alla sua posterità una propensione al peccato. In altre parole, il peccato di Adamo avrebbe comunicato all'umanità l'inclinazione a peccare, ma non la colpevolezza. Gli esseri umani peccano perché Adamo avrebbe trasmesso loro la sua natura incline al peccato, ma essi sarebbero responsabili solo per i peccati da essi stessi commessi: il peccato di Adamo non avrebbe trasmesso loro la sua colpevolezza.

Il problema con quest'ultima concezione è che al v. 18 Paolo afferma che: "con una sola trasgressione [quella di Adamo] la condanna si è estesa a tutti gli uomini". Secondo l'Apostolo, alla discendenza di Adamo si è trasmessa non solo la natura peccaminosa ma anche la colpevolezza, che è stata "imputata" a tutti, a tutta l'umanità. La colpevolezza dell'umanità a causa della trasgressione di Adamo non è comprensibile senza il concetto di federalismo. L'umanità in generale e gli individui in particolare, sono ritenuti responsabili del peccato (di Adamo e loro) e colpevoli, perché partecipano ad Adamo (loro "capo federale") il quale ha agito per loro e in loro nome.

Soprattutto negli ultimi due secoli, questo aspetto adamitico del federalismo è stato particolarmente contestato e ultimamente è diventato impopolare. L'argomentazione consueta che si usa contro di esso (sentimentale ed etica più che scritturale) è che sia semplicemente ingiusto che Dio consideri qualcuno responsabile per il peccato commesso da altri. L'argomentazione si concilia bene col temperamento dei tempi moderni in cui democrazia e diritti dell'individuo hanno sostituito le "concezioni feudali" della società di un tempo. Bisogna però rammentarci che per il cristiano, la giustizia non è un concetto astratto al quale si possa assegnare un significato arbitrario. Essa esiste nei termini che Dio ha posto e non altri.

La giustizia e l'equità definite nei termini della natura di Dio, non sono per i cristiani concetti difficili da affermare in altri contesti. Per esempio, quasi tutti i credenti ortodossi resistono al tentativo di abbandonare la dottrina del castigo eterno all'inferno quando alcuni lo vorrebbero contestare affermando che Dio sarebbe ingiusto e crudele penalizzare per sempre i peccatori all'inferno per degli atti (peccati) commessi nel tempo. I credenti fedeli all'insegnamento biblico correttamente rispondono che, dato che è Dio a determinare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, gli atti di peccato son così gravi che essi meritano un castigo eterno, l'eterna dannazione all'inferno e che questo è perfettamente giusto anche se non lo comprendiamo interamente. È necessario fare uso della stessa linea di ragionamento nel caso della rappresentanza federale di Adamo. Un Dio sovrano del Cielo, che ha creato e conosce completamente l'umanità, ha scelto e stabilito Adamo, un individuo singolo, affinché passasse un periodo dio prova ed agisse in rappresentanza dell'umanità. Egli ha peccato e, a causa della sua unione solidale con tutta l'umanità futura, "presente in lui", egli ha trascinato tutta la sua discendenza nella colpevolezza del peccato.

Il federalismo cristologico. Un secondo aspetto del federalismo soteriologico rivelato in Romani 5 è quello manifestato da Cristo nella Sua azione in favore della stessa umanità alla quale il peccato di Adamo era già stato imputato. Proprio come per la trasgressione di Adamo l'umanità soffre morte e la condanna, così a causa della giustizia di Cristo e della Sua ubbidienza (vv. 18,19) "la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini" (v. 18). Proprio come noi, che eravamo uniti in solidarietà con Adamo eravamo stati considerati colpevoli a causa del peccato di Adamo, così noi che siamo in uniti in solidarietà con Cristo siamo stati dichiarati giusti sulla base della Sua giusta ubbidienza. Paolo procede così a rivelare che l'azione di Cristo per noi alla quale noi partecipiamo, è avvenuta alla Sua morte (6:3). Non solo indubbiamente, così, siamo morti con Cristo, ma siamo vittoriosamente risorti con Lui (v. 4).

A questo punto è saggio rilevare come il federalismo sia fondamentalmente di carattere giudiziario, legale. È proprio perché esso ha un carattere contrattuale, il carattere di un patto, che esso è legalmente vincolante. Per esempio, proprio come degli individui possono portare la colpevolezza del peccato di qualcun altro (Adamo), così pure possono essere dichiarati legalmente giusti sulla base della giustizia di qualcun altro (Cristo), anche se, di fatto, non hanno mai eseguito atti di giustizia meritori. Naturalmente, la Bibbia ci informa che tutti gli esseri umani di fatto commettono peccati (1 Giovanni 1:10) proprio come essi possono eseguire atti "giusti", per quanto non meritori (Atti 10:1-4). Questi vatti di peccato e di giustizia non incidono sul principio legale del federalismo.

