Venetorum angulus:

le fonti

Le testimonianze antiche

Strabone [fine I sec. a.C., inizio I d.C.] , Geografia, V, 1, 5 (in Geografia, Italia, lb. V-VI, a c. di M. Biraschi, Milano, Rizzoli 1988)

"Tutta la regione abbonda di fiumi e di paludi, ma soprattutto la terra dei Veneti dove si aggiungono anche i movimenti del mare. Infatti di tutto il nostro mare quasi solo queste zone presentano fenomeni simili a quelli dell'Oceano e vi hanno luogo flussi e riflussi per opera dei quali la maggior parte della pianura è piena di lagune. Come avviene nella zona del Basso Egitto, si provvede all'irrigazione attraverso canali ed argini e così il paese in parte viene prosciugato e coltivato, in parte è navigabile. Delle città che si trovano lì, alcune sono come isole, altre sono parzialmente circondate dall'acqua. Quante sono situate al di là delle paludi, nell'interno del paese, hanno mirabili vie fluviali, prima fra tutte il Po: infatti quest'ultimo rappresenta la maggiore di queste vie e spesso si gonfia per le piogge e le nevi; dividendosi poi in molti bracci presso la foce, l'imboccatura ne risulta ostruita e l'accesso è difficile. L'esperienza, tuttavia, supera anche le più grandi difficoltà» [...]

Delle città situate fra le paludi la maggiore è Ravenna, costruita interamente in legno e attraversata dall'acqua: vi si circola perciò su ponti e su barche. Quando c'è l'alta marea, la città riceve al suo interno una parte non piccola di mare cosicché, asportato il fango da questa e dai fiumi, viene eliminata la malaria, Il luogo dunque è riconosciuto così salubre che i governanti lo designarono per mantenervi e farvi esercitare i gladiatori. Anche Altinum [Altino] è situata nella palude ed ha una posizione che somiglia a quella di Ravenna» (V, 1, 7).

«Opitergium [Oderzo], Concordia, Adria, Vicetia [Vicenza] ed altre piccole città siffatte ricevono minori danni dalle paludi e sono congiunte al mare per mezzo di piccoli canali. Dicono di Adria che fu città illustre, che diede anche il nome al Golfo Adriatico, con un piccolo cambiamento. Aquileia, poi, che è la più vicina al recesso dell'Adriatico, è fondazione dei Romani, fortificata contro i barbari dell'interno. Si risale con le navi' verso la città rimontando il corso del Natiso [Natisone] per circa 60 stadi. Essa serve da emporio a quei popoli illirici che abitano lungo l'Istro: costoro vengono a prendere i prodotti provenienti dal mare, il vino che mettono in botti di legno caricandole su carri e, inoltre, l'olio, mentre la gente della zona viene ad acquistare schiavi, bestiame e pelli»(V, 1, 8).

“Queste città sono situate parecchio lontano dalle lagune, Padova invece vi è vicina. Essa, superiore a tutte le città della regione, ha fatto recentemente, si dice, registrare 500 cittadini di ordine equestre e in passato poteva costituire un’armata di 120.000 uomini. La quantità dei manufatti che invia al mercato di Roma, tra l’altro articoli di vestiario di ogni genere, rivela anche l’importanza della popolazione di questa città e la sua industriosità. La si raggiunge dal mare rimontando per 250 stadi, a partire da un grande porto, un fiume che attraversa le paludi. Questo porto si 168 chiama Medoaco, come il fiume stesso. ...Anche Altino si trova in mezzo alle lagune, in una condizione molto simile a quella di Ravenna. In mezzo a queste due città vi è Butrio, un centro dipendente da Ravenna e Spina, che ora è un villaggio, mentre prima era una rinomata città greca. Infatti a Delfi si mostra un tesoro degli Spineti e tra l’altro, di questa città, si racconta che esercitò il dominio sul mare. Si dice che essa fosse sorta sul mare, ora invece è all’interno, alla distanza di circa 90 stadi dal mare. Ravenna poi è, a quanto si dice, una fondazione dei Tessali; e questi, non riuscendo a resistere alle violenze dei Tirreni, accolsero spontaneamente un gruppo di Umbri, che ancor oggi occupano la città, mentre essi stessi tornarono in patria. Queste città sono in gran parte circondate da paludi e soggette quindi a inondazioni.”

