Il principio, del Tao Te Ching inizia così:
Il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre delle diecimila creature
(Lao Tzu)
La realtà ultima non è accessibile tramite le parole.
I poeti lo sanno bene, che quando si cerca di carpire ciò che risiede al centro del cuore, non si riesce. Ogni parola è pallida luna in confronto allo splendore del sole che in realtà si tenta di esprimere.
Cosa ha a che fare dunque quello che pensiamo della realtà con la realtà stessa? Possiamo pensare indifferentemente a tutto e al contrario di tutto, oppure c'è un rapporto tra il pensabile, il verosimile ed il vero, in maniera tale che il pensabile abbia per necessità un legame (seppur labile) con il vero?
Se si assume il contrario, ovvero che il pensabile abbia la possibilità di essere assolutamente svincolato dal reale, mi sembra si arrivi ad una posizione relativistica. Infatti, che cosa ci garantisce che il nostro stesso pensiero abbia qualche attinenza con la realtà?
Partiamo quindi supponendo che il pensabile (e quindi il dicibile) abbia più o meno attinenza con la realtà. Se è vero, allora la verità "ultima" potrebbe essere (asintoticamente) raggiunta con parole e pensieri.
Prendendo in prestito la teoria dei memi, possiamo considerare che forse anche tra le culture sopravvive quella che è adatta. Adatto, relativamente alle idee, significa che un'idea è in qualche maniera è conforme alla realtà. Le mentalità possono avere o meno un loro valore di sopravvivenza (cosa non palese nell'occidente opulento). Riferendosi a una società più semplice della nostra, una cultura che favorisca il suicidio è probabilmente meno prospera di una che lo condanna.
Se diverse culture, che magari non si sono mai incontrate in tempi storici, posseggono un boquet di idee/concetti in comune, allora quel qualcosa ha probabilmente più che fare con la realtà che con la specifica cultura. Leggendo le culture come tentativi più o meno riusciti di "giungere alla verità", varrebbe la pena confrontarle per capire se qualcosa le accomuna. Un po' come il buon senso popolare insegna a sentire diverse campane, per farsi un'idea realistica su una situazione.
Per questo ritengo interessante l'idea di una filosofia perenne: persone diverse dicono le stesse cose, pur usando parole diverse. La diversità deriva dallo strumento linguistico usato, piuttosto che da una diversità di quel che si va a esprimere.
Per conoscere la realtà utilizzando questo fenomeno sarebbe proficuo avvalersi di uno strumento in grado di tener conto di quello che i "saggi" hanno detto nel tempo, agevolando i paragoni intra e interculturali.
Per quanto detto, i concetti perenni sono in qualche modo gli attrattori del linguaggio: l'evoluzione della lingua deriva dal tentativo della coscienza di conformarsi sempre meglio a queste "realtà eterne", le quali ancorano la coscienza umana al di là di tutte le immaginazioni che questa può costruire.
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