Anna Prestigiacomo

26 Giugno del 1959, Palermo. 15 anni

Anna ha 15 anni ed abita a Palermo, nel quartiere San Lorenzo.

Il pomeriggio del 26 Giugno del 1959, la ragazza è fuori in giardino con la sorella Rosetta di 11 anni.

Anna sta riempiendo un contenitore per annaffiare i fiori ed improvvisamente viene colpita da una fucilata che proviene dietro una siepe. Rosetta aveva visto in faccia il killer e decide di denunciarlo. Il pregiudicato Michele Cusimano viveva infatti proprio di fronte casa loro e le due bambine lo conoscevano bene perché era amico del loro padre. Francesco Prestigiacomo tredici anni prima lo aveva perfino convinto a costituirsi dopo un conflitto a fuoco e, già da quel giorno, si era sparsa la voce che fosse un “confidente dei carabinieri”.

In certi ambienti una voce, vera o falsa che sia, è difficile da smentire e di sicuro i boss non si preoccupano di verificarne la veridicità: preferiscono agire di conseguenza. Michele Cusimano e il padre Girolamo finiscono in galera, durante l’istruttoria, Girolamo viene prosciolto e Michele è assolto in primo grado.

Nonostante la coraggiosa testimonianza di Rosetta, in primo grado Michele Cusimano venne assolto. In Appello le cose andarono diversamente e venne condannato, seppur con il riconoscimento di alcune attenuanti.

Quello di Anna è uno dei primi casi di vendetta nei confronti dei genitori e purtroppo, dal 1959, si sono susseguiti tanti di questi delitti che hanno interrotto giovani vite togliendo loro la possibilità di crescere, di conoscere il mondo, di diventare adulti.

Quali siano le attenuanti per chi uccide una bambina di 15 anni è forse ancora più difficile da comprendere del perché le colpe dei padri dovrebbero ricadere sulle loro figlie.

Gli alunni della classe I M hanno riscritto la storia di Anna dai punti di vista degli attori che l’hanno vissuta:

IL RACCONTO DI ANNA

È il 26 giugno, una tipica giornata calda e profumata di un’estate palermitana.

Abito nel quartiere San Lorenzo: una zona di periferia, aperta tra agrumeti e terreni coltivati, nata nel XVIII secolo come luogo di villeggiatura per famiglie nobili che qui avevano costruito ville di campagna.

Oggi c’è qualche traccia delle nobili origini, ma è diventata una piccola borgata dentro la città di Palermo.

Io sono Anna, Anna Prestigiacomo, una ragazza di 15 anni. Vivo con mia madre, mio padre e mia sorella Rosetta in questo bellissimo quartiere: tutti ci conosciamo, molti sono parenti e altri amici.

Mi piace molto stare qui, mi piace l’odore della zagara e le corse nei campi vicino casa.

È un bel pomeriggio, uno di quei pomeriggi spensierati d’inizio estate e io e Rosetta stiamo giocando ad acchiapparello.

Mentre ci divertiamo, si avvicina una persona losca al nostro cortile; lui ci fa alcune domande, ma non sappiamo rispondere a nessuna; così lui esclama:

-Dato che non sapete rispondere, non mi servite a niente!

Lì mi viene una gran paura! Il cuore mi batte a mille e le gambe pesano come piombo. L’istinto è quello di fuggire, di tornare a casa da mamma e papà, di cercare riparo in un posto sicuro ma…. NON c’è più tempo!

Lui alza il fucile che stringeva tra le mani e lo punta contro di noi e... Spara, prima un colpo e subito dopo l’altro!

Sono spaventata e provo tanto dolore che però dura un secondo.

Chiudo gli occhi e spero che mia sorella non si sia fatta male.

Il gioco finisce in un istante, la mia vita si conclude in un istante (solo per colpa di Michele Cusimano).

Ero una ragazza di 15 anni che correva felice tra gli alberi di arance e limoni, uccisa dalla mafia per una vile vendetta. Questa è giustizia?

ARDITO, TRAPANI, JENI

IL RACCONTO DI ROSETTA

Era un pomeriggio di Giugno, caldo e afoso. Io, Rosetta Prestigiacomo, e mia sorella Anna eravamo annoiate, distese sul divano. Mia sorella era la maggiore tra le due. Eravamo molto legate e passavamo tanto tempo insieme. Ad un certo punto decidemmo di uscire in giardino per giocare un po’ .

