03.12.2024
FOG: FRANK OWEN GEHRY.
MASSE, TRAIETTORIE, COLLISIONI
“I libri conservano quasi intatto la loro freschezza perché sono impostati con una logica progettuale, il loro focus è quello del modo di progettare, della descrizione dei progetti di questi autori. Non hanno quindi perso la loro attualità.”
Per raccontare Gehry, un architetto fortemente plastico, usiamo 6 parole chiave, che corrispondevano cronologicamente a una sorta di evoluzione nell’architettura di Gehry, spiegando di volta in volta come l’approccio progettuale prendere una nuova direzione progettuale, una nuova driving force:
· Assemblare
· Spaziare
· Separare
· Fondere
· Slanciare
· Liquefare
ASSEMBLARE
Sorta di ambiente che viene vissuto nei primi anni di vita di un architetto o un artista o chi che sia, influenzerà il suo modo di pensare, e chiamiamo questo imprinting.
Gehry visse il suo imprinting in un negozio di ferramenta del nonno, lo aiutava e viveva in un mondo d’acciaio, di bulloni, di vernice. Il rapporto col nonno è molto importante perché loro sono ebrei californiani, di Toronto, sono ebrei di sinistra, e questo lo possiamo vedere anche dal suo secondo nome. Si trasferisce a Los Angeles per lavorare prima e poi per studiare, andando ad Harvard e studiare quello che negli anni ’50 era un mito, l’urbanistica, ma si rende conto di non essere interessato alla questione.
Negli anni ’60 a circa 32 anni, fonda il suo studio professionale, che crea molte opere soggette a compromessi della costruzione quotidiana. In questi anni frequenta anche il mondo degli artisti, un mondo molto turbolento, creativo e ribelle, riceve dei piccoli incarichi per case per artisti. Una di queste è lo studio Danziger ad Hollywood. È caratterizzato da una forte plasticità all’esterno. Nella casa studio Davis è molto particolare la pianta che è trapezoidale, e vediamo presente dei materiali “fuori dai ripiani”, materiali molto economici.
In questi anni Gehry è un professionista.
Nel 1978 avviene una cosa strana, chiude lo studio, rimane a lavorare da solo e ha una sorta di crisi, di 30 impiegati rimane solo lui e decide di ricominciare da zero. Su cosa? Sulla scelta forte di fare architettura in quanto arte, si sentiva senza aria, dall’insieme delle troppe responsabilità, in particolare fece tesoro di quella che è la pop art americana, un vasto movimento artistico culturale che ha, da una parte artisti pop art che lavorano con la materia, con i collage, con gli assemblaggi, dall’altra parte ha artisti che lavorano su temi pubblicitari con Andy Warhol. Gehry sposa la prima parte, come Burri in Italia.
Questo mondo ha come messaggio di far diventare arte quanto ci circonda nella civiltà di massa. L’oggetto popolare, di massa, spiazzato attraverso operazioni artistiche e crea uno sguardo critico sulla società di massa.
Mimmo Rotella, ad esempio, fa questa operazione scarnificando i manifesti davanti ai cinema.
Gehry aveva una casa, ma dopo il divorzio decide di realizzarne una nuova molto significativa nel 77/78. La casa è una normalissima casa americana su due piani, fatta in uno stile tradizionale che si usava nell’800/900.
Si compra questa casa e assembla, compra questi materiali come compensati, lamiere grecate, finestre ordinarie e lucernari e li mette attorto a questa casa come se fosse circondata da questa nuova azione, azione di assemblaggio. La casa interna rimane quasi intatta. Questa operazione è di addizione dal punto di vista funzionale ma di assemblaggio dal punto di vista espressivo. È un’opera particolare che arriva in un momento in cui il dibattito architettonico è momento tradizionalista.
Casa Wagner, adopera la rete per caratterizzare delle terrazze esterne. È stata progetta sul pendio con molta attenzione.
Casa Familian, anche questa fatta con la logica di assemblaggio, una logica informale che appartiene appunto alla pop-art.
Con Casa Spiller avviene uno scatto. Gli viene affidato un nuovo incarico a Venice. Gehry non ama teorizzare, ma è un architetto fattivo, tira fuori però una parola molto significativa del suo lavoro, “Chip Scape”. Con questo termine intende che esiste un paesaggio periferico, povero, che può essere rilanciato, reinterpretato anche in architettura. Decide che questo chip scape sarà il suo paesaggio, il paesaggio della sua architettura.
La casa è un processo di assemblaggio particolarmente interessante perché è una casa lunga che ha la caratteristica di avere metà lotto più alto e metà più basso, suddiviso da una corte interna, che consente una modalità molto furba e interessante. Immaginiamo una famiglia che compra l’intero lotto, dividendolo con una corte interne, utilizzando una parte con un edificio alto e dall’altra parte un edificio più basso. Ha 4 piani fuori terra da un lato e tre dall’altro. Questo permette di avere non una casa ma due, quindi la possibilità di avere un affitto e quindi un guadagno per pagare un eventuale mutuo o comunque avere un guadagno. La corte del piano terra è abbastanza privata.
SPAZIARE
Dopo l’assemblare, Gehry si inventa un altro progetto, spaziare, allontanare i volumi per creare complessi che possono sembrare dei villaggi, perché il movimento che crea lo spazio è un movimento asimmetrico che determina una sorta di organizzazione simile appunto a un villaggio. Pezzi isolati e riconoscibili. Come, ad esempio, per la Casa per un Film Maker a Los Angeles. I singoli volumi acquisiscono così una certe autonomia, una certa rilevanza. Gli oggetti si parlano tra loro. Questa tecnica può avere grande vantaggio come, ad esempio, la costruzione per fasi, come nel caso del Campus per la Loyola Law School.
