seconda versione

Data pubblicazione: 25-mar-2011 7.24.45

Al re dei Fanes nascono due gemelle, cui vengono posti i nomi di Lujanta e Dolasilla. Ma al mattino dopo Lujanta è scomparsa, sostituita da una marmottina bianca. Il re, che non era a conoscenza dell'alleanza segreta che la regina aveva con il popolo delle marmotte, ne resta all’oscuro. Dopo qualche tempo ordina ad uno scudiero di portare le gemelle al re delle aquile, per consacrare la loro alleanza con lo scambio dei gemelli. La regina viene a saperlo e fa in modo che lo scudiero non si accorga che una delle gemelle è una marmotta. L’aquila sceglie proprio quest’ultima, che però le scappa e scompare in un crepaccio. Lo scudiero di ritorno con la piccola Dolasilla viene assalito da un potente stregone, Spina-de-Mul, che può assumere l’aspetto di uno scheletro di mulo mezzo putrefatto e non può essere colpito con le armi. Un ragazzo del paese dei Duranni lo attacca nell’oscurità a colpi di pietra e riesce a costringerlo alla fuga, ed infine a metterlo a terra. Allora il mago gli assegna il nome “Ey-de-Net” e se ne va. Ey-de-Net trova una splendida pietra preziosa (la Rajetta) che il mago ha perso nel combattimento, ma la regala a Dolasilla perché smetta di piangere.

Ormai adolescente, Dolasilla segue il padre in una spedizione a Canazei per cercare un tesoro d'argento nascosto nel fondo di un lago, ma trovano solo una scatola con una polvere grigia che ella decide di restituire ai legittimi proprietari, alcuni nani.

Per ringraziarla essi le fanno gettare la polvere in fondo al lago, in modo che il tesoro possa fiorire e loro stessi essere liberati da un’incantesimo; regalano la scatola e la pelle a Dolasilla, perché se ne faccia una corazza. Le predicono che sarà una guerriera invincibile finchè non si sposerà, e le raccomandano di non scendere in campo se la corazza dovesse cambiar colore.

Dolasilla si fa costruire una corazza di pelle d’ermellino e d’argento, che nessun’arma poteva penetrare. Con l’argento che resta si fa costruire un arco, e con quello che resta ancora vengono costruite delle trombe d’argento dal suono meraviglioso. I Fanes tornano al lago e lo trovano coperto di canne d’argento, con cui fabbricano frecce per Dolasilla. Sono frecce infallibili e con grande forza di penetrazione. Dolasilla diventa in breve tempo un’arciera provetta.

Il re porta Dolasilla in battaglia e le sue frecce infallibili gli garantiscono una facile vittoria. Dolasilla viene trionfalmente incoronata con la Rajetta sul Plan de Corones. Seguono anni di continue battaglie, grandi vittorie e grandi bottini.

Dopo una battaglia coi Cajutes, Dolasilla raccoglie un mazzo di papaveri dall’elmo di un guerriero nemico, che lei aveva ucciso. Quella notte cade in un sonno profondissimo, nel quale sogna il guerriero che la incita a smettere di combattere con armi magiche. Vorrebbe obbedire al monito, ma il re afferma che sono tutte sciocchezze.

Spina-de-Mul cerca di riunire una coalizione di popoli contro i Fanes, e riesce a convincere Ey-de-Net a parteciparvi con un reparto di Duranni. Il guerriero, che non aveva mai sentito parlare di Dolasilla, accetta a patto che lo si lasci tirar fuori dalla battaglia la ragazza illesa.

Lo scontro, cui partecipa per la prima volta anche il principe aquila, ha luogo nella stretta pianura di Fiammes. Mentre i Fanes sono in vantaggio, Ey-de-Net attende Dolasilla a piè fermo; ma Spina-de-Mul, nascosto dietro il suo scudo, previene l’arciera ferendola a sua volta con una freccia.

Ey-de-Net, invece di sfruttare il momento di sbandamento dei Fanes, se la prende col mago che ha tradito i loro patti. I Fanes vincono e gli alleati litigano.

Ey-de-Net non torna a casa, perché vuole avvicinare Dolasilla. Trova un’anguana e le chiede consiglio. L’anguana lo indirizza dal Vögl delle Velme. Questi a sua volta lo spedisce dalla Tsicuta, una sorella di Spina-de-Mul. Ey-de-Net la cerca senza trovarla, finchè incontra una cornacchia, che gli spiega come fare ad incontrarla, e gli racconta che la donna era stata fidanzata col re dei Fanes, prima che questi sposasse la regina dei Fanes, ed altri interessanti dettagli. La Tsicuta tratta Ey-de-Net freddamente, predice che Dolasilla gli farà una promessa ma non la manterrà, e che il destino di lei è segnato dall’ambizione del padre. Però gli dà il suggerimento giusto per entrare in contatto con lei: occorre che faccia costruire uno scudo così pesante che quasi nessuno possa portarlo.

