La struttura a frattale del Pensiero nella 5a dimensione di lettura
8. Gli orizzonti a pluri/verso
La struttura a frattale del Pensiero nella 5a dimensione di lettura
Quaderno n° 11 di Biostoria - Scienza e Metodo dello Sguardo multi-proiettivo
Gli orizzonti a pluri/verso
Antonia Colamonico (Aspetto epistemico-metodologico)
Marcello Mastroleo (Aspetto matematico-modellistico)
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Indice Saggio-quaderno n.° 11: La struttura a frattale del Pensiero nella 5a dimensione di lettura
Preambolo Introduzione L'Osservatore lente-bussola cognitiva Il valore storico della presa di realtà Il volo I planisferi delle proiezioni storiografiche La verità vincolata in una carta di lettura Gli orizzonti a pluri/verso Le topologie degli sguardi-realtà
Misurarsi con l'infinito
L’INFINITOSempre caro mi fu quest’ermo colle,e questa siepe, che da tanta partedell’ultimo orizzonte il guardo esclude.Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quieteio nel pensier mi fingo; ove per pocoil cor non si spaura. E come il ventoodo stormir tra queste piante, io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: e mi sovvien l’eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. Così tra questaimmensità s’annega il pensier mio:e il naufragar m’è dolce in questo mare.Da: Canti. G. Leopardi, 1818.L'idea d'Ininfinito prende luogo nella Coscienza umana, quando essa sa assumere la posizione utopica di lettura e impara a immaginare Spazi altri, Tempi altri, Mondi altri, Verità altre, etc. proiettandosi oltre lo spazio-tempo presente (t. 0) in cui è immersa.
In tale posizione si crea una distanza tra il sé e la vita che scorre, nella lirica L'Infinito del Leopardi, ad esempio, è tracciata molto bene tale propensione che permette il volo cognitivo-emozionale in campi non ancora immaginati:
Il poeta nel sonetto traccia due percorsi di lettura che prendono realtà nella sua mente da dei limiti contingenti (prese di realtà), legati alla sua quotidianità;
Gli infiniti Spazi, dalla siepe che "dell’ultimo orizzonte il guardo esclude"
Gli infiniti Tempi, da "il vento odo stormir tra queste piante"
"... e il naufragar m’è dolce....".
L'apertura semantica degli spazi e dei tempi è resa dall'uso ripetuto della copula e.. .e... e... che dà la percezione della leggerezza del suo pensiero. Al poeta non interessa capire, egli si limita a contemplare:
"... Ma sedendo e mirando... Così tra questa immensità s’annega il pensier mio..."
La grandezza di un pensiero-mente si costruisce, partendo da uno fatto concreto (appiglio o presa informativa), sulla capacità ad immaginare mondi e realtà altre che, dilatando la coscienza-memoria, moltiplicano in modo esponenziale le ideazioni, le emozioni, le consapevolezze, le verità, le domande e i piani delle risposte:
"l’uomo si differenzia da geranio, dal sasso e dal cane perché ha coscienza, cioè memoria del proprio essere che diviene. Uno studio che non faccia nascere la coscienza non è dell’uomo, ma del geranio, del sasso, del cane…” (da. A. Colamonico. Fatto temo spazio. Premesse per una didattica sistemica della storia. Oppi, Milano1993).
L'idea d'infinito può essere letta come una doppia possibilità logica in grado d'indirizzare lo sguardo-mente verso due campi di riflessione, nel senso di:
campo oltre lo spazio-tempo del finito, i non ancora immaginati e visualizzati.
campo dentro (in: stato in luogo) il finito, gli approfondimenti che aprono gli sguardi a tutte le possibili "sgranature" (effetto zoom) dei sotto-campi del finito analizzato, come nella serie:
Universo, galassia Via Lattea, stella Sole, pianeta Terra, continente Europa, stato Italia, regione Puglia, comune Acquaviva delle Fonti, piazza Vittorio E. II, Cassarmonica (foto), concerto bandistico Citta di Conversano, opera Elisir d'amore...
In tali due accezioni -1. oltre, 2. dentro - d'infinito si muovono ad esempio i testi sacri; (senso 1) per definire una delle qualità di Dio, Infinito Bene. Qualità che poi sembrerebbe essere delimitata dalla qualità di "Sommo Bene" (Dante), come la somma di tutte le varie sfumature di bene; in tale idea (senso 2) il bene-somma è il confine universo che ricopre e avvolge come un guscio tutti i sotto-beni infiniti.
Il confine è il tetto-limite che segna la separazione tra il finito e l'infinito. Esso è una realtà bio-fisica; si pensi alla pelle per il corpo umano o alla buccia per la mela. Ma è soprattutto mentale, come il confine entro cui si attualizza la presa di realtà da parte dell'uomo.
In questo secondo significato il confine-bordo scaturisce dalle modalità visive e immaginative dell'uomo:
è il cervello a costruire la percezione tridimensionale spaziale (altezza, larghezza, profondità) e a immaginare scenari altri, lavorando sull'idea di tempo (quarta dimensione) e su quella di campo-finestra (quinta dimensione). Pur essendo la capacità cognitiva umana limitata e vincolata alle sue particolari qualità che la distinguono, la mente-pensiero ha infinite possibilità di immaginare e operare;
è bene ribadire che il conoscere è la funzione intrinseca alla condizione di ogni vivente che, per restare nella bios-storia, deve saper interagire con il campo-habitat in cui è immerso e da cui dipende. Ogni interazione è un fatto unico, per sempre.
