Il conflitto di interessi (CdI) è variamente definito dagli individui, dalla normativa, dai codici etici, dalle linee guida emanate da alcune organizzazioni e dalla letteratura.
La mancanza di consenso per quanto riguarda la definizione di CdI si riflette sul dibattito su come affrontarlo. Ad esempio, se il CdI viene definito come una forma di corruzione, ossia come un comportamento improprio, appare chiaro che la proibizione arriva ad essere l’unico rimedio possibile. Se, invece, il CdI è visto come una situazione di pericolo, un antecedente della corruzione, rimedi quali la comunicazione o l’astensione sono comunque praticabili.
Definire il CdI è una condizione necessaria ma non sempre sufficiente a individuarlo (Cap. I, § 2.2). Ad essa, infatti, devono essere affiancati una serie di esempi esplicativi, elaborati, però, sulla base di una definizione che possa guidare verso la scelta delle fattispecie rilevanti. Se per l’azienda rileva anche il CdI apparente, è opportuno che essa elabori esempi che tengano conto di questa forma di conflitto
In questa definizione viene dunque utilizzato il termine “potrebbe” in quanto ci sono interessi rilevanti, ma i compiti attuali del soggetto non ne risentono.
Tra i rimedi per gestire tale conflitto vi è quello di rendere noti tutti gli interessi finanziari e non finanziari che potrebbero interferire con i doveri e le responsabilità
Nel conflitto apparente, quindi, la situazione è tale da poter danneggiare seriamente la reputazione del soggetto coinvolto e quella dell’organizzazione in cui opera, anche quando l’interesse privato – che deve essere comunque presente per poter parlare di CdI – non ha alcuna interferenza sull'interesse primario, potendo addirittura essere ad esso allineato. Il rischio reputazionale è importante in quanto se anche solo uno degli agenti si trova in una situazione di CdI non gestita, i soggetti esterni potrebbero ritenere che l’intera organizzazione è indulgente rispetto a tali pratiche.
In proposito, Dickens e Cook [2006] propongono l’esempio del medico che, nell’ambito della stessa struttura, svolge sia attività ospedaliera di cura dei pazienti sia attività didattiche facendo lezione all’università. In tal caso, il medico potrebbe non avere il tempo per svolgere adeguatamente le due funzioni. La caratteristica di questo esempio è che il medico è in conflitto di impegni per attività svolte nella stessa struttura, ossia entrambe le attività sono funzionali al raggiungimento dell’interesse primario dell’organizzazione, in quanto ricerca e didattica rientrano entrambe nell’interesse istituzionale, volto a soddisfare i bisogni della collettività. Parimenti è in conflitto di impegni il docente che lo stesso giorno e nella stessa università si trova a dover insegnare a un master e ad essere commissario di tesi di laurea.
Ben più rilevanti sono i conflitti di impegni generati da attività esterne, di tipo lavorativo o familiare. Ad esempio, se un docente universitario dedica poco tempo agli esami (o ad altre attività istituzionali) perché è impegnato con attività extra universitarie (es. attività professionale o attività ludiche con la famiglia), vi è il rischio che il voto da assegnare agli studenti, frettolosamente esaminati, ne possa risentire, in positivo o in negativo, determinando talvolta gli stessi effetti di un CdI
Di norma gli interessi in competizione nascono dal fatto che un soggetto viene a svolgere un ruolo/funzione che richiede di servire più principali, per tale motivo si parla anche di conflitto di ruolo. Rientra in questo caso il consiglio di amministrazione che deve soddisfare l’interesse dei vari stakeholder. Tutte le funzioni aziendali possono veder nascere tale tipologia di conflitto (es. per gli acquisti, scegliere a quale fornitore dare priorità nei pagamenti).