interviste di Kai Nebel

Alessio Marchetti

Kai Nebel e Alessio Marchetti a Lucciano

Alessio Marchetti

AUDIO Intervista di Kai Nebel ad Alessio Marchetti

Alessio Marchetti


Io mi chiamo Alessio Marchetti, adesso faccio l’agricoltore a tempo pieno. In passato ho fatto il medico facendo carriera negli ospedali italiani. Sono internista: mi sono occupato di malattie cardiovascolari e sono stato per lunghi anni primario negli ospedali italiani.

Poi sono andato in pensione e mi sono dedicato all’altra passione che ho sempre avuto oltre la medicina: l’agricoltura. Ho smesso di fare il medico e faccio l’agricoltore.

Ho ripreso a condurre un’azienda di famiglia: la nostra azienda è una delle più antiche aziende agricole qui nella zona e quando dico qui nella nostra zona parlo dell’alta collina e della montagna della provincia di Macerata nella zona di Camerino.

Camerino è un’antichissima città (adesso è una piccola città) e ha avuto una grande storia in epoca pre romana, era abitata dagli umbri, da popolazioni umbre e poi ha molto collaborato con i romani tanto che ai tempi di Caio Mario in una battaglia contro i Galli Zeloni i soldati camerinesi combatterono tanto bene che furono fatti sul campo: furono promossi cittadini romani.

Sembra che Caio Mario abbia pronunciato questa frase in latino “estote cives adque pugnate camertes” cioè una promozione sul campo.

Questa zona quindi ha radici antichissime. E’ una zona prevalentemente agricola fin da quei tempi, poi c’è stato il medioevo con il suo degrado e questa zona fu occupata dai Longobardi che hanno dominato per tanto tempo, adesso non so dire con precisione, ma c’era un ducato longobardo di Spoleto e un ducato longobardo di Camerino che durò meno tempo, comunque successivamente ci fu questa influenza del ducato longobardo di Spoleto, tant’è che in questo paese dove siamo, nella zona di Camerino e noi siamo a Pieve Torina, a pochi chilometri di qui a valle sul Chienti, c’era il confine tra una zona di influenza del ducato di Spoleto e la signoria dei Varano di Camerino, prima che i Varano si espandessero anche a scapito di questi territori un tempo occupati dai longobardi.

Qui a ridosso della nostra zona, nelle nostre montagne, in una famiglia di miei parenti c’è stato a suo tempo un condottiero che ha vinto una battaglia, la famosa battaglia di Sellano (famosa qui da noi, sconosciuta altrove) tra gli spoletini ed i camerinesi e fu vinta da Spoleto e le truppe di Spoleto erano comandate dal capitano Corzi appartenente ad una famiglia qui a Dignano nel comune di Serravalle a pochi chilometri in linea d’aria. La famiglia adesso è estinta, ma praticamente ci siamo imparentati anche noi con questa famiglia che adesso è estinta. Quindi loro combattevano contro Camerino e questa origine prima umbra nella zona di Camerino, longobarda qui da noi, ha fatto dire ad Emilio Betti (il drammaturgo) parlando delle popolazioni di questa zona ristretta: “Umbria non fu, Umbria non è, ne fu mai Marche”. Tanto per dire che c’è questa specificità, questa particolarità delle popolazioni che hanno vissuto qui.

Durante la signoria dei Varano, la zona di Montecavallo, pochi chilometri distante dal posto dove noi stiamo, da Pieve Torina, c’era il castello della famiglia Baschi: famiglia di Foligno che si contrapponeva ai Varano, quindi questa è una zona di confine tra i Varano di Camerino e le signorie che son seguite ai longobardi nella zona di Spoleto.

Poi i da Varano si sono espansi e siamo diventati tutti marca di Camerino perché il ducato di Varano era molto, molto esteso; era molto importante.

A quei tempi la città di Camerino era molto fiorente, aveva piccole industrie, soprattutto della seta, della lana e soprattutto aveva ricchissimi commerci.

Sotto i Varano Camerino ha raggiunto il massimo della ricchezza, il massimo dello splendore anche da un punto di vista culturale: c’è stata una scuola pittorica, ci sono stati degli studiosi, degli scrittori.

