Il quanto storico

Post date: Sep 11, 2017 10:01:02 AM

Il Quanto Storico

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I quanti storici - promotori di vita
Cielo, letto a occhio-sguardo de-coordinato

Nota Autrice:

  • La dimensione a quanti storici può essere letta come lo stato naturale della vita, a tempo presente, che non ha ancora preso forma nello sguardo-mente lettore.

All'uomo non è data la lettura della realtà nuda, ma solo quella rivestita dal suo sguardo-cervello che nel corso dei millenni ha evoluto un particolare modo di costruire e visualizzare la realtà che dentro e fuori di sé si muove.

Per comprendere tale sfumatura di significato è importante ricordare che un occhio-mente gatto vede una realtà in bianco e nero, uno rana non coglie la profondità e vede un mondo piatto. Così pure un orso che non coglie le rotondità delle forme della preda, che aggredisce solo se è in movimento.

Ogni cervello elabora la sua immagine-proiezione e su tale topologia di costruzione impara a coabitare.

L'accesso alla vita come campo di lettura della realtà avviene sulle linee di confine che rendono tutti e tutto unità discrete, ad esempio la realtà Antonia Colamonico, potrà essere letta solo sui bordi delle sue scritture e riflessioni o azioni e prese di posizioni, ma mai nessuno potrà entrare nelle complessità del suo essere un'espressione vitale di uno spazio-tempo-mente a nicchia storica a cui si dà nome: Antonia.

Foto: cielo - Acquaviva F. 2017

Foto: cielo - Bologna. 2017

Costruzioni di Cielo elaborato dalla mente-occhio uomo

Il gioco del Pensiero tra quanti storici e quanti informativi

Foto: cielo - Boston, 2007

La scelta del nome

Il dare un nome è una scelta di campo che parte da una particolare qualità dell'osservato, che isolata, si fa radice-legame di collegamento con un altro nome di un altro indirizzo-disciplinare che allarga il senso-significato di una parola, già posta.

Nel caso di Biostoria, il nome quanto storico è scaturito dalla qualità del quid o res di "fatto-spazio-tempo" (evento privo di nome) che nel variare lo stato di un sistema si mostra come una unità discreta, in tale discrezionalità che genera una visione non continua, ma a salti, si è creata l'analogia con il quanto fisico.

La parola "quanto " si è allargata come una bolla che ne assorbe un'altra e si è esteso il significato.

Nella costruzione del linguaggio è importante tenere presente che anch'esso è una crescita naturale, a frattale (spugna).

Se l'osservatore ha una mente scissa inorridisce è parla di uso improprio di parola per ignoranza di significato reale, ma se ha una mente coesa con una visione allargata al conteso-campo ( il perturbatore, funzionale alla gemmazione dei significati), riesce a comprendere la ricchezza della nuova apertura di senso.

Le incomprensioni nascono da una presunzione (presa-prima di significato = pre-giudizio che rende sordi al campo) di avere la visione totalizzante a tutto pieno, come una linea continua e non a insieme di punti, in successione lineare.

Le geografie mentali entrano nella comprensione o meno dei significati e nelle valutazioni storiche. Il giudicare diviene quindi una gabbia mentale (mente scissa) che impedisce di osservare le reali dinamiche, mentre assumere un occhio neutro (non giudicante) rende le spugne mentali degli osservatori permeabili al campo (mente fusa io/tu) più percettive, quindi, e in grado di essere presenti, nelle situazioni (a t. 0).

Il destinatario da parte sua percepisce gli stati di coerenza e incoerenza dell'osservatore-emittente e nelle risposte si adegua più ai sentiti di informazione (le emozioni) che ai detti veri e propri, in ciò consiste lo stato di incomprensione che rende blande, se non nulle, le comunicazioni che non si evolvono in conversazioni (con-verso-azione = andare insieme verso la stessa meta):

In sintesi sono gli stati etici (area delle coerenze o incoerenze tra i pensati e gli affermati-agiti) che rendono coeso o scisso il sistema storico-individuo.


Viaggio dentro la parola "parti-cella topologica"


Quanto storico:

"... Volendo provare a disegnare le linee di dinamica biostorica, si può partire proprio dalla visione del campo globale (finestra a massima apertura che fa vedere il tutto) e con un processo neghentropico di risalita degli impulsi-segni cercare di isolare l'evento 1, quale qualità energetico-creatrice elementare dell'insieme.

Esso costituisce, anche, il campo 1... come la carica prima propulsiva che permetterebbe il generarsi, a catena, degli altri eventi, spazi, tempi.

Porre il concetto di campo in relazione a quello di evento, permette di studiarli entrambi con una visione a fuoco sdoppiato sia come nicchia di spazio-tempo interessata all'azione, delimitante il contorno-habitat, sia come la carica auto-propulsiva generatrice, costituente la forza-segno-spinta.

