interviste di Kai Nebel

Remigio Matteucci 2/5

Remigio Matteucci
Remigio Matteucci

Remigio Matteucci 2/5

AUDIO Intervista di Kai Nebel a Remigio Matteucci

Remigio Matteucci 2/5



E allora c’era sto tenente che lo conoscevo bene qui, Cafurri, … e allora dico così, così…

“Senti a me non interessa niente quello che c’hai avuto, o che c’hai: ritorni al corpo, poi marchi visita…”

“Ma che ce torno a fa al corpo io? Me passerà la visita, no? Possibile che…”

Detto e fatto, amici perché lei ho visto qui a Pievetorina tante volte, me manda al corpo.

Kai: mi manda al corpo?

Si, me ripigliano e andetti in Ascoli, un’altra volta. Vado in Ascoli trovo direttore della banca de Pievetorina pure era di Macerata… “Toh” dice “conosci Micarelli Saverio? E’ mio cognato”.

“Tu cognato?” … e allora, ma sai, io, uscì e poi dopo ritornai subito: “Signor Capitano” dico “so partito così in fretta e furia” dico “ci vorrebbero 3-4 giorni pe andà su, mette a posto”.

“Aspetta.” Me fece aspettà due minuti, scrisse una lettera alla moglie, dice: “allora passi a Macerata, vai lì a casa mia, questo lo dai a mi moglie e quando ritorni giù ce ripassi che te da le maglie eccetera perché mo comincia a fa freddo.”

Dico “Va bè” e intanto mettevo a posto la bottega, queste stupidate che c’avevo, e so ripartito. Vado giù, me pareva che era già di casa. Non volendo c’avevo mio cognato in Ascoli.

Kai: chi chiama?

Stà a scherzà coso… e allora dico, manco 6 o 7 giorni, vado lì da mi cognato, dico tanto questo capitano mo, quando se mette là…

“Matteucci, Matteucci, Matteucci…”

“Eccome!”

“Do sei stato?”

“Niente….oltre, do so stato?” Non sapevo do annà, perché…

“Matteucci…” me chiama dal terzo piano lassù… lo capitano me dice “ma do sei stato?”

“Eh, dove so stato, lì fuori…”

“L’hai pigliata la lettera?”

“No…” dice “va lì fori…” ma io credevo fuori: faccio le scale e rivado fuori. Ecco il sergente: “Matteucci!” madonna mia… vado su, lo capitano chiama l’ufficiale di picchetto, l’ufficiale di picchetto viene su… Mò che ho fatto di male?

“Che te manca?”

“Niente, non me manca niente” dico io “c’ho tutto qui…”

“vedi lo zaino…” … tutto l’occorente, la bisaccia dentro tutto… mo do me mandano questi?

Dà la lettera all’ufficiale di picchetto e mi porta alla stazione.

… che fine farò…

Mezzanotte a Bari.

A Bari me disse: il prossimo treno è per te.

Calo giù, mi metto lì, arriva sto treno, monto su, andava a Brindisi invece.

Allora c’era la ronda… te pigliavano… “Matteucci, ma do vai? Quello va a Brindisi!”

“E che ne so io, m’ha detto, dice “il prossimo treno, monti su…” so sceso, ho fatto Gioia del Colle con quillo treno e tutta la zona fuori di Bari ho visto la mattina. So che quando che è la sera me trovavo a Cotrone.

Kai: che cosa?

Cotrone. E dico mo? Mo va a piedi. Due chilometri a piedi, ma dico, io non avevo magnato niente dallo giorno prima. So che vado dentro il … e te vedo che c’era l’ufficiale sulla piazza, c’era le mostrine; vado diretto là, dico “Signor Tenente…”

Kai: questo a Brindisi? Dove era questo?

A Cotrone, Cotrone proprio. Vado su a piedi e cercavo, mo do annavo… invece sulla piazza proprio c’era l’ufficiale, vado oltre e gli dico: “Signor Tenente…” guarda la lettera…

“Domani alle 9 vieni su in ufficio.” Ma mica sapevo do stava. Dico: “ma io non ho mangiato niente da ieri”

“No?” Allora chiama un militare: “questo portalo così e così…” e mi metto a magnà! C’era riso, un pezzetto di pane, per dormì… dice “mo t’arrangi e qui e te butti per terra…” Era un capannone… e quello lì me disse: “legati bene le scarpe!”