Quindi era una vera e propria corte e con la scomparsa dei da Varano incomincia il declino di Camerino ed incomincia anche il declino di questa zona perché noi siamo stati poi condizionati dallo splendore camerinese.

Dopo i Varano questo territorio è caduto sotto la camera apostolica, sotto il diretto dominio del papa; mi sembra che la data fosse intorno al 1570, posso sbagliare di qualche anno, quando Camerino fu dominata dalla camera apostolica che però ha lasciato una larga autonomia.

C’era il vescovo e c’era un legato pontificio che controllava, però il governo era in mano al patriziato di Camerino che era composto da 90 membri (mi sembra) che erano eletti da tre terzieri, da tre quartieri.

Per tanti anni, fino all’occupazione napoleonica nel 1797, ha comandato il patriziato camerinese; poi è arrivato Napoleone e ha cambiato completamente le regole.

Questa zona era una zona agricola e man mano che Camerino si impoveriva, che perdeva i suoi traffici, è sempre dipesa dall’agricoltura, ma l’agricoltura è sempre stata molto povera.

Perché è stata molto povera? Perché noi siamo alta collina e montagna.

La mia azienda, la mia casa padronale qui dove parliamo, siamo a 550 metri sul livello del mare, ma io arrivo ad aver terre fino a 1300-1400 metri e bisogna fare 15 chilometri per arrivare in cima a quei monti! Questo per dire che noi sfruttiamo i boschi e sfruttiamo il pascolo di alta montagna, ma essendo il nostro Appennino dell’Italia centrale d’estate molto siccitoso (come quest’anno: un’annata come quest’anno … quando non arriva la pioggia le bestie soffrono molto) la produzione è molto limitata.

Quindi la produzione agricola è stata sempre scarsa. Per ovviare a questa povertà, intrinseca a questa scarsa produzione, si era sviluppato un sistema economico basato sulla zootecnia, sull’allevamento delle pecore in particolare, tra le nostre montagne e la Maremma laziale e la Maremma toscana.

La Maremma è una vasta zona che comprende l’alto Lazio e la bassa Toscana (Grosseto) ed erano zone molto selvagge, acquitrinose, povere, però c’era un clima abbastanza buono che consentiva d’inverno di pascolare vasti pascoli e vasti boschi. In questa Maremma c’era il latifondo, cioè c’erano delle grosse famiglie nobili, signorili, che avevano migliaia di ettari e li affittavano a dei mercanti i quali d’inverno svernavano con greggi di migliaia e migliaia di capi in Maremma e d’estate venivano a fare l’alpeggio nei nostri monti.

Questo era favorito dal governo pontificio che aveva regolato le cose in maniera tale che questi grossi mercanti potessero utilizzare le nostre montagne, cioè gli alti pascoli, utilizzando vecchi diritti feudali che appartenevano ai grossi feudatari, ai grossi conventi e alla camera apostolica che era subentrata alle vecchie signorie.

Queste vecchie signorie, questi nobili feudatari, avevano diritto di tagliare la legna, avevano diritto di pascolare ed anche nelle proprietà private dei piccoli proprietari, dopo fatto il primo raccolto avevano il diritto loro di pascolare. Quindi praticamente facevano gestire a persone da loro delegate questi diritti e si era creato un sistema economico basato sulla transumanza.

Transumanza, cioè grosse greggi venivano d’estate sulla cima delle montagne e d’inverno andavano a svernare in Maremma. Il personale era a basso costo perché questa povera gente delle nostre montagne in alternativa alla fame e alla morte per fame, per miseria, si accontentava di magri stipendi e di una vita randagia perché in Maremma non c’erano abitati, non c’erano le case, non c’erano le costruzioni, si abitava in capanne fatte con l’erba, con gli arbusti e c’era tutta una serie di regole, c’era un sistema gerarchico molto rigido che regolava la vita di questi pastori.

C’era un vergaro, c’erano i capi pastori, c’erano dei servi, era molto molto complessa e questo sistema è durato fino alla prima metà del secolo trascorso cioè praticamente è cessato nel dopoguerra, dopo la seconda guerra mondiale, con la riforma agraria che è stata fatta dai governi:

praticamente c’è stata l’espropriazione dei grossi proprietari e l’affidamento di questa terra espropriata ai coltivatori diretti, ai contadini insomma.