Ci sedemmo sul prato, ma poco dopo mia sorella si alzò improvvisamente e si guardò attorno; sembrava spaventata da qualcosa. Non ci feci caso e pensai stesse solo scherzando o che magari stesse aspettando una sua amica. Si sedette e, dopo qualche secondo, ricominciammo a giocare. Vedendola agitata, le chiesi a cosa fosse dovuta la sua preoccupazione.

Lei rispose dicendo di aver solo sentito un rumore da dietro la siepe dei vicini. Questa cosa mi insospettì... Però, per qualche secondo, abbandonai quel pensiero credendo che fosse il vento. Ma la sensazione che mi attraversava la mente non era sbagliata. Di colpo uscì dalla siepe la figura di quell’uomo, che conoscevamo bene: Michele Cusimano, membro della famiglia con cui mio padre aveva litigato pesantemente. Non sembrava essere tranquillo, bensì irrequieto e ansioso. Mi ricordai che due giorni prima, durante una normalissima cena in famiglia, mio padre si era alzato e si era diretto nel suo ufficio. Io, che gli andai dietro di nascosto, sentii parte della conversazione che stava facendo: era Michele al telefono.

Mio padre si agitò e iniziò ad alzare il tono della voce. Non capii bene, ma era come se stesse ricevendo una minaccia da Cusimano. Non ci pensai più di tanto; insomma, era una cosa fra uomini, e non credevo potesse avere a che fare in qualche modo con l’ansia di Michele. Mi diressi verso casa per vedere se mia sorella stesse avendo difficoltà a scegliere la merenda. Io mi voltai un secondo, dato che stava passando un aereo e, proprio in quel momento, Michele, senza pensarci due volte, impugnò il fucile e sparò. Io sentii lo sparo e mi girai verso Anna; vidi mia sorella stesa a terra, un mare di sangue, e Michele Cusimano che scappava. Io mi avvicinai ad Anna e, mentre piangevo a dirotto, provavo a tamponare la ferita, a bloccare il sangue. Le dicevo di resistere, di rimanere con me… Ma fu tutto inutile perché, dopo un minuto, smise di respirare.

Io non sapevo letteralmente cosa fare, potevo chiamare la polizia, rincorrere Cusimano, ma chiamare i miei genitori non mi passò neanche per la testa. Non potevo dirglielo con una telefonata, ma di persona. Chiamai la polizia, che arrivò a casa nostra in tre minuti.

GILIA, NASCIMBEN, IBRAHIM, CUSIMANO

IL RACCONTO DEI GENITORI

E’ un tranquillo pomeriggio estivo di lavoro quando all’improvviso ricevo una chiamata da mia moglie.

Non riesco a capire bene cosa sia successo, ma di sicuro si tratta di qualcosa di molto grave. Mia moglie non riesce a parlare, piange e singhiozza ripetendo il nome di Anna.

Arrivo a casa e corro subito in giardino a cercare le mie figlie e vedo Anna accasciata a terra in una pozza di sangue con Rosetta accanto che piange disperatamente sul petto della sorella maggiore.

Mi è crollato tutto il mondo addosso e, piangendo e gridando, urlo che non può essere vero quello che è successo. Mi viene incontro Rosetta piangendo disperatamente.

Mi avvicino e vedo quel corpicino coperto da un telo bianco andare via; mi metto a piangere pensando al volto di mia figlia Anna guardare il cielo e andarsene piano da me e da questo mondo.

A questo punto mi è passata per la mente tutto il tempo trascorso con Anna e il rimpianto di quello che avrei potuto fare con lei e che non ho fatto.

Dopo tali pensieri è subentrato il desiderio di vendetta nei confronti di chi mi ha privato di una parte di me in modo così crudele.

Sento la mano di qualcuno poggiarsi sulla mia spalla e un uomo in divisa mi prega di entrare in macchina e seguirlo al comando della polizia.

Voglio urlare al mondo chiederdo perchè a me e perchè alla mia bambina.

CAMPANELLA B., CAMPANELLA F., OGNIBENE

IL RACCONTO DEL POLIZIOTTO

Speriamo che questo lungo turno di lavoro passi senza intoppi; stasera fa troppo caldo, non si respira!

Ci servono rinforzi, c’è una sparatoria.

La vittima è una bambina, la figlia di Francesco Prestigiacomo…

Interroghiamo la sorella presente al momento dello sparo per comprendere se sappia qualcosa.

Rosetta, gioia, hai saputo riconoscere chi ha sparato a tua sorella?

Sì, è stato Michele Cusimano…

Lo SAPEVO!! Quello là lo dovevo sbattere in prigione già da quando è venuto a costituirsi per quel conflitto a fuoco.

Quello là deve essere sbattuto in prigione e condannato all’ergastolo!!!