Le immagini di questa pagina: Paesaggio virtuale della via Annia nei pressi di ca' Tron durante la fase romana in una navigazione a volo d’uccello (da Cerato I., Vassallo V., PROGETTO CA’ TRON: DALLE INDAGINI SUL CAMPO ALLA RICOSTRUZIONE DEL PAESAGGIO, in "Archeologia e Calcolatori", Supplemento 2, 2009, 153-159 ) a confronto con un'odierna ripresa aerea.

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VITRUVIO POLLIONE (I sec. a.C.), « De architectura », II, 10

Item, si in paludibus moenia constitutata erunt, quae paludes mare fuerint, spectabuntque ad septentrionem aut inter septentrionem et orientem, eaque paludes excelsiores fuerint quam litus marinum, ratione videbantur esse costituta. Fossis enim ductis aquae exitus ad litus, et mare tempestatibus aucto in paludes redundantia motionibus concitata marisque mixtionibus non patitur bestiarum palustrium genera ibi nasci, quaequae de superioribus loci natando proxime litus perveniunt, inconsueta salsitudine necantur. Exemplar autem huius rei Gallicae paludes possunt esse, quae circum Altinum, Ravennam, Aquileiam, aliaque quae in eiusmodi locis municipia sunt proxima paludibus, quod his rationibus habent incredibilem salubritatem. Quibus autem insidentes sunt paludes et non habent exitus profluentes neque flumina neque per fossas, uti Pomptinae, stando putescunt et umores graves et pestilentes in his loci emittunt.

"Poniamo ora il caso che si debbano costruire le mura di una città in un terreno paludoso, che si trovi però lungo la linea del mare e guardi a nord oppure a nord-est e sia infine, più elevato rispetto al litorale marino. Il progetto sarà ragionevolmente attuabile. Basterà, infatti, scavare un canale che porti fino alla costa: l’acqua defluirà nel mare e il mare stesso, durante le tempeste, penetrerà con i suoi flutti gonfi fino all’interno della palude, impedendovi la nascita di animali palustri e provocando con la salinità delle sue acque la morte di quegli esemplari che, provenienti dall’interno siano giunti a nuoto fino alla zona costiera. Ne sono un esempio, proprio per la straordinaria salubrità che hanno acquisito con tali accorgimenti le paludi della Gallia che circondano Altino, Ravenna e Aquileia e altri municipi di quella regione. Dove invece l’acqua ristagna – è il caso delle paludi Pontine – e non è possibile farla defluire per mezzo di fiumi o di canali, imputridisce, esalando all’intorno gravi e pestilenziali miasmi".

GAIO PLINIO SECONDO (Como, 23 d.C. - 79 d.C.), Naturalis Historia, III, 18, 126

Sequitur decima regio Italiae, Hadriatico mari adposita, cuius Venetia, fluvius Silis ex montibus Tarvisanis, oppidum Altinum, flumen Liquentia ex montibus Opiterginis et portus eodem nomine, colonia Concordia...

Poi viene la decima regione d'Italia, sulle rive del mare Adriatico, dove si trovano la Venezia, il fiume Sile che scende dai monti del Trevigiano, la città di Altino, il fiume Livenza (che scende) dai monti di Oderzo, con il porto omonimo, la colonia di Concordia...

III, 119, 120, 121

Nec alius amnium tam brevis spatio maioris incrementi est. Urquetur quippe aquarum mole et in profundumagitur, gravis terrae, quamquam diductus in flumina et fossis inter Ravennam Altinumque per CXX, tamen , qua largius vomit, Septem maria dictus facere.”