Quindi non essendoci più nella Maremma questo latifondo che veniva affittato a basso prezzo a questi grossi mercanti che avevano grossi greggi …almeno di 3000-4000-5000 pecore e poi ognuno aveva magari più di uno di questi greggi, magari aveva 2 o 3 greggi di 3000-4000 pecore ciascuna: le 3000-4000 pecore era una unità produttiva e c’era chi aveva più di una unità produttiva.

Quindi si era creato un sistema economico basato sulla transumanza; per il resto chi faceva agricoltura in quelle zone, mancando o essendo scarsissimi i grossi proprietari (prima ce n’era qualcuno a Camerino, adesso non ce n’è più praticamente perché sono rimasti coinvolti nella crisi agricola italiana degli ultimi anni, le trasformazioni che ci sono state… praticamente l’attività agricola in queste zone in mano a piccoli e medio piccoli proprietari era molto aleatoria, molto povera.

Noi apparteniamo ad una famiglia di proprietari non piccoli, forse medi proprietari non grandi proprietari. Io dico, quando ho occasione di parlare della nostra famiglia, che noi eravamo forse i più piccoli dei grandi proprietari perché la nostra dimensione era al di sopra di quella del piccolo proprietario coltivatore. Noi praticamente anche 200 anni fa … le mie carte, il mio cartiglio arriva fino ai primi del 700: questa casa è stata rogitata nel 1698 … quindi abbiamo 3 secoli di documenti in casa… e praticamente noi la facevamo arare dai mezzadri.

Il mezzadro era una evoluzione dei “clientes romani”, del tardo impero romano, cioè erano gli addetti alle coltivazioni. Erano gente legata alla terra, qui da noi non c’era la servitù della gleba dei secoli scorsi, però c’era stata forse in Italia, e praticamente il mezzadro era colui che coltivava la terra per conto di un proprietario e nella nostra zona c’era la zona che il capitale fondiario lo anticipasse il proprietario, cioè la casa, il terreno. Invece il capitale mobile, cioè il bestiame, doveva essere anticipato per metà dal proprietario e per metà dal mezzadro, quindi questo mezzadro non era un mero dipendente, anche lui era un piccolo imprenditore, tanto che i migliori mezzadri seguitavano a fare i mezzadri presso un proprietario, ma a loro volta avevo uno o due mezzadri.

Io ho conosciuto dei mezzadri ricchi, e ne abbiamo avuto anche noi uno particolarmente ricco, che investiva in borsa! Ma parlo prima della seconda guerra mondiale. Avevano dei soldi forse più del proprietario. Perché erano famiglie numerose dove c’era un capo famiglia e due o tre figli sposati, tutti lavoravano sotto lo stesso tetto, c’era una gerarchia inflessibile, c’era l’autoconsumo.

Praticamente non si comprava niente fuori perché loro producevano il grano, producevano il vino, solo l’olio e il sale si comprava perché non ci sono gli ulivi nella nostra zona, e non compravano neanche la stoffa perché d’inverno le donne e anche gli uomini tessevano la stoffa e in queste nostre case, in ogni casa c’è un telaio. Tu l’avrai visto nel museo della nostra terra. Quindi era una famiglia che si dedicava all’autoconsumo, in più veniva venduto il vino eccedente il consumo perché si faceva la vigna, c’erano degli alberi… C’era una forma particolare di produzione del vino: si piantavano degli alberi che erano aceri e ci si maritava la vite. Si chiamava “vite maritata”. Non era un vigneto, c’erano pochi vigneti, ma spesso c’erano tutte queste alberature nei campi che adesso non ci sono più praticamente.

Soprattutto questa zona 200 anni fa era ricca la produzione del baco da seta; c’era l’allevamento del frugello. C’erano i gelsi e soprattutto le donne (mentre gli uomini andavano ad arare o facevano la stalla) badavano al baco da seta. Quindi, tutto sommato, 200 anni fa la gestione della terra in questa zona era più intelligente di quello che facciamo oggi. Perché loro differenziavano la produzione mentre noi tendiamo alla monocultura. L’evoluzione politica di questa zona è stata quella dello stato pontificio che poi fu incrinato fortemente dall’occupazione napoleonica, e quella è stata una grossa frattura e forse val la pena che ci spendiamo un attimo di tempo.