“Perché?”

“Perché domani sennò vai scalzo”. Rubavano.

Kai: rubavano?

Oh! Manco dormivo perché le scarpe… M’alzo, vado su, dico “dove sta il comando?”

“Sta su da Capo Cotrone, proprio dentro casa de lu barone.”

Allora me vede l’ufficiale, lu tenente: “Ah, hai studiato tu?”

“Poco ho studiato, più della quinta non ho fatto io”

“Allora” dice “mettite lì.

Mi da tutti sti foglietti de fa il pane per tutti li militari, ma a sedè non ce potevo sta io. Ero abituato a stare sempre in piedi. Dopo un po’ di giorni mi ha detto, sto conte, era conte: “Matteucci …” ma io… ci vorrebbe un posto che camino. Allora mo te mandamo a Catanzaro.”

Catanzaro Marina, Catanzaro Sala e Catanzaro Ritta, so tre Catanzari.

E vado su; zona, sottozona, tutta la posta che avevo in borsa, quella che portavo l’ho lasciata, quell’altra la riprendevo e ogni fermata de treno ognuno glie davo la lettera sua e c’avevo sto lavoro. E intanto facevo spesa per tutto lu battaglione.

Dovevo glì a Catanzaro, Catanzaro città, tutta l’ordinazione, tutto quanto, poi prendevo du sciaraballi che sarebbero questi carretti lunghi che c’hanno giù per caricà tutta la roba che avevo ordinata; da lì Catanzaro Sala, c’è il treno, mettevo tutto a posto, li legavo bene, pagavo quelli carretti, eccetera, e io ripartivo. Dopo quello lo rimandavano a piglia quelli addetti. Insomma ho fatto stu lavoro per parecchio tempu.

Quando, siccome che io stavo lì l’ufficio co stu barone, co stu conte stavo all’ufficio … dice: “Matteucci, mi prenderesti a Catanzaro una radio? Vedi un po’, trovamelo e dimmi quanto costa.”

Il giorno dopo ce vado, ho camminato poco sì per trovà quissi… dico: “l’ho trovato, però vole 1000 lire!”

Kai: 1000 lire? Era molto.

Bella radio era. E mi da le 1000 lire, piglio la scatola lu giorno dopo… intanto dentro l’ufficio io c’avevo una penna stilografica d’oro.

Kai: una che cosa?

La penna stilografica, perché dice “io ci scrivo bene” mi diceva lu conte.

“Bè” dicevo “scrivo meglio io con quest’altre…” Facevamo tutte le licenze per Pasqua; ogni tanto a questi militari e gli se davano. Quando è stato lu giorno prima, lu conte va a piglià la penna, la penna non c’era più.

Kai: non c’era più?

“Remigio” dice “tu m’hai pigliata la penna!”

“No”

“No?”

Parte. Dice: “adesso annamo giù alla stazione” so due chilometri; e erano partiti una cinquantina di militari, periodo di vacanze di Pasqua, andavano in licenza, gli famo la perquisizione… chi l’ha pigliata bhò...

“Signor Tenente” dico “… ma mico io penso alla penna, d'altronde avrà pigliato quella, saranno 50 lire… di quelli tempi, ma io penso alla moglie e li figli de sto lazzarone che quelli non ce l’hanno colpa, no? Che ne sanno che il padre ha fatto questo?

Mi dette una guardata… “Remigio, via, dal barone!” “Quando sei stato in licenza?”

“Adesso a Natale”

Orca matina… perché più de una non se poteva piglià…

Va da lu barone…: “ho fatto, Remigio, te mando in licenza!”

“Ma ce so stato dico in licenza…”

E allora me scrive la licenza e dietro ce mette: “il fante Matteucci Remigio, mentre prestava servizio Cotrone, Cuprio, Cutro – dice – ha speso tutti i bengala per fermare il treno” per non fa, perché lu treno faceva servizio e allora questa è la prima azione…

Andetti a casa, in licenza e manco arrivo qui, una signora parte in caserma, dice: “questo è venuto in licenza poco tempo fa, 15 + 4 erano i giorni e lu figlio mio non è venuto mai”.

Eccoti i carabinieri: “Remigio te vole lu brigadiere in caserma…” Aglie!

“Che c’è brigadiè?”

