interviste di Kai Nebel

Mario Bettacchi

Mario Bettacchi

Mario Bettacchi

AUDIO Intervista di Kai Nebel a Mario Bettacchi

Mario Bettacchi


Io sono nato il 7 giugno dell’anno 1918.

Kai: tuo nome?

Il mio nome è Mario Bettacchi.

Sono nato qui nella parte interna del paese, che è via Vignoli, e diciamo la parte vecchia che è chiamata il Borgo. Sono nato nella casa dove attualmente abita Pasquale Scriboni al numero civico numero 26. Lì sono nato e ad un anno di età sono stato trasferito qui in via Roma, attualmente che è via Roma, in questo edificio che appunto vero, abito dal 1919; perché sono nato nell’anno 1918, nell’anno 1919 sono venuto ad abitare qui.

Kai: hai avuto qualche fratelli?

Dunque io ho una sorella.

Kai: una sorella, si.

Che è nata nell’anno 1915 e attualmente abita in quella casa che è qui vicino al ponte.

Kai: ancora vive?

E’ vivente. E’ vivente. C’ha una memoria di ferro. E’ lucida, si ricorda di tutto.

Kai: ah, bene.

E puntualizza anche le date, cosa che non accade a me perché io ricordo moltissime cose, no?

Kai: si, si.

Però non riesco a focalizzare vero, la data esatta. Invece mia sorella è, in questo campo è perfetta.


Kai: come è diverso oggi il tempo … come era Pievetorina in quel tempo?

Ah, Pievetorina in quel tempo era tutta diversa da come è oggi.

Kai: come? Descrive.

Si viveva diciamo così, più famigliarmente, vero? Ci frequentavamo, vero, le famiglie si frequentavano di più. Adesso magari c’è più isolamento, perché ognuno cerca di fare le cose a suo modo; il tempo passato era tutto diverso.

Kai: e non ci sono automobili, non ci sono macchine?

Dunque le prime macchine che sono transitate in questo paese, c’è una fotografia che è anche riprodotta su al museo, in questa fotografia c’è la corriera che passava penso giornalmente, ma la prima volta che è transitata a Pievetorina fecero appunto questa fotografia e mio padre si era messo come viaggiatore ed era affacciato appunto in questa … una cosa, diciamo al tempo di oggi, un cosa antidiluviana perché era una corriera proprio alle prime…

Kai: chi collegava?

Questa corriera penso che collegava Visso a Camerino passando per Pievetorina, la Muccia …

Kai: lui era passeggero?

Si, si. Era una corriera che trasportava i passeggeri, era al servizio del pubblico.

Kai: si, si. Ci sono stati tanti passeggeri in quel tempo?

Mha, come disponibilità di spazio non era molto grande, penso che in ultimo potevano salirci una quindicina di persone al massimo.

Kai: perciò che anno era quello, più o meno?

Eh, guardi, mha io non ricordo esattamente.

Kai: che anni avevi?

Sicuramente sarà stato intorno agli anni 20. E si, senz’altro. Ma a quei tempi diciamo era già un avvenimento perché io ricordo perfettamente, vero, che il servizio ad esempio postale, veniva svolto attraverso i cavalli. Perché c’era ad esempio un collegamento del servizio postale svolto da persone che viaggiavano, vero, con le carrozze e i cavalli.

Kai: e c’erano tanti bui per lavorare i campi …?

No, no, i cavalli, mha diciamo vero, la zona era piuttosto agricola quindi contadini, mezzadri, di persone diciamo intellettuali ce n’erano pochissime…


Kai: e tutti andava a scuola o no? Non c’era scuola?

Si, bè per dire l’età che ho vissuto l’infanzia io, c’erano le scuole elementari e poi i più abbienti e quelli disposti allo studio andavano a Camerino.

Kai: anche per scuola media?

Si; le magistrali, erano le scuole magistrali, e poi dopo c’erano anche le scuole superiori perché Camerino è una città molto antica e quindi c’ha un’Università, vero, che c’ha delle tradizioni proprio diciamo molto antiche.


Kai: tu hai qualche ricordo della famiglia Marini?

