i tesori della sicilia occidentale

STORIA DI SALEMI

di Paolo Cammarata

VECEREGNO SPAGNOLO

Alla fine della Guerra del Vespro, cui la Città partecipò con un manipolo di uomini guidati da Pisano de Asisis, la Sicilia, mentre il potere della Casa spagnola andava ancora consolidandosi, continuò ad essere dilaniata dalla rivalità tra la nobiltà locale di antico lignaggio e quella iberica approdata nell’Isola al seguito degli Aragonesi. In questo periodo, noto agli storici col nome di “anarchia baronale”, anche Salemi ebbe le sue aspre lotte intestine. I cittadini, infatti, anche qui si erano divisi in due fazioni contrapposte: una favorevole ai filo-aragonesi Ventimiglia e l’altra, alleata con i Chiaromonte, i quali, pur di prevalere, erano determinati persino a favorire un vagheggiato ritorno degli Angioini. Così, mentre i primi s’impadronivano del Castello per potere dominare militarmente la Città, gli altri si davano al saccheggio, alla devastazione ed agli incendi dei raccolti e dei mulini di proprietà degli avversari. Ad un certo punto i più moderati, dando prova ancora una volta di buon senso, avvertendo la insostenibilità della situazione ed anteponendo gli interessi della Città a quelli delle singole fazioni, chiesero l’intervento di Federico III d’Aragona. Questi inviò uno dei suoi capitani, il trapanese Riccardo Abate, il quale nell’attuale Piazza Libertà, proprio nel sito in cui a ringraziamento della vittoria pochi anni dopo sarebbe stato fondato il convento e la Chiesa di S. Francesco, sconfisse le bande filo-angioine. Non ostante la vittoria, però, i salemitani, gelosi delle loro prerogative, in attesa che la situazione venisse definitivamente chiarita, non aprirono le porte del Castello nemmeno ai vincitori. “Così”, commentava il grande storico siciliano Tommaso Fazello nella sua” De Rebus Siculis” pubblicata nel 1560, “Salemi in poche ore ebbe due re e li cacciò via entrambi”. Solo nel 1359, quando lo stesso Federico d’Aragona avendo definitivamente annientato gli ultimi sostenitori angioini si avvicinò di persona alla fortezza, i cittadini, riconosciuta in lui l’autorità costituita, lo accolsero trionfalmente. Nel 1341 otteneva dal Papa la bolla con l’autorizzazione a dedicare la Città a San Nicola di Bari; nel 1392 ospitava nel suo Castello Martino il Giovane e la regina Maria che da Trapani si recavano a Palermo per l’incoronazione; nel 1411, sempre nelle stanze del Castello, si riunivano i rappresentanti delle città del Val di Mazara per giurare fedeltà alla regina Bianca insidiata dall’usurpatore Chiabrera: avvenimento che il Cesare Beccaria definisce “una novella Pontida”. Il 31 marzo 1492, con un famoso editto, Ferdinando il Cattolico e la Regina Isabella di Castiglia decretavano l’espulsione degli Ebrei da tutti i territori di loro pertinenza. La Sicilia, in quanto Viceregno Spagnolo, non poteva non dare esecuzione all’ordine ma lo fece con tale elasticità che ricorrendo a qualche piccolo stratagemma come pagare una piccola tassa detta “gezia” o fingere di abiurare la loro religione diventando “marrani”, quasi tutti gli Ebrei restarono sul posto assolutamente indisturbati. A Salemi, terra di proverbiale ospitalità e tolleranza, la piccola comunità presente da tempo immemore non solo non fu perseguitata ma continuò ad essere rispettata come sempre. Per loro libera scelta determinata soprattutto dalla comunione di usi e costumi religiosi, si erano insediati in un’area della città compresa tra le attuali Via Mistretta, Via Misericordia e Via Addolorata ancora oggi chiamata la “Giudecca”. Avevano un piccolo cimitero in un’imprecisata località fuori le mura e la loro sinagoga nello stesso luogo in cui nel XVI secolo fu edificata la chiesa della Catena, conosciuta allora sotto il titolo di chiesa del Purgatorio. Stando al Baviera furono loro ad importare l’uso di assoldare le “Reputatici”, donne pagate perché piangessero il defunto decantandone le qualità. Anche se questa singolare