Dolasilla si riprende presto dalla sua ferita. Gli artefici della corazza d’argento rispondono al re che la corazza era stata trapassata da una freccia magica, contro cui essa non aveva potere. Per proteggere Dolasilla anche dalle armi magiche occorreva uno scudo incantato, fabbricato dai nani del monte Latemar. Questi concludono che l’ordinazione riguardi lo stesso scudo di cui aveva loro parlato Ey-de-Net; quando lo scudo finito arriva al castello, si constata che nessuno riesce a sollevarlo. La stessa Dolasilla, con la sua forza sovrumana, lo alza appena da terra.

Finché non arriva Ey-de-Net in incognito, che dimostra di poterlo portare e così viene assunto come scudiero della principessa.

Dolasilla torna a combattere assieme ad Ey-de-Net, e le vittorie dei Fanes non hanno più limiti.

Quando Ey-de-Net viene a chiedergli la mano della figlia, il re si sdegna. Ma anche Dolasilla è d’accordo col suo portascudo, e si dichiara stanca di combattere. Vista l’insostituibilità di Ey-de-Net, il re finisce per fingere di cedere, ma rimanda le nozze e frattanto elabora un piano. Sa che i due si sono promessi di non scendere più in battaglia se non insieme. Nella sua smisurata avidità di ricchezze, egli medita di farsi rinchiudere nel regno di Aurona con tutta la sua famiglia.

Per far ciò servono molti operai che trovino e riaprano l’ingresso. Il re dunque contatta segretamente il nemico e raggiunge un accordo: egli consegnerà sostanzialmente nelle loro mani il suo regno, evitando che Dolasilla scenda in battaglia, ed i Cajutes, una volta vincitori, scaveranno in cambio le porte dell’Aurona per lui.

Detto fatto, il re bandisce Ey-de-Net, sicuro che Dolasilla non combatterà senza di lui in forza della promessa fattagli, e si ritira sul Lagazuoi ad aspettare gli eventi. Ey-de-Net lascia il regno senza aver potuto rivedere la promessa sposa.

I Fanes sono in gravi ambasce: sparito il re, sparito Ey-de-Net, Dolasilla si rifiuta di combattere nonostante i reiterati scongiuri, ed il nemico è alle porte. Tormentata dal dilemma, se mancare alla promessa o vedere sconfitto il suo popolo, Dolasilla alla fine acconsente a scendere in campo.

Ey-de-Net, alla ricerca di un silvano suo amico, trova una cornacchia che gli comunica la notizia che Dolasilla tornerà nonostante tutto a combattere. Il silvano, visto che l’eroe si sente tradito per la promessa non mantenuta e che afferma di volersene andare per sempre, lo manda a consultare l’oracolo delle ninfe del lago. E l’oracolo gli risponde che Dolasilla non aveva altra scelta che quella di rompere la promessa, e che morirà presto. Ey-de-Net cerca di tornare dai Fanes per difenderla, ma arriva troppo tardi.

Dolasilla si reca a trovare il silvano amico di Ey-de-Net ed apprende che questi se ne è andato per non tornare mai più. Mentre ritorna, incontra una frotta di strani bambini cenciosi, che le chiedono le sue frecce, e finisce per regalargliene una a testa, tredici in tutto. Quando giunge al castello, la possente coalizione nemica è già in vista, accampata sul Pralongià.

Il capitano dei Cajutes afferma che il re dei Fanes li ha traditi, e Dolasilla il giorno dopo scenderà in battaglia nonostante tutte le sue assicurazioni; ma a lui è riuscito, con l’aiuto degli stregoni, di sottrarre tredici frecce magiche a Dolasilla. Consegna una freccia a testa a tredici arcieri, imponendo loro di uccidere l’eroina.

Al mattino i Fanes si preparano per la battaglia, ma quando Dolasilla compare, si scopre che la sua corazza è diventata scura. Lei capisce il significato del prodigio, ma finge sicurezza perché i suoi non si perdano d’animo.

Dolasilla trascina i suoi fin sull’orlo della vittoria. Per lungo tempo gli arcieri nemici si ingannano sul suo conto, perché cercano un’armatura bianca e non una nera. Ma quando capiscono lo sbaglio, Dolasilla cade ed i Fanes si sbandano. Dolasilla muore mentre viene trasportata al castello. I Fanes sono in rotta.

