Ripensare l'economia


Premessa

Quanto espresso nella premessa è ben mostrato nel meraviglioso documentario L'Economia della Felicità

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Non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l'ha generato.
                                                            Albert Einstein

Il denaro non ha più valore di quello che la comunità gli attribuisce. Non ha un valore intrinseco, è un fenomeno culturale (come dicono alcuni, il denaro non si mangia, oppure è la più grande allucinazione collettiva moderna). Il sistema economico si basa su un accordo implicito, che il denaro ha un valore. E' un luogo comune che tutti ne vogliano e che per le cose importanti ce ne sia sempre poco.

Sembra che il denaro (e il sistema economico globale, la macchina-lavoro-planetaria) renda "felice" solo una minoranza della popolazione, e secondo i trend attuali, una minoranza sempre più ristretta.

Se il sistema ci rende infelici, per vivere nella verità dovremmo smettere di giocare al suo gioco, ma non è facile, le foreste nelle quali rifugiarsi sono sempre più rare. Oltre che smettere di giocare e scappare, l'unica soluzione logica è ascoltare il consiglio del grande Buckminster Fuller

"Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta.“

Per comprendere a fondo le leggi che governano questi fenomeni andrebbe condotta un'accurata indagine sistemica, ma in prima approssimazione possiamo basarci sul concetto che "quel che funziona viene adottato dalle comunità intelligenti". Se si trovasse una valida alternativa tecnica al denaro, l'uso di questa diventerebbe la norma nella misura in cui riesce a procurare benessere alle comunità che la adottano.

Si può farne a meno del denaro, in linea di principio? Si può pensare a uno strumento economico migliore, a un sistema migliore?

In linea di principio si, ma tutto sommato non è una scelta individuale, è una scelta della società (leggi Nexus, un testo divulgativo sulle reti, sociali e non)

Possiamo immaginare un mondo nel quale i praticamente tutti i bisogni materiali degli esseri umani possono essere soddisfatti. E' un'utopia? No, perché la storia (soprattutto quella dell'ultimo secolo) ci insegna che la capacità delle comunità umane di trovare soluzioni intelligenti ai problemi che le si sono presentati è proporzionale alla sua capacità di immaginazione.

L'unico vero ostacolo al miglioramento è la distruzione di valore collettivo dovuto al cozzare di comunità umane con altre, per cui il processo evolutivo viene rallentato. La sostanza comunque non cambia.

La cosa importante, per creare circoli virtuosi, non è sostituire il denaro in toto ma semplicemente di creare un'alternativa migliore e condivisa, dopodiché si tratta semplicemente di lasciare che l'evoluzione faccia il suo corso.


Demercificare il mondo per processi

Partendo dalla lettura del documento Economia monetaria ed economia non monetaria: disposizione interiore e pratiche di vita e di relazione di Maurizio Pallante scopriamo che possiamo considerare l'economia reale suddivisa in tre sfere:

  • la prima, la più interna, è costituita dall'autoproduzione
  • la seconda è costituita dall'economia del dono
  • ed infine, quella più esterna è quella mercantile, dove avviene la compravendita

Riporto un estratto dalle pagg. 11-12:

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Secondo le nostre teorie, tutte le economie possono essere rappresentate insieme come 3 cerchi concentrici. Al centro c’è l’autoproduzione di beni che c’è sempre stata e c’è ancora oggi (ad esempio la famiglia che prepara da mangiare). La prima corona circolare è l’economia del dono, la seconda è quella mercantile.

L’economia del dono è quella che hanno sempre praticato tutti i gruppi umani fino agli anni 50 e prevede la solidarietà e lo scambio del tempo. Se parliamo ad una persona di economia del dono, vediamo che non riesce a pensare ad altro se non al baratto. Il baratto è lo scambio delle cose e comporta era via l'introduzione della moneta. L'economia del dono è qualcosa di molto diverso. È solidarietà, attenzione nei confronti dell'altro e tutta quella rete che fa sentire che una persona non è sola. L’economia del dono ha contraddistinto tutti i gruppi umani in tutte le epoche storiche e aveva 3 regole anche se non sono mai state scritte da nessuno:

  1. L’obbligo di donare: donare appunto il tempo, se qualcuno ha bisogno di qualcosa lo si aiuta, non si chiede niente in cambio, lo si fa e basta. L’economia del dono è per definizione gratuita.
  2. L’obbligo di ricevere
  3. L’obbligo di restituire più di quello che si ha avuto. Ognuno scommette sull'altro, non si chiede niente, ma quando uno vedrà che l'altro avrà bisogno di qualcosa, lo aiuterà. Se fai di più di quello che io ho fatto per te, io a mia volta dovrò fare di più di quello che tu hai fatto per me. È un legame sociale. La parola “comunità” di cui noi abusiamo è composta da due vocaboli latini. Il primo è la preposizione “cum”, cioè in compagnia, in legame. Il secondo è la parola “munus” che significa dono. Le comunità sono gruppi umani in cui il legame, il “cum”, è costituito dal dono.

Naturalmente il dono non prevede lo scambio di denaro, non fa crescere il PIL, quindi è stato cancellato dalla testa della gente. Noi oggi, soprattutto nelle città, troviamo questo punto dolente. Come dicevo, una persona, per vivere, vende la sua capacità di lavorare in cambio di uno stipendio e con i soldi che riceve compra tutto quello di cui ha bisogno. Tutti i rapporti umani sono basati sulla compravendita e sono per definizione conflittuali. Chi vende cerca di guadagnare più soldi possibili e cerca anche di fregare chi compra se ci riesce. Chi compra cerca di pagare meno soldi possibili, se vede che chi vende ha l’acqua alla gola gli chiede un prezzo più basso. Il peggio arriva dopo, perché se tutti i rapporti sono basati sulla compravendita e sono conflittuali, con le persone con cui non si hanno rapporti di compravendita c’è l’indifferenza. Da te non compro niente, non ti vendo niente, per me non esisti.