"Nessun altro fiume aumenta la sua portata più del Po, in così breve spazio; è infatti incalzato dalla massa delle acque e la spinta non si esaurisce se non nel mare aperto, rendendo il fiume dannoso per le terre circostanti, sebbene sia deviato in bracci e canali lungo un arco di 120 miglia, fra Ravenna e Altino; pure là dove si scarica con più abbondanza, i suoi rami sono chiamati Sette Mari".

Augusta fossa Ravennam trahitur, ubi Padusa vocatur, quondam Messanicus appellatus. Proximus inde ostium magnitudinem portus habet qui Vatreni dicitur, qua Claudius Caesar e Britannia triumphans praegrandi illa domo verius quam nave intravit Hadriam. Hoc ante heridanum ostium dictum est, ab aliis Spineticum ab urbe Spina, quae fuit iuxtapraelevans, ut Delphicis creditum est thesauris, condita a Diomede. Auget ibi Padum Vatrenus amnis ex Forocorneliensi agro, Proximus inde ostium Caprasie, dein Sagis, dei Volane, quod ante olane vocabatur, omnia ea fossa Flavia, quam primi a Sagi fecere Tusci egesto amnis impetu per transeversum in Atrianorum paludes quae Septem Maria, appellantur, nobili portu oppidi Tuscorum Atriae, a quo Atricum mare ante appellabatur, quod nunc Hadriaticum. Inde ostia plena Carbonaria, Fossiones ac Philistina, quod alii Tartarum vocant, omnia ex Philistinae fossae abundatione nascentia, accedentibus Atesi ex Tridentinis alpibus et Togisono ex patavinorum agris.

"Mediante la fossa Augusta, un ramo del Po è portato a Ravenna, e qui è chiamato Padusa, in altri tempi conosciuto come Messanico. Più a settentrione la successiva foce del fiume ha l’ampiezza di uno scalo portuale ed è detta del Vatreno; attraverso questa l’imperatore Claudio, reduce dalla vittoria riportata in Britannia, entrò nell’Adriatico su una nave grande quanto una casa. Questo sbocco fluviale già fu chiamato Eridano e fu detto Spinetico, per la città di Spina che ivi sorgeva, che fu potente grazie alle sue ricchezze, come dicevano, conservate a Delfi, e che venne fondata da Diomede. Quivi il fiume Vatreno, proveniente dal territorio di Imola, porta alimento alle acque del Po. A questo ramo terminale segue la foce detta Caprasia, poi quella del Sagis e infine la bocca del Volano, conosciuto un tempo come Olane. E tutti questi rami finali del Po sono fra loro collegati dalla Fossa Flavia, che già gli etruschi avevano aperto in questi luoghi, tagliando le correnti fluviali fino a raggiungere le paludi adriane, dette anche Sette Mari, dove si incontra il famoso porto di Adria, città etrusca, da cui prese il nome quel mare che oggi è chiamato Adriatico. Vi sono poi foci ricche di acqua, chiamate Carbonaria, Fossiones e Philstina, quest’ultima indicata anche con il nome di Tartaro, e tutte queste traggono origine dallo straripare della fossa Philstina a causa dell’apporto dell’Adige, che scende dalle Alpi Tridentine, e del Togisono, proveniente dal territorio di Padova".

MARZIALE, Epigrammata, IV, 25

Aemula Baianis Altini litora villis

Et Phaethontei conscia silva rogi,

Quaeque Antenoreo Dryadum pulcherrima Fauno

Nupsit ad Euganeos Sola puella lacus,

Et tu Ledaeo felix Aquileia Timavo,

Hic ubi septenas Cyllarus hausit aquas

Vos eritis nostrae requies portusque senectae,

Si iuris fuerint otia nostra sui.