La finestra storiografica 5a dimensione di lettura
Con il metodo Biostoria, epistemologia costruita intorno al valore cognitivo della finestra storiografica, la mente pensiero acquisisce grande abilità nel saper sgranare le letture, moltiplicando le visualizzazioni e relative ideazioni, sino alle gemmazioni continue di intuizioni che danno luogo ai campi e sotto-campi dei possibili approfondimenti. Il processo di gemmazione-intuizione è il volano nelle produzioni ideativo-emozionali del pensiero, da cui poi nascono le risposte-fatti storici. - La finestra storiografica come stratificazione di proiezioni, svolge la funzione di campo (Colamonico, 2002), all’interno del quale l’osservatore costruisce le relazioni fattuali tra i differenti temi. La "finestra è dunque il terreno all’interno del quale si sviluppa il pensiero analogico-creativo (Colamonico, 2005), mentre lo strato della cipolla è il luogo del pensiero logico-riflessivo in quanto tutto quello che vi appartiene è già stato strutturato coerentemente. In questa visione, il pensiero analogico è l’emergenza di un nuovo ordine logico da una sovrapposizione di differenti ordini indipendenti. Tale emergenza diventerà a sua volta un nuovo ordine logico che si andrà ad aggiungere ai precedenti strati proiettivi. " da Antonia Colamonico - Marcello Mastroleo. Verso una Geometria Multi-Proiettiva della Mente © Il Filo S.r.l. - Bari, 8 settembre 2010.
Precisando meglio:
se il concetto di finito, elaborato sin dall'antichità, è tutto quello che possiede un limite, ad esempio, tutto ciò che nasce e muore, consumando un tempo che può essere datato, calcolato e incastonato in uno spazio a sua volta finito, cioè racchiuso in un bordo-confine che ne isoli la sua identità;
tutto quello che resta fuori dal confine del finito è lo spazio dell'infinito, cioè quello che non è misurato e circoscritto in un bordo-definizione; in sintesi il campo del non conosciuto. L'assenza di definizione rende l'infinito lo spazio del vuoto di lettura che tuttavia si presta ad essere ipotizzato.
Proprio il misurarsi con il finito apre, automaticamente, nella mente il campo dell'infinito; ad esempio nell'espressione "Ho finito di studiare" è racchiusa anche l'informazione che da tale fine si stiano per creare altre possibilità non definite, come realtà silenti, che richiedono solo una delimitazione (de = altro limite).
Anche Michelangelo si misurò in modo dialogico con il finito/non finito, dando vita a delle sculture incomplete, in cui sono abbozzate delle figure che appaiano come intrappolate nella pietra:
L'idea del maestro fu quella di dare una veste allo Spirito-anima che cerca di divincolarsi, in una lotta titanica, dalla materialità della pietra, la quale non vuole che essa emerga.
Nel vincolo o legame, finito/non finito, si cela tutta la ricchezza dei possibili ordini finiti:
naturali, numerici, geometrici, semantici...
che danno, a loro volta, ciascuno nel suo campo, il limite ai molteplici infiniti:
naturali, numerici, geometrici, semantici...
Fu il matematico Georg Cantor, fondatore della teoria degli insiemi (1908), a dimostrare l’esistenza di un’infinità di infiniti, egli affermò:
«L'infinito attuale si presenta in tre contesti: in primo luogo quando si realizza nella forma più completa, in un'essenza mistica completamente indipendente, in Dio, che io chiamo Infinito Assoluto o, semplicemente, Assoluto; in secondo luogo quando si realizza nel mondo contingente, creato; in terzo luogo quando la mente lo coglie in abstracto come una grandezza, un numero o un tipo di ordine matematico.»
Con "Il transfinito, come Cantor amò chiamare il territorio che si estende oltre i limiti del finito, che fino a ieri sembrava dominio inespugnabile dell’indistinzione e del paradosso, ci rivela oggi la sua mirabile gerarchia di ordini e di potenze. Ed è difficile immaginare che questo “paradiso”, come ebbe a chiamarlo David Hilbert nella sua celebre prolusione del 1900, sarebbe potuto venire alla luce se Cantor non avesse dimorato in tali altezze." (da: E. Ferrario La filosofia dell’infinito di Georg Cantor. 2021.).
Il matematico David Hilbert, ideatore della metamatematica 1919, poi formalizzata nel 1931 da Kurt Gödel, disse di lui:
"Nessuno riuscirà a cacciarci dal Paradiso che Cantor ha creato per noi."
Molto bella l'analogia di Hilbert "transfinito = paradiso" per indicare come il grande maestro abbia di fatto, con la sua indagine, svincolato gli sguardi-coscienze, impantanati in una conoscenza stantia, dai luoghi comuni dei già detto e già dimostrato:
"La paura dell’infinito è una forma di miopia che distrugge la possibilità di vedere l’infinito attuale, anche se questo nella sua forma più alta ci ha creati e ci mantiene, e nelle sue forme secondarie di transfinito è presente intorno a noi e popola persino le nostre menti». (Cantor G., Gesammelte Abhandlungen, 1932)
Il suo concetto di transfinito cambiò radicalmente il modo di guardare l’infinito:
nella visione tradizionale, sino a Cantor, il concetto di infinito era l'apeiron di Anassimandro, come l'illimitato, l'indefinito, l'archè, cioè l'origine e il principio costituente dell'universo. Era un’entità immaginabile solo come un unicum senza-limiti, da cui tutto ha origine. Il filosofo greco comprese che il principio dell'universo non era né l'acqua (Talete), né un altro dei cosiddetti elementi - aria, terra, fuoco - ma un'altra natura infinita, dalla quale provengono tutti i cieli e i mondi che in essi esistono.
