Data pubblicazione: 26-lug-2013 10.04.30
In Fatto tempo spazio (A. Colamonico. OPPI, Milano 1993) identificai un limite concettuale degli storici, avevo avuto modo di confrontarmi con il gruppo di lavoro coordinato dal prof. Ivo Mattozzi dell'Università di Bologna che stava progettando, in quegli anni a Bellaria, i nuovi programmi di storia per la scuola italiana, nelle carte che essi avevano elaborato per la rilettura dell'organizzazione disciplinare, era assente il campo del futuro a cui personalmente mi ero avvicinata con la mia indagine sulla rilettura a finestre dell'organizzazione della storia, in una società a nanosecondi.
Nelle loro indagini si parlava di due piani degli eventi, riconducibili ai fatti (campo del presente) e ai fattuali (campo del passato), per cui il loro sistema storiografico era interamente costruito su due poli di attrazione temporale:
Apparentemente potrebbe apparire non importante una simile riduzione di complessità della realtà Storia, ma osservando con una lente cognitiva più sgranata si coglie come un sistema a passato-presente sia ingabbiato in una forma di immobilismo economico-sociale-ideativo... Quello stallo di cui essi stessi parlavano, giustificando così il bisogno della rilettura dei programmi scolastici.
Rispetto al loro impianto organizzativo nel mio approccio al Sapere storico c'era l'aggiunta del campo del fattibile, come l'acquisto di una lungimiranza immaginativa in grado di aprire alla dimensione del sogno e del cambiamento.
Nella mia architettura della disciplina misi a fuoco che uno sguardo rivolto al passato-presente non è pari ad uno rivolto al passato-presente-futuro, c'è infatti uno scarto di possibilità nel movimento dell'occhio-osservatore, come una forma d'impossibilità ad attuare un salto di orizzonte.
Non fu facile difendere la mia posizione di lettura e come spesso avviene nei rapporti di potere il mio pensiero divergente, non essendo suffragato da chi è ai posti di comando, fu facile farlo passare di fronte ai corsisti per "confusionario". Ma oggi a distanza di 20 anni la mia lungimiranza si è rivelata una buona intuizione storiografica che mi ha permesso di aprire il nuovo campo di lettura a cui ho dato il nome di Biostoria.
In questi anni di silenzio mi sono chiesta il perché della loro rigidità cognitiva e la risposta che mi sono data è legata alla medesima organizzazione del pensiero:
Ogni presa di realtà apre uno scenario di futuro che non essendo ancora nato si fa spazio dell'utopia.
Imparare a relazionarsi con la "Finestra del Fattibile" (ciò che può essere fatto) rende lo sguardo dell'osservatore storico (ogni uomo) attento alle alee di campo che in ogni stato di presente rendono non scontate le dinamiche evolutive delle creste dei fatti storici. Essere attenti alle variazioni minime di campo, implica una mente non pregiudizievole, libera dalle gabbie ideologiche che creano le gerarchie di umanità e di parole, con gli avanzi di uomini e di significati che rivelano le cecità di lettura non del campo-vita, ma dello stesso osservatore che sta attuando la lettura.
" ... Cosa vuol dire essere profeta oggi, un una società a struttura mondo multi-etnica e multi-religiosa?
Non certo l'essere titolare di un privilegio cognitivo che renda eccezionale, una specie di titanismo delirante alla D'Annunzio, un quasi dio-terreno da venerare e porre su di un piedistallo, inclinatura data ad esempio ai re-faraone nell'antichità, ma semplicemente:
In tale capacità di attenzione al presente si impara a vedere le evoluzioni delle dinamiche a breve, a medio, a lungo termine e, così facendo, si potenziano le funzioni anticipative del cervello.
È lo steso osservatore che imparando a giocare con le proiezioni di eventi, apre gli spaccati dei paesaggi di domani, il profeta Geremia ad esempio osservando i comportamenti poco etici del suo tempo, profetizzò la cattività babilonese, ma anche oggi se si osservano le incongruenze di una politica da palcoscenico, non è difficile ipotizzare una cattività cinese o mussulmana o come qualcuno vorrebbe aliena:
L'essere profeta implica imparare a dilazionare gli sguardi, a variare le zumate nelle osservazioni, a sentire sé un uno/tutto della dinamica vitale, evitando le grettezze e le strettoie che rendono ghettizzate le società, in tante gabbie privatistiche di normalità generalizzata, imposta come un insieme di dogmi assoluti.
Si pensi:
Come già detto in altre pagine, le stesse neuroscienze stanno iniziando ad indagare sugli aspetti anticipativi del cervello che fanno spostare l'asse dell'indagine dai processi entropici a quelli sintropici, per cui si comincia ad ammettere che sia possibile per il cervello anticipare guizzi-flash di futuro che una volta attuatesi si fanno echi anticipativi di spazi-tempi nuovi che come scaglie vitali si mostrano per una frazione di secondi.
Si comprende, allora, come l'essere una mente anticipativa sia fortemente funzionale in un sistema mondo a nanosecondi.
Accettare ciò implica una rilettura delle logiche pedagogiche, economiche, politiche, sociologiche...
Un vero salto di paradigma che faccia della vita stessa il luogo dell'appartenenza e non della casta-ceto o del reddito-ricchezza.
Essere cittadino della vita, non implica il non essere cittadino del paese-stato o della famiglia-nucleo primordiale di appartenenza, ma semplicemente acquisire una capacità dialogica che sappia amplificare i significati e variare le scale e i campi-lente di riferimento, implementando le aperture logiche che permettono i passaggi-voli da un sistema di riferimento ad un altro.
Per essere più semplici:
Solo in un'apertura mentale a 360° il domani potrà trovare casa nell'oggi e rendere la mente libera di ipotizzare un mondo di pace che momento per momento, tempo 0 per tempo 0 possa iniziare a prendere storia, come un: Eccomi!"
Da: A. Colamonico. Topologia del gioco - Gli spazi de-finiti del tempo 0 © 2013