"O lidi di Altino, emuli delle ville di Baia, o selva testimone del rogo di Fetonte, o fanciulla Sola, la più bella delle Driadi, che presso i laghi euganei hai sposato Fauno Antenoreo, e tu, o Aquileia, felice per il Ledeo Timavo, qui dove Cillaro bevette dalla fonte a sette getti, voi sarete la quiete e il porto della nostra vecchiaia, se una vita tranquilla ci spetta."

SERVIO, Georgica, I, 262.

… quia pleraque pars Venetiarum, fluminibus abundans, lintribus exercet omne commercium, ut Ravenna, Altinum, ubi venatio et aucupia et agrorum cultura lintribus exercetur …

CASSIODORO (Flavius Magnus Aurelius Cassiodorus) , Varie, XII, 24

Questo testo di Cassiodoro, prefetto del re ostrogoto Vitige, risale ai primi anni della guerra gotica (537-538 d.C.). Contiene preziose informazioni sui territori e sugli abitanti delle Venezie prima di Venezia.

Tribunis maritimorum Senator, praef. praet.

1. Data pridem iussione censuimus ut Histria vini, olei vel tritici species, quarum praesenti anno copia indulta perfruitur, ad Ravennatem feliciter dirigeret mansionem. sed vos, qui numerosa navigia in eius confinio possidetis, pari devotionis gratia providete, ut quod illa parata est tradere, vos studeatis sub celeritate portare. similis erit quippe utrisque gratia perfectionis, quando unum ex his dissociatum impleri non permittit effectum.estote ergo promptissimi ad vicina, qui saepe spatia transmittitis infinita.

2. Per hospitia quodammodo vestra discurritis, qui per patriam navigatis. accedit etiam commodis vestris, quod vobis aliud iter aperitur perpetua securitate tranquillum. nam cum ventis saevientibus mare fuerit clausum, via vobis panditur per amoenissima fluviorum. carinae vestrae flatus asperos non pavescunt: terram cum summa felicitate contingunt et perire nesciunt, quae frequenter inpingunt. putantur eminus quasi per prata ferri, cum eorum contingit alveum non videri. tractae funibus ambulant, quae stare rudentibus consuerunt, et condicione mutata pedibus iuvant homines naves suas: vectrices sine labore trahunt, et pro pavore velorum utuntur passu prosperiore nautarum.

3. Iuvat referre quemadmodum habitationes vestras sitas esse perspeximus. Venetiae praedicabiles quondam plenae nobilibus ab austro Ravennam Padumque contingunt, ab oriente iucunditate Ionii litoris perfruuntur: ubi alternus aestus egrediens modo claudit, modo aperit faciem reciproca inundatione camporum. hic vobis aquatilium avium more domus est. nam qui nunc terrestris, modo cernitur insularis, ut illic magis aestimes esse Cycladas, ubi subito locorum facies respicis immutatas.

4. Earum quippe similitudine per aequora longe patentia domicilia videntur sparsa, quae natura protulit, sed hominum cura fundavit. viminibus enim flexibilibus illigatis terrena illic soliditas aggregatur et marino fluctui tam fragilis munitio non dubitatur opponi, scilicet quando vadosum litus moles eicere nescit undarum et sine viribus fertur quod altitudinis auxilio non iuvatur.

5. Habitatoribus igitur una copia est, ut solis piscibus expleantur. paupertas ibi cum divitibus sub aequalitate convivit. unus cibus omnes reficit, habitatio similis universa concludit, nesciunt de penatibus invidere et sub hac mensura degentes evadunt vitium, cui mundum esse constat obnoxium.

6. In salinis autem exercendis tota contentio est: pro aratris, pro falcibus cylindros volvitis: inde vobis fructus omnis enascitur, quando in ipsis et quae non facitis possidetis. moneta illic quodammodo percutitur victualis. arti vestrae omnis fluctus addictus est. potest aurum aliquis minus quaerere, nemo est qui salem non desideret invenire, merito, quando isti debet omnis cibus quod potest esse gratissimus.