È molto importante comprendere questa distinzione. Il Cattolicesimo romano, infatti, insegna normalmente come la giustizia di Cristo (la "giustificazione") sia "infusa" e non imputata loro. Quando così degli individui eseguono delle buone opere e atti di giustizia, essi, di fatto (secondo il Cattolicesimo) contribuiscono a "giustificarsi" di fronte a Dio. I cristiani, però, attenti a quanto affermano le Scritture, riconoscono subito come questo sia una palese una violazione non solo dell'insegnamento di Romani 5, ma dell'intero messaggio neotestamentario, il quale insegna come la salvezza sia dovuta esclusivamente alla grazia di Dio, e non a quanto l'essere umano (anche solo in parte) possa compiere (ad esempio vedasi Efesini 2:8-10). Molti di questi stessi cristiani sostengono pure incoerentemente come non sia esclusivamente sulla base dell'attiva disubbidienza di Adamo che l'umanità si trova colpevole di fronte a Dio. Questa incoerenza può produrre problemi estremamente spinosi. Se l'umanità si ritrova colpevole di fronte a Dio non sulla base del peccato di Adamo ma sulla base dei propri peccati, ne consegue che i credenti possano essere dichiarati giusti non sulla base della giustizia di Cristo, ma sulla base della propria giustizia. La comprensione e l'affermazione del federalismo ci fa evitare questa perniciosa incoerenza, perché sulla base del federalismo, gli esseri umani peccano (di fatto) perché sono peccatori (giudizialmente), proprio come essi eseguono atti di giustizia (di fatto) perché sono giusti giudiziariamente. Nella Scrittura "il fatto" è sempre radicato e sorge da qualcosa, e giammai genera o influenza il dato giuridico.

Quando Paolo dichiara che tutta l'umanità era in solidarietà con Adamo nella sua trasgressione, forse che egli presenta pure i rapporto federale fra Cristo e l'umanità affermano che tutta l'umanità, di conseguenza sia di fatto giustificata dalla giustizia di Cristo? Niente affatto. Il versetto 18 è un classico esempio di come la parola "tutti" possa avere due significati molto diversi, persino nello stesso versetto! La qualifica chiaramente implicata nell'espressione "tutti gli uomini" ai quali appartiene l'atto particolare. Proprio come il primo "tutti gli uomini" non include l'uomo Cristo Gesù, ma a tutti gli altri, così il secondo "tutti gli uomini" non comprende tutta l'umanità senza eccezione, ma coloro che credono in Cristo ["se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato" Romani 1:9)].

Vi è un altro modo in cui la morte di Cristo è considerata nell'ottica del federalismo salvifico. Le Scritture descrivono la morte di Cristo come un castigo vicario in favore di creature umane perdute [ad es. "egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati guariti" (1 Pietro 2:24)]. Nella sua prima epistola Pietro afferma che Cristo sia morto "il giusto per gli ingiusti" (3:18), vale a dire allo scopo di riconciliare con Dio peccatori alienati da Lui. In altre parole, Dio imputa le nostre trasgressioni a Cristo e poi Gli fa scontare la pena implicata in tali peccati (Romani 6:23). Paolo afferma: "Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui" (2 Corinzi 5:21). La seconda parte di questo versetto si riferisce alla giustizia accreditata a peccatori a causa dell'atto di giustizia di Cristo menzionato prima e in Romani 5. La prima parte del versetto, però, si riferisce all'agire di Cristo in nostro favore, quando Egli porta i nostri peccati e patisce il castigo che essi prevedono per chi li commette.

Anche qui è ovvio il carattere giudiziario, legale, di questa transazione. Quando Paolo insiste che Cristo sia stato "fatto diventare peccato" per noi, egli certamente non implicava che Cristo avesse commesso peccati. Cristo era stato dichiarato legalmente peccatore e trattato come tale. Era in quanto "legalmente" peccatore che Egli soffriva, in modo vicario, la pena che avrebbero dovuto subire dei peccatori. Il giudizialismo sta al cuore stesso del federalismo. Negare od oscurare la distinzione fra giudizialismo e esperienzialismo significa negare il federalismo stesso. Cristo, benché non fosse mai incorso "esperienzialmente" in peccati di sorta, era stato considerato peccatore "giudizialmente", così pure dei peccatori sono considerati "giudizialmente" giusti pur senza aver compiuto "esperienzialmente" atti giusti tali da guadagnarsi essi stessi l'attestato di "persone giuste". La fonte della loro giustizia è la giustizia di Cristo loro accreditata.