“Tu sei venuto, sei stato in licenza a Natale.”

“Si.”

“E due licenze non le poi avè.”

“No. Una volta me l’hanno data, se vede che…” e vado a casa.

Me rimanda a chiamà, piglia la licenza, va a vedè… dico: “dietro non li letta…”

Quando che l’ha letta dietro, m’ha detto allora: “Buona Pasqua!”

E così finì tutto quanto lì.


Premi mo… c’avevo moglie, non è poco perché…, c’avevo 3 figli aggià… tre figli e non poli annà più… e venne la malaria: come riendetti giù, beccai la malaria, ma laggiù la malaria era… do annavi annnavi, come facevi?

Kai: si.

Mica era… mo me mannava … Don (glie dicono) Don Ciccio, ma lu nome non so se c’ha un altro nome dopo Ciccio.

Dice “Matteucci, m’è venuto qui il fattore de lu barone: se vai a casa a fare i capelli alla moglie e li figli.”

“Eh, io ce vado, ma do sta?”

… Mi dice “Matteucci, è ora de piglià giumenta!”

“Ma che è giomenta?”

Noialtri… laggiù è in dialetto, e io scappo e glie dico, a quelli fuori, dico: “l’hai visto passà Giomenta?”

Dice “No…” … poi una sgrullata di testa…

So che lo barone: “essa la cavalla!”

“La cavalla?” ma che ne so quella cosa… se chiamava Giomentella.


Per cui io monto su sta capatella … su sto cavallo e vado su. Te trovo la moglie tutta disabigliè, cuscì… madonna, non è quessa de ste zone, manco mi metto a parlà: era milanese.

Apposta! Eh, ma non poteva esse no che te faceva vedè le spalle nude … e so che gli ho fatto… me pagò e tutto quanto, per carità.

E allora me pigliò la malaria. Tutti quelli frutti te pigliava voglia de magnarli, invece guai se magnavi li frutti.

E da lì m’hanno portato in Toscana, all’ospedale. E all’ospedale un po’ ce so stato lì.

Collodi, dove ha fatto Pinocchio, do c’era … era un ospedale da campo, ma fatto lì, viene una a fasse a famme la puntura, co lu capitano.

Dice: “…faccia qui, Matteucci vedi, un suo futuro parente!”

Dice “ma no, noi siamo… me sera a marchesa… qui c’era un Matteucci semplice.”

Ma che glie fece … gli disse, dico: “ma che c’entra… Matteucci semplice? Non so marchese, ma per esse marchese” dico “mica ce se nasce marchesi! Eh, ce se vene dopo, no?”

Non gliel’avessi mai detto.

Quando che venni in licenza, m’ha dato un mese e quill’altro gli ha dato 40 giorni: sfacciato io dico…

Kai: interessante.

Hai capito?

Kai: si.

E allora, dopo ho fatto sempre il militare qui oltre.

Poi c’avevo mi cugino che stava al distretto a Macerata e insomma so stato sempre … poi dopo c’avevo conosciuto il generale Santancherra (?), sette figli c’aveva e gli facevo li capelli… ma che vado cerchenno?

E con quesso, fatto tutto militare.

Poi dopo semo messi a lavorà da parrucchieri, ho avuti sei figli, delle quali tre parrucchiere e brave.

Kai: bene.

E brave.

Una mi è morta a Pescara. Mazzata. Ammazzata.

Kai: no, perché? È peccato.

Stavamo qui. Era andata giù a Pescara col marito, il marito c’aveva il posto qui de tutti i medicinali, eccetera, sempre, e allora se la portò… cambiò casa. Quando che è stato lì, glie pigliò dolori forti allo stomaco… Il giorno de, lu ferragosto. A ferragosto dentro l’ospedale c’era un medico di guardia: niente! Noi ancora non eravamo annati giù, solo che gli disse questi dell’ufficio lì, eccetera, dice “ma ci sta questo dottore, quaggiù, è bravo…”

Ma che fa quisso bravo? Ce telefonò. Dice “la opero domatina.”

Ma che opera? Che? … gli diceva… Ma io devo sapè quello che fa.

Kai: si.

Dice “ma è un taglietto…”

Ma che taglietto? Quanno hai tagliato lì… se devi taglià qua, su, giu… Io che ce so passato, che m’hanno tagliato tutto quanto… bho…

Non siamo riusciti a farla uscì da quell’ospedale.

