Andrea Savoca

26 Luglio 1991, Palermo. 3 anni

Archivio storico "L'UNITA'"

archivio storico "LA SICILIA"

Quella mattina…

Questa è la mia storia: mi chiamo Andrea Savoca, ho 4 anni, sono stato ucciso dalla mafia il 26 luglio 1991 a Palermo, sotto casa della nonna.

Quella mattina stavo andando al mare con la mia famiglia.

Mio padre accostò con la macchina in via Pecori Giraldi, a Brancaccio. La mamma scese dalla Volkswagen Passat ferma in doppia fila e salì, assieme a mia sorella Emanuela di 8 anni, a casa della nonna per un saluto veloce. Io restai in macchina e, come tutti i bambini, saltai davanti sul sedile accanto a papà lasciando il mio fratellino Massimiliano da solo nel sedile posteriore.

Arrivarono due uomini a bordo di una motocicletta con il volto coperto dai caschi. Fecero fuoco all’impazzata. Giuseppe Savoca, il mio papà, morì sul colpo ed io mi accasciai sulle sue ginocchia, in una pozza di sangue. Il mio fratellino dietro, illeso, urlava. La mamma ed Emanuela si affacciarono al balcone e videro questo doloroso spettacolo. Corsero in strada, io respiravo ancora, ma il mio cuore smise di battere in ospedale.

La mafia era riuscita a vendicarsi: il mio papà morì per uno “sgarro”, perché rapinava i Tir senza l’autorizzazione dei boss. Una vergogna che doveva essere cancellata e l’autore eliminato.

Così avvenne! E per raggiungere l’obiettivo non guardarono in faccia niente e nessuno. Neanche me, che avevo solo 4 anni.

Il Vangelo riporta: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare” (Matteo 18,6).

ICS Marconi Palermo

Classe prima I - a.s. 2020/21


È il 26 luglio 1991. Intorno alle 11:00, in via Pecori Giraldi a Brancaccio, uno dei quartieri della periferia di Palermo, transita l’auto dei Savoca, famiglia vicina alla Mafia. Giuseppe, il capofamiglia, trascorre le ultime ore di permesso prima di rientrare in carcere, dove sta scontando una condanna di otto anni per rapina.

In via Giraldi abita la suocera e l’uomo parcheggia in doppia fila per aspettare che la moglie salga insieme alla figlia maggiore. Giuseppe intanto rimane in auto con i due maschietti Andrea di 4 anni e il fratellino di 2.

Andrea passa nel sedile davanti, arriva una moto con a bordo due persone con il volto coperto dai caschi integrali. Uno comincia a sparare sull’auto dei Savoca e l’altro killer si avvicina a Giuseppe e lo colpisce con cinque colpi di pistola.

I proiettili colpiscono anche il piccolo Andrea al collo, alla mandibola e al viso mentre il fratellino si nasconde fra i sedili e riesce a salvarsi.

La madre di Andrea, sentendo gli spari, si precipita in strada e trova il marito e il figlio in un bagno di sangue. Quando arrivano le ambulanze il cuoricino di Andrea batte ancora. Il piccolo subisce un lungo intervento chirurgico che però non servirà a mantenerlo in vita.

Il padre e lo zio di Andrea Savoca sono stati uccisi e per la Mafia dovevano morire perché rapinavano i Tir senza l'autorizzazione dei boss. Una doppia colpa la loro: ad ogni furto la zona di Brancaccio si riempiva di poliziotti e poi la merce rubata era destinata a commercianti che pagavano il pizzo, dunque protetti da Cosa Nostra.

Lo sappiamo dal racconto di Giovanni Brusca che rivela:

“Tale riunione si svolse dopo che io mi interessai per risolvere un problema inerente il recupero di un automezzo che era stato sottratto ad Antonino Melodia, uomo d'onore della famiglia di Alcamo. Riina decise di adottare una linea unitaria nel senso che, individuati gli autori dei furti e delle rapine, bisognava prima cercare di convincerli con le buone a smettere e, quindi, in caso di fallimento di tale tentativo, eliminarli”.

Il tentativo di fare rientrare nei ranghi i Savoca, tramite un parente mafioso, fallì miseramente.

I fratelli “non solo negarono, ma continuarono nelle loro illecite attività e di ciò Giuseppe Graviano ebbe prove certe e, dunque, si decise di sopprimerli”.

Cosa volete che ne sapesse invece Andrea della mafia? Aveva solo quattro anni.

Il bimbo voleva andare al mare con il papà che finalmente era tornato a casa. Lo avevano scarcerato due giorni prima.

I giornali dell'epoca hanno pubblicato le foto di quel corpicino martoriato dal piombo.

La mafia ammazza per l’ennesima volta un innocente e continua a parlare d’onore. Illusi tutti coloro che hanno sperato che quella foto servisse a cambiare le cose. Perché l'onorata società i bambini ha continuato ad ammazzarli.


Secondaria di I Grado

"Borgese-XXVII Maggio" - Palermo

Patrick YSEBAERT - Andrea Savoca. Biennale di Venezia 2011