Conclusione

Il federalismo, di cui tanto oggi si parla, è un concetto eminentemente biblico. Esso non nasce sui banchi dei parlamenti, nelle costituenti o nelle bicamerali. Ha ben più illustri antecedenti, nientemeno che l'alleanza stabilita da Dio con il popolo di Israele e trova nella Riforma protestante la sua più vasta sistematizzazione. Non solo, ma attraverso il Calvinismo e i Puritanesimo, il federalismo biblico ha dato origine e ispirazione ai moderni stati federali. La teologia biblica è federale (in particolare il concetto di Trinità e la soteriologia). Il popolo di Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento ha caratteristiche del tutto federali (tradite dall'involuzione monarchica della chiesa), il matrimonio cristiano ha caratteristiche federali. L'organizzazione della società umana che esso propone è essenzialmente federalista. Rammentarci di tutto questo, promuovere e praticare i principi federalisti che Dio ci insegna nella Sua Parola rimane una delle responsabilità che i cristiani fedeli alla Bibbia ancora oggi hanno verso la società umana.

Paolo E. Castellina, 1 febbraio 2011

Bibliografia sommaria

- Charles S. McCoy, J. Wayne Baker, Heinrich Bullinger, Fountainhead of Federalism, Westminster John Knox Press, 1991 - 192 pagine. Fountainhead of Federalism offers a new translation of Heinrich Bullinger's presentation of his understanding of the covenant. Charles McCoy also discusses Bullinger's work as it relates to the federal tradition. [Google Books].

- The Covenant of Marriage [link].

- Theology for the community of God, Stanley J. Grenz, Wm. B. Eerdmans Publishing, 2000 - 691 pagine, [link].

- La teologia federale [Wikipedia].

La Scrittura associa il concetto federale di chiesa al matrimonio, il quale pure assume caratteristiche dello stesso tipo: "...il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo" (Efesini 5:23). Benché la modernità sia "allergica" al concetto del marito come "capo", se questo è considerato dalla prospettiva di Cristo, capo ("re") e servitore al tempo stesso, si rileva subito quanto un tale concetto sia sommamente positivo e desiderabile.

In un tempo come il nostro dove sembrano prevalere le "relazioni libere e disimpegnate", la prospettiva federale sul matrimonio, un unione basata su un patto ("fra uguali" e diversi, eppure uno) si rivela in tutta la sua funzionalità. I moderni promotori del "rapporto libero" si rendono ben presto conto, quando devono difendere i loro diritti negati, come "il contratto del matrimonio" che stabilisce e difende i diritti e doveri della coppia, sia estremamente importante.

In Proverbi 2:10-17 la sapienza nella vita è presentata come una salvaguardia simile a quella del patto nuziale che preserva dalle "vie tortuose" di chi disdegna ed infrange i propri impegni sanciti nel matrimonio davanti a Dio: "Ti salverà dalla donna adultera, dalla infedele che usa parole seducenti, che ha abbandonato il compagno della sua gioventù e ha dimenticato il patto del suo Dio" (Proverbi 2:16-17).

Gesù stesso ribadisce come sia Dio stesso a suggellare il patto del matrimonio: "...e i due saranno una sola carne. Così non sono più due, ma una sola carne. L'uomo, dunque, non separi quel che Dio ha unito" (Marco 10:8-9).

Il peccato e la grazia (Romani 5:12-21)

1Co 15:21-22, 45-49, 56-57; Ro 6:23

12 Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato...

13 Poiché, fino alla legge, il peccato era nel mondo, ma il peccato non è imputato quando non c'è legge.

14 Eppure, la morte regnò, da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.

15 Però, la grazia non è come la trasgressione. Perché se per la trasgressione di uno solo, molti sono morti, a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti.

16 Riguardo al dono non avviene quello che è avvenuto nel caso dell'uno che ha peccato; perché dopo una sola trasgressione il giudizio è diventato condanna, mentre il dono diventa giustificazione dopo molte trasgressioni.

17 Infatti, se per la trasgressione di uno solo la morte ha regnato a causa di quell'uno, tanto più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di quell'uno che è Gesù Cristo.

18 Dunque, come con una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure, con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini.

19 Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati resi peccatori, così anche per l'ubbidienza di uno solo, i molti saranno costituiti giusti.

20 La legge poi è intervenuta a moltiplicare la trasgressione; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata,

21 affinché, come il peccato regnò mediante la morte, così pure la grazia regni mediante la giustizia a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore.

Mogli e mariti (Efesini 5)

Cl 3:18-19; 1P 3:1-7; Ge 2:21-24

22 Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come al Signore; 23 il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo. 24 Ora come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa.

25 Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, 26 per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola, 27 per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. 28 Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama se stesso. 29 Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, 30 poiché siamo membra del suo corpo. 31 Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diverranno una carne sola. 32 Questo mistero è grande; dico questo riguardo a Cristo e alla chiesa. 33 Ma d'altronde, anche fra di voi, ciascuno individualmente ami sua moglie, come ama se stesso; e altresì la moglie rispetti il marito.