Con Cantor da idea unica, assoluta, esso si è moltiplicato, tanto, da poter essere persino ordinato per grandezza. Il suo ragionamento sconvolse le certezze consolidate dei suoi contemporanei che lo ostacolarono, ma di fatto egli aveva isolato un nuovo campo-confine, verso cui far confluire le indagini future:
Il processo di conoscenza, letto come un uno/tutto (occhio eco-biostorico), procede a salti con fasi di grandi intuizioni e scoperte, gemmazioni di idee, e fasi di stallo; fasi queste che rendono pedanti le coscienze e ridondanti le conoscenze. Dagli stalli nascono gli irrigidimenti e le paure del nuovo.
Le generazioni di quel periodo storico (1890-1930) si stavano confrontando con le crisi cicliche del sistema produttivo, immaginato come una crescita continua, irreversibile (mito della Società Perfetta guidata dalla scienza), grazie alle applicazioni delle leggi della meccanica al controllo dell'energia e allo sfruttamento e trattamento delle risorse (Sistema di fabbrica). Ma esse non avevano calcolato che il passaggio da un'economia di sussistenza (sistema agricolo) ad uno di mercato (sistema industriale), dapprima nazionale e poi internazionale, avrebbe inevitabilmente squilibrato i sistemi socio-economici e, di riflesso, le politiche degli Stati. Poi con il passaggio dalla logica di libero scambio (1840, Inghilterra) a quella di protezionismo (1876, Germania) si instaurò un clima di sospetto, di rivalità e di paura, passaggio questo che condusse tutti verso la Prima Guerra Mondiale (1914-1918):
Se si riflette sul perché nascano le guerre, si scopre che prevalentemente esse sono il frutto di un vicolo cieco, per una stagnazione culturale che genera una strozzatura economica che non dà la risoluzione, ad esempio, di una crisi produttiva o per sovrabbondanza o per scarsità di beni.
In sintesi non si possiedono le chiavi di lettura della realtà in cui si è immersi, per cui la guerra è la via di fuga per allontanare nel tempo il problema, lasciandolo in eredità ad un'altra generazione che a sua volta, se non attrezzata a leggere il nuovo, ripeterà l'errore - Seconda Guerra Mondiale (1939-1945).
Il punto della situazione
Nel modellino sono rappresentate le eco-inter-dipendenze che caratterizzano la Società Industriale, la quale agendo su bisogno-prodotto-merce-bene ha innescato il take-off dell'economia da un lato e il cambiamento degli stili di vita dall'altro.
Ogni ambito è vincolato all'intero sistema, per cui ad esempio la ricerca è funzionale all'ideazione e realizzazione di un prodotto e, queste, al mercato che a sua volta si misura con la distribuzione, i costi di produzione e i consumi; consumi che dipendono dai costi di distribuzione e dagli stati mentali; a loro volta questi ultimi condizionati dai mass-media che oltre a dare visibilità ai prodotti, creano le sempre nuove tendenze che aprono ai nuovi bisogni e alle nuove produzione...
Tutto in un vortice crescente che tende all'infinito.
Tale gioco dinamico di feedback positivo (+), nel modellino non crea problemi (realtà di carta), ma nella realtà di "carne", quella viva, di tutti i giorni, si; poiché tale accelerazione nel tempo crea, ad esempio, delle:
saturazioni di mercato o crisi del potere d'acquisto o stagnazioni nella ricerca o un intasamento del traffico con relativo inquinamento o un bombardamento mediatico tanto da rendere il consumatore indifferente, liberandosi così dal vincolo consumistico.
Essendo il tutto un'organizzazione sistemica, una crisi in un settore produce, automaticamente, la crisi in un altro ambito che a sua volte incide su altri e altri ancora. Il risultato di tutto il processo è un andamento fortemente instabile, tanto da far parlare di "Sistema a Bolle".
La Società Digitale, così come la si sta immaginando e realizzando è la fase più acuta e quindi più critica del processo, con il pericolo d'implosione dell'intero sistema.
Occorrerebbero sguardi nuovi, modi muovi, fini nuovi, saperi nuovi; ma perché il nuovo possa nascere occorrerebbe ripensare, voce, per voce, al senso profondo di ogni ricerca o produzione o mercato o stati mentali ... Occorrerebbe, in sintesi, un'indagine metastorica che rinvigorisca il senso stesso della vita tutta e del ruolo-funzione dell'uomo nella storia.
- nella carta è tracciata l'evoluzione attraverso 4 macro-aree che hanno esercitato la funzione chiave, la mezzaluna fertile (nascita dell'agricoltura), il bacino del Mediterraneo, l'oceano Atlantico, l'oceano Pacifico. In ogni passaggio sono stati superati non solo i rapporti di forza-potere, ma i modelli e gli stili di vita che hanno decretato la morte di una civiltà, ad esempio le grandi civiltà mesopotamiche.
