Nadia e Caterina Nencioni

27 Maggio 1993, Firenze. 9 anni - 43 giorni

Nadia e Caterina sono due bambine vittime di Mafia. Nadia aveva otto anni e mezzo, sua sorella Caterina aveva appena cinquanta giorni. Morirono insieme ai loro genitori nello spaventoso attentato che la notte del 27 maggio 1993 distrusse via Dei Georgofili e devastò il cuore di Firenze. Angela, la loro mamma, era la custode dell’Accademia dei Georgofili, che crollò per effetto dell’esplosione di un’autobomba. L’auto era parcheggiata sotto la Torre dè Pulci, sede dell’Accademia e la famiglia Nencioni abitava al terzo piano della torre. Nella strage morì anche un altro giovane, Dario Capolicchio, studente di architettura, che abitava nel palazzo di fronte che prese fuoco per l’esplosione. L’obiettivo era la Galleria degli Uffizi e i tesori dell’arte. Nadia e Caterina, con i loro genitori e lo studente Dario Capolicchio, furono le “vittime collaterali” di quella sciagurata strage organizzata per attaccare il cuore dello Stato.

Ma perché questa strage? Le indagini ricostruirono l’esecuzione della strage di via dei Georgofili in base alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, in particolare Gaspare Spatuzza che iniziò a collaborare nel 2008, dichiarò che la strage venne pianificata durante una riunione in cui erano presenti lui, Matteo Messina Denaro, i fratelli Graviano e altri boss mafiosi, i quali decisero l’obiettivo da colpire attraverso dépliant turistici. L’intento infatti era quello di una vera e propria “guerra” allo Stato italiano. Erano gli anni in cui l’Italia stava vivendo l’apice della strategia stragista di cosa Nostra: la mafia aveva già ucciso i magistrati Falcone e Borsellino e si stava apprestando a mettere in piedi una tattica che, secondo i criminali, avrebbe colpito lo Stato in modo più efficace rispetto agli attentati nei confronti di singole persone. Questa tattica consisteva nel colpire il patrimonio artistico italiano, per causare una ferita profonda allo Stato e alla sua cultura. I motivi della stagione delle stragi sono da ritrovarsi nella perseveranza e nell’inasprimento della lotta contro la mafia da parte dello Stato, che all’epoca aveva deciso di applicare l’articolo 41 bis della legge sulle norme dell’ordinamento penitenziario (noto come “carcere duro”) ai detenuti mafiosi. La mafia, attraverso gli attentati, sperava proprio di ottenere la revoca del 41 bis da parte dello Stato. Le indagini svolte e i processi celebrati hanno permesso di individuare e condannare all’ergastolo gli esecutori e i mandanti interni della strage, appartenenti all’organizzazione criminale Cosa Nostra. Risultano, invece, ancora aperte le indagini sulla contemporanea “trattativa Stato-mafia”, ovvero sui contatti fra i clan mafiosi ed esponenti delle istituzioni. Il 20 maggio del 2016, da alcuni stralci delle motivazioni depositate dalla seconda Corte d’Assise di Appello di Firenze nel processo contro uno dei boss, si evince che “Lo Stato-avviò una trattativa con Cosa Nostrache “indubbiamente ci fu e venne quantomeno inizialmente impostata su un do ut des” per interrompere la strategia stragista di Cosa Nostra. E “l’iniziativa-precisano- fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia”. Ogni anno si tiene viva la memoria di quell’attentato e delle sue vittime con iniziative e convegni. Particolarmente importante è stata l’intitolazione nel novembre 2018 dell’asilo comunale di Corleone, paese di Provenzano e Riina, mandanti della strage, a Nadia e Caterina Nencioni.

Nadia Nencioni oggi avrebbe 28 anni e mezzo, Caterina Nencioni avrebbe 20 anni. Ci sono uomini detenuti in carcere e uomini in libertà che hanno spezzato le vite innocenti delle due bambine e che oggi potrebbero rendere giustizia a loro e alle innumerevoli vittime della ferocia delle mafie. Basterebbe da parte loro un atto di umanità: raccontare ciò che sanno e svelare i misteri ancora irrisolti di quella stagione di sangue.

Speriamo che questi atti terribili non accadano mai più. La mafia uccide le persone alle spalle, senza pietà, con premeditazione, senza alcun rispetto per la dignità umana non certo come uomini d’onore come sono soliti autodefinirsi.

La poesia dal titolo “Sia detto” è l’omaggio che il poeta fiorentino Mario Luzi ha dedicato alla città di Firenze ferita dall’attentato di via dei Gergofili. Durante il processo è stata letta, in aula, dall’avvocato Danilo Ammantato.

•SIA DETTO•

«Sia detta per te, Firenze,

questa nuda implorazione.

Si levi sui tuoi morti,

sulle tue molte macerie,

sui tuoi molti

visibili e invisibili tesori

lesi nella materia,

offesi nell’essenza,

sulle tue umili miserie

ferma, questa preghiera.

I santi della tua storia

e gli altri, tutti,

della innumerabile corona

la portino in alto,

le soffino spirito e potenza,

ne cingano d’assedio

le stelle, i cieli,

le superne stanze:

«giustizia non ti negare

al desiderio degli uomini,

scendi in campo, abbi la tua vittoria!»

Sia detta a te, Firenze,

questa amara devozione:

città colpita al cuore,

straziata, non uccisa;

unanime nell’ira,

siilo nella preghiera.

Vollero accecarti, essi,

della luce che promani,

illumina tu, allora,

col fulgore della collera

e col fuoco della pena

loro, i tuoi bui carnefici,

perforali nella tenebra

della loro intelligenza, scavali

nel macigno del loro nero cuore.

Sii, tra grazia e sofferenza,

grande ancora una volta,

sii splendida, dura

eppure sacrificale.

Ti soccorra la tua pietà antica,

ti sorregga una fierezza nuova.

Sii prudente, sii audace.

Pace, pace, pace.»

-Mario Luzi-

classe II E - a.s. 2020/2021

ICS G. Marconi - Palermo