Pensiero teoretico

Con l'espressione pensiero teoretico si descrivono le formulazioni ed i sistemi (le "teorie") elaborati analiticamente dal pensiero filosofico e scientifico nel tentativo di spiegare a diversi livelli e nel suo insieme la realtà in cui viviamo. In particolare ci si riferisce all'attività della filosofia, la quale si prefigge di indagare sul senso del mondo e dell'esistenza umana e di definire le possibilità e i limiti della conoscenza stessa.

C'è una sostanziale differenza fra "l'esperienza ingenua" (naive experience) e "pensiero teoretico" (theoretical thought). L'esperienza ingenua e la conoscenza di tipo non critico posseduta da "l'uomo della strada". È il modo non-teoretico di guardare al mondo. La caratteristica di base dell'esperienza ingenua è quella di vedere la realtà come un insieme. Il pensiero teoretico, però, è conoscenza analitica ed antitetica. Esso divide la realtà teoreticamente nei suoi vari aspetti. Esperienza ingenua e pensiero teoretico sono modi di conoscere complementari ed ugualmente affidabili nel proprio campo.

Il termine "teoretico" deriva dal termine greco antico θεωρία (teoria), derivato a sua volta dal verbo che designa il guardare, il contemplare, l'esaminare. Esso, così, descrive l'attività e il prodotto di chi osserva attentamente la realtà per trarne delle conclusioni (ipotesi, congetture, speculazioni, supposizioni) che poi inquadra in un sistema concettuale complessivo astratto.

E' detto anche pensiero metafisico, il pensiero che si ritiene capace di accedere in modo autonomo alla verità, all'essere, al fondamento dell'essere attraverso l'uso della ragione.

Oggi spesso si contrappone il pensiero teoretico derivato dalle scienze alla "religione", quest'ultima considerata essenzialmente mitologica rispetto alla prima, che pretende esaminare "oggettivamente" la realtà sulla base della ragione umana autonoma. La Riforma protestante, però, considera come tutto il pensiero teoretico sia sempre ed in ogni caso essenzialmente religioso (nonostante le sue pretese) perché è condizionato (più o men consapevolmente) da presupposti di fede. Ci si chiede, perciò, la "fede" ultima su cui si fonda il pensiero teoretico è fondata? Di fatto, o si presuppone il Dio vero e vivente rivelato in Gesù Cristo, o si presuppongono idoli, false "divinità", fra le quali l'autonomia dell'essere umano e la presunta sua capacità a comprendere "oggettivamente" la realtà. Tutto si gioca, in ultima analisi, sull'ubbidienza o sulla disubbidienza a Dio.

Vi sono quindi due approcci differenti e conflittuali al pensiero teoretico. (a) Prima del XVIII secolo si presupponeva (cosa che continua ad essere sostenuta dalla Riforma protestante che il mondo, come attualmente si presenta, sia "anormale". L'essere umano ed il mondo in cui vive, può essere compreso in modo appropriato quando lo si considera creato da Dio, caduto nel peccato e degenerato, ma inteso per la redenzione in Gesù Cristo. Questo ci è rivelato dalla Bibbia, dalla quale provengono i presupposti sulla base dei quali possiamo rettamente esplorare la struttura della realtà creata. (b) I presupposti del pensiero posteriori al XVIII secolo, però, ritengono che il mondo cosi come lo troviamo, sia "normale" e che possa essere compreso come un sistema autonomo di cause ed effetti, anche se questo non lascia spazio a valori umani e libertà. Questi due approcci al mondo riflettono due tipi diversi di consapevolezza: coloro che riconoscono l'anormalità in cui si trovano le cose e la necessità della redenzione attraverso Gesù Cristo, e coloro che non lo riconoscono.