Dai sistemi a uni-verso a quelli a multi-verso
L'Era della globalizzazione, ipotizzata a metà degli anni '60 del vecchio secolo ( Villaggio Globale, Marshall McLuhan, 1964), fu salutata intorno agli anni '80 come la grande opportunità per costruire grazie alla rivoluzione microelettronica quel mondo più giusto e felice, vagheggiato dagli scienziati e dai filosofi dall'Umanesimo in poi.
Ma i profeti della Globalizzazione non avevano fatto i conti con i limiti strutturali e organizzativi della nuova epoca che avrebbe finito, anche lei, con il creare aree opache di nuove ingiustizie, povertà, emarginazione:
Le logiche umane erano mentalmente impreparate a interagire con una "realtà virtuale" che imponeva come valore economico primario non più le merci, ma le informazioni, con altre forme di abilità, di preparazione e, soprattutto, altre geografie mentali. Per la prima volta nella storia i figli, smanettando sul PC, erano più preparati dei genitori nel reperire informazioni, nello svolgere un compito o nel risolvere un problema. La loro velocità fu definita dai padri una forma cronica di superficialità. Quello che non capirono fu che si trattava di una diversa spaziatura del pensiero.
Le lobby di potere economico-finanziario legate all'automobile e al petrolio si sentirono minacciate da un'idea di Società digitale che avrebbe non solo ridotto gli spostamenti, ma permesso d'interagire economicamente, abbattendo le distanze e le dipendenze dai mezzi di trasporto. In Italia furono le logiche legate alla FIAT a frenare l'Olivetti che era stata l'apripista nella progettazione del personal computer. Si creò una vera consorteria nel boicottare e rallentare l'innovazione, trasformando il Paese in un fanalino di coda dei grandi colossi americani, cinesi, sudcoreani.
I grandi colossi tecnologici nel giro di un decennio monopolizzarono tutto quanto, imponendosi su scala mondiale con le loro offerte allettanti di software, conoscenze, reti, scambi, ect. - tutto quell'universo che ruota intorno alla digitalizzazione e ai servizi - si pensi a Google che regala spazi in rete a tutti per costruire il proprio sito personalizzato; oppure ad Amazon che ti porta il mondo a casa, lasciandoti sprofondato in poltrona a gustarti un caffè. Tale idea di comodità è la chiave che fa accettare il cambiamento, nonostante l'impoveririsi del territorio, scavalcato dalla grande distribuzione.
Come avvenne per la rivoluzione industriale che vide 2 fasi, la prima, con il pullulare di micro-imprese di ex-artigiani che avevano fatto un salto di qualità e, poi, la seconda con la concentrazione di tutta le produzioni in grandi imprese egemoniche (le trust); così anche nella rivoluzione microelettronica si può parlare di due fasi:
quella iniziale (1970-2000) con il pullulare di micro-realtà economiche futuristiche, create da giovanissimi esperti informatici che improvvisandosi imprenditori fecero da battipista, nei territori locali, anche più periferici;
quella delle multinazionali del digitale (dal 2000 in poi) che con una struttura reticolare hanno finito con l'inglobare tutta quanta la ricerca, la produzione e il mercato in mega realtà aziendali private, dai bilanci stratosferici che rendono ridicolo il prodotto interno lordo (PIL) degli Stati nazionali, se paragonati al loro giro di denaro.
Il monopolio esercitato della grandi imprese in quegli anni produsse una forma di svalutazione della figura d'eserto informatico, con la corrispettiva crisi occupazionale (fine anni '90), solo in parte riassorbita, con la dislocazione di punti-nodi di vendita, delle stesse compagnie.
A questi nuovi operatori informatici, non è oggi più chiesto di elaborare pacchetti di software (capacità creativa), ma solo d'illustrare come un piazzista al clientele, le offerte del mercato (capacità divulgativa), con una forma d'involuzione professionale, da ideatore a semplice fruitore di sistemi di informazioni. Sistemi organizzati e impacchettati nelle piccole oasi super-tecnologiche da super-esperti, super-pagati.
Il fenomeno sta in parte ricreando quella struttura a isole dell'Alto Medioevo, quando nacquero le abazie, come centri, nicchie di grande cultura, in un entroterra imbarbaritosi e impoveritosi.
L'imbarbarimento delle coscienze è certo la forma più deleteria che si sta evidenziando nella Società Digitalizzata.
La globalizzazione avendo aperto una finestra ad apertura mondo, ha fatto emergere le differenze di velocità tra le culture, con i gradi differenti di ricchezza/povertà e poi con l'effetto televisione, tutti hanno preso coscienza delle differenti condizioni di vita tra le aree geografiche, sia interne e sia esterne ai Paesi. Si è messo in moto, così, un processo di rilettura di tutto quanto il sistema storico, per isolare eventuali ingranaggi che possano far superare le strozzature nelle evoluzioni economiche, politiche, sociali; per accelerare i processi di cambiamento, spingendo tutti verso una forma d'omologazione dei modelli di Società.
L'evento che segna la presa di coscienza della nuova realtà è la "Primavera araba" nel 2011; quando si iniziò a parlare di "democrazia planetaria" con cui si sarebbero superati i ritardi di alcune aree e poste le basi di una Società di diritto mondiale, in grado di liberare tutti dall'arrestratezza e dalla tirannia.