La regina dei Fanes assume il comando della difesa del castello. Giunge notizia che Dolasilla è morta, il principe ferito. Il castello viene cinto d’assedio.

Il re dei Fanes, che attendeva sul Lagazuoi l’esito della battaglia, viene ferocemente schernito dagli alleati vincitori ed in particolare da Spina-de-Mul, che gli rinfaccia l’esito funesto del suo tradimento.

Ancora oggi il volto del re, trasformato in pietra, è visibile sulle rocce che sovrastano il passo di Falzarego.

Mentre i nemici assalgono il castello dei Fanes, ricompare Lujanta, che tende l’arco della sorella e li mette provvisoriamente in fuga. Ma il castello è comunque perduto. La regina si riconcilia con le marmotte; queste spiegano a Lujanta come evacuare dal castello gli ultimi difensori per via sotterranea, e profetizzano la possibilità di recuperare il regno perduto.

Gli ultimi difensori del castello prendono un passaggio sotterraneo, ma vengono inseguiti. Li salvano i nani, deviando una cascata in modo che si frapponga tra loro e gli inseguitori. Infine giungono in una grande sala, in cui le marmotte sono in letargo. Intanto i nemici devastano il paese dei Fanes e si spartiscono il bottino. Spina-de-Mul si riappropria della Rajetta.

Secondo la profezia delle marmotte, i Fanes combattono per sette estati, riprendendo ogni volta la cima di un monte. Ma il principe aquila vorrebbe riappropriarsi di tutte le conquiste del padre e della sorella; e se ne va. I Fanes vincono usando la vecchia tattica: colpire di sorpresa e rifugiarsi nelle grotte, dove trascorrono anche gli inverni. Poi le marmotte affermano che la guerra sarebbe finita più presto se Lujanta avesse sposato Ey-de-Net. Ma questi si è già accasato con Soreghina.

Nell’isola degli uomini dall’unico braccio, il principe aquila si è felicemente sposato. Dopo tre anni, giunge l’aquila della fiamma per riportarlo nel paese dei Fanes e recuperare le frecce infallibili, con cui sarà possibile restaurare la grandezza del regno. Ma la moglie, cui era stato predetto che se il marito fosse partito non sarebbe mai tornato, la allontana con un pretesto. Prima che passi un altro anno, lo getta in uno stato di morte apparente, ingannando così il possente volatile. Altri tre anni passano in questo modo. Il settimo anno, si sente suonare la fanfara dei Fanes ed il principe si sveglia di colpo. Il giorno dopo l’aquila torna e lui saluta la moglie ed il figlio natogli nel frattempo (con due braccia), e se ne parte per mai più tornare.

I Fanes ed i loro nemici giungono all’intesa di far la pace, restituendo ai Fanes le sole terre che erano state sempre il loro territorio, ma non le ultime conquiste. Quando il patto è quasi suggellato, arriva il principe aquila e manda tutto a rifascio. Visto che l’accordo è impossibile, viene dichiarata la guerra.

Lupi, corvi ed avvoltoi banchettano sui corpi dei Fanes, uomini e donne, vecchi e bambini, tutti caduti nell’ultima, disperata battaglia combattuta nel cuore del paese, sulla Furtja dai Fers, contro un’immensa coalizione venuta anche da posti lontanissimi.

Solo una ventina fra donne e bambini, comprese Lujanta e la Regina, si sono salvati dal massacro nascondendosi tra le marmotte. Giunge l’aquila della fiamma portando il giovane figlio del principe aquila, e predice che il regno potrà risorgere se il bambino saprà trovare le frecce infallibili e trovarsi al suo posto quando le trombe d’argento suoneranno dai monti la “grande ora”. L’aquila si assume il compito di accendere ogni anno una sacra fiamma a ricordo del regno dei Fanes, nonché di portare il bambino a Contrin, per imparare dal re Odolghes il mestiere delle armi.

Ogni anno, in una notte di luna, la regina e Lujanta fanno in barca il giro del lago di Braies, uscendo dalla porta di roccia che ha dato il nome ladino (Sass dla Porta) alla Croda del Becco. Esse attendono che il nipote della regina ritorni con le frecce infallibili. Ma questi non arriva mai. E un giorno scocca la “grande ora”: dai monti risuonano le trombe d’argento. Ma non c’è nessuno a rispondere al loro appello.

La regina le ascolta per l’ultima volta, poi scende a dormire per sempre sul fondo del lago.

Ma un giorno arriverà il “tempo promesso” in cui tutti risorgeranno per vivere in pace.