Giuseppe Aiello

10 Ottobre 1990. Caltagirone (CT). 12 anni

Giuseppe Aiello

disegno di Claudia Bruno

Giuseppe Aiello ha 12 anni e abita in una piccola casa di via Marcinnò, nel centro storico di Caltagirone, un paese in provincia di Catania. Separata dal marito da alcuni mesi, Carmela Briganti, la mamma di Peppino (come tutti lo chiamavano), vive in maniera decorosa con i suoi quattro figli. Giuseppe è il terzo in ordine di età, ha un fratello più grande, una sorella di 6 anni ed un fratellino di 4 . Frequenta la prima media e, per aiutare economicamente la famiglia, ha trovato un lavoro nel pomeriggio presso un ovile di proprietà di Giacomo Grimaudo, un pastore con precedenti penali. L'ovile è adagiato dietro un vallone in contrada Racineci, a circa cinque chilometri da Caltagirone. La piccola casetta che viene utilizzata come deposito e fattoria si distingue a fatica dalla strada che collega il paese a Gela.

Il 10 ottobre 1990, intorno alle 19,00, Giuseppe è seduto a mungere una pecora insieme a Giovanni, un altro ragazzo quindicenne. Anche Grimaudo è seduto su uno sgabello con un secchio di latte tra le gambe. Improvvisamente dal buio sbucano due uomini che cominciano a sparare. Il primo colpo di pistola calibro 7.65 raggiunge Grimaudo alla schiena. Appena l'uomo cade per terra, i killer sparano di nuovo. Sono attimi tremendi. Giovanni si butta per terra. Giuseppe Aiello rimane inchiodato al suo posto, a pochi metri dalla vittima. Uno degli uomini del commando spara di nuovo, senza esitazioni. Il proiettile sfonda il cranio del ragazzino. Sulla fronte di Giuseppe si raggruma un po' di sangue. L' altro ragazzo continua a nascondersi. I killer, che non si sono accorti della sua presenza, lasciano tranquillo l’ovile: missione compiuta. Giovanni, che ha assistito alla doppia esecuzione, aspetta un po’. È scosso dalla paura, passa del tempo prima che si muova. I cinque chilometri che separano l' ovile dal paese diventano lunghissimi. Solo a tarda notte viene dato l'allarme.

I primi ad arrivare all' ovile sono gli agenti del commissariato di Caltagirone.

I poliziotti trovano le due vittime nello spiazzale. Accanto al bambino c'è uno straccio rosso. Il corpo di Giuseppe viene subito portato all'ospedale. Ad avvertire la madre sono gli infermieri dell'ospedale Gravina. Il ragazzo che ha assistito alla strage viene preso in consegna dai funzionari del commissariato. Il fatto che abbia visto in faccia i killer viene tenuto nascosto per molte ore. Anche la sua identità viene taciuta. In casa di Giuseppe scoppia intanto la disperazione. La mamma Carmela corre all’ospedale ma viene informata che non c’è più nulla da fare.

Appena tornata dall'ospedale, la prima preoccupazione della donna è quella di prendere la foto di Giuseppe dall'album di cartone dove sono raccolte tutte le immagini di famiglia. Vestito con un abito bianco e con un piccolo farfallino, Giuseppe sorride felice al fotografo che lo ritrae nel giorno della prima comunione. Sul letto c’è ancora la sua cartella piena di libri. Gli inquirenti, coordinati dal procuratore Mario Assennato, cominciano intanto ad indagare sull'omicidio.

Il duplice omicidio non sarebbe collegato alla faida di Niscemi, la sanguinosa lotta fra clan che ha già causato, in poco più di quaranta giorni, cinque morti.

Casuale viene anche definito il fatto che vicino all'ovile siano stati uccisi, il 27 settembre dello stesso anno due uomini. Un ufficiale dei carabinieri esclude anche un legame diretto con la guerra tra cosche che si sta combattendo a Catania e nel suo hinterland. Carabinieri e polizia sembrano piuttosto indirizzati verso la pista dei contrasti tra pastori e allevatori. L' ipotesi che si fa strada è quella di uno sgarro. Vengono arrestati i cugini Giuseppe e Antonio Liuzzo Scorpo. L'omicidio di Giacomo Grimaudo sarebbe stato una punizione esemplare. Quello di Giuseppe, 12 anni, un incidente di percorso.


Scuola Secondaria di I grado

"Borgese-XXVII Maggio" - Palermo


ICS Marconi - Palermo

classe II D - a.s. 2020/21

per approfondire:

Davide Banfo dal giornale “La Repubblica” del 13.10.1990

Walter Rizzo dal giornale “L'Unità” del 12.10.1990 pag. 1 e pag. 9

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