Ma il fallimento della Primavera araba segna il crollo del sogno democratico. Le vecchie baronie alleandosi con le nuove posero un freno al cambiamento; tutta l'area mediorientale esplose in micro-rivoluzioni che a macchia di leopardo stravolsero la geografia politica dei luoghi, esaltando un modello di società quasi ancestrale.
Leggendo la dinamica storica come un unico processo si possono evidenziare delle costanti che di tempo, in tempo riaffiorano a calmare le spinte democratiche dei popoli; premesso che la democrazia è iscritta nel processo naturale della vita tutta, essa democrazia si scontra con le logiche di potere a "caino del mondo", quelle forme di chiusure mentali che danno luogo agli stati di privilegio con le gerarchie e le divisioni in caste degli uomini.
Ogni epoca crea le sue sacche di giustizia/ingiustizia, ricchezza/povertà, civiltà/inciviltà, umanità/disumanità. L'errore che si compie è nel leggere le dinamiche con un occhio uni-direzionale che segue un percorso lineare, ad esempio di ricchezza che metta in ombra il contorno di povertà; o viceversa. Tali letture sono monche, poiché non sanno porre in relazione sistemica il campo-contorno con il fatto-evento (visione sdoppiata):
Ogni fatto prende visibilità in uno spaziotempo che è il bacino-utero di quel fatto; i telegiornali ad esempio fanno un'elencazione di fatti, privi di uno studio sui come e perché essi prendano visibilità e, inconsapevolmente, proiettano l'idea che una forma d'irrazionalità sia la matrice di un delitto o rivolta o incidente...
Una sì fatta lettura sradica gli eventi dai contesti e restringe lo spazio storico al solo tempo-ora, adesso; mentre ogni fatto svolge una duplice funzione, biostoricamente parlando, di madre-figlio dei fatti nuovi e dei fatti vecchi. Il vecchio e il nuovo si incontrano nel presente che proprio da essi prende profondità (la Spugna storica). Imparare a leggere la profondità moltiplica i campi di lettura e rende multi-direzionali gli sguardi. Insegnare a leggere una sì fatta realtà dovrebbe essere il compito primo della scuola, in una Società democratica. La democrazia è il valore storico che nasce da un abito mentale, non basta dichiararsi democratici per esserlo veramente nelle relazioni sociali e nelle scelte di risposta fattuali. Le tendenze alla tirannia o alla democrazia sono forme mentali che coabitano in ogni mente-pensiero che di volta, in volta sceglie il verso-modo del suo guardare.
Volendo provare a tracciare le differenze di sguardo, si potrebbe provare a posizionale il punto-topos di lettura, nei due modi:
Un occhio posto dentro il processo vitale (la creazione tutta) legge una divisione di compiti, di forme di spazi, di valore e in tale scindere in gradi di importanza si avvita in una tirannia che comprime la libertà e la personalità degli individui in gabbie logiche;
mentre un occhio posizionato fuori dal processo creativo è democratico. Esso vede la moltiplicazione di funzioni vitali nei soggetti storici che cooperano tutte assieme all'armonita del Tutto coeso. Tale sguardo è de-gerarchizzato (= de-fuori dalle gerarchie).
Nei testi sacri di tutte le religioni tale dualità di sguardo è narrata come una doppia logica - Dio/mammona. Lo sguardo che accoglie le diversità, le benedice; lo sguardo che le soppesa e valuta, le maledice.
Trasferendo nella realtà concreta le due modalità di posizione-lettura dell'osservatore si possono spiegare i perché di volta, in volta ci sia il prevalere o dell'una, tirannia, o dell'altra, democrazia:
Se in una compagine storica la classe dirigenziale tende a giudicare, a scindere in grado d'importanza (struttura piramidale), a creare una forbice ampia salariale, essa è tendenzialmente tirannica; mentre se cerca di calmierare le disuguaglianze; di ridistribuire le ricchezze; di avere a cuore le politiche del lavoro, per garantire la sicurezza e il benessere di ogni cittadino, è decisamente democratica.
Sui fatti si possono circoscrivere le tipologie di realtà storiche e non sui proclami da propagande elettorali; il paradosso nasce quando approfondendo lo studio delle realizzazioni fattuali, emerge che dei tiranni dichiarati siano più propensi ad aiutare i poveri (nel '700 fu coniato il termine di sovrano illuminato) di affermate democrazie, che tollerano delle forti disuguaglianze. Nel primo caso si può parlare di una tendenza alla democrazia, nel secondo di una tendenza alla tirannia. La tendenza segna il verso-indirizzo che si sta seguendo nell'evoluzione storica. Si comprende allora come nella realtà nulla sia scontato, netto, definitivo; ma tutto sfumato, soggetto a essere messo in discussione in un equilibrio fragile. Nella stessa fragilità risiede il valore della probabilità del cambiamento, della novità, del grado più alto di bene/male dire.
La Società liquida
Il sociologo Zygmunt Bauman è stato il primo a sostiene che viviamo in una "Società Liquida" (Modernità liquida, 1999; Vita liquida, 2006).