7. Proinde naves, quas more animalium vestris parietibus illigatis, diligenti cura reficite, ut, cum vos vir experientissimus Laurentius, qui ad procurandas species directus est, commonere temptaverit, festinetis excurrere, quatenus expensas necessarias nulla difficultate tardetis, qui pro qualitate aeris compendium vobis eligere potestis itineris.

"Ai Tribuni dei marittimi, Senatore, Prefetto Pretorio.

Con ordine già impartito, ho deciso che la produzione di vino e di olio d’Istria, della quale c’è una grande abbondanza quest’anno, venga trasportata con buon esito alla sede di Ravenna. Quindi voi, che possedete ai suoi confini numerose navi, con pari e cortese impegno provvedete a trasportare celermente ciò che quella (regione) è pronta a dare.

Entrambi i compiti hanno uguale importanza, dal momento che l’uno dissociato dall’altro non permette la realizzazione dello scopo. Siate quindi assai preparati a percorrere spazi vicini, voi che spesso percorrete spazi infiniti. Voi che navigate attraverso i mari della patria, in qualche modo correte qua e là per luoghi ospitali che vi appartengono.

Si aggiunge anche ai vostri vantaggi il fatto che per voi è accessibile un altro percorso tranquillo e sempre sicuro. Infatti, quando il mare non è navigabile a causa dell’infuriare dei venti, si apre a voi una via comodissima attraverso i fiumi. Le vostre navi non temono i venti violenti, toccano il terreno con grandissima facilità senza subire danni e non si rovinano, anche se urtano frequentemente.

Da lontano si può credere che vengano quasi portate attraverso i prati, quando capita di non vedere il loro canale. Trascinate dalle funi procedono, esse che si solito stanno legate alle gomene, e, cambiata la situazione, gli uomini a piedi le aiutano ad avanzare. Gli uomini trascinano senza alcuna fatica le navi da trasporto e usano al posto delle pericolose vele il passo più sicuro dei marinai.

Vale la pena di ricordare come sono le vostre abitazioni, che io ho visto. Le Venezie, famose un tempo e piene di nobiltà, confinano a sud con Ravenna e il Po, mentre ad oriente godono della bellezza del litorale ionico, dove l’alterno moto della marea ora copre d’acqua ora fa vedere l’aspetto dei campi.

Qui voi avete la vostra casa simile in qualche modo ai nidi degli uccelli acquatici. E infatti ora appare terrestre ora insulare, tanto che si potrebbe pensare che esse siano le Cicladi, dove improvvisamente si può scorgere l’aspetto dei luoghi trasformato.

In modo simile le abitazioni sembrano sparse per il mare attraverso distese molto ampie, ed esse non sono opera della natura, ma della cura degli uomini.

Infatti in quei luoghi la consistenza del suolo è resa più solida da intrecci di rami flessibili e non si esita ad opporre questa fragile difesa alle onde marine; ciò evidentemente quando la costa poco profonda non riesce a respingere la grandezza delle onde e queste restano senza forza perché non sono sostenute dall’aiuto della profondità.

Dunque vi è una sola cosa in abbondanza per gli abitanti, che si saziano di soli pesci. Lì la povertà convive con la ricchezza allo stesso modo. Un unico cibo sfama tutti, case simili ospitano tutti.

Non conoscono invidia per la casa e in questo modo chi ha meno evita il vizio al quale si sa che il mondo è soggetto.

Tutto il vostro impegno è rivolto alla produzione del sale: fate girare i rulli al posto dell’aratro e delle falci: da qui nasce ogni vostro guadagno dal momento che in ciò possedete anche le cose che non avete. Lì in qualche modo viene coniata una moneta che vi permette di vivere. Ogni flutto è al servizio della vostra arte. Qualcuno forse può non cercare l’oro, ma non c’è nessuno che non desideri avere il sale e giustamente, dal momento che ogni cibo che ha buon sapore lo deve a questo.