La seconda corona circolare è l’economia mercantile. Non tutto si può riprodurre e non tutto si può scambiare sotto la forma di solidarietà e reciprocità; delle cose bisogna comprarle. Chi ha bisogno di un PC, di un telefonino, di una TAC, deve comprarla. Quindi una parte del lavoro deve essere dedicata alla produzione di merci per avere in cambio il denaro con cui procurarsi ciò che non posso né autoprodurmi né scambiare. La società della crescita ha esteso l’area della seconda corona circolare rosicchiando terreno alla prima. Una società della decrescita dovrà ribaltare questa situazione e instaurare tra i 3 elementi una sorta di rapporto di sussidiarietà. L'obbiettivo è arrivare ad organizzarsi in modo che tutto quello che si può auto produrre si autoproduca, quello che si può donare si doni, quello che non si può né autoprodurre né donare (in maniera ragionevole e conveniente in termini di tempo e di qualità) si compri. Questo è lo sviluppo dei beni che non passano attraverso la forma di merci. È molto complesso, si tratta proprio un paradigma culturale diverso. Noi siamo alla fine di un’epoca storica; qualcuno dice che è iniziata 250 anni fa con l’industrializzazione, qualcuno dice nel '600 con la scienza, qualcuno ieri sera parlava anche di capitalismo e società di mercato. Non possiamo confonderli, la società di mercato è una società che trova lo strumento di mercato come strumento migliore per lo scambio delle merci, il capitalismo invece non ha l’obbiettivo di produrre delle merci che rispondono ad un bisogno. Il suo obiettivo è quello di aumentare i profitti. Si produce per vendere, per avere più soldi di quelli che si avevano all’inizio. La finalità della produzione non sono delle merci che rispondono ad un bisogno in funzione del fatto che sono dei beni, ma sono delle merci utilizzate come strumento per accumulare denaro.

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Possiamo rappresentare in un diagramma alcuni scambi svolti nell'economia attuale, inserendo anche l'ambiente come "donatore" universale.

In figura, una rappresentazione dell'economia attuale. Nei nuclei familiari/amicali prevalgono gli scambi sotto forma di doni ( le frecce rosse) mentre le merci (frecce blu) prevalgono nei rapporti tra e con le imprese. Le frecce rosse corte rappresentano i "doni" dell'ambiente, che oggi vengono usati in eccesso.

La pratica della decrescita:

L'obiettivo è arrivare ad organizzarsi in modo che tutto quello che si può auto produrre si autoproduca, quello che si può donare si doni, quello che non si può né autoprodurre né donare (in maniera ragionevole e conveniente in termini di tempo e di qualità) si compri. Questo è lo sviluppo dei beni che non passano attraverso la forma di merci.
(pag. 12)

Ma come si fa a farlo a livello di territorio?

Ecco una proposta di massima per una procedura di demercificazione graduale degli individui e associazioni (anche imprese) consapevoli:

  • Si tracciano le realtà consapevoli.
  • Si identificano i loro bisogni.
    • Domanda: che cosa ti piacerebbe ricevere gratis? Che cosa desidereresti in dono?
  • Si fa una tabella di quello che comprano e vendono (ovvero dei processi mercificati).
    • La scienza che si occupa dell'analisi dei flussi economici è la bioeconomia
  • Si cercano altre realtà che possano soddisfare i loro bisogni in una economia del dono.
  • Si propone di passare al dono, ma tenendo una sorta di "taccuino" delle donazioni, cercando di mantenere un equilibrio in/out da verificare periodicamente

Si verifica che questo regime demercificato sia migliore.

  • Se il regime viene ritenuto migliore, si prende una parte dei beni che sono stati risparmiati, e si utilizza per il "bene comune", nel senso che viene rimessa in circoli che prima non c'erano, per parificare le condizioni di benessere sul territorio o per realizzare organi nuovi di gestione/produzione dei beni comuni
  • Si itera per tutte le realtà "produttive" fino ad arrivare ad un territorio semi-demercificato, dove le tre sfere sono equilibrate.

Esisterà un punto di equilibrio, quando la demercificazione non aumenterà più il benessere territoriale, a quel punto ci si può fermare (o perlomeno entrare a regime, visto che si dovrà sempre compensare la tendenza mercificatrice del sistema).

Ma come mai il dono? Perché il dono, diversamente da vendita, scambio e baratto, è “aperto”, restaura le relazioni umane, ed infine, in una società ipermercificata e in crisi come la nostra, crea abbondanza locale.

Un buon punto di partenza sarà quello delle realtà agricole (ovviamente biologiche o tendenzialmente tali), perché producono beni che sono tali per tutti, e quindi possono essere usati in molti casi come "moneta".

Per funzionare ottimamente, un sistema del genere sarà olistico, ovvero dovrà ragionare sulla demercificazione di -tutti- i beni, compresi quelli più immateriali, come il denaro (riflettere sulla cosa), l'housing, l'energia e le informazioni.

Oltre ai testi di Pallante, sono da conoscere e considerare anche altre idee

Quella qui sopra è l'idea più avanzata. Di seguito invece il percorso che mi ci ha portato.

Sistema informatico per lo sviluppo di economie alternative
Fonte d'ispirazione: Che cos'è una RBE, secondo lo Zeitgeist Movement
                             La RBE dà una prospettiva, ma va umanizzata. Come?
                             con la Decrescita Felice (Pallante), per esempio