A differenza della Società Moderna basata su certezze solide, come cardini, che nessuno osava mettettere in discussione, i confini e i riferimenti sociali della nuova realtà si accorpano e si dissolvono, velocemente. Si pensi, ad esempio, al ruolo d'ancoraggio collettivo dei partiti politici, dalla fine dell'800 a tutto il '900, con l'orgoglio dell'appartenenza, nel riconoscersi in una visione condivisa di realtà; mentre oggi si assiste ad una forma di spaesamento della coscienza politica per la nascita/morte di "liste civiche", funzionali alla semplice tornata elettorale che, subito dopo il voto, si dissolvono, dando:
agli eletti, decontestualizzati dall'identità partitica, totale libertà d'azione;
agli elettori un senso di amarezza, per essere stato solo uno strumento-oggetto per il raggiungimento di un fine personalistico.
Per Bauman con la "precarietà" istituzionalizzata tutto si trasforma in merce, incluso l’essere umano e i "poteri" si allontanano dal controllo delle persone, divenute semplici consumatori:
Nel mondo liquido-moderno la solidità delle cose, così come la solidità dei rapporti umani, tende a essere considerata male, come una minaccia: dopotutto, qualsiasi giuramento di fedeltà e ogni impegno a lungo termine (per non parlare di quelli a tempo indeterminato) sembrano annunciare un futuro gravato da obblighi che limitano la libertà di movimento e riducono la capacità di accettare le opportunità nuove e ancora sconosciute che (inevitabilmente) si presenteranno. ( da Cose che abbiamo in comune. 44 lettere dal mondo liquido, 2010)
La perdita di vincoli, o meglio radici, crea nelle coscienze delle forme continue di insicurezze che tendono a minare oltre la salute mentale, la medesima identità soggettiva e nazionale, nonché religiosa, partitica, professionale, familiare... Tutti campi-radici, questi, in cui tornare ad ancorarsi nei momenti di scoramento, di insicurezza, di paura, o di semplice stress o di condivisione di una gioia per un traguardo raggiunto:
Si pensi ad esempio alla funzione di casa-nido come lo spazio in cui, lasciato fuori il rumore del mondo, si possa essere semplicemente se stessi, circondati dagli affetti più cari, attraverso cui ritemprarsi e poter riaffrontare nuovamente i "rumori" del mondo. nella circolarità di nido/mondo, si riequilibra la psiche e lo sguardo-mente muta la posizione di lettura, imparando ad essere osservatore-osservato della sua stessa vita; in tale gioco di posizioni si impara ad esercitare la libertà di giudizio, a diversificare i punti di vista, a essere presenti a se stessi e agli altri.
La globalizzazione, per Bauman, lede alla base la coesione sociale con la perdita di valore delle economie locali, esaltando la standardizzazione a scala mondiale delle mode dalle tendenze uniformate; in quanto ogni aspetto della vita può essere continuamente rimodellato artificialmente. Si pensi al ruolo degli spot pubblicitari che plasmano una realtà omologata in un finto benessere o agli influencer della rete che sponsorizzano un tenore di vita che in pochi possono permettersi, creando una Società funzionale al consumismo spasmodico:
"Tutti i punti di riferimento che davano solidità al mondo e favorivano la logica nella selezione delle strategie di vita (i posti di lavoro, le capacità, i legami personali, i modelli di convenienza e decoro, i concetti di salute e malattia, i valori che si pensava andassero coltivati e i modi collaudati per farlo), tutti questi e molti altri punti di riferimento un tempo stabili sembrano in piena trasformazione. Si ha la sensazione che vengano giocati molti giochi contemporaneamente, e che durante il gioco cambino le regole di ciascuno. Questa nostra epoca eccelle nello smantellare le strutture e nel liquefare i modelli, ogni tipo di struttura e ogni tipo di modello, con casualità e senza preavviso" (L’istruzione nell’età postmoderna, 2010).
La Società contemporanea, dominata dall'incertezza, per Bauman nasce dall'aver trasformato i produttori in consumatori, con il mito della comodità:
Perché uscire per andare al mercato a fare la spesa per poi cucinare, se tu comodamente in poltrona puoi ricevere a casa il tuo pranzo già preparato! Non importa se poi sia cibo spazzatura.
Perché fare il giro per negozi, per comprare il tuo maglione, quando Amazon te lo porta a casa, con un semplice clic! Non importa se poi il tessuto economico, intorno a te, muoia o se chi ti recapita l'acquisto sia un nuovo-schiavo.
Una Società che viva solo per i consumi, trasforma in merce anche gli uomini:
L'uomo-merce è l'approdo a cui tende la società globalizzata in un mercato uni-direzionale in cui poche multinazionali producono, ciò che tutto il villaggio-mondo consuma.
La realtà che sta emergendo, in questo 2021, con l'accelerazione dovuta alla pandemia da Covid-19, è molto distante dall'idea che ebbero i sostenitori della stessa globalizzazione degli anni '80, quando si parlava di liberalizzazione dalla schiavitù del lavoro, di dare spazio alla creatività e al sogno, di liberare le coscienze dalle strettoie dei conformismi.
L'orario lavoro ad esempio invece di ridursi si è, con un effetto elastico, proteso verso un tempo prolungato di 12 e 14 ore, rispetto alle 8 ore dei 3 turni di fabbrica, finendo così con il togliere spazio al tempo dell'ozio, spazio in cui la creatività e il sogno possano prendere dimensione di realtà:
La stessa libertà, attorniata dalle tendenze di mercato, è divenuta una mera illusione, tanto da essere facilmente barattata in cambio di una sempre maggiore comodità.