Finalmente lo abbiamo trovato, sta a cinque chilometri da casa Prestigiacomo. Prendiamolo e portiamolo in carcere!!

PECORARO, INZERILLO, MIRANDA


IL RACCONTO DELL’ASSASSINO

Sono passati tanti anni da quel 26 giugno 1959; lo ricordo ancora come se fosse ieri…

Sono le sette del mattino, è il gran giorno e finalmente potrò vendicarmi di quel bastardo.

Sì, proprio così, il signor Prestigiacomo o, ormai, come lo chiamiamo noi, lo “sbirro”, tanti anni fa ha suggerito alla mia famiglia di farmi costituire per quell’ammazzatina… E già questo mi ha fatto bruciare il cuore per tanto tempo, mi ha portato quella rabbia che oggi potrà finalmente diventare vendetta!!!

C’erano anche altre questioni in sospeso che dividevano iddu e noialtri.

E oggi tutto questo sarà risolto, a modo nostro, però!

Sto scendendo di casa con la mia fidata lupara, mi sto dirigendo verso l’abitazione di Prestigiacomo, Non sento niente, non so che giorno sia. Solo la sua faccia vedo davanti a me. La mia mente è completamente offuscata dall’adrenalina e dal rancore. In pochi minuti sono già arrivato al cancello.

Vedo Anna che sta giocando con la sua sorellina, penso che si chiami Rosetta. Ad un certo punto sento un tonfo, non mi sono accorto nemmeno che ho premuto il grilletto. A tre metri da me c’è una macchina che mi aspetta per scappare in fretta. Nei pochi secondi di percorso tra me e l’auto posso sentire le grida di disperazione della piccola sorella. Mi metto in macchina, premo l’acceleratore e parto più velocemente che posso. Mi rifugio a casa di mio padre per evitare eventuali guai, sono proprio il vicino dei Prestigiacomo.

Sono passati giorni dall’omicidio ed ancora fortunatamente non mi hanno preso; e spero che non mi prendano mai.

Sono le quattro del pomeriggio quando sento suonare alla porta. Essendo solo in casa vado io, apro e mi trovo faccia a faccia con gli sbirri, che mi sbattono in faccia un mandato di cattura. Non ragiono più, penso già alla vita in cella, alla condanna, se uscirò o se ci morirò. Insomma i pensieri di uno colpevole.

Gli sbirri mi fanno salire nella loro auto, sì, ho opposto un pò di resistenza, ma alla fine ho capito che è inutile.

Sono passati quattro giorni da quando mi hanno sbattuto al fresco in attesa del processo. Ovviamente, ho scelto come mio avvocato quel deputato alla camera, l’uomo giusto dai contatti giusti... Insomma, un avvocato con i contro fiocchi, che possa mettere la buona parola con il magistrato.

E’ il giorno del processo, ho una strana sensazione, quella che ne uscirò pulito, almeno per questa volta. Ci sono stati diversi battibecchi tra il mio avvocato e il pubblico ministero. Ho capito che la testimonianza che ha rilasciato Rosetta accusava me come killer.

Beh, questo non era nei piani. Non riesco a capacitarmi di come mi abbia potuto vedere. Siamo arrivati al momento della sentenza, il giudice mi ha assolto e con un colpo di martelletto ha dato fine a questa lunga mattinata. Immediatamente il mio avvocato mi ha abbracciato e qui ho capito che la mia innocenza agli occhi della legge, in parte, è merito suo.

Siamo arrivati al momento dell’appello dove però la fortuna non è dalla mia parte. Il giudice ha letto la sentenza: sono colpevole. In questo momento sto vedendo tutte le mie speranze di fare una vita in libertà frantumarsi davanti a me.

Mi sono girato e ho visto il viso del padre di Anna che non lascia trasparire emozioni positive. In fondo, come dargli torto? E’ sempre un padre che ha perso una figlia e, sicuramente, la mia condanna non potrà ridargliela...

In carcere ho avuto tanto tempo per pensare e riflettere. Alla fine ho capito che il senso di vendetta, rancore e rabbia non può competere con l’amore che un genitore ha per i figli. Io ad oggi sono pentito di quello che ho fatto e, se ritornassi indietro, non lo farei.

Anni dopo la mia scarcerazione ho creato una famiglia e sono diventato padre di una bambina, che, ormai, è una ragazza. Non c’è giorno in cui io non pensi ad Anna, perchè ad oggi ho la consepovolezza di un padre e non riuscirei a sopportare la perdita di mia figlia.

R. Caruso, D. Lopes, S. Mohanarasa, G. Tumminello


per approfondire

vittimemafia.it

napolitan