merisana, analisi della leggenda

Data pubblicazione: 9-mag-2012 5.18.24

Il velo da sposa del larice.

Ancora una volta, un mito che spiega un fenomeno naturale (anzi due: il “velo” ed il fatto che il larice, pur essendo una conifera, sia deciduo). Ora, da quando le spose portano il velo? Certamente già da tempi precristiani. Il significato simbolico del velo sembra essere in ogni modo associato ad uno stato di subordinazione della moglie rispetto al marito, dunque ad una società di tipo patriarcale, e questo induce a datare la seconda parte della leggenda ad un tempo distinto e posteriore rispetto alla prima, che deve essersi formata quando il regime sociale ovvio, “naturale”, era chiaramente il matriarcato. In base agli altri riscontri del ciclo dei Fanes, parrebbe che si possa parlare di età del Bronzo (o anteriore) per il mito di Merisana vero e proprio e di età del Ferro (o posteriore) per quello del larice. L’estensore di quest’ultimo deve aver semplicemente sfruttato la storia preesistente della “regina della natura” che “andava sposa” per inserirvi i dettagli che intendeva sviluppare ai suoi fini.

Culto del sole.

Merisana, il cui nome è molto indicativo (Merijana-Meridiana), si sposa a Mezzogiorno con il Re dei raggi, che potrebbe essere la personificazione del sole. Le nozze vengono celebrate a mezzogiorno in una collina erbosa di fronte alla Croda da Lago: potrebbero indicare il passaggio del sole a perpedicolo sulla montagna?

Da notare che a mezzogiorno, essendo il sole allo zenit, sono assenti le ombre, e quindi le imperfezioni, ... la tristezza.

Culto delle acque.

Merisana è anche una creatura delle acque (è la regina delle Ondine): forse il fenomeno veniva osservato riflesso nelle acque del lago (Ru de ras Vergines)? Le ninfe delle acque e dei laghetti, hanno un rapporto solitamente benevolo con gli uomini: forniscono consigli, predizioni e, specie nelle leggende più tarde, ospitalità nelle caverne; creano sorgenti o le fanno inaridire. Esse rientrano in quella visione del mondo divino estremamente arcaico e prevalentemente femminile che assegna uno spirito vitale a tutti gli elementi utili e temibili della natura che ci circonda.

Il loro nome può variare, così come alcune loro caratteristiche (vedi sotto). L'abbondanza di nomi e di presenze delle ninfe delle acque fa capire come le sorgenti e i piccoli corsi d'acqua fossero preziosi per la vita dei pastori e del bestiame, specie nelle zone degli alti pascoli che solo in pochi casi sono ricchi di sorgenti. Si spiega così l'origine del rispetto, trasformatosi in culto, per queste acque gentili che, a differenza dei torrenti, non mettono in pericolo la vita di uomini e animali.

· Anguane (> lat. Aquanae) che si riduce in Gane o Gonnes nella Val Gardena medievale, ove assumono la funzione d'incantatrici che si muovono facilmente nei boschi venendo a contatto con gli esseri umani, talvolta contraendo matrimonio con essi per poi, dopo un certo tempo, sparire per sempre.

· Figure isolate sovrapponibili alle Anguane sono le Mjanines, esse abitano nel Lec de Lunèdes, lago delle apparizioni, attualmente lago Ghedina (interpellate da Ey de Net nel ciclo dei Fanes per chiedere consiglio). Significato del nome: forse da due radici greche = iniziatrici di misteri o misteriose. La loro comparsa in scena è limitata.

· Pelne: ninfe delle acque trasformate in uccelli dal piacevolissimo canto che frequentano le rocce del Nuvolau.

· Jarìnes: abitatrici del letto dei torrenti che fanno crescere i fiori sulle rive (>lat.jara=ghiaia).

· In altri casi vengono chiamate Silfidi, Ninfe o Ondine, come nel caso del mito di Merisana.

· Nel versante carnico si chiamano Agans o Sagans: sono legate alle fonti e alle grotte, ma con una funzione non più benefica. Spesso il loro aspetto si confonde con quello delle Salvaries, ed infine con la figura delle Streghe, pronte a rapire bambini per ingrassarli e mangiarli (favola germanica di Hansel e Gretel dei fratelli Grimm): in questa visione negativa confluisce l'azione del Cristianesimo che trasforma le benevole divinità pagane in esseri ripugnanti. Es: Leggenda Val d'Arzino: un bambino rapito dalle streghe (Agane) viene portato nella grotta e ingrassato in una cassapanca, ma inganna le sue carceriere. Una di loro decide di bollirlo, manda il bambino a raccogliere legna e gli dice di controllare se l'acqua bolle. Il bambino dice di non riuscire a farlo vista l'altezza del calderone. La strega si affaccia sul bordo del calderone e il bambino la spinge dentro facendola morire e fugge. Le altre due Agane lo inseguono, ma inutilmente. Il loro pianto di rabbia farà nascere il torrente che ora scorre dinnanzi all'antica grotta. In un'altra versione le Aguane superstiti annegheranno nell'attraversare il corso d'acqua dell'Arzino e scompariranno per sempre.

Il larice.

· Il larice è eliofilo: esso cioè ama (-filo) il sole, la luce (elio-)

· Il larice è un pianta pioniera: è cioè una delle prime conifere a crescere sui prati. Col passare del tempo viene sostituito dagli abeti, i quali, facendo ombra, non consentono alle piccole pianticelle di larice di crescere.

· I boschi di larice, col tempo, sono destinati a sparire, e a far posto a piante quali l'abete.

· I pochi e bellissimi boschi di puro larice sopravvivono grazie al pascolo delle mucche, che mangiano i teneri germogli di abete, loro rivali. Nel pascolo di Larieto, nel comune di Cortina poco sotto il Passo Tre Croci, esiste per l’appunto uno dei più bei boschi di larice delle Dolomiti

· I larici d'inverno vanno in letargo: infatti con la perdita degli aghi non hanno più bisogno di alimentarsi.

· Larice deriva dal greco laros, che significa soave, come lo sono i suoi delicati profumi

· Il legno di larice, anche grazie alle sue resine, è più adatto di altri ad affrontare le intemperie; viene quindi preferito per le scandole dei tetti o per la costruzione di recinzioni

· Su wikipedia un approfondito articolo sul larice