La nuova Società è sempre più conformata in un modello unico di umanità, al di là delle latitudini geografiche e delle differenze etniche, storiche:
Che tu viva a Tokyo o a Dubai o a Roma o a Sydney, poco importa, poiché potrai essere alla moda solo con quel paio di scarpe o quel look che lo spot ti mostra che se non potrai permettertelo, ti renderà un escluso, un uomo ombra, o semplicemente uno "sfigato".
Ecco come tutto tenda a modellarsi in un circolo vizioso di un valore formale, di sola facciata, in cui l'aspetto fisico assume un peso ingombrante.
Erano atterrati in perfetto orario. Agnese in taxi, ripassava la scaletta del suo intervento. Era stata invitata ad una tavola rotonda sul mobbing, a Milano.Accettando, si era detta: - In una Società che ha fatto del “tempo-lavoro” l'unica dimensione umana, i rapporti aziendali si sono fortemente deteriorati. Si è in un “vicolo cieco relazionale”, in cui tutto e tutti sono divenuti vittime e carnefici delle logiche del profitto!Una volta in sala, Agnese aspettò in silenzio il suo momento. I relatori che l'avevano preceduta, avevano fatto dei discorsi più tecnici, affrontando il mobbing come fatto in sé, con i risvolti psicologici, produttivi e giuridici.Lei, invece, aveva isolato il filo di un'altra trama e si stava chiedendo come sarebbe stato accolto il suo punto di vista. Spostando lo sguardo dal “fatto in sé” al “contorno-campo”, voleva definire la nicchia storica da cui emerge la cresta degli eventi che fa da orlo al vuoto di spugna.Quando fu invitata a relazionare, creò una piccola pausa e osservò l'assemblea. Era un pubblico decisamente giovane, attento, curato ed esigente, come uno studente diligente, pronto col quaderno degli appunti e una raffica di perché.
- da una vita in cui il tempo è tutto organizzato, nascono gli stati di disagio e di conflittualità!
- Uno dei fattori d’incomprensione è la linearità dell'occhio di lettura che nelle relazioni si muove con una struttura sequenziale di pensiero uni-direzionale: pensate ad una freccia e alla sua traiettoria!
Educare l'occhio-mente a leggere l'uno-Tutto insieme
Il limite umano è nel non possedere la visione del Tutto vitale; come un sotto insieme l'uomo ha consapevolezza solo di porzioni limitate di storia che il suo stesso cervello isola, interpreta, giustifica e codifica. In tale limite funzionale consiste anche la sua ricchezza cognitiva ed emozionale che lo rende aperto alla novità, ogni qual volta il suo occhio sappia scorgere un'alea che metta in crisi le sue certezze.
Il nuovo apre gli orizzonti immaginativi con un effetto moltiplicativo che porta a indagare in modo diversi, con sguardi molteplici, con consapevolezze differenti. In tale propensione alla novità si spiegano i superamenti di civiltà.
Ogni salto epocale, infatti, ha significato un cambiamento radicale:
il sistema industriale ad esempio, non è stato solo un'organizzazione del lavoro (taylorismo) e della produzione (sistema di fabbrica), ma anche un sistema politico, sociale, scolastico, familiare... che si è differenziato dal sistema agricolo e questo da quello di caccia e raccolta di frutti spontanei. Ad esempio il passaggio dalla famiglia patriarcale a quella nucleare; oppure il differente rapporto con il "tempo morto" che nel sistema agricolo era "tempo prezioso" per il contadino per dedicarsi ad altro (manualità artigianale), mentre per il sistema di fabbrica "tempo perso", sottratto alla produzione e di riflesso al guadagno. Se nella società agricola il ritmo temporale era dato dal susseguirsi delle stagioni che modellavano le azioni di intervento sul campo; in quella industriale dalle ore (8 ore lavorative con i 3 turni a giornata).
Se per il contadino, con il sistema a maggese, la produttività di un campo era calcolata in 2 anni, per cui le stesse aspettative di vita erano rapportate al tempo di raccolta e al tempo d'attesa (tempo morto) con un'economia familiare incentrata sul saper risparmiare nei consumi, per poter affrontare le incertezze, ad esempio, climatiche; per il capitalista industriale la produzione era vincolata al tempo macchina, più velocemente aumentavano i ritmi di produzione e più velocemente si moltiplicavano i guadagni. Se al contadino era richiesta una consapevolezza organizzativa alla realizzazione, all'operaio una semplice esecuzione del compito, non è un caso che si cominciò, con l'industrializzazione, a parlare di lavoro alienante.
Oggi nella società liquida non si può parlare più di sistema a ore, ma a attimi, a frazioni di attimi (il nanosecondo è la nuova unità di misura).
La sfida in atto è nel saper ragionare in nanosecondi, tempo che è percepito dal cervello, ma non dalla coscienza. Il tempo di elaborazione del cervello-mente non equivale a quello del pensiero-coscienza, il primo risponde anche con un riflesso incondizionato (produzione di saliva alla vista di cibo), il secondo è relativo ad una molteplicità di situazioni che abbiano acquisito un significato-valore chiaro, preciso:
Il peso storico di un'azione è dato dal significato che la coscienza individuale e sociale elabora intorno all'accadere del fatto; sono i significati a rendere differenti le Società storiche, nel tempo.
