Kerangal

M. de Kerangal, Nascita di un ponte, Milano, Feltrinelli, 2013 [NAISSANCE D’UN PONT, © 2010 Édition Gallimard]

Bisognava invadere la Terra o il cielo? Bisognava dare una prova di forza, optare per un’opera possente, una combinazione di parti massicce, pesanti, come il ponte di Maracaibo? O era meglio un’opera trasparente, aerea, una costruzione dalle strutture capaci di concentrare la materia in pochi elementi, un’opzione di finezza, come il viadotto di Millau? Occorreva sbloccare la città o saldare due paesaggi, sostituirsi alla natura, utilizzarne le linee o fondervisi? Il Boa non sa, vuole tutto. Innovazione e tradizione, impresa fiorente, bellezza e record mondiale. Si presenta un uomo con la soluzione. Il suo nome è Ralph Waldo, sbarca da San Paolo, è un architetto al tempo stesso celebre e segreto. Entra nella sala reclamata per i colloqui del concorso, le mani libere e calme lungo il corpo, descrive la forma che riunisce i luoghi: per esprimere l’avventura della migrazione, l’oceano, l’estuario, il fiume e la foresta, la passerella di liane al di sopra delle gole e la piattaforma che danza nel vuoto, ha scelto un’amaca altamente tecnologica; per esprimere l’agilità e la forza, la flessibilità e la resistenza alle forze sismiche, ha scelto una matassa di cavi massicci e ancoraggi di cemento; per esprimere l’ambizione della città, ha scelto due torri di metallo conficcate nel letto del fiume, grattacieli trasmettitori di potenza e ricettori d’energia; per esprimere il mito, ha scelto il rosso. Ovvero un ponte sospeso d’acciaio e cemento. L’architetto annuncia dimensioni paragonabili ai più grandi ponti sospesi del pianeta, per lo più ponti di estuari o di stretti oceanici. Lunghezza: millenovecento metri; campata centrale: milleduecentocinquanta metri; larghezza: trentadue metri; distanza della piattaforma dall’acqua: settanta metri; altezza delle torri: duecentotrenta metri. Una follia di grandezza, come un enorme desiderio in un corpo piccolissimo. Ora, afferma Waldo, la sola presenza di questo ponte nel cuore di Coca farà sembrare la città più grande, più aperta e più prospera – un semplice gioco di proporzioni rapportato alle armoniche dello spazio, la percezione di un attraversamento più che di un ponte, una bizzarria ottica.

Tu dammi i progetti e io ti costruisco quello che ti pare, qualunque cosa, pure un ponte per l’inferno – Diderot fuma nel suo ufficio al ventesimo piano della Tour Héraclès alla Défense, faccia rivolta alla vetrata, massa nera ritagliata in controluce sul vetro celestino, stazza imponente che sovrasta una capitale di coriandoli elettrizzati dalle partenze del venerdì sera – dammi quei progetti porca puttana, i progetti, nient’altro.

La nostra analisi

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