I ponti della via Annia

I ponti lungo la via Annia da Patavium a Iulia Concordia

Questo è il cuore della nostra esplorazione del territorio in cui abitiamo, sulle tracce degli antichi, di ponte in ponte, attraversando acque e tempo.

Il territorio veneto prima della romanizzazione

L'acqua sin dall'antichità rappresentò una minaccia e una risorsa per il territorio, così come la palude: minaccia per le frequenti alluvioni che distruggevano abitazioni e strutture precarie e infestate dalla mortale malaria, ma anche fondamentale risorsa per la vita quotidiana, in funzione dell'agricoltura e delle attività artigianali. I fiumi, in particolare, i loro rami e canali di collegamento (fossae per transversum) costruiti nel tempo possono essere considerati le autostrade dell'antichità: sull'acqua giravano merci, idee e novità che si diffondevano da un insediamento all'altro. I veneti antichi [1], in particolare, impararono ben presto a convivere con un paesaggio anfibio: a causa del territorio paludoso e ricco d'acqua, si insediarono prevalentemente su dossi lungo i fiumi, in semplici capanne realizzate in materiali deperibili: argilla e mattoni crudi per le pareti, legno e paglia per le coperture, legname per le legature. Così la regione viene descritta nella Geografia di Strabone:

Tutta la regione abbonda di fiumi e di paludi, ma soprattutto la terra dei Veneti dove si aggiungono anche i movimenti del mare. Infatti di tutto il nostro mare quasi solo queste zone presentano fenomeni simili a quelli dell'Oceano e vi hanno luogo flussi e riflussi per opera dei quali la maggior parte della pianura è piena di lagune. Come avviene nella zona del Basso Egitto, si provvede all'irrigazione attraverso canali ed argini e così il paese in parte viene prosciugato e coltivato, in parte è navigabile. Delle città che si trovano lì, alcune sono come isole, altre sono parzialmente circondate dall'acqua. Quante sono situate al di là delle paludi, nell'interno del paese, hanno mirabili vie fluviali, prima fra tutte il Po: infatti quest'ultimo rappresenta la maggiore di queste vie e spesso si gonfia per le piogge e le nevi; dividendosi poi in molti bracci presso la foce, l'imboccatura ne risulta ostruita e l'accesso è difficile. L'esperienza, tuttavia, supera anche le più grandi difficoltà.[2]

L'acqua che lava e pulisce era sacra fin dai tempi remoti, era simbolo di nuova vita, di una dimensione ultraterrena da superare dopo la morte per raggiungere l'eternità. Poiché il territorio veneto era spesso in contatto con l’acqua, questa aveva assunto col tempo un valore sempre più simbolico, tanto che i Veneti iniziarono a costruire dei santuari proprio in prossimità di fiumi o corsi d’acqua. Figura fondamentale per la religione dei Veneti era la Dea Reitia, signora delle fiere, dei boschi e delle acque, oltre che Dea guaritrice. Testimonianze affascinanti della cultura degli antichi veneti sono i dischi in lamina di bronzo come quelli ritrovati nell'area pedemontana, ma anche a Musile di Piave.

Disco di Montebelluna

Disco di Nervesa

Disco di Ponzano Veneto

Disco di Montebelluna

La romanizzazione della X regio

Il valore sacro dell'acqua (Nullus enim fons non sacer, scriveva Servio, ad Aen., VII, 84), la suddivisione del territorio e gli usi e i costumi dei veneti cambiarono notevolmente con l'avvento dei romani, che mutarono l'aspetto di quella che, da Augusto in poi, fu nota come X Regio. Il territorio sperimentò le tecniche di bonifica romane e assistette alla costruzione delle grandi arterie viarie, quali la Via Annia, la Via Popillia, la via Postumia, la Via Claudia Augusta; conobbe inoltre il potenziamento di strutture portuali articolate, come ci testimonia nel De architectura Vitruvio, che ben conosceva i luoghi in quanto vi aveva probabilmente operato in qualità di praefectus fabrum di Cesare. La romanizzazione avvenne sotto ogni aspetto: vi fu un'alleanza militare, ma anche una coesione culturale, testimoniata dal cambiamento delle tradizioni quotidiane e religiose.

La via Annia

La fondazione nel 181 a.C. della colonia latina di Aquileia e la conseguente costruzione di strategici percorsi stradali che passavano per Altino, realizzati da manovalanza militare romana, resero il Venetorum angulus un centro di primaria importanza strategica e commerciale. La via Annia, costruita tra il 153 e il 131 a.C., dal console Tito Annio Lusco o dal figlio, Tito Annio Rufo, collegava Adria ad Aquileia, attraversando Padova, Altino e Iulia Concordia, per una lunghezza di circa 140 km. Questa via e i suoi ponti contribuirono ad accrescere il potere economico e militare del territorio delle Venezie almeno fino al IV secolo d. C.

I ponti della via Annia

«Recuperare una rovina è un atto di memoria ispirato a un più acuto dovere di responsabilità del semplice ricordare. La rovina [...] è il contrario della maceria. Se questa è puro ingombro, la rovina è in sé invece un racconto, un mondo che ancora parla, forse con parole enigmatiche, certo esprime la forma del passato più coerente con sé stesso che ci è dato trovare nel presente. E allora, proprio in questa tensione tra durate diverse, recuperare una rovina è una sfida per il futuro».