Con tale visualizzazione allargata, si può definire l'evento come fatto vitale e il campo come nicchia-sacca-stanza di tempo-spazio che garantisce la vita.

Fatto-tempo-spazio (A. Colamonico, 1973) non sono delle entità a sé, come realtà autonome e svincolate l'una dall'altra, bensì elementi costitutivi e inscindibili dello stesso quanto storico:

  • non può esistere un evento senza un tempo-spazio, così pure uno spazio senza un tempo-evento e un tempo senza uno spazio-evento.

La relazione che unisce in un'unità multipla i tre elementi può essere letta come la chiave di accesso all'indagine biostorica, in quanto, i tre, sono l'uno nell'altro e non possono essere scissi, se non per esigenze di lettura..."1 (p.43)

La dinamica vitale è il processo di futurizzazione, impresso ai campi di realtà dai quanti storici che sono i promotori di vita. [...]

"... L’evento, quale spinta-propulsiva elementare, può essere definito il quanto 1 storico che una volta attuatosi si annulla, sprigionando la sua forza nello spazio. Il perdersi è l’elemento entropico che fa perdere memoria del suo passaggio, pur turbando e segnando l’habitat.

L’attuarsi, o meglio l’oggettivarsi, segna l’inizio del tempo, quale massa a tempo 0 che è il punto-forza di partenza del mutamento per ricaduta dell’effetto prodotto nello spazio.

La ricaduta che non produce identità è la forza auto-propulsiva, generatrice di altre dinamiche con nuovi eventi, nuovi spazi, nuovi tempi.

Semplificando si può isolare il quanto storico, quale esplosione elementare che, mutando l’habitat, irreversibilmente, lo dilata. Considerato poi che lo spazio è pluridimensionale e si allarga a più coordinate, anche gli effetti di evento, seguendo diverse linee evolutive, si espanderanno a raggiera e ciascun percorso avrà un suo tempo di elaborazione-risposta all'evento iniziale. La crescita di una simile dinamica sarà di tipo esponenziale, essendo l’effetto di evento un processo moltiplicatore e non sommatorio, per cui da un evento 1 si potranno generare ad esempio 10 eventi 2, e da questi 200 eventi 3 e così all'infinito.

Leggendo... la dinamica prodotta dall'evento, essa sarà lineare/rotatoria, come uno scatto/vortice:

    • lo scatto o fuga indica la direzione-spinta in avanti.

    • Il vortice-massa, l’attrattore che conduce al nuovo evento, quale azione equilibratrice dello spazio e nello stesso tempo destabilizzante del nuovo grado di ordine.

Ordine/disordine sono le due linee di letture di un medesimo effetto, l’una si pone in relazione al prima, l’altra al dopo.

Le due fasi di scatto/vortice determinerebbero la discontinuità del processo, come una intermittenza di fasi:

    • 1. rottura di simmetria -> apertura dello spazio-tempo,

    • 2. creazione di nuova simmetria -> chiusura dello spazio-tempo.

Ad ogni grado di ordine corrisponde una forma diversa del sistema di funzione, come perdita di identità della forma iniziale ed acquisto di una nuova identità.

Volendo disegnare il movimento dei quanti si può costruire un campo con delle masse-fughe di evento che generano una visione di tipo pirotecnico.

Elementi della dinamica storica sarebbero, dunque:

    • lo scatto in avanti, come si può notare dalla mappa, la rottura della simmetria e la perdita dell’evento da un lato;

    • dall'altro lato l’acquisto-consolidarsi di un nuovo evento, la perdita del tempo, la simmetria della forma.

Il passaggio da un prima ad un dopo, spiega la discontinuità della linea della storia che avanza a salti, come l’apertura a nuovi spazi-orizzonti e la chiusura-cristallizzazione dei nuovi confini; nuova apertura e nuova chiusura... così come si evolve un fuoco di artificio con spazi di luci e buio di luci.

    • Le luci sono gli eventi, il buio è l’assenza di evento, le prime sono lo stato del mutamento, il secondo lo spettro vuoto del mutamento.

    • Il vuoto è quella porzione di dinamica inaccessibile all'occhio osservatore.

L’uomo non riesce a cogliere le fasi di processo intermedio tra un evento e la risposta ad esso, per questo ad ogni risposta segue, sempre, un grado di imprevisto.

E l’imprevisto è la libertà di risposta del campo-habitat all’azione.

Maturana e Varela in L’albero della conoscenza, cercando di porre le basi per uno studio biologico della conoscenza umana, fanno un’interessante distinzione tra le mappe esterne di una dinamica di processo e la rete delle connessioni interne. Essi scindendo la mappa dalla rete, sottolineano la diversità tra l’apparire e l’essere.

