Ponti e poesia

Le poesie sono riconosciute come una delle più intense forme espressive che esistano e il connubio che creano con i ponti fa emergere nel lettore pure emozioni, che, per quanto possano essere travolgenti, si distinguono in positive, di lieta spensieratezza, e negative, di malinconica sofferenza o frustrazione. Queste sensazioni formano un grande legame tra autore e lettore, intimo ed emotivo, una sorta di ‘ponte’ tra poeta e interlocutore.

M'affaccio alla finestra, e vedo il mare:/[…] Ecco sospira l'acqua, alita il vento:/sul mare è apparso un bel ponte d'argento./Ponte gettato sui laghi sereni,/per chi dunque sei fatto e dove meni? [1]

In questa lirica Pascoli descrive il movimento della natura contrapposto alla staticità del ponte, in un gioco di onomatopee, di personificazioni e di metafore. In particolare descrive la vivacità dell’acqua, specchio di un ponte d’argento. Il ponte in questione è, probabilmente, il riflesso della luna sul mare, e l’autore si chiede per chi sia fatto e per dove passi. Questa domanda è chiaramente retorica, ma ci porta a un'importante riflessione su noi stessi: da dove veniamo e perché viviamo?

Invece, il poeta Sandro Penna, nella lirica Passando sopra un ponte, non si serve degli elementi naturali per descrivere un ponte, ma naturalizza la sua artificiosità, una bellezza troppo elevata per essere frutto della ragione umana. Così ne descrive la maestosità e la superiorità di fronte all’imperfezione dell’uomo, che si sente perfino ‘svanire’ contemplando dal ponte la natura.

Passando sopra un ponte

alto sull'imbrunire

guardando l'orizzonte

ti pare di svanire.


Ma la campagna resta

piena di cose vere

e tante azzurre sfere

non valgono una festa.

Un’altra poesia che vogliamo citare per il suo grandissimo valore artistico è Il ponte [2] di Pascoli: viene descritto un paesaggio malinconico, che richiama esplicitamente la morte, su cui sovrasta un solitario ponte, che attraversa un fiume errante. Solitario, tuttavia, non è solo il ponte: ogni cosa è solitaria, il fiume è solitario, la luna è solitaria, la terra, il paesaggio è solitario e tormentato. A metà della lirica si ritrovano le prime immagini riferite alla vita, sempre ‘ravvivate’ dalle immagini di una spiaggia deserta e dei cipressi. Nell’ultimo verso compare l’immagine di un ‘tempio azzurro’ che sale nel cielo, incorniciato da ‘fluenti nubi’ che biancheggiano.

Il ponte in questione rappresenta quindi gli ostacoli della vita (come la disgregazione del nido familiare per l’autore) e sembra quasi evocare la sua biografia: l’infanzia travagliata e grigia, che prosegue come il fiume errante, senza una precisa direzione, terminando nel cielo più profondo, assieme alle tanto desiderate ‘nubi fluenti’. Quest’immagine, è quasi ‘magica’, e si contrappone al contenuto dell’intero sonetto, anche se è presente una naturale attrazione verso la luna, e continui sussurri, assimilabili a preghiere, a dare quel tocco di fascino ‘magico’ che si protrae fino all’apoteosi finale: «Il fiume va con lucidi sussulti /al mare ignoto dall’ignoto monte»[3].

Nell’ottavo verso del brano, invece, ci viene proposta un’importante riflessione, a sottolineare ancora la nostra solitudine esistenziale, la nostra irrilevanza sugli eventi. Questi concetti sono i più cari all’autore, e sono quelli che si concentrano sulla sfera emotiva e sull’ignoranza dell’uomo. Analogo significato si può dare al nono verso «Spunta la luna: a lei sorgono intenti»), che allude al sopravvento della notte, delle tenebre e alla morte come unica via d’uscita.

L’amore, invece, è il sentimento che descrive G. Apollinaire in Il ponte Mirabeau. Diversamente da Pascoli, il poeta francese parla dell’amore e di quello che lascia, racconta in particolare della malinconia lasciata da un amore ormai finito, iniziato sotto il ponte, che diventa collegamento tra il presente e il passato: quel ponte è la consuetudine per il poeta, la sua routine, ed è diventato l’unico punto in comune tra i due momenti sentimentali passati. In questo caso il ponte assume un forte valore metaforico di unione, come per esempio quella tra due persone, ma allo stesso tempo anche di separazione, come quella che si crea tra due individui con il passare del tempo. Il verso «i giorni se ne vanno e io rimango»[4] viene ripetuto più volte nella lirica, a evidenziare lo scorrere del tempo associato allo scorrere della Senna. Il testo è rarefatto e chiaro, proprio come i sentimenti puri che l’autore prova. Altra allusione che possiamo notare è quella del ponte come struttura misteriosa, su cui scorrono inesorabili i ricordi tra presente, passato e futuro.

A rappresentare un’analogia tra Il ponte, lirica del poeta messicano Octavio Paz, e Il ponte Mirabeau è il tema del tempo.

Tra adesso e adesso

tra io sono e tu sei

la parola ponte.

Entri in te stessa

quando entri in lei:

il mondo si chiude

come un anello.

Da una sponda all'altra

sempre si stende un corpo,

un arcobaleno.