Kai: Dio mio.

La mafia.

Kai: incredibile.

Un macello.

Quando che è stato, era mezzanotte…

Kai: chi era questo?

Questo era de Pescara, dottore, io non lo so che dottore era, ma non era uno niente… Telefono a Roma alla Salvi, la sorella di sor Mario, dico: “signora, io so Remigio…” dico, eh mia figlia gli faceva i capelli, la conosceva a Pievetorina, “mi trovo così, così…”

“Prendi la Croce Rossa e portala immediatamente su a Roma!”

Questo era mezzanotte.

Non ci è stata concessa la Croce Rossa prima delle 11 del giorno.

Semo partiti, semo annati su, semo stati un po’ di giorni, ma…

Dice “puoi denunciarlo questo” e allora c’era il marito e dico “vai giù e denuncia sto dottore per…” “Ma – dice - io non posso farlo quesso perché con l’affare me trovo con quissi de Ancona, lavoramo lì…”

“E allora, che fai?” E cosi finì.

Kai: ah, peccato.

E’ morta. A Roma.

Poi un’altra facsimile, era incinta a Fabriano. Chiamò sta levatrice. Sta levatrice gli disse “si, mo famo l’iniezione, mo famo.” Poi venne a Pievetorina. Venne qui quanno che alla domenica saluta lu medico.

“Ma che hai fatto?” gli fa lu dottore.

“Niente, mi sa che sono incinta!”

“Ma tu sei azzurra sulla faccia!” Ma può esse?

Venne su subito a Camerino, toccò portarla via da Camerino: gli aveva rovinato tutte e due li reni quelle iniezioni. E così…


Kai: si, si. Allora nel tempo passato, lei conosceva Ugo Marini?

Come! Aspetta, mo di questi ancora non c’ho parlato io, anzi io …


Ugo Marini era venuto perché lo volevano fa segretario della Democrazia Cristiana!

“Per carità – dico – faccio lu barbiere, lu parrucchiere, non posso dì che io faccio lu democristiano, che faccio il socialista, comunista, eccetera.”

“Lo posso fa?” Io glie dicevo…

“Ma che te importa?”

“Ma no, che m’importa!” dico io, “se vedono che io sto immischiato in qualche cosa, dentro la bottega non ce vengono più nessuno!”

Kai: e il padre di Ugo Marini, Venanzo? L’hai conosciuto?

Ecco, mo glie dico, ero piccolo e allora il primo ufficio postale che ho visto io, che ho visto, era qui a Montalbano, dove sta lu bar. Lì de fianco c’era la buca per le lettere. Quello è stato il primo.

Kai: e chi era, il papà o la madre di Ugo?

E portava lì gli occhialetti, era la madre di Ugo, no? E il padre, che stavano… da lì dopo so venuti dentro adesso dove sta quella che venne le scarpe, che è sempre chiuso, li giù verso la piazza, no? Quella casetta che hanno rinnovato da Piselli, c’ha fatto quella… E, lì sta l’ufficio postale, c’è stato, e c’è stato fino, dunque, si, c’era la Chienti-Nerina, allora c’era una corriera, la prima corriera del 18, del 20, e già erano annati via da qui e erano annati giù che era moglie e marito tutte e due anziani. Ma mi volevano bene.

Kai: si?

Ah, si.

Kai: e Venanzo Marini era padre di Ugo.

Si.

Kai: e come era?

Eh, era un vecchio asciutto, non è che …

La madre era un po’ più … ragazza, insomma più femmina, ma però c’aveano l’età… c’era l’età c’era.

Kai: che cosa?

C’aveano l’età, dico, non è che…

Kai: si.

Dopo quessi lì, andettero lì, sta Chienti-Nerina, e passò sta Chienti-Nerina perché allora stava iqqui dove sta quillo teatro e lì c’era tutti li garagi. E qui c’era il direttore, perché allora faceva qui, non stava nè Muccia, nessun posto, a Visso, da qui allora cominciavano a fa la strada per Visso e da li allora dopo cominciarono a mette a posto un capannone a Maddalena e non venne più sta Chienti-Nerina qui perché andette a Tolentino. Tolentino, Pievetorina, Visso. Faceva solo…

Più tardi, dopo, faceva Pievetorina, Maddalena, Fabriano e quest’altra Tolentino


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