L’essere come totalità di legami di un sistema aperto o vivente, non è accessibile all’occhio osservatore, in quanto egli percepisce solo la forma esterna o l’apparire dello stesso. Questa è in parte la spiegazione della differenza tra corpo e sistema vivente:

    • è dato leggere il contorno uomo o bambino o foglia o sole, ma non l’essenza dinamica e autopropulsiva che tiene in vita tali sistemi. Solo fermando l’attimo vitale si può espletare l’azione di lettura. Ma il fermare è il far morire l’essere.

Applicando tale intuizione alla lettura della dinamica biostorica si può spiegare come l’osservatore colga le forme di eventi (fatti) e non le dinamiche che le hanno innescate(trame). Queste sono solo presumibili, immaginabili e quelli in quanto forme, non possono contenere tutta la complessità del reale.

Il conoscere è un ridurre la realtà all’occhio lettore11, come un condurre a sé, un assoggettare alle propria storia o vissuto. Per questo l’atto di conoscenza non è mai definitivo e si presta ad essere messo in discussione da ogni nuovo elemento o parametro di esplorazione:

    • la consapevolezza del limite gnoseologico è la migliore garanzia alla libertà a conoscere.

Volendo ora provare a mappare le più importanti dinamiche generate da un quanto storico, si possono isolare differenti evoluzioni in rapporto allo spazio-tempo, alla velocità e alle diversità naturale dei campi-ambienti di propagazione...)1 (p.47-48)

Quanto informativo: ".... L’evento attuandosi si annulla nello spazio-tempo ed il suo perdersi, turbando il campo vitale, lascia un segno-eco, quale filo del suo passaggio che si presta ad essere rintracciato, chiamato, misurato, conosciuto, elaborato, trattato, trasformato, traslato in spazi-tempi nuovi che, anch’essi a loro volta, subiranno l’erosione della caduta di quell’evento.

Di tutta la dinamica biostorica l’osservatore/attore può conoscere solo le informazioni che egli stesso codifica dei fenomeni. Gli esperimenti, le leggi, le relazioni, le visualizzazioni e tutte le molteplici operazioni che l’io compone e scompone, come un tessuto intrecciato a più fili, non gli permettono di uscire da un sistema di parole, quale simbolo o metafora che si fa numero, sillaba, formula, linea, modello...

La stessa relazione elementare multipla, cellula-atomo-idea, ad esempio, posta nelle pagine precedenti, più che come un oggetto di realtà, va colta come un ordine informativo del gioco vitale, posto e costruito per espletare una lettura frattale inter-correlata del processo biostorico.

Uno dei limiti della cultura classica, colti da E. Morin, è l’aver confuso il piano osservato con quello osservatore, per cui si parlava in senso assoluto delle parole-conoscenze, come entità a sé, e non in senso funzionale: ogni parola-conoscenza è valida sino a quando riesce ad assolvere una precisa funzione storica che la lega al suo contesto.

La parola, quale simbolo o metafora di realtà, è alla base della conoscenza e si presenta come un detto che pone fuori, dando un nome, un reale dal tutto: in questo far uscire essa dà senso e significato al reale isolato; infatti ad ogni parola corrisponde un’immagine-forma di senso.

La conoscenza è un dire e non dire insieme, in quanto presuppone la facoltà dell’io a dare valore e insieme a negare valore a parti di realtà: gli enunciati, i primi; i taciuti, i secondi.

La parola, come un simbolo-metafora di una porzione di realtà che è isolata da un tutto, chiama, appella e dà dei confini, degli attributi, delle caratteristiche, delle prerogative, secondo degli ordini informativi.

Dare il nome è l’atto primo per attuare conoscenza

Presupporre insieme il dare e il non dare senso fa scaturire la proprietà fondamentale del detto, cioè la sua ambiguità che si può riassumere nei due abiti contenuto-contenitore:

    • il primo è quello formale, quale segno-metafora-significato che dichiara, definisce, delimita;

    • il secondo è la veste informale, quale segno-significato che vela, nasconde altre possibilità di senso.

Da tale bivalenza senso-non senso nasce, poi il gioco di conoscenza che si chiude e si allarga alle diversità dei fenomeni del reale con un processo di espansione.

Ad esempio il nome mamma, indica la madre di un bambino, ma anche il capolino terminale del carciofo che si sviluppa prima di quelli laterali.

L’ambiguità è la plasticità della parola che può essere rovesciata, aprendosi con un salto analogico a significati nuovi, ma l’aprirsi presuppone il superamento dell’assolutezza e l’accettazione di un pluriverso di sensi, in rapporto a più occhi-contesti di lettura.

Solo accettando l’ambiguità si può iniziare a coltivare la mente con i giochi di apprendimento, quali voli analogici che aprono nuove frontiere di senso....)1 (p.63-64)

(1 - Da A. Colamonico. Biostoria. Verso la formulazione di una Scienza nuova. Campi metodi e prospettive. © Il filo. Bari, 1998)

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