Sotto i suoi archi dormirò.

Essa si apre infatti con il verso «Tra adesso e adesso»[5], che sottolinea l’importanza di questo tema per l’autore. L’io del poeta viene definito come lo spazio in cui succedono le cose, in uno spazio che è anche tempo. Il ponte è infatti un elemento di passaggio tra l’io esteriore e l’io interiore, quello più vero, quello profondo, quello intoccabile dagli altri, che solo noi possiamo conoscere.

[1] Pascoli G., Myricae, Dolcezze, Mare [1891], in Opere complete, Mondadori, Milano, 1939

[2] Pascoli G., da Myricae, Il ponte, ivi

[3] Pascoli G., Myricae, Il ponte, 1891, vv.7-8

[4] Apollinaire G., Il musicante di Saint-Merry e altri versi tradotti, Il ponte Mirabeau, traduzione a c. di Sereni V., Einaudi, Torino, 1981

[5]Paz O., Salamandra, Il ponte, 1962

Una piccola antologia di ponti poetici

Claude Monet, Charing Cross Bridge, la Tamise, 1903, Fine Arts Museum, Lyon, Photographe Gilles Alonso

Arthur Rimbaud, Illuminazioni (1873), I ponti

Cieli grigi di cristallo. Un bizzarro disegno di ponti, alcuni dritti, altri ricurvi, altri ancora che scendono oppure obliqui ad angolo sui primi, e queste figure si rinnovano negli altri circuiti rischiarati dal canale, ma tutti così lunghi e leggeri che le rive, cariche di cupole, si abbassano e si rimpiccioliscono. Qualcuno di questi ponti è ancora carico di casupole. Altri sostengono pennoni, segnali, fragili parapetti. Accordi minori s'incrociano, e filano, funi salgono dagli argini. Si distingue una giacca rossa, forse altri costumi e alcuni strumenti musicali. Sono arie popolari, frammenti di concerti signorili , residui di inni pubblici? L'acqua è grigia e blu, larga come un braccio di mare. - Un raggio bianco, cadendo dall'alto del cielo, annienta questa commedia.

Les ponts

Des ciels gris de cristal. Un bizarre dessin de ponts, ceux-ci droits, ceux-là bombés, d'autres descendant ou obliquant en angles sur les premiers, et ces figures se renouvelant dans les autres circuits éclairés du canal, mais tous tellement longs et légers que les rives chargées de dômes s'abaissent et s'amoindrissent. Quelques-uns de ces ponts sont encore chargés de masures. D'autres soutiennent des mâts, des signaux, de frêles parapets. Des accords mineurs se croisent, et filent, des cordes montent des berges. On distingue une veste rouge, peut-être d'autres costumes et des instruments de musique. Sont-ce des airs populaires, des bouts de concerts seigneuriaux, des restants d'hymnes publics ? L'eau est grise et bleue, large comme un bras de mer. - Un rayon blanc, tombant du haut du ciel, anéantit cette comédie.

Una poesia ispirata da un dipinto

A sinistra Utagawa Hiroshige, Ōhashi, Acquazzone ad Atake, dalla serie 100 vedute di luoghi celebri di Edo (1857)

A destra Vincent van Gogh, Ponte sotto la pioggia (1886-88)

Wislava Szymborska (poetessa polacca, premio Nobel per la letteratura 1996), Gente sul ponte, in Gente sul ponte, Libri Scheiwiller, a cura di Pietro Marchesani, Milano 1996


Strano pianeta e strana la gente che lo abita.

Sottostanno al tempo, ma non vogliono accettarlo.

Hanno modi per esprimere la loro protesta.

Fanno quadretti, ad esempio questo:

A un primo sguardo nulla di particolare.

Si vede uno specchio d’acqua.

Si vede una delle sue sponde.

Si vede una barchetta che s’affatica.

Si vede un ponte sull’acqua e gente sul ponte.

La gente affretta visibilmente il passo.

perché da una nuvola scura la pioggia

ha appena cominciato a scrosciare.

Il fatto è che poi non accade nulla.

La nuvola non muta colore né forma.

La pioggia né aumenta né smette.

La barchetta naviga immobile.

La gente sul ponte corre proprio

là dov’era un attimo prima.

E’ difficile esimersi qui da un commento.

Il quadretto non è affatto innocente.

Qui il tempo è stato fermato.

Non si è più tenuto conto delle sue leggi.

Lo si è privato dell’influsso sul corso degli eventi.

Lo si è ignorato e offeso.

A causa d’un ribelle,

un tale Hiroshige Utagawa

(un essere che del resto

da un pezzo, e come è giusto, è scomparso),

il tempo è inciampato e caduto.

Forse non è che una burla innocua,

uno scherzo della portata di solo qualche galassia,

tuttavia a ogni buon conto

aggiungiamo quanto segue:

Qui è bon ton

apprezzare molto questo quadretto,

ammirarlo e commuoversene da generazioni.

Per alcuni non basta neanche questo.

Sentono perfino il fruscio della pioggia,

sentono il freddo delle gocce sul collo e sul dorso,

guardano il ponte e la gente

come se là vedessero se stessi,

in quella stessa corsa che non finisce mai

per una strada senza fine, sempre da percorrere,

e credono nella loro arroganza

che sia davvero così.