Perché? Perché noi siamo a 25 chilometri da Tolentino dove fu firmato, nel 1797 mi sembra, il trattato di Tolentino tra l’invasore Napoleone Buonaparte ed il Papa. Naturalmente Napoleone poi rispettò fino ad un certo punto questo trattato tant’è che poi Roma fu occupata e ci furono due anni di repubblica romana.

Durante la repubblica romana qui fu sovvertito ogni ordine costituito. Praticamente ci fu un ordinamento politico amministrativo che era tutto il contrario, tutto diverso da quello che c’era prima. Ma non solo era diverso il modo di amministrare, ma era tutto diverso quella che era la volontà politica e la mentalità degli amministratori. Cioè praticamente c’è stato un ribaltamento generale di quello che era l’amministrazione papalina prima: molto conservatrice, molto miope e soprattutto arcaica. Cioè praticamente tutti i segnali che arrivavano dalla Francia, ma anche prima della rivoluzione francese c’era l’illuminismo, arrivavano qua. Perché nelle famiglie nobili, nelle famiglie ricche a livello di studiosi, c’erano l’enciclopedie di Dideròt, però lì si fermava, non travasava nelle istituzioni, nel modo di vivere. Mentre in Toscana l’arciduca fece un serie di riforme, qualche altro stato italiano impostò piani di riforme (riforma agraria, caute riforme) lo stato pontificio niente, tutto fermo, tutto retrogrado.

Quindi nello stato pontificio l’occupazione francese è stata più destruente, ha fatto più effetto perché ha trovato un sistema più arcaico, più chiuso. Praticamente cosa hanno fatto i francesi? Prima di tutto hanno cambiato le sedi amministrative ed il modo di amministrare. Cioè hanno diviso le Marche in vari dipartimenti che non coincidevano con quelli che c’erano prima, per tagliare il potere a quelli che c’erano prima.

Noi fummo messi sotto il dipartimento di Fermo. Ma per punire Camerino, che a parer dei francesi era troppo papalina perché c’era l’arcivescovo potente, c’erano questi nobili, questi patrizi molto potenti (erano tutti papalini con le dovute eccezioni: c’erano uno o due che erano abbastanza Giacobini, cioè avevano sposato le tesi della rivoluzione francese), per demolire questo potere conservatore a Camerino, invece di fare un solo dipartimento ne hanno fatti tre.

Pardon: più che dipartimenti (il dipartimento era quello di Fermo) erano dette municipalità.

Quindi Camerino, invece di fare una municipalità ne hanno fatte tre: municipalità del centro storico, municipalità del contado di Camerino e municipalità a se stante di Pieve Torina, qui dove siamo noi.

Quindi hanno messo gli esclusi, gli oppressi contro i padroni. Noi eravamo sempre sotto Camerino … ci hanno dato un’individualità amministrativa, con il capo della municipalità, con un’amministrazione nostra, col nostro gendarme o due gendarmi.

Ci hanno imposto l’assunzione di un maestro (non c’era mai stato un maestro a Pieve Torina) con uno stipendio di 220 scudi! Dato che il maestro non poteva seguire tutta questa municipalità, nelle frazioni l’istruzione era stata affidata ai parroci però a loro venivano dati 22 scudi, non 220! Però era imposto l’obbligo.

Poi l’amministrazione era divisa in quattro o cinque uffici: boreau de justice, cioè l’ufficio della giustizia che c’era la polizia e penso la magistratura giudicante per cause piccole, erano escluse le cause criminali, le pene detentive lunghe e la pena di morte. Poi c’era l’ufficio degli approvvigionamenti, dell’istruzione… c’erano cinque uffici in tutto che prima non esistevano.

C’era l’obbligo di fare il corpo dei gendarmi, di amministrare, di rifornirsi, di curare i rifornimenti per la popolazione eccetera eccetera. Quindi è stato fatto uno strappo enorme.

