questioni metodologiche

Qui si accennerà alle leggende che ancora si raccontano sulle vallate bellunesi (ed anche di tutto l'arco alpino): la leggenda del basilisco, serpente e drago insieme, che è ritratto nello stemma della città di Belluno. Il basilisco, minuscolo drago in miniatura, ci porta etimologicamente al legame che esiste tra ophis serpente e ophtalmos occhio . Questo guardiano di un "tesoro" o di un confine ferisce infatti (anche mortalmente) con lo sguardo. Per quanto riguarda il basilisco è descritto da Plinio il Vecchio come un serpentello di modeste dimensioni, con una specie di diadema bianco sulla testa, e dotato di qualità velenose così potenti da uccidere l'uomo solo dallo sguardo. Generalmente il basilisco si diceva fosse nato dall'uovo deposto da un gallo di sette anni, fecondato da un serpente e covato da un rospo. Nel mondo alpino il basilisco è entrato anche a far parte dell'immaginario folklorico.

Il basilisco si trova di solito in zone montuose e spesso coloro che ne hanno sentito parlare o che lo hanno visto lo confondono con la vipera cornuta o con altre serpi realmente esistenti . Numerose sono le leggende che vogliono Belluno, città abbandonata e invasa dalle serpi tanto che la sua valle era chiamata Serpentina, e ancora vige la leggenda che San Lucano avrebbe liberato la zona dai rettili. E ancora si favoleggia delle bisce e della loro regina bianca e dei serpenti lattaioli e dei grifoni.

Altra figura interessante del mondo leggendario alpino è la s-mara conosciuta anche come "marantega" o "redodesa-redosega". Nel bellunese, a Gron di Sospirolo per es., si racconta che sul punto della mezzanotte , le acque del Mis e del Cordevole si fermino per lasciare passare la "Redosesa e i so dodese Redodesegot". Questa figura è interessante perché riprende il motivo medioevale della caccia selvaggia notturna

Gnomo Pangeo — 3-giu-2011 17.11.28