Ponti dell'arte

J.M W. Turner, L’incendio della camera dei Lord e dei Comuni, 1835, Museum of Art di Cleveland negli Stati Uniti.

Ponti che uniscono e che dividono si incontrano nei colori del mito e nei colori dell’arte.

Molti quadri dei più grandi artisti trasferiscono un’immagine antitetica rispetto a quella del perfecto ponte: ponti che bruciano, ponti a metà, ponti interrotti, ‘ponti non ponti’. L’incendio della camera dei Lord e dei Comuni di William Turner, raffigura il momento in cui, nel 1834, le camere del parlamento inglese vennero distrutte dal fuoco. I ponti raffigurati sono due: il ponte di Waterloo a destra e quello di Westminster a sinistra. Questi ultimi, assieme al palazzo del Parlamento avvolto nelle fiamme, rappresentano l’ingegno dell’uomo annientato dalla natura. La forza della natura, che scatena tempeste e incendi quando prende il sopravvento, è molto più forte dell’uomo ed è in grado di distruggere in pochi attimi ciò che lui ha creato con tanti sforzi. Un soffio di vento e tutto prende fuoco! Quella forza devastante che quasi si scaglia contro la prepotenza e l’arroganza dell’uomo ci riporta alle pagine di Kipling o di Maylis de Kerangal, nelle quali il ponte, in tutta la sua imponenza, rappresenta una sfida all’ambiente che lo circonda. Ma in entrambi i romanzi le mire dei protagonisti dovranno fare i conti proprio con quella natura di cui hanno sottovalutato la potenza…

Salvador Dalì, Ponte dei sogni crollati,1945, Fundació Gala-Salvador Dalí, Figueres, da <https://www.salvador-dali.org/es/obra/catalogo-razonado-pinturas/1940-1951/>

Anche l’immagine del Ponte dei sogni crollati, del celebre artista Salvador Dalì, ci mostra un ponte interrotto, ma questa volta non da un agente esterno. Dalì, uno dei maggiori esponenti del surrealismo, a differenza del romantico Turner rappresenta una realtà onirica che proietta le paure che spesso ci attanagliano. Quel ponte diviso a metà rievoca un senso di fallimento, di perdita, di angoscia che tormentò il pittore fin dall'infanzia: «il nostro ponte, la nostra civile quotidianità, sembrava reggere qualsiasi passaggio. Sembrava indistruttibile il nostro ponte costruito in pietre»[1]. I sogni di ogni uomo possono finire o interrompersi da un momento all’altro. I sogni spesso sono irraggiungibili e spesso si infrangono, proprio come nel ponte di Dalì, dove le figure danzanti che tentano di attraversarlo restano in realtà sospese nel vuoto.

Eppure l’immagine del ponte per antonomasia è quella che rende poetico il paesaggio e che rende fiabesca anche una triste e grigia realtà industriale di Taiwan, dove il Moon bridge è progettato in modo che la luce della luna formi un cerchio perfetto nell’acqua [2].

. Monet, Dolceacqua, la vieux pont sur la Nervia, 1884, Williamstown, Massachusetts, USA

Ci viene spontaneo associare la sua immagine al Ponte di Dolceacqua di C. Monet, una raccolta di quadri che rappresentano l’omonimo ponte in diverse prospettive. Grazie al suo quadro Monet riuscì a rendere il borgo ligure, vicino a Ventimiglia, immortale, eterno, e a catturare la forma del ponte che, con il suo riflesso, crea un cerchio perfetto.

Oltre che nei dipinti di Monet, il ponte diventa protagonista anche nella pittura di Vincent Van Gogh. Nel Ponte di Langlois l’artista raffigura il ponte pedonale della cittadina di Arles, nominato così a ricordo del custode addetto al suo funzionamento. Durante il suo soggiorno ad Arles, Van Gogh manifestò il suo entusiasmo per i colori di quel paesaggio in molte lettere inviate al fratello Theo e riuscì a trasferire nella sua pittura questo realtà sfolgorante secondo i propri sentimenti, finalmente vivaci e rigogliosi. Secondo S. Bucci[3], «Van Gogh sarebbe stato capace di trasformare un normalissimo ponte senza pretese in uno sfondo finalmente sereno, dove persino la sofferenza poteva apparire ormai lontana». Qui la struttura del ponte può essere facilmente associata all’equilibrio interiore di Van Gogh in quel frangente della sua vita.

V. Van Gogh, Il ponte di Langlois, 1888, Otterlo, Kröller-Muller Museum

Ma il ponte che forse rappresenta meglio di tutti la sintesi di quanto abbiamo sostenuto fin qui è Il ponte di Eraclito di René Magritte (1935). Immaginatelo… è apparentemente imperfetto, interrotto. In realtà una parte del ponte è coperta da una nuvola e nel riflesso nell’acqua sottostante si materializza per incanto nella sua interezza. La struttura potrebbe alludere al collegamento tra il passato e il futuro o tra realtà e fantasia. Ma bellissima è l’interpretazione di Alberto Cassani:

Oltre a collegare, divide, e la sua proiezione intera nell’acqua non fa che confermare questa perfetta coesistenza di opposti […]. Un oggetto non svolge mai la stessa funzione del suo nome o della sua immagine»: ecco cosa c’insegna il ponte di Magritte [4].

Il ponte di Eraclito allo stesso tempo separa e unisce: paradossalmente nella stessa struttura sono racchiusi due funzioni opposte. Il ponte incarna i nostri desideri più grandi, ma anche le nostre ansietà e paure più profonde. Non è forse questa la migliore sintesi della nostra ricerca?

[1] Ricci G., Il ponte e le pietre, L’atto la storia, 25 aprile 2015, <http://giustiziapsichica.blogspot.com/2015/04/il-ponte-e-le-pietre-di-giancarlo-ricci.html>

[2] Ascari G., Ponti non muri, Milano, Bompiani,2018

[3]Bucci S., Storie di legami e di fratture. Van Gogh alla scoperta del “Giappone europeo”, “Corriere della Sera”, 10 giugno 2018

[4] Cassani A.G., Il ponte di Eràclito. Simboli e metafore di una figura architettonica, in “Galileo”, n.221, ottobre 2015