“Non fanno più paura le porte Cilicie e gli stretti passaggi attraverso il deserto arabico verso l’Egitto, né monti inaccessibili, né ampiezza di fiumi sconfinati, né tribù inospiti di barbari; per passare incolumi dappertutto basta essere Romani, anzi basta appartenere al vostro impero. Il detto omerico 'La terra è comune a tutti' oggi per opera vostra è realtà. Voi avete misurato tutta la terra abitata, avete gettato ponti di ogni genere per congiungere le opposte rive dei fiumi, avete tagliato i fianchi dei monti per aprire strade carrozzabili, avete riempito le regioni deserte di stazioni di rifornimento; avete incivilito il mondo portando dappertutto ordine e un più alto tenore di vita".

Elio Aristide, Encomio di Roma, 100-101 (panegirico in lingua greca, 144 d.C.)

Cos'è "PERFECTO PONTE. Attraversare i ponti, attraversare il tempo"?

Si tratta di un'attività di ricerca-azione dedicata alla valorizzazione del patrimonio classico locale e nata dall'adesione al progetto DLC. È stata realizzata dalla classe II E del Liceo Scientifico "G. Galilei" di San Donà di Piave - Venezia (a.s. 2018/2019), con l'aiuto delle docenti Salvatrice Messina, Stefania Fiocchi e Giovanna Vesco. Il video nato da questa esperienza è risultato vincitore del CONCORSO NAZIONALE “NUOVI ALFABETI” I Edizione 2018/2019, in memoria di Sivia Frezzolini, docente del DLC.

Cos'è il progetto DLC?

DLC, ovvero Didattica delle lingue e delle letterature classiche, è un progetto nazionale di ricerca-azione per l’innovazione dell’insegnamento-apprendimento dei classici.

Perché PERFECTO PONTE?

Il titolo del progetto è tratto da un passo del De bello civili di Cesare. È un ablativo assoluto - costrutto prediletto dall'autore - e letteralmente significa 'ultimato il ponte, portata a compimento la costruzione del ponte'. La iunctura si ripete per ben due volte in due capitoli contigui dell'opera, per sottolineare come l'esito dello scontro tra i cesariani e gli adversarii pompeiani fosse mutato favorevolmente proprio grazie alla costruzione di un ponte. E noi ci siamo chiesti: come cambiano le nostre vite, le nostre storie, quando un ponte le attraversa?

Cos'è per noi un ponte?

All’inizio di questo percorso abbiamo immaginato di studiare i magnifici ponti di Robert Maillart in Svizzera, «che brillano come lame che congiungono montagne»[1], o ancora il Taminabrücke, nel Cantone San Gallo, o quello sul fiume Oyapock tra la Guyana e lo stato brasiliano di Amapà, imprese spettacolari portate a termine da grandi architetti e ingegneri. Ma un’altra immagine ha richiamato la nostra attenzione: da poco era crollato il ponte Morandi a Genova. Le parole pronunciate da Renzo Piano, incaricato della ricostruzione dopo il disastro, - «Quello del ponte è un tema che tocca tutti e tutte le corde: da quella tecnologica a quella poetica» - hanno aperto in classe un dibattito. Quel crollo ha impressionato tutti e tutti ci siamo chiesti come sia potuto accadere. La risposta non è difficile: a farlo precipitare sono stati l’incuria e la cattiva manutenzione. Forse perché oggi è più importante innalzare muri piuttosto che costruire ponti? Come non ricordare l’immagine del ponte di Kafka che, non sopportando più il dolore provocato dai piedi che lo calpestavano, lascia la presa e precipita giù? Sì, forse l’attenzione per i muri è maggiore rispetto a quella per i ponti. Un bellissimo libro pubblicato di recente, Ponti non muri di Giancarlo Ascari, ci ha invogliati invece, con i suoi splendidi disegni, ad abbatterli tutti quei muri e a cercare la bellezza dei ponti. È quello che abbiamo tentato di fare nei nostri laboratori per costruire l’UdA Perfecto ponte.

Il Salginatobel Bridge, progettato da Robert Maillart e costruito tra il 1929 e il 1930. Attraversa la valle alpina di Schiers, nelle Alpi svizzere.

Genova, viadotto Polcevera (o ponte Morandi, costruito tra il 1963 e il 1967), prima e dopo il crollo del 14 agosto 2018

Che cos’è un ponte se non una linea sospesa nel vuoto che unisce due punti? Eppure su questa immagine così semplice un’intera classe potrebbe addirittura scriverci un saggio, prendendo ispirazione dalla bellissima immagine del funambolo francese Philippe Petit, che il 7 agosto del 1974, sospesa una corda fra le due torri gemelle di New York, decide alle prime luci dell’alba di attraversarla sotto gli sguardi sbigottiti dei newyorkesi, che quasi non riescono a distinguere quel puntino nero fluttuante nell’aria a 412 metri di altezza.

