03 Mano di Ferro

La leggenda “Mano di ferro” racconta come fu che Oswald von Wolkenstein divenne uno dei più celebri trovatori in lingua tedesca.

Quando Oswald era ancora bambino, un’indovina predisse per il piccolo nobile tirolese una vita di dolori e infelicità se solo avesse conosciuto l’arte della musica: viceversa, se non l’avesse praticata, avrebbe vissuto tranquillo e contento. Così la madre, che voleva ad ogni costo procurare ad Oswald un'esistenza felice, lo condusse sulla Gardenazza, una montagna in fondo alla Val Gardena dove a quel tempo vivevano alcune Gannes, che incantarono le mani di suo figlio in modo che non potessero mai toccare uno strumento delicato senza romperlo. E così Oswald fu soprannominato “Man de Fjer”, perché non poteva toccare una cetra o un flauto senza mandarli in frantumi: dunque il giovanotto fu costretto giocoforza a dedicarsi alla caccia e alla guerra, come si conviene agli uomini di buona famiglia.

Finché un giorno, sul Monte Molignon, incontrò una bellissima silfide che, seduta accanto a un cespuglio di rose bianche, cantava una meravigliosa canzone. Commosso da quel canto melodioso Oswald le raccontò la sua passione per la musica, e il suo dolore di non poter suonare, e la Silfide rispose: “Le tue mani sono stregate, ma l’incantesimo potrebbe essere spezzato solo da un dolore così terribile che rimpiangeresti di avere le mani di ferro”. E poi aggiunse: “Non ti dirò il mio nome, perché se lo venissi a sapere dovremmo separarci per sempre, ti dirò solo che vengo dal bel giardino delle rose, che ora non esiste più.”

Ma il buon Oswald era innamorato pazzo, come anche ai rudi dolomitici ogni tanto càpita d’essere: e quando, qualche tempo dopo, apprese - non visto - da un gruppo di “Cristannes” (esseri selvaggi delle vette) che la sua magnifica silfide si chiamava Antermoja, quando la rivide un’altra volta non si trattenne dal chiamarla per nome. L’incantesimo era spezzato.

Quando udì pronunciare il suo nome, la silfide si mise a piangere e a sospirare perché sapeva che ormai tutto era finito fra loro, per sempre. Tristemente gli disse addio e gli pose tra le mani la sua cetra: poi entrò nel cespuglio fiorito di rose bianche e cantò con la sua voce soave una canzone, che mai prima d’allora Oswald aveva udito cantare da lei.

La leggenda finisce in fretta, come un sogno bello che precipita nell’alba: la silfide sparì in un lago di acqua nera, Oswald von Wolkenstein si disperò per tre giorni, e al terzo giorno prese in mano la cetra d’Antermoja e le sue mani ne cavarono una sovrumana melodia intessuta di amore e di dolore.

Aveva ricevuto la grazia della musica, Oswald, insieme alla disgrazia dell’infelicità. Sarebbe stato un poeta celebrato, errando per tutta la vita di terra in terra e di mare in mare, ma la tristezza non l’avrebbe mai abbandonato. Ma le sue canzoni furono meravigliose, e nessuno prima o dopo di lui suonò la cetra con arte così divina.

CURIOSITÀ

Oswald von Wolkenstein è stato un cantante e compositore tedesco, nonché uomo politico e avventuriero.

Nato nel 1377, cresciuto a Castel Forte, Oswald von Wolkenstein perse l'occhio destro all'età di 9 anni durante i festeggiamenti del carnevale, acquisendo l'aspetto di un uomo temerario. A 10 anni era già al seguito dell'esercito contro i pagani lituani, il primo di una lunga serie di viaggi: la Svezia, la Russia, il pellegrinaggio in Terrasanta del 1397, l'Italia, l'Inghilterra, la Francia sono solo alcune tappe dei suoi viaggi di poeta cavalleresco, consigliere ed accompagnatore di re ed imperatori.

Tornato in patria, si stabilì nel castello di Hausenstein sotto lo Scilar e, in questa rocca selvaggia e romantica, dopo un matrimonio non molto felice, iniziò a rimpiangere i suoi anni vagabondi.

Oswald von Wolkenstein è stato l'ultimo dei poeti cavallereschi, ma anche il primo dei moderni, avendo cantato tutte le sue esperienze. Della sua opera ci sono rimasti 60 Lieder ad una sola voce e 25 a due voci.

La sua lapide si trova nei pressi del Duomo di Bressanone.

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