Perciò riparate diligentemente le navi che tenete legate alle pareti delle vostre case come animali, in modo che quando Laurenzio, uomo di grande esperienza, che è incaricato di procurare queste merci, vi darà l’ordine, vi affrettiate ad andare, senza ritardare le spese necessarie a causa di qualche difficoltà, voi che a seconda delle condizioni del tempo potete scegliervi la strada più adatta.

Procopio di Cesarea

Libro I, 1.

Teodorico mosse verso l'Italia, e la popolazione gotica, caricati sui carri fanciulli e donne e suppellettili quanto ne potevan portare, mosse appresso a lui. Giunti però nel golfo Ionio, non avendo navi, tragittar non potevano; girando lungo il golfo procedettero innanzi attraverso ai Taulanti ed altre genti di quella contrada.

Fattisi contro costoro quei di Odoacre e battuti in assai battaglie, si raccolsero insieme col duce loro in Ravenna ed in altre località delle meglio fortificate. I Goti, posto l'assedio, giunsero ad impadronirsi o in un modo o in un altro di tutti gli altri luoghi; solo Cesena, piazza forte distante trecento stadi da Ravenna, e Ravenna stessa, ove pur trovavasi Odoacre, non riuscirono a prendere a forza né a ridurla ad arrendersi.

Perciocché Ravenna è situata in una pianura sul termine postremo del golfo Ionico; separata dal mare per due stadi di distanza, non è di facile accesso per le navi, né pare lo sia neppure per le milizie di terra.

Giacché le navi a quel lido punto non possono approdare, impedendolo il mare stesso che ha bassi fondi per non meno di trenta stadi, e quantunque a chi naviga appaia quella proda vicinissima, pure di fatto per la estensione dei bassi riesce assai lontana. E neppure per un esercito di terra riesce praticabile.

Poiché il fiume Po, chiamato anche Eridano, che colà arriva dai confini celtici, ed altri fiumi navigabili e laghi fanno che la città sia circondata da acque. Ivi ogni giorno accade cosa che tiene del maraviglioso. Il mare al mattino foggiandosi a fiume penetra dentro terra per il tratto di un dì di cammino d'uomo aitante, rendendosi navigabile in pieno continente; a sera tarda però, disfacendo la via acquatica, refluisce e l'onda fluente ritrae a sé.

Quanti adunque han da introdurre cose d'uso in città o da esportarne per commercio o per altra ragione, posto il carico sulle navi e trattele sul luogo ove la via d'acqua suole formarsi, aspettano l'afflusso; giunto che quello sia, le navi sollevate pian piano da terra si librano nell'acqua e i marinari addetti ad esse postisi all'opera tosto navigano. Né ciò accade colà soltanto, ma su tutta quella spiaggia continuamente fino alla città di Aquileia.

Questo però non suole così avvenire in ogni tempo; ché quanto più fioca è la luce della luna, neppur forte riesce l'avanzarsi del mare; dopo giunta a mezzo però la luna fino al suo tornare calando a mezzo, più forte suol essere il flusso. Ma su di ciò tanto basti.

PAOLO DIACONO, Historia romana (VIII sec.)

Plura praeterea eisdem regionis castella immanis hostis extinctis vel captivitatis civibus, succendit ac diruit, Concordiam, Altinum, sive Patavium, vicinas Aquileiae civitates, illius instar demoliens solo coaequavit.

Inoltre un nemico crudele si impadronì di molte fortificazioni della medesima regione, che incendiò e distrusse, uccidendo o prendendo prigionieri i suoi abitanti. Distrutte e rase al suolo allo stesso modo Concordia, Altino e così Padova, città vicine ad Aquileia.

L'alluvione del 589 d.C.: nulla fu più come prima nell'assetto idrogeologico dell'area delle Venezie

Paolo Diacono, Historia Langobardorum, 3, 23:

Fuit aquae diluvium in finibus Veneciarum et Liguriae seu ceteris regionibus Italiae, quale post Noe tempore creditur non fuisse. Factae sunt lavinae possessionum seu villarum hominumque pariter et animantium magnus interitus. Destructa sunt itinera, dissipatae viae...