Successivamente c’è stato dopo breve interregno, l’occupazione napoleonica con il regno d’Italia che è durato fino al 1814 con la caduta definitiva di Napoleone. Noi siamo entrati nel regno d’Italia nel 1807- 1808 ed è rimasta più o meno la stessa impostazione però invece che essere dipartimento di Fermo siamo stati creati come dipartimento del Musone, ci hanno unito con Recanati, con Loreto praticamente, però l’impostazione è la stessa.

Venivano assunti localmente i cosiddetti edili che erano funzionari che erano a contatto con il popolo e tra questi edili, quando poi c’è stato il crollo del sistema napoleonico e la restaurazione, tra queste persone che erano state assunte con Napoleone, ci sono state quelle che sono stati i semi, i germogli del nostro Risorgimento. Perché avevano sposato la causa francese e non intendevano più vivere in un sistema oppressivo circoscritto, del papa re praticamente, che in certe occasioni governava con il gendarme e con la forca. Lui (il papa) lasciava molto vivere però non ci si poteva permettere il lusso di pensare con la propria testa: non veniva tollerata la cosa politica. Se uno si accontentava di vivacchiare, di vivere e di dire signor si, allora forse si viveva meglio a quei tempi, però se uno si permetteva di dire no allora veniva cacciato o esiliato o addirittura giustiziato.

Tant'è che nel 1817, due anni dopo la Restaurazione, furono denunciati e condannati (in prima istanza 7 condanne a morte) mi sembra 180 cittadini marchigiani nella provincia di Macerata proprio, e ci sono stati tanti processi perché erano i Carbonari, gente che non ci stava più a stare sotto il Papa e gente che credeva nella “libertè, egalitè e ugualitè" insomma, e praticamente sono stati coloro che hanno gettato le basi del Risorgimento nazionale che non è che ne possiamo parlare adesso: è stata una gestione abbastanza travagliata che ha portato all’Unità d’Italia, ma che è stata una cosa d’élite, non è stato un movimento popolare. Anche se molti popolani in ogni occasione di battaglie nel Risorgimento, andavano volontari: noi abbiamo degli esempi qui nelle Marche … Perché parlo delle Marche perché insisto con le Marche?

Le Marche hanno avuto pochi riconoscimenti, ma tanti meriti: perché erano forse una delle popolazioni più compresse che ha cercato di esplodere. Praticamente la piccola borghesia, la media borghesia e pochissimi della nobiltà sono stati quelli che hanno partecipato al Risorgimento e devo dire molti del popolo, però non il popolo, erano pochi quelli del popolo però ce n’erano.

Noi abbiamo un Leopoldo Elia, che è stato presidente della Corte Costituzionale adesso, qualche anno fa: suo nonno, che si chiamava Leopoldo Elia, era il capitano di una piccola barca del porto di Ancona e lui è stato uno dei carbonari, uno dei più rivoluzionari, ed i suoi figli lo stesso.

Pieve Torina ha dato due volontari nella guerra del 1848, andarono su in Piemonte nella prima guerra di indipendenza: un Bellanti e un altro non mi ricordo come si chiamava. Ma dalle Marche, soprattutto Tolentino e Macerata, (dico Tolentino perché era stata un’enclave di simpatie napoleoniche diciamo: lì c’era stata sia il …. di Tolentino, sia i comandi dell’esercito francese per lungo tempo e poi, caduto Napoleone, c’è stata la sconfitta di Gioacchino Murat proprio a Tolentino). E Tolentino e Macerata e le zone limitrofe hanno dato molti molti volontari a tutte le campagne del Risorgimento e ne partivano in tanti, centinaia e centinaia.

