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La nebbia agl’irti (1) colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale (2)
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
(1) Irti di piante sfogliate dal vento
(2) Vento di Nord-Ovest
Sale la nebbia, lasciando una pioggerella lieve
verso i colli carichi di alberi spogli,
e il mare nel mentre è in tempesta,
pieno di schiuma e di onde,
subendo il vento Maestrale;
per le vie del borgo, però, c’è festa
e il mosto dei vini nei tini,
che diffonde un odore aspro per tutto il paese,
rallegrando così gli animi.
Sulla brace accesa e scoppiettante
gira intanto lo spiedo
e il cacciatore sta sull’uscio fischiando
intento a guardare le nuvole rosse del tramonto,
con uno stormo di uccelli neri che,
come fossero pensieri vagabondi,
si allontanano in direzione della notte.
Questa poesia si compone di quattro quartine.
Lo schema delle rime si ripete uguale per ogni strofa: il primo verso è libero, il secondo è il terzo rimano tra di loro e il quarto (sempre tronco) rima col verso finale di tutte le altre strofe.
Questa poesia racconta, in pochi versi, un mondo intero; si tratta di un confronto tra il paesaggio malinconico di una natura tempestosa e grigia, tipica della stagione autunnale e la felicità nel borgo che aleggia tutto intorno al poeta.
L’atmosfera festosa nel paesello maremmano deriva dalla giornata in corso, San Martino, che porta le strade a riempirsi del buon odore di vino e carne succulenta cotta allo spiedo. I pensieri di Carducci, però, volano lontano da questa atmosfera festosa e la figura del cacciatore riporta il lettore alla malinconia iniziale, caratteristica dell’ora del tramonto e del volo degli uccelli migratori, che in questo caso sono come pensieri che vagano, simbolo di irrequietezza, affanno e insoddisfazioni tipici della natura umana.
Nella prima strofa de “San Martino” Giosuè Carducci descrive il paesaggio rurale, colmo di tristezza per la stagione in corso (nebbia, pioggia, tempesta), che si contrappone con la quieta festosità del borgo nel giorno di San Martino descritta dall'autore nella strofa successiva.
Il “ma” presente nella seconda strofa assume un valore doppio, segnando non solo il cambiamento di luogo ma anche quello del sentimento suscitato. Inoltre la lirica è piena di notazioni visive e di colori, che contribuiscono a rendere ancora più forte il contrasto nell’animo del poeta rispetto a ciò che vede.
L’ultima strofa vede il paragone tra gli stormi di uccelli neri che volano all'orizzonte con i pensieri fuggenti dell’uomo.
Lo showman e cantante Fiorello l'ha trasformata in una canzone!