Ogni rivoluzione è in sintesi il cambiamento del significato attribuito ad un fatto, ad un atteggiamento, ad una circostanza, ad una conoscenza, ... Ad esempio la differenza tra astrologia e astronomia è nata quando alla prima si è tolto il valore di scienza, riconosciuto in un secondo tempo solo alla seconda (1500).
Quale dovrà essere la struttura mentale più idonea nel sistema a nanosecondi? Ecco il nodo-chiave su cui indagare, nella nuova realtà digitalizzata e globalizzata.
Come preparare la mente-pensiero ad essere consapevole in una realtà così accelerata e fortemente squilibrante? Onde evitare la schizofrenia collettiva.
Con l'epistemologia Biostoria si è cercato d'inquadrare, alla luce del cambiamento in atto, l'organizzazione cognitiva più idonea alla nuova epoca, ricorrendo alla poesia e precisamente alla metafora di Spazioliberina, anima bambina, che liberata da schemi prefissati, sappia assumere una plasticità di sguardo-mente-parola che la renda più aderente alla vita tutta:
La plasticità, caratteristica ad esempio dell'acqua che assume la forma del recipiente, è nel non costruirsi gabbie mentali, nell'essere aperti alla novità aleatoria, letta non come un errore, ma come una nuova opportunità per comprendere in modo più ampio e mirato.
Una tale "forma mentis" nasce da una grande consapevolezza di essere, come soggetto uomo, vincolato da dei limiti funzionali e situazionali che rendono ogni lettura relativa, in quanto circoscritta in una databile nicchia di realtà che non autorizzi a generalizzare le conoscenze acquisite.
La generalizzazione, infatti, è un semplice "espediente mnemotecnico" per facilitare nel pensiero il ricordare, ma il ricordare per assumere valore concreto, va calato nella realtà oggettiva che essendo mutevole nello spazio-tempo, richiede continue rivisitazioni. Per essere più semplici, si tratta di sviluppare quella capacità all'ascolto che già fu definita nei testi sacri, come la qualità più importante per l'uomo che voglia rapportarsi con se stesso e il campo dell'infinito (uno/Tutto).
Essere aperti alla conoscenza significa aver sviluppato sia l'osservazione e sia il limite osservativo, legato ad ogni lettura effettuata.
Essere un finito nell'infinito del tutto, rende attenti alla vita nel suo manifestarsi e, nel contempo, partecipi nel saper fermare l'attimo, per prolungare uno stato di benessere privato o sociale.
L'abitante della Società fluida diventa cittadino, nel senso pieno della parola, quando sa come fermare il fluire delle offerte di un mercato fortemente invasivo, donandosi uno spazio e un tempo tutto suo, in cui poter riflettere sul significato dello stesso fluire. Donarsi un tempo di silenzio, distaccandosi dai rumori delle mode, che riducono lo spazio vitale al solo stato di consumatore, per appropriarsi del valore profondo, si di consumatore, ma di co-costruttore di Storia. Solo in tale dimensione di profondità, il tempo assume pienezza vitale, essendo ogni abitante un finito nell'infinito della vita tutta.
Acquaviva delle Fonti, 8 novembre 2021
Indice Saggio-quaderno n.° 11: La struttura a frattale del Pensiero nella 5a dimensione di lettura
Preambolo Introduzione L'Osservatore lente-bussola cognitiva Il valore storico della presa di realtà Il volo I planisferi delle proiezioni storiografiche La verità vincolata in una carta di lettura Gli orizzonti a pluri/verso Le topologie degli sguardi-realtà
La moltiplicazione degli sguardi
Oltre la Complessità - Il paradigma Eco-Biostorico
Antonia Colamonico © 2014 - 2015
"... La finestra da semplice lente vuota, nell'epistemologia Biostoria, è stata assunta a coordinata cognitiva che permette le virate degli sguardi-campi di lettura e i salti di direzione e di significato nell'attribuzione del valore, per cui si è attuata una vera rivoluzione copernicana, passando da una lettura lineare-sequenziale, uni-direzionale (processi sommativi) di un continuum spazio-temporale, a una visione discreta a salti logici, multi-prospettici e multi-disciplinari che introducendo il vuoto di lettura, come parte integrante della lettura stessa, apre di fatto alle immaginazioni nuove e alla osservazioni altre con uno sguardo e un campo frattali ed esponenziali che si allargano su molteplici fuochi di osservazione, in simultanea, con relativo moltiplicarsi dei punti di vista e dei campi di lettura.
Il nodo logico di riflessione, a partire dal lontano 1985, è stato:
Se l'accesso alla realtà è condizionato alla lente-carta utilizzata, allora basterà diversificare le lenti-finestre per cambiare le carte e così modificare la medesima visione di realtà (plasticità dello sguardo). Quando nel passato le società si evolvevano a ritmi lenti i sistemi informativi erano pressoché stabili, ma con la forte accelerazione seguita alla rivoluzione microelettronica si è generata una crescita di tipo esponenziale in grado di raddoppiare e triplicare in modo vertiginoso le informazioni, rendendo precarie le conoscenze, spesso superate ancor prima di essersi diffuse.