Data pubblicazione: 10-gen-2014 17.07.34
Antonia Colamonico
Nel 1993, con "Fatto tempo spazio" (Oppi, Milano) immaginai una nuova architettura nell'insegnamento della Storia con l'apertura della lente-cognitiva a campo-finestra che permette di zoomare e miscelare le visualizzazioni fattuali, secondo un'organizzazione a nodi-maglie-reti. Con la costruzione a taglio spaziale della disciplina colsi il limite-confine della storiografia (campo di lettura), distinguendola dalla storia-bios (campo della vita). Si spiega così il nome Biostoria dato al nuovo campo osservativo.Fu un'operazione di metodo che di fatto ha reso tutte le letture soggettive, facendo cadere il "mito" dell'oggettività della lettura, con cui ancora gli storici e non solo, sono soliti unificare la verità di carta, con la verità dei fatti, a tempo presente.
Verità che resta come bloccata nella sua interezza al piano presente, dando solo echi di sé trasferibili in altre epoche.
L'eco è il vuoto di fatto.
Il vuoto apre nella mente le facoltà dell'immaginare.
La lettura di una dinamica fattuale implicitamente perde così il senso di oggettività storiografica e assume un valore relativo, vincolato/vincolante, che apre alle ideazioni divergenti e convergenti di contorno, destando una certa crisi di lettura, poiché perdere valore assoluto fa emergere il legame posizione di lettura-lettura-selezione-interpretazione dei fatti (rapporto osservato-osservatore-osservazione).
Ricordo che in alcuni convegni ciò fu letto come un relativismo storico da certi detentori della verità storica, oggi venditori di retorica.
La mia azione non mirò allo scardinare le funzioni dello storico, ma fu il semplice constatare che ogni scrittura è una scelta selettiva tra una molteplicità di eventi che una volta isolati sono intessuti a sostegno di un punto di vista, con una particolare possibilità evolutiva (le creste della Spugna storica).
A distanza di 20 anni, continuando l'azione del ricercare il significato nascosto dello stesso ricercare, sono approdata al limite della scienza tutta, che costruisce una realtà, fortemente influenzata dalla stessa azione-immaginazione del ricercatore che per primo ne traccia il solco di seminato.
Alle soglie del 3° millennio, le scienze per essere obiettive, dovranno iniziare ad indagare non solo i campi di osservazione, ma anche l'osservatore e le sue incidenze storiche nelle letture, poiché non si può più confondere la lettura con la vita, la storia con la storiografia.
L'osservazione è solo un punto-luogo di congiunzione, a tempo 0, tra l'osservato e l'osservatore che restano entrambi altra cosa da quella narrata.
Posto il limite come luogo di confine e di congiunzione, si potranno allora creare tanti limiti con tanti confini e moltiplicare le letture e le scritture, amplificando i medesimi campi scientifici, strutturati in un uno/tutto a forma frattale, dando sì le letture vincolate, ma sempre più aderenti, a pelle, di una realtà che si lascia inquadrare e deformare, per essere nuovamente inquadrata e deformata, in tanti viaggi esplorativi, in grado di rendere sempre più frastagliata la conoscenza di quell'oltre che si è soliti chiamare: Vita.
Quaderno di Biostoria n° 8
Il piglio eco-biostorico - Verso una scienza & metodo dello sguardo
Antonia Colamonico © 2013
Premessa
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