Ponti al cinema

Uno degli ambiti del progetto che abbiamo amato di più è stato quello di recensire alcuni film suggeriti dagli insegnanti. Il primo di cui vi vogliamo parlare è tratto dal romanzo Il ponte di San Luis Rey, scritto nel 1927 dall'autore e drammaturgo statunitense Thornton Wilder. Il ponte è il simbolo che attrae a sé le vite dei personaggi come fosse un grande magnete. Nel riadattamento cinematografico di Mary McGuckian, del 2004, la trama prende il via dal momento in cui un ponte – siamo in Perù agli inizi del Settecento - crolla e provoca la morte di cinque persone. Da quel momento un religioso, Fra Ginepro, che ha assistito alla tragedia, decide di indagare sulle storie dei vari personaggi, ponendosi domande di carattere religioso e morale, per scoprire se il crollo fosse stato determinato dal caso oppure se fosse stata una volontà superiore, divina a portarli in quel luogo. Anche in questo film il ponte viene letto come un segno del destino e si carica di un valore sacro-simbolico.

Il ponte come emblema del collegamento tra vita e morte è entrato anche nella cultura popolare e nel modo delle favole, come dimostra il film della Disney Pixar Coco, uscito nel 2017 e ambientato in Messico, dove tra il 31 ottobre e il 2 novembre si celebra il Dia de los Muertos : un ponte di petali conduce il protagonista Miguel nel mondo dei morti. Miguel, a soli dodici anni, attraversando quel ponte scopre la vera storia della sua famiglia, ritrova la sua identità e finalmente si può dedicare alla sua passione: la musica.

Questo legame tra la vita e la morte, il non sapere cosa ci aspetta dopo, questa paura metaforica del vuoto la ritroviamo anche nei film Manhattan e The walk. In Manhattan, pellicola del 1979 scritta, diretta e interpretata da Woody Allen, la struttura del ponte sembra rappresentare la stabilità e la staticità, concetti in antitesi con le vite dei personaggi, che oscillano, vacillano, sono preda di situazioni mutevoli e di cambiamenti destabilizzanti. Ma proprio quando entriamo nelle loro vite abbiamo la sensazione che anche i bulloni del ponte vacillino e necessitino di essere fissati meglio. La grandezza del Queensboro Bridge diventa così il codice emotivo dell’intera storia. È in questa chiave di lettura che la scena principale in cui si vedono Isaac (Woody Allen) e Mary (Diane Keaton) seduti su una panchina a Sutton Place Park, mentre «specchiano nella complicata bellezza del ponte quella delle loro vite»[1], diventa una delle immagini più significative del film.

Il funambolo Petit in The walk quelle paure, quelle incertezze che attanagliano i protagonisti di Manhattan le vuole vincere e sfidando le leggi della natura compie forse una delle imprese più folli al mondo! E come non soffrire anche noi sopra quel filo tirato tra le due corde gemelle che, quasi come un miracolo, sostiene il nostro Petit? The Walk, film del 2015 diretto dal regista Robert Zemeckis, racconta la storia vera di un giovane acrobata francese, Philippe Petit, che riuscì ad attraversare le due torri più alte del mondo, le Torri Gemelle, su una fune metallica. «Dell’impresa non restano che alcune foto in cui si vede l’artista pizzicare le nuvole sopra la Grande Mela. Eppure, queste poche immagini bastano per rilanciare il senso avanguardistico e mitologico sotteso alla costruzione di un ponte»[2]. La camminata sospesa nel vuoto di Petit sintetizza un importante valore da attribuire al ponte, che non deve essere considerato solamente una struttura con pilastri e arcate, ma più semplicemente un collegamento tra due estremità o, metaforicamente, tra due obiettivi o mondi.

L’ultimo film che vogliamo citare collega il mondo del cinema con quello della musica. Bohemian Rhapsody, uscito proprio nel novembre del 2018, prende il nome dalla omonima, famosa canzone dei Queen, del 1975. In questo componimento musicale, il ponte rappresenta il collegamento fra il genere rock e quello operistico, apparentemente molto distanti l’uno dall’altro. Nel brano è facile notare anche un altro ponte, quello dell’elemento del bridge, ponte in inglese, che coincide con l’assolo di chitarra tra la seconda e terza strofa.

[1] Morcellini M., Generare ponti, una riflessione tra storia e comunicazione, in “Galileo”, n. 194, 2009, p.10

[2] Ivi.

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