Ti porto un esempio alla battaglia di Mentana, 1867, che fu la sconfitta di Garibaldi alle porte di Roma, fu un tentativo di liberare Roma con forze italiane di gente che non credeva nel re, ma erano repubblicani. Cioè loro non volevano che Roma fosse annessa all’Italia per merito dei Savoia (prima c’era Cavour che poi è morto nel 1862, c’era lo stato sabaudo che cercava di mettersi d’accordo per via diplomatica oppure aspettava di occupare Roma militarmente) e c’era un comitato a Roma che era filo monarchico e un altro comitato che era estremista, era repubblicano, e questo comitato repubblicano organizzò un motto del 1867 che fallì miseramente a Villa Glori con l’uccisione dei fratelli Cairoli ed a Mentana con la sconfitta di Garibaldi. Garbaldi occorse generosamente, ma…. partì una colonna garibaldina da Macerata: di 120 uomini ne sono tornati 18 o 19, gli altri ferito o morti. Li comandava un certo Ciccarelli di famiglia operaia di Macerata, erano 3 fratelli, solo questo era sopravvissuto. Questo per dire era gente che ci lasciava la pelle, è gente che ci credeva. Io ho letto qualcosa di quando c’era il tamtam per partire e c’erano ragazzi di 17-18 anni che vedevano partire la gente e partivano anche loro senza dire niente al padre a alla madre, cioè era una cosa così, era gente che ci credeva anche per uscire da questa società…

Diciamo che nelle nostre famiglie piccolo borghesi ci sono stati molti che hanno… io sono orgoglioso di dire anche nella nostra famiglia… io sono stato nel comitato romano rivoluzionario, però in quello moderato.

E abbiamo invece un cugino loro, questi si chiamano Raffaele e Filippo Marchetti che sono figli di quel Leo Marchetti che è uscito da questa casa, era fratello del il mio bisnonno o trisnonno. Abitano a Roma, uno era un grosso avvocato uno un musicista abbastanza affermato, e tutti e due erano nel comitato. L’avvocato difese Monti e Toglietti che furono gli ultimi due decapitati dal Papa Pio IX e sono stati quelli che hanno messo le mine nel movimento rivoluzionario del 1867 sotto la caserma Serristori per ammazzare gli Zuavi Francesi; invece gli Zuavi Reggimento, gli armati erano usciti perché su spiata erano andati ad intercettare in una vigna vicino a Porta San Paolo il convoglio delle armi degli insorti e in questa caserma erano rimasti solo quelli della banda degli Zuavi e sono morti solo quelli della banda poveretti. Monti era un paesano nostro di Fermo, un marchigiano di 31 anni, muratore, Tognetti era il suo aiutante muratore, romano, e furono processati e decapitati sulla ghigliottina e furono difesi da questo Raffaele Marchetti (io ho l’arringa a casa). Perché lui non solo era del comitato, lui li ha difesi e nello stesso tempo ha dato l’apporto del comitato liberale e gli aiuti alla famiglia di questi poveretti, di sicuro. Questo Raffaele che era una persona politica di primo piano a quei tempi a Roma, è entrato nella prima giunta dopo la liberazione di Roma, dopo che i bersaglieri sono entrati a Porta Pia, dopo quattro giorni lui è stato eletto, insieme ad altri, nella prima giunta che ha condotto il comune di Roma. Poi subito dopo è stato eletto deputato ed è stato consigliere a Roma, ma soprattutto è stato tra i primi amministratori di Roma dopo che è stata tolta al Papa ed è passata sotto l’Italia. Quindi molto importante.

Un cugino di questi due Marchetti è stato garibaldino: io sto facendo una ricerca e mi risulta che abbia combattuto nel Veneto nel 66 e a Mentana con Garibaldi nel 67. Quindi era uno di quei 18-19 ritornati da Mentana con la legione marchigiana.

Dopo che è stato fatto il Regno d’Italia questa zona ha vivacchiato perché è stata sempre una zona molto marginale: l’attività agricola era molto limitata e praticamente la zona d’alta montagna viveva sulla transumanza e noi su modeste porzioni di vino e di grano e di lana di piccole greggi.

Nella mia famiglia è stato capito subito che non si poteva vivere solo di agricoltura e fin dalla metà dell’800 c’è sempre stato in ogni situazione almeno un professionista. Per tale motivo noi abbiamo conservato la proprietà di queste terre perché con i guadagni “extra agricoli” c’è stato un po’ di benessere in casa. Quindi il padre di mio padre che è nato nel 1850 era un geometra, ha avuto tre figli maschi: due laureati ed un diplomato. Uno era geometra, gli altri due, uno medico (che era mio padre) ed uno ingegnere che è stato molto sfortunato: una persona di eccelse qualità intellettive che si laureò in elettrotecnica a Torino e morì per una disgraziata fuga di gas in albergo appena laureato.