consuetudine, per la verità, era largamente esercitata dalle “Prefiche” già nell’antica Roma. Nel 1516 Carlo V gratifica Salemi del titolo di “Urbs Fidelis”, così come in date diverse, Palermo sarà denominata “Urbs Felix”, Agrigento “Urbs Magnifica”, Trapani “Urbs Invincibilis”, Mazara “Urbs Inclita”, Marsala “Urbs Antiqua”, Sciacca, Urbs Digna”, Termini “Urbs Splendida”, Naro “Urbs Fulgens”, Licata “Urbs Dilecta”, Polizzi, ”Urbs Generosa ”, Erice “Urbs Excelsa”, Corleone “Urbs Animosa” , Sutera “Urbs Subtilis” . Solo Castronovo, tra le 15 Città demaniali esistenti nel Vallo di Mazara, resterà senza appellativo. A partire dalla metà del Seicento e per tutto il secolo successivo Salemi è come pervasa da un fremito di rinnovamento che si estrinseca in campo economico, culturale e, soprattutto, urbanistico. Da un lato l’arrivo dei Gesuiti, dall’altro il consolidarsi della pingue borghesia che dalle consistenti proprietà terriere trae profitti sempre più cospicui, fanno si che specialmente nei quartieri alti della Città venga stravolto l’antico tessuto urbanistico fino ad allora caratterizzato da emergenze arabo-aragonesi sovrapposte a più remote tipologie romane. Un intero isolato, quasi un quartiere, viene raso al suolo per consentire la costruzione della Chiesa e del Collegio gesuitico; viene ricostruita ed ingrandita la Chiesa Madre; viene edificato il Monastero delle Benedettine, la Chiesa della Concezione, di S. Giuseppe, del Rosario, di Santa Chiara, l’orfanatrofio per “giovanette in età di pericolo” di Sant’Anna. Nello stesso periodo viene abbattuto ciò che restava di una vecchia chiesa in disuso dedicata a S.Giovanni Evangelista per dar luogo alla casa Torralta; nel sito in cui era sorta una chiesa intitolata a Santa Margherita viene edificata la casa La Grassa (attualmente Toscano); vengono edificati, ancora, l’abitazione della Badessa del Monastero di S. Chiara, Suor Margarita Favara, quella del Principe di Pandolfina, quella del Barone Villaragut. Canalizzando le acque della sorgente di contrada Pioppo, grazie alle più avanzate ed ingegnose tecnologie del tempo, vengono persino poste in essere alcune fontanelle pubbliche nelle principali piazze della Città. Come materiale da costruzione, specialmente per quelle strutture che richiedevano tecniche particolarmente raffinate come portali, cantonali, fregi e stemmi, viene usata la “pietra campanedda”, materiale lapideo particolarmente duttile ed al contempo resistente, tipico della zona estratto dalle cave della Contrada Pietrazzi. Nel 1740 una gigantesca frana staccatasi dalle pendici della collina di Monte delle Rose, in località ancora oggi denominata “Valanca”, inghiottiva il Convento e la Chiesa del Terz’Ordine Francescano che nel giro di cinque anni veniva ricostruito in località Cappuccini su un terreno donato ai frati dalla signora Francesca Scurto. L’11 gennaio 1783 la Città veniva svegliata da forti scosse telluriche che per fortuna non producevano danni irreparabili. In ringraziamento per lo scampato pericolo fu innalzata la statua marmorea raffigurante la Madonna del Soccorso ancora oggi esistente nella Piazza Simone Corleo. Un fenomeno sismico di simile intensità si registrava il 4 settembre 1794. L’anno successivo, quale ex voto, in Piazza S. Francesco veniva eretta la statua marmorea dello scultore palermitano Gaetano Pennino raffigurante il Patrono S. Nicola di Bari benedicente nell’atto di proteggere la Città col suo piviale. In occasione del Parlamento Generale del 1802 Ferdinando III di Borbone concede a Salemi il rango di Senato ed assegna ai suoi rappresentanti, Gaspare Rubino, Paolino De Castro, Giovanni Internicola e Francesco Bianco, il trentesimo posto nel Braccio Demaniale. Con questo riconoscimento si apre per la Città un periodo particolarmente denso di avvenimenti alcuni dei quali, tra il 1848 ed il 1860, incideranno profondamente non soltanto nella storia locale ma anche in quella siciliana e della Nazione intera.