di Nicola Carbone IV D
“La guerra è un grande sbaglio, russi e ucraini sono fratelli”. Juri (nome di fantasia) è un ragazzo di 18 anni di origini russe, da otto vive in Italia insieme al suo fratello più piccolo.
È stabiese di adozione grazie alla sua nuova famiglia e frequenta il nostro istituto, in una classe dove è presente Andrej (altro nome di fantasia) i cui genitori sono ucraini.
Nonostante viva in Italia da molti anni, in cuor suo sente sempre il richiamo della sua patria, delle sue origini e delle sue tradizioni.
Mi è stata fornita la possibilità di intervistarlo perché, credo, in questo tragico periodo, sia la persona più adatta a fornire un punto di vista soggettivo. Il suo commento sulla guerra è stato diretto.
“C’è solo un muro geopolitico – dice - a separare i due paesi perché fra russi e ucraini non ci sono differenze, il nostro sangue è il loro e viceversa”.
Juri esprime con estrema rabbia il suo pensiero in merito al fatto che ragazzi della sua stessa età e nazionalità, invece di vivere felici la loro adolescenza, debbano imbracciare armi rischiando di non ritornare più dalle loro famiglie.
“Ragazzi così giovani non dovrebbero sparare – commenta – a 18 anni bisogna divertirsi, andare a scuola, innamorarsi e crescere. Non combattere”.
Mi viene da chiedergli quale sarebbe il suo primo pensiero se fosse chiamato alle armi.
Juri, allora, mi fissa e mi inchioda perché capisco che la sua più grande paura sarebbe quella di dover puntare un‘arma contro un suo fratello.
Gli chiedo se, da quando è cominciata questa, qualcuno gli abbia mai fatto pesare le sue origini russe.
La sua risposta è decisa: “Assolutamente no, non è l’intera Russia a far del male ai cittadini ucraini ma solo coloro che non hanno un briciolo di umanità, cioè solo chi governa e che sta impartendo l’ordine di seminare morte e distruzione. Solo questi russi, non tutti, stanno provocando un’enorme voragine di terrore , tristezza e odio”.