Una giovane vita stroncata. Lui era un persona di un’intelligenza superiore: io ho delle lettere e anche la sua tesi di laurea che mio figlio (laureato in Fisica) ha apprezzato molto per la modernità dell’impostazione.

Mio padre è morto nel 1948, mio zio è morto nel 1950 e praticamente abbiamo ereditato un’azienda abbastanza dotata di bestiame, di macchine,… poi io ho fatto il medico ed i miei guadagni sono stati riversati in azienda e noi speriamo di sopravvivere, ma sarà molto difficile perché c’è una crisi agricola per le aree marginali che non è semplice.

Io non so per quanto riguarda il terzo millennio quali sono le nostre prospettive.

Io prevedo che la sopravvivenza di un’azienda come questa non è basata sulla quantità, ma sulla qualità di quello che produciamo. Noi qui (l’avrai sentito anche tu) abbiamo una carne finissima, di un sapore squisito ed io già adesso sono sul mercato con dei prezzi che sono molto più alti di quelli del mercato normale. Diciamo che se l’Australia o la Nuova Zelanda o gli Stati Uniti dove stai tu, riescono a portare in Europa la carne a 2500 lire al chilo, cioè poco più di un dollaro al chilo in carcassa, se certi allevamenti europei riescono a portare la carne a 2 dollari in carcassa, io prendo più di 3 dollari sul vivo. Cioè io prendo 4 o 5 volte di più degli australiani e dei neozelandesi e prendo il doppio o il triplo… Noi la vendiamo in macellerie specializzate (ce ne sono qualche centinaio in Italia centrale) dove vendono carne di origine garantita, DOC, che deriva dalle antiche razze italiane. Io produco con il metodo biologico, cioè rispettando la terra e rispettando gli animali. Prima di tutto non adopero concimi o pesticidi, niente che sia di sintesi chimica: tutto naturale deve essere. Quindi come concimi do il letame della mia stalla (opportunamente trattato, io faccio il compostaggio) per rinforzare la fertilità del suolo alterniamo colture di leguminose alla colture graminace (le leguminose catturano l’azoto atmosferico e arricchiscono il suolo).

Cioè io preservo la fertilità del suolo sia dando i concimi organici della mia azienda, cioè il letame, sia alternando colture che arricchiscono il terreno a quelle che lo impoveriscono. Cioè noi abbiamo una categoria di piante che noi chiamiamo leguminose, la fava, i piselli, l’erba medica (l’alfa alfa la chiamate negli Stati Uniti, no?) che hanno degli orfanelli nelle radici che captano l’azoto atmosferico e lo mettono sotto terra. L’anno dopo io metto il grano che impoverisce la terra e gode di questo azoto atmosferico catturato dalle leguminose e in più metto il mio letame e quindi riesco a mantenere la sostanza organica del suolo e la fertilità del suolo. Da due anni non compro più un chilo di concime.

Gli animali vengono allevati nel rispetto delle loro esigenze vitali e biologiche, cioè devono avere possibilità di muoversi liberamente, quindi è vietata la catena.

Io ho due stalle una libera e una a catena e ho una deroga di due anni cioè entro il prossimo anno debbo eliminare la catena sennò mi tolgono…


Cioè per chi entra nel metodo biologico e ha una stalla alla vecchia maniera con bestie legate (tradizionalmente qui da noi… negli Stati Uniti già le bestie sono tutte libere, qui da noi in montagna resiste qualche stalla con la catena) la catena è proibita, non è accettata dal biologico: le bestie devono essere libere e devono andare al pascolo. Quindi se uno ha una stalla con bestie legate alla catena ha due anni di tempo per fare stalle libere.

Quindi preserviamo la fertilità del suolo rispettandolo, rispettiamo le bestie che debbono avere la libertà di muoversi e soprattutto devono avere a disposizione il pascolo perché quando la bestia sta fuori sta bene, si sente libera. Riescono a partorire tranquillamente da sole le bestie, ci sono meno incidenti di parto fuori che dentro perché la bestia è libera, si muove, fa esercizio. C’è maggiore fertilità perché il toro è con loro e soprattutto ingrassiamo questi vitelli che nascono da questi bovini prevalentemente con erba.