07 pittrice del monte faloria

A est di Cortina d'Ampezzo si innalza il monte Faloria, e nella piana sottostante, in tempi remoti, sorgeva il paese di Miljera, sovrastato a settentrione dal gruppo montuoso del Sorapis.

Chi lavorava nella malga più sperduta aveva più volte intravisto una timida giovane dagli occhi grandi e dai capelli corvini. Di solito la fanciulla si nascondeva nel bosco, ma un giorno si offrì di sostituire nei lavori domestici la massaia della malga, che si era ammalata. La ragazza misteriosa del Faloria fu apprezzata per il suo lavoro e divenne amica della gente della malga. Alla fine dell'estate, desiderando lasciare loro un ricordo in cambio della loro gentilezza, la giovane chiese ad ognuno di loro una tavoletta di legno, su cui dipinse un ritratto per ciascun malgaro. Gli Ampezzani, che all'epoca non conoscevano la pittura, furono piacevolmente sorpresi nel vedersi effigiati.

La notizia si sparse a Cortina e la pittrice venne invitata ad affrescare la facciata del comune di Miljera, lavoro per il quale ottenne un prezioso fermaglio d'argento.

Inoltre due giovani del posto, Verlòi e Ghedin, la chiesero in moglie. La ragazza scelse il primo, un proprietario terriero benestante, convinta dalle sue parole, ma capì ben presto che era uno scialacquatore e non aveva voglia di lavorare. Tuttavia Verlòi la persuase ugualmente, promettendole in dono qualsiasi cosa ella gli avesse chiesto. Ghedin, timido cacciatore, vista la malaparata andò a vivere lontano, in una baita.

Passò un po' di tempo e Verlòi, a sorpresa e di nascosto, sposò una ricca ereditiera. Offesa, la fanciulla del Faloria decise di vendicarsi e con un sortilegio chiese aiuto alla Svalazza, una strega malvagia. Inutilmente le buone vivane la misero in guardia: la strega l'avrebbe trasformata in modo orribile e solo una richiesta di matrimonio avrebbe potuto salvarla. Trascorsero più di quattro anni.

Un giorno la giovane del Faloria incontrò Verlòi e gli intimò di rispettare la sua promessa e di cederle suo figlio. Verlòi, terrorizzato, fuggì a casa e nascose il bambino. Sette giorni dopo, però, un avvoltoio nero lo rapì e la scena si ripetè nei mesi successivi con altri bambini, sempre maschi. Dopo ogni agguato ci si accorse che il rapace si dirigeva verso il Sorapis. Allontanatasi da Miljera, la pittrice del Faloria aveva lasciato in sospeso un nuovo affresco, che fu completato da Ghedin, tornato a casa dopo sette anni durante i quali non aveva mai smesso di coltivare la sua passione per la pittura. I compaesani lo ringraziarono e lo informarono dei rapimenti e della probabile dimora dell'avvoltoio sul Macài.

Ghedín volle tentare la ricerca: si recò quindi ai piedi delle rocce e, rimanendo nascosto per ore e ore, riuscí a veder sortire e rientrare il grande uccello di rapina; ma come scoprire la tana in quel sistema dirupato e complicatissimo di scaglioni e di balze pietrose, di spaccature, di canaloni, di cenge? Malgrado la difficoltà dell’impresa, Ghedín non si perse d’animo, e, dopo molti giorni di pazienti ricerche, di faticose e difficili esplorazioni, riuscí a trovare la tana dell’avvoltoio: era posta vicino a una grande macchia rossa della parete di pietra, che anche oggi si può distinguere dalla valle, nelle ore del pomeriggio, stando presso alla cosí detta Gravòna. Ghedín udí venire da quel punto della roccia il cinguettio allegro di molti uccellini e ne fu un po’ spaventato, perché sapeva che in quei dirupi nudi e freddi non potevano vivere piccoli uccelli: arrivato all’orlo della macchia, rimase immobile per lo stupore: sul muro di pietra erano appese molte gabbie d’argento, mirabilmente ornate di filigrana, piene di uccellini. Ghedìn riuscì a portarne una, vuota, a Miljera. Gli abitanti del villaggio, che sapevano lavorare l’argento, ammirarono gli ornamenti finissimi della gabbia e vollero imitarli: cominciarono cosí i lavori in filigrana d’argento che sono, ancora adesso, una specialità degli Ampezzani. Il cacciatore ritornò più volte sul Sorapis e s'accorse che i bimbi rapiti erano stati trasformati in uccellini da un canto di donna, per poi essere rinchiusi nelle gabbie d'argento. La voce femminile era quella di una bella giovane che, dopo l'incantesimo, si trasformava a sua volta in un orribile avvoltoio.

Ghedin intuì ben presto che la fanciulla era la pittrice del monte Faloria, così le rivolse la parola e le chiese di nuovo di sposarlo. La giovane, però, pose una prima condizione: il pretendente avrebbe dovuto completare l'affresco di Miljera, cosa che Ghedin aveva già fatto. La ragazza invitò quindi Ghedin a ritornare la primavera successiva. Il giovane ubbidì e durante l'inverno preparò un bellissimo quadro che poi donò all'amata. La fanciulla del Faloria si commosse, ma invitò il cacciatore a non illudersi: al posto delle mani, tenute sempre nascoste sotto il mantello, aveva infatti degli artigli. Ghedin, però, non si diede per vinto e ripetè la sua proposta di matrimonio.

Fu così che la pittrice si liberò dall'incantesimo e, riavute le proprie mani, rimise in libertà gli uccellini, che volarono alle rispettive case riprendendo l'aspetto di bambini. I due giovani si sposarono e nessuno seppe più che cosa fosse successo all'avvoltoio, poiché i Ghedin seppero custodire il segreto. L'eredità della mitica pittrice si è però trasmessa ai numerosi artisti delle famiglie Ghedini e Ghedina, e in modo davvero sublime al celebre pittore Tiziano Vecellio, discendente di questa stirpe e nato proprio in una casa di Campo di Sotto, nei pressi di Cortina.

crucipittrice semplificato — 18-apr-2012 15.52.43

pittrice faloria, foto paesaggi — 15-ago-2011 12.21.03

pittrice del faloria, disegno finito — 19-giu-2011 14.56.32

Crucipittrice — 17-giu-2011 19.41.41

Pittrice, slide show — 28-apr-2011 17.03.56

finale più lungo — 29-mar-2011 7.10.50

spunti di lavoro — 29-mar-2011 6.55.59