Hemingway

Ernest Hemingway, Vecchio al ponte, in Quarantanove racconti [The Fifth Column and the First Forty-Nine Stories , 1938]

Seduto su un lato della strada c'era un vecchio con gli occhiali dalla montatura metallica e gli abiti molto impolverati. Sul fiume c'era un ponte di barche, e car­retti, camion, uomini, donne e bambini che l'attraversavano. I carri tirati dai muli stentavano a salire l'argine ripido del fiume, ed i soldati aiutavano spingendo i raggi delle ruote. I camion mordevano la strada allontanandosi veloci; i contadini marciavano faticosamente nella polvere, alta fino alle caviglie. Ma il vecchio se ne stava seduto senza muoversi. Era troppo stanco per andare avanti. Io avevo l'incarico di passare il ponte, perlustrare la zona retrostante ed accerta­re fino a che punto fosse venuto avanti il nemico. Lo feci, e tornai al ponte. C'erano ora meno carriaggi e poca gente a piedi; ma il vecchio era ancora là.

- Da dove venite? - gli chiesi.

- Da San Carlos - disse lui, e sorrise.

Era il suo paese natale e gli faceva piacere nominarlo. Per questo sorrise.

- Badavo alle bestie - spiegò.

- Oh - dissi io. Ma non capivo bene.

- Sicuro - disse lui. - Ero rimasto là, capite, per badare alle bestie. Sono stato l'ultimo a lasciare San Carlos.

Non aveva l'aria d'un pastore né d'un mandriano; io guardai gli abiti neri e pol­verosi, la faccia grigia e coperta di polvere, gli occhiali dalla montatura metalli­ca, e dissi: - Che bestie erano?

- Diverse bestie - disse egli, e scosse il capo. - Ho dovuto lasciarle.

lo guardavo il ponte e il paesaggio del delta dell'Ebro, un paesaggio che sembra­va Africa, e mi chiedevo fra quanto tempo avremmo visto i nemici, ero in atte­sa dei primi rumori che avrebbero annunciato quel misterioso avvenimento che si chiama contatto; ed il vecchio era seduto là.

- Che bestie erano? - chiesi.

- Tre specie di bestie - il vecchio spiegò. - Due capre, un gatto e quattro paia di piccioni.

- E avete dovuto lasciarle? - chiesi.

- Sì. Per l'artiglieria. Il capitano mi ha detto di andarmene, per causa dell'arti­glieria.

- E non avete famiglia? - io chiesi, e guardavo l'altra estremità del ponte dove gli ultimi pochi carri discendevano in fretta la scarpata dell'argine.

- No - egli disse. - Soltanto le bestie che ho detto. Il gatto naturalmente se la caverà. Un gatto sa badare a se stesso, ma non so cosa sarà delle altre.

- Di che idea politica siete - chiesi.

- Non ho idee politiche - disse il vecchio. - Ho settantasei anni. Ho fatto dodi­ci chilometri e credo di non poter andare più avanti.

- Questo non è un posto buono per fermarsi - io dissi. - Se ce la fate ad arriva­re fin là, al bivio per Tortosa passano dei camion.

- Aspetterò ancora un poco - egli disse - poi ci andrò. Dove vanno i camion?

- Verso Barcellona - dissi io.

- Non conosco nessuno da quelle parti - disse lui - ma grazie molte. Di nuovo molte grazie.

Mi guardò con aria stanca indifferente, poi, dovendo dividere la sua pena con qualcuno, disse: - II gatto se la caverà, ne sono sicuro. Non c'è ragione di stare in pensiero per il gatto. Ma le altre bestie. Voi cosa credete che sarà delle altre bestie?

- È probabile che se la cavino benissimo anche loro.

- Credete?

- Perché no? - dissi, e guardavo la riva opposta dove non c'erano più carri,

- Ma come faranno sotto il tiro dell'artiglieria, quando a me per causa dell'artiglieria hanno detto di andarmene?

- Avete lasciata aperta la gabbia dei colombi? - dissi. -Sì.

- Allora voleranno via.

- Certo, voleranno via. Ma le altre? È meglio che non pensi alle altre.

- Se vi siete riposato, io al vostro posto mi avvierei - gli feci fretta. - Alzatevi e cercate di camminare.

- Grazie - disse e si alzò in piedi, oscillò su un fianco e sull'altro, poi rie sedere nella polvere.

- Badavo alle bestie - disse con voce monotona, non più rivolto a me. - Eros lo uno che badava alle bestie.

Non c'era niente da fare con quel vecchio. Era il giorno di Pasqua, e i fascisti stavano avanzando verso l'Ebro. Era una giornata grigia, con un soffitto di nuvole basse, e perciò non c'erano aeroplani. In questo fatto, e nel fatto che i gatti sanno sempre badare a se stessi, consisteva tutta la fortuna che quel vecchio poteva aspettarsi di avere.

Il ponte oltre ad essere simbolo del progresso che rivoluziona il sistema e usa un nuovo linguaggio per comunicare e creare relazioni, è anche simbolo di divisione, conflitto e distruzione. Il racconto Vecchio al ponte di Ernest Hemingway[1] narra la storia di un vecchio che deve lasciare San Carlos, il suo paese d'origine, a causa dell'arrivo dell'artiglieria durante la guerra civile spagnola, combattuta tra il luglio 1936 e l'aprile 1939. Un soldato lo incita ad attraversare il ponte, ma per il vecchio andare aldilà vuol dire abbandonare tutto ciò che ha, significa morire. Hemingway ad un tratto ci mostra l’immagine di un uomo che, di fronte alla minaccia della guerra e del passaggio imminente dell’artiglieria sul ponte, resta impassibile e sembra non ascoltare il soldato che lo esorta e lo prega di andare via da quel ponte, troppo rischioso per la sua incolumità, e di cercare rifugio a Barcellona. Una folla di gente lo attraversa correndo, ma lui è fermo e non riesce ad andare avanti. Hemingway attraverso l’immagine statica del vecchio e dinamica del ponte ci mette davanti alla solitudine e alla distruzione scatenate dalla guerra.

[1]Hemingway E., Quarantanove racconti, Vecchio al ponte [1938], Milano, Mondadori, 2016