SEPARARE
Qui avviene una sorta di collisione degli oggetti architettonici, in cui arrivano una sorta di taglierini, come se una grande massa venisse intagliata, e da questa operazione nascono degli spazi, forme libere, caratterizzanti.
FONDERE
Gli edifici sembrano masse che si fondono l’uno con l’altra come se fosse un’operazione Booleana. La presenza del volume come ragionamento primario del mondo di Gehry è indiscutibile, è un architetto geometrico. Come nel caso del Museo della Vitra, in Germania, si tratta di un mondo in cui si fondono appunto i volumi. In questa operazione nascono delle collisioni che sono dettagli molto importanti negli spazi esterni quanto in quelli interni, determinano luci o spazi molto particolari. Anche con l’american center a parigi si fondono e si creano collisioni. Anche l’edificio a Praga sede degli uffici nazionali olandesi, è molto caratterizzante dal fiume.
SLANCIARE
In questo caso parliamo del museo Guggenheim. La fase del fondere trova nell’auditorium Disney a Los Angeles una grande occasione di sperimentazione (Disney perché è stato in parte pagato dalla famiglia Disney).
L’auditorium vero e proprio è contenuto in una scatola vera e propria che viene accordata. Il carattere plastico e l’interessante permeabilità del lotto, è ottenuta con quelli che definiamo spazi serventi, l’auditorium rappresenta lo spazio servito. Nella scatola non possiamo giocare molto, ma negli spazi esterni possiamo con una certa facilità apporvi delle lamine che coprono in parte il volume e in parte sono indipendenti. Il materiale di finitura è fatto da una ditta italiana che è specializzata su elementi di frontiere esterne”, il sistema delle partiture esterne. La grande scatola è accordata con dei pannelli sonori che rispondono alle caratteristiche del suolo.
Perché il museo Guggenheim a Bilbao è così importante? Rappresenta un vero salto nella concezione dell’architettura contemporanea e si inserisce nel tema del fondere.
Il primo pezzo importante lo troviamo nella mappa turistica. Nel febbraio del 1991, la città di Bilbao ebbe un decadimento economico molto sensibile. Il porto perde valore, le fabbriche i delocalizzano, l’economia decade. L’amministrazione ha un’idea logica di muoversi verso il terziario, verso la cultura, per invertire il processo di decadenza della città.
Hanno poi una seconda idea, quella di invitare la Guggenheim, un’organizzazione internazionale che crea musei, in quegli anni molto in espansione. Invitano il direttore a visitare la città, proponendo un edificio industriale dismesso offrendo una serie di facilitazioni per ergere il museo di Bilbao. Il direttore porta Frank Gehry, che arriva nel maggio del 1991 per due giorni. Chiede di fare un giro per la città con un giovane architetto con il quale arriva in cima ad un monte che fronteggia il centro della città. Dall’alto vede uno spazio che definisce intersezione urbana, un casino rubano. In quell’area ci sono molte fabbriche dismesse, è attraversata da un ponte molto rilevante, vicino al fiume si sta costruendo un palazzo dei congressi, però ha dei rapporti molto interessanti. Il fiume deve essere valorizzato. Quello è il punto giusto per fare il Museo Guggenheim. Nella mappa si decide la localizzazione.
Vince il progetto di Gehry.
Dal punto di vista formale possiamo notare subito due questioni. La parola fusione, innanzitutto, funziona molto bene, si tratta di masse che si fondono tra loro. Inoltre, queste masse che si fondono, slanciano, lanciano, come delle traiettorie verso l’esterno. La parola traiettoria, linea forza possiamo attribuirla al futurismo, l’oggetto non è più contenuto, ma deve emanare, lanciare, queste traiettorie verso l’esterno. Come, ad esempio, Umberto Boccioni e le Forme Uniche della Continuità nello spazio. Sono linee che servono a dinamizzare l’esterno. Dal punto di vista espressivo è un’operazione del fondere e dello slanciare traiettorie all’esterno.
Una parola chiave è urban scape, un paesaggio urbano, così come fa Gehry con la progettazione del Guggenheim, un nuovo urban scape logico e funzionale. Non si interessa a ciò che troviamo intorno. L’edificio è allungato perché lui sta nella banchina e la banchina stessa rappresenta una sorta di valorizzazione della città; quindi, un accesso importante al museo avviene lungo la banchina. Quindi allunga l’edificio il più possibile e fa passare uno dei corpi sotto al ponte e dall’altra parte del ponte fa emergere una torre. La torre apparentemente non serve, in realtà rappresenta un Land Mark del museo che percepisci quando arrivi lungo la banchina.
Fa un ragionamento di tipo plastico. Succede che questo urban scape deve essere molto fluido, non può essere un oggetto che sta lì, lungo finito, ma deve partecipare alla città. È tutto integralmente pubblico, il fiume ad esempio. Il bacino d’acqua rappresenta uno spazio difensivo che serve per creare un senso di tranquillità, che crea allo stesso tempo una sorta di continuità col fiume.
Il Guggenheim ha una chiave simbolica che fa parte del gioco contemporaneo. L’architettura comunica, diventa una “nuova cattedrale”, ha un impatto economico di livello regionale. Il museo è iper-funzionale, si basa sul concetto della conquista del centro, si penetra il più possibile.
La struttura è una variabile indipendente, viene messa in appalto, e l’appaltatore che offre il miglior rapporto qualità prezzo vince.