“Un edificio non è più buono solo se funziona ed è efficiente, insomma se è una macchina, ma deve dire e dare di più”
Il tema del significato profondo delle opere architettoniche recenti, come il Museo Guggenheim di Bilbao e la Sydney Opera House, ci invita a riflettere su come l'architettura contemporanea sta ridefinendo il concetto di monumentalità. Frank Gehry e Jørn Utzon, due dei maggiori architetti del nostro tempo, sono riusciti a trasformare i loro progetti in simboli non solo per le città che li ospitano, ma anche per la cultura globale. Entrambi hanno rotto con la tradizione modernista che spesso vedeva il monumento come una forma retorica legata al potere e all'autorità, offrendo una nuova interpretazione della monumentalità che è civica, collettiva e umana.
Alcune opere recenti di architettura ci portano a riflettere sul loro significato più profondo.
Il Museo Guggenheim di Bilbao ad esempio, completato da Frank Gehry nel 1997, incarna un nuovo approccio al concetto di monumentalità. Gehry, influenzato da figura come Jørn Utzon, il genio dietro la Sydney Opera House, ha saputo creare spazi che non solo sorprendono visivamente, ma che rispondevano ai bisogni di una collettività. Utzon, a suo tempo, ha sfidato l'idea che l'architettura moderna dovesse rifiutare i simboli. Con l'Opera House di Sydney, ha trasformato un semplice auditorium in un'icona globale, dimostrando che l'architettura può essere monumentale e rappresentativa senza cadere nella retorica del potere. Lo stesso spirito lo ritroviamo in Gehry, che con il Guggenheim ha ridisegnato non solo il paesaggio di Bilbao, ma anche il modo in cui la gente vive lo spazio urbano. Queste opere ci mostrano che, nonostante l'avversione del modernismo verso i monumenti, c'è ancora spazio per un'architettura che parla alle persone, che crea simboli collettivi e che, in un certo senso, riconnette l'uomo con la città e con il mondo. Gehry e Utzon ci dimostrano che l'architettura non è solo costruzione, ma anche espressione culturale, simbolica e profondamente umana.