Antonella Tarpino, Geografie della memoria. Case, rovine, oggetti quotidiani, Torino, Einaudi, 2008

Attraversando la Via Annia da Padova a Concordia si potrebbe ipotizzare un itinerario visitando i cosiddetti “ponti invisibili”. Perché “invisibili”? Quasi nessuno, oramai, è visitabile, nessuno attraversabile: sotterranei, interrati, ne rimangono solo alcune tracce. Arcate, pilae, fondazioni, ruinae. Intorno, non c’è nemmeno più l’acqua, tanto numerose e radicali sono state le trasformazioni dell’assetto idrogeologico di quest’area rispetto all’antichità. Come già gli antichi sapevano, i ponti, come ogni umano edificio, aut venustate corrumpuntur, aut vi tempestatum, aut impotentia possessorum (mancanza di manutenzione).

Il percorso deve iniziare da Patavium e dal ponte Altinate, che risale al I secolo a.C., tra le attuali via Altinate e Riviera dei Ponti Romani. Un venustus ponte di pietra a tre arcate, una delle quali recentemente scoperta dagli archeologi nei sotterranei della città.

Al I secolo d.C. risale anche il piccolo ponte ligneo di Ca’ Tron, a una arcata, mentre più tardi, del I-IV secolo d.C., sono quelli di Marteggia, Musile di Piave e Fiumicetto, ora interrati o, come nell’ultimo caso, scomparsi.

[1] Chiara Polita, San Donà di Piave. Una piccola guida per una città senza storia?, San Donà di Piave, Digipress, 2016

[2] Strabone, Geografia, V, 1, 5, in Geografia, Italia, lb. V-VI, a c. di M. Biraschi, Milano, Rizzoli 1988

Patavium, Ponte San Lorenzo

Patavium, Ponte Altinate

Altinum

Ca' Tron

Ponte di Musile di Piave, loc Fossetta (localizzato e interrato)

Ponte romano di Ceggia

Ponte romano di Grassaga, scomparso

Ponte romano di Concordia Sagittaria

Il ponte romano di Ceggia

E i ponti ancora visibili? Quello che la via Annia attraversava a Ceggia, località che si trova tra i fiumi Piave e Livenza, in una zona, in parte, sotto il livello del mare e anticamente paludosa. Il ponte a tre arcate ribassate attraversava il tortuoso Canalat (Piavon). Poggiava le fondamenta su palizzate lignee di costipamento e presentava arcate rette da due spalle e da due piloni, in blocchi di arenaria. Innalzato tra la metà del I e la prima metà del II sec. d. C., era lungo ben 44 metri. Una recente immagine, scattata nel mese di febbraio 2019, mostra la condizione di incuria in cui oggi versa l’importante e pressoché unico, in questa zona, reperto archeologico.

Ricostruzione grafica del ponte romano di Ceggia (da V. Galliazzo, I ponti romani, cit.)

Ecco come si presentava il ponte di Ceggia negli anni Ottanta.

foto tratti dal libro 'La via Annia, Memoria e presente', della Provincia di Venezia, Arsenale Editrice di Venezia, 1984


Questa immagine, invece, è tratta dal Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto. Risale presumibilmente al 2016 (Autore Foto: Roberta Balzan)


Oggi il ponte si presenta così: niente più alberi, niente più transenne... La foto è del febbraio 2019

In via del ponte romano si segnala, per il suo valore paesaggistico e storico, la presenza di un pioppo sacro (populus nigra), antico ricordo della tradizione degli alberi sacri dei Veneti, in età preromana. Per saperne di più CLICCA QUI.

Alla storia del ponte romano di Ceggia, raccontata da lui stesso, è dedicato il nostro video "Perfecto ponte". CLICCA QUI per vederlo.

Il ponte di Concordia Sagittaria

La città dell’Annia più importante dopo Altino è Concordia Sagittaria, in origine Iulia Concordia, colonia bagnata dal Lemene, della quale la via Annia era asse portante, cioè il decumano che costeggiava il foro. Il ponte romano ora ancora visibile si trovava in corrispondenza dell'ingresso della via Annia in città e oltrepassava probabilmente un antico alveo del fiume Reatinus, oggi scomparso. Il ponte era a tre arcate a sesto ribassato e sopraelevata quella centrale. Sulle arcate vennero incise due iscrizioni dal testo quasi identico, in cui è ricordato il liberto e seviro Manius Acilius Eudamus e la sua volontà testamentaria in base alla quale vennero realizzate le spallette del ponte.

Ricostruzione del ponte di Concordia Sagittaria. Modello visitabile nelle sale espositive dell'area archeologica di Concordia.

Viae Italiae et suae vicinitatis, Sasha Trubetskoy

Questa tabella riassuntiva dei ponti della via Annia da Patavium a San Giorgio di Nogaro è tratta da "Via Annia, il Corridoio della Memoria. Relazione tecnico-illustrativa dello studio di fattibilità per la valorizzazione integrata dei beni culturali e ambientali, delle produzioni e delle tradizioni locali nei territori comunali attraversati dalla Via Annia", novembre 2005. CLICCA QUI per visualizzare l'intero documento.

Itinerario tra i ponti del Sandonatese (con Tour Builder). Clicca sull'immagine!