Cos’è allora un ponte se non prima di tutto una sfida? Una sfida che, come tutte le grandi imprese, necessita della figura di un eroe che possa compierla. Petit allora si definì senza mezzi termini un pontefice. Perché? I pontifices nell’antica Roma, istituiti da Numa Pompilio, costituivano il principale collegio sacerdotale e avevano il compito di sovrintendere ai culti pubblici e privati affinché si mantenesse la pax deorum, un’espressione che troviamo nel De lingua latina [2] di Marco Terenzio Varrone e che ci porta ad accostare la figura del sacerdote a quella del costruttore di ponti. Il pontefice, infatti, anticamente ritualizzava la costruzione di un ponte, considerato un elemento sacro che doveva attraversare un corso d’acqua, da sempre considerata una sorta di divinità. Insomma, si doveva chiedere il permesso agli Dei per non incorrere nella loro collera e macchiarsi di hybris. Il pontifex era addetto a consacrare questo patto con la natura, spesso attraverso un autentico rito cerimoniale (il culto degli Argei di cui ci parla Ovidio nel sesto libro dei Fasti, praticato il 15 maggio di ogni anno) con il quale si rendeva onore agli dei e al loro potere. Quale potere? Il potere di creare.

Il ponte è una struttura creata dall'ingegno umano, che in particolare in epoca romana è stata perfezionata e sfruttata in vista dell’espansione dell’impero, ma non è solo l’esemplare momento di unione e di coesione utilizzato dall’uomo per facilitare comunicazioni e transiti, è anche una costruzione che richiede e ha sempre richiesto una sfida con l'ambiente che lo circonda, come dimostrano i tanti ponti romani disseminati in tutto l’imperium, di cui ora rimangono testimonianze e tracce straordinarie, dal Pont du Gard in Francia, al ponte di Augusto-Tiberio a Rimini, al ponte di Alcàntara sul Tago. Costruire strade e ponti – come vedremo - è stato il frutto di perizia ingegneristica e di saggia interazione con l’ambiente. Chi vive in una terra come la nostra, quella attraversata dall’antica via Annia, da sempre ha dovuto imparare a superare le barriere dei tanti corsi d’acqua, fiumi e paludi. Gli interventi di bonifica, la costruzione di strade, di ponti, di città, hanno lasciato tracce a volte ancora evidenti, a volte invece da riscoprire, come nel nostro percorso alla ricerca dei ponti invisibili…

Il ponte non è solo struttura, ma anche luogo simbolico. Numerosissimi i significati, come quello di luogo di conflitto fra discordia e concordia, guerra e pace. In epoca romana la grandezza e l’espansione territoriale dell’impero avanzò con l’avanzare delle sue strade e dei suoi ponti, alcuni dei quali furono determinanti per le conquiste territoriali e divennero simbolo della grandezza e del potere imperiale di Roma. Nel De bello civili [3] Cesare racconta come il ponte che fece costruire ad Ilerda, sul fiume Sicoris nell’odierna Catalogna, abbia determinato l’esito favorevole dello scontro in corso. Questa impresa ci ha suggerito il titolo da dare al nostro progetto: l’espressione Perfecto ponte è quella usata da Cesare che, ultimato il ponte, avanzò senza incontrare resistenza contro i suoi adversarii schierati con Pompeo.

Il ponte distrutto di San Donà, 19 giugno 1918,

K.u.k. Kriegspressequartier, Lichtbildstelle - Wien

Proprio come in epoca antica, anche in tempi più recenti i ponti hanno svolto un ruolo fondamentale nell’esito dei conflitti e sono sempre stati importantissimi elementi strategici sia per la difesa, che la conquista di un territorio, oppure sono stati luoghi contesi, come il ponte di Mostar nell'attuale Bosnia-Erzegovina, distrutto nel 1993 nel corso della guerra nella ex-Jugoslavia, e ricostruito nel 2004 per diventare, si spera, simbolo di pacifica convivenza. Un altro esempio significativo che abbiamo sotto i nostri occhi e che attraversiamo quasi ogni giorno è il ponte della Vittoria, a San Donà di Piave, distrutto e ricostruito più volte nel corso dei due conflitti mondiali.

Tanti sono i ruoli rivestiti dai ponti nella storia quanti quelli che essi, di riflesso, hanno acquisito nella letteratura, nell’arte, nel cinema o nella musica, perché attraversare i ponti dalla storia di Roma a oggi significa attraversare il tempo della nostra storia e della nostra cultura. Perché un ponte non deve essere per forza ciò che tutti credono sia, ma ciò che noi crediamo, ciò che soddisfa la nostra definizione di ponte, ciò che va oltre la forma materiale con cui è stato ideato. I ponti sono anche quelli dell’arte, quelli della musica, e non solo quelli delle canzoni dove gli innamorati si baciano, ma anche quelli astratti, metaforici, quelli concepiti dal pensiero umano, non per essere costruiti, ma per essere attraversati, un po’ come i ponti della poesia. Preziosi sono anche quelli della letteratura, come il ponte dell’omonimo racconto di Kafka, che indaga sull’identità di ciascuno di noi, o quello di Parise, che indaga la paura più profonda, o ancora quello di Kipling, Kerangal, Énard e molti altri ancora.

Il Perfecto Ponte è il ponte ultimato, il ponte che raffigura ognuno di noi, e ‘ognuno’ ha il proprio ponte, ed è questo il nostro obiettivo, trovarlo, conoscerlo, farlo nostro.

[1] Scorranese R., Il coraggio dei ponti, “Corriere della Sera - Sette”, 26 ottobre 2018

[2] Cfr. Traglia A., Opere di Marco Terenzio Varrone, Torino, Utet, 1992

[3] Cesare, De bello civili, II, 59-60