Portella della Ginestra

Vincenza la Fata, 8 anni; Serafino Lascari, 15 anni; Giuseppe Di Maggio, 13 anni; Giovanni Grifò, 12 anni. 1° Maggio del 1947

Portella della Ginestra è una località montana a metà strada tra i comuni di Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello.

Portella prende il nome dai fiori selvatici che la caratterizzano nel periodo primaverile. Il 1° Maggio del 1947 si torna a festeggiare la festa dei lavoratori per il secondo anno dopo la fine del periodo fascista e circa duemila lavoratori si danno a Portella della Ginestra, in grande prevalenza contadini che lottavano in quel periodo contro il latifondismo.

I contadini dei paesi vicini erano soliti radunarsi a Portella della Ginestra per la festadel lavoro già ai tempi dei Fasci siciliani, per iniziativa del medico e dirigente contadino Nicola Barbato, che era solito parlare alla folla da un podio naturale che fu in seguito denominato "Sasso di Barbato."

Quello stesso anno, il 20 Aprile, la Sicilia era andata alle urne e il “Blocco del Popolo”, alleanza tra il PCI e il PSI aveva conquistato la maggioranza relativa alle elezioni della Assemblea Regionale Siciliana. La campagna elettorale era stata caratterizzata da diversi episodi di violenza e di minacce, e a gennaio erano già stati uccisi un dirigente (Accursio Miraglia) ed un militante comunista (Pietro Macchiarella).

Cosa accade quel giorno a Portella?

Intorno alle 9,30, quando il sindacalista Giacomo Schirò inizia a parlare, si sentono dei colpi di arma da fuoco che molta gente crede fuochi d’artificio, il rumore è sempre più forte e sulla folla cade una pioggia di proiettili: un quarto d’ora dopo si contano 11 morti e 27 feriti.

Tra le vittime la piccola Vincenza La Fata di 8 anni, Giuseppe Di Maggio di 13 anni e Serafino Lascari di 15.

Giovanni Grifò, un ragazzino di 12 anni di San Giuseppe Jato, viene colpito al fianco e trasportato all’Ospedale di Palermo dove muore 15 giorni dopo.

Il 2 maggio 1947 il ministro degli interni Mario Scelba intervenne all’Assemblea Costituente, affermando che dietro all'episodio non vi era alcuna finalità politica o terroristica, ma che doveva essere considerato un fatto circoscritto, e identificò in Salvatore Giuliano, un bandito indipendentista, e nella sua banda gli unici responsabili.

La verità giudiziaria sulla strage si è limitata agli esecutori individuati nei banditi della banda Giuliano. Non sono mai stati individuati i mandanti della strage.

Per lo storico Giuseppe Casarubbea fu la prima strage di Stato che vide la collaborazione tra Stato, Mafia locale e Servizi segreti.

Parlare di Cosa nostra come di un corpo separato è un errore storiografico: è dimostrato che esistono intese costanti nel tempo, che conducono fino alla vicenda di Falcone e Borsellino, e non nascono in una notte dell’estate del ’92. Connessioni che sono negate e continuano a esserlo anche oggi”. Il risultato è che i mandanti della strage di Portella della Ginestra non si conoscono a distanza di quasi 70 anni. Non c’è alcuna verità ufficiale. “Cosa sono queste stragi – chiede Casarrubea – se non la manifestazione di un intervento armato su inermi cittadini?”. Cittadini innocenti tra i quali ci sono anche i primi minori vittime di mafia.