"A quel tempo ci fu un diluvio nei territori della Venezia, della Liguria e di altre regioni d'Italia, quale non si crede ci sia più stato dal tempo di Noè. Terreni e fattorie diventarono laghi, e ci fu grande strage sia di uomini che di animali. Furono distrutte strade, cancellati sentieri..."

Le testimonianze di Paolo Diacono sulle vicende delle Venezie a partire dal VI secolo sono consultabili QUI.

A sinistra, paesaggio virtuale della via Annia la fase medievale in una navigazione a volo d’uccello (da Cerato I., Vassallo V., PROGETTO CA’ TRON: DALLE INDAGINI SUL CAMPO ALLA RICOSTRUZIONE DEL PAESAGGIO, in "Archeologia e Calcolatori", Supplemento 2, 2009, 153-159 ). A destra, ricostruzione dei principali insediamenti e vie di comunicazione nell'Alto Medioevo (da Archeoveneto.it). Usa Juxtapose per confrontare le immagini affiancate, spostando la barra di scorrimento.

Le testimonianze ottocentesche

J. RUSKIN, The Stones of Venice (“Traveller’s edition”), III, II, Orpington (Kent) 1879

“Tredici secoli fa la grigia palude aveva lo stesso aspetto di ora e le purpuree montagne si elevavano ugualmente radianti nelle profonde distanze della sera, ma sulla linea dell’orizzonte si vedevano strani fuochi confondersi con le luci del tramonto, e si udiva il lamento di molte voci umane confondersi col rumore delle onde che si frangevano sulle sabbie. Le fiamme sorgevano dalle rovine di Altinum, ed il lamento dalla moltitudine del suo popolo, cercante, come un tempo Israele, sulle vie del mare un asilo contro le spade nemiche. Il bestiame pascoli e riposa sul luogo dove sorgeva la città da essi lasciata, la falce del mietitore passa sulle strade della città da essi costruita, e la tenera erba manda il suo profumo nell’aria della notte, unico incenso che profumi il tempio del loro culto antico”.

J. von Schlosser, Venezia a Ferrara [1897], Medusa Edizioni, 2016

«Le rive del vertice esterno dell’Adriatico erano per gli antichi una terra meravigliosa. Là, alle sorgenti dell’enigmatico Timavo che irrompendo da tre fenditure della roccia precipita, dopo una corsa imponente ma della durata di poche ore soltanto, nel mare, attraversando boschi in cui ancora in epoca storica pascolavano mandrie di tori selvatici, gli uri, sbarcarono un tempo gli Argonauti, gli eroi della colonizzazione greca. Padova si gloriava di essere stata fondata dai progenitori Veneti, Antenore, fuggito da Troia, la sua tomba, un antico sarcofago romano, è ancora un emblema della città. Alle rive del Po fu circoscritta la gentile leggenda di Fetonte, le cui sorelle, tramutate in scuri pioppi, piansero lacrime d’ambre dai riflessi d’oro. [...]

L’aspetto esteriore di quelle coste era naturalmente, 2000 anni fa, assai diverso, anche a prescindere dalle alterazioni del suolo. Vaste selve – di cui le pinete di Ravenna, di Brondolo dietro a Chioggia (che arrivano fino all’Adige nei pressi di Cavanella) e quelle di Belvedere vicino a Grado, non sono che ben miseri resti – nelle quali, a poca distanza da Caorle e Jesolo, gli antichi dogi andavano a caccia di ceri e di cinghiali, si alternavano a pascoli ubertosi, dove si lasciavano galoppare le mandrie dei famosi cavalli da corsa veneti, apprezzatissimi dagli antichi greci come da noi oggi quelli degli allevamenti inglesi.