Dunque, della famiglia Marini, io ero ragazzo e … dunque in chiesa c’era l’insegnamento della dottrina e questo insegnamento veniva svolto non in chiesa, ma nella casa privata di, sarebbe stata una zia della sua signora.

Kai: zia Laura? Da parte di padre?

Si, si chiamava Marini Laura e noi gli dicevamo Laurina. Questa donna che era… questa signorina perché non era sposata.

Kai: non era sposata.

Non era sposata. L’ufficio postale, Poste e Telegrafo, perché a suo tempo c’era il telegrafo, no? Con l’alfabeto Morse, e stava in quel locale dove attualmente c’è un esercizio di generi alimentari. E’ qui in fondo alla via Roma, di fronte al giornalaio. Lì c’era l’ufficio postale e questa signorina c’aveva l’abitazione a piano terra. A noi ci insegnava la dottrina e nell’intervallo, per farci anche un po’ divertire, ci faceva conversare attraverso il telefono perché un apparecchio ce l’aveva dentro all’ufficio, e dalla parte di dietro c’aveva una cabina che era tutta quanta imbottita, vero, quindi non assorbiva i rumori e quindi uno si metteva in cabina e un altro parlava dall’ufficio e quindi conversavamo attraverso il telefono.

Era una donna molto devota. Molto devota, si, si. Ed era appunto la sorella di Ugo, che Ugo sarebbe il padre della sua signora, poi c’aveva anche un altro fratello che si chiamava Ivo, Ivo Marini.

Kai: si, era molto simpatico.

Giocatore di terziglio, terziglio o quintiglio.

Kai: terziglio vuol dire?

Eh, terziglio si gioca in tre persone: è una specie di tre sette che si gioca in tre persone.

Kai: e quell’altro gioco che era? C’era un altro tipo di giocare?

Eh, questo era un appassionato di questo gioco. C’ho giocato anche io, sa, perché è vissuto a lungo.

Kai: ogni sera?

Eh, si, si.

Kai: al bar?

Il ritrovo era su, nella parte alta del paese, chiamato Montalbano, lì c’erano, c’era una cantina, c’era un’osteria e c’era la sala da gioco. Era tutto quanto un pò circoscritto lì nel paese.


Kai: si. E il prete al quel tempo chi era?

Il parroco in quel tempo era Don Pietro Rosati, che a Pievetorina venne attorno all’anno 1920 perché io ad esempio sono stato battezzato e a me mi ha battezzato…, il parroco era il parroco Cristallini, il nome non me lo ricordo…

Kai: non importa.

Questo Cristallini poi si dimise e subentrò questo Don Pietro Rosati che era di Serravalle di Chienti.


Kai: tu hai qualche ricordi dei genitori di Ugo Marini?

Di Ugo Marini si, ma io li ho conosciuti, eh?

Kai: c’era Maria, la madre di …

Li ho conosciuti: loro abitavano nella casa dove attualmente abita…

Kai: noi!

La famiglia… no, dove abita attualmente la famiglia Terenzi. Abitavano su, li a Montalbano in fondo al vicolo, via Ascolani è quella lì, abitavano lassù.

Kai: si, si. E come era lui, il padre, che faceva?

Eh, persone molto simpatiche, persone apprezzate nel paese perché erano già, vero, diciamo di un livello culturale un po’ più elevato rispetto alla massa perché, come ripeto, qui era…, la maggior parte erano mezzadri, ecco, gente di campagna.

Kai: lui aveva la sua terra?

Si, si, erano proprietari, come no, proprietari della terra.

Kai: e la madre di lui?

Eh, la madre pure, li ho conosciuti tutti e due, ma erano molto già anziani.

Kai: si, quella era la contessa, mi sembra, era di Gubbio, mi sembra.

Sinceramente le origini proprio io non le ricordo, ma neanche le conosco.

Kai: si. Avete qualche ricordo di loro, della madre di Ugo?

Eh, bè, non, sinceramente non…

Kai: no, no…

Mia sorella ne potrebbe sapere di più.

Kai: ah, si?

Perché mia sorella si ricorda molto delle cose, io c’ho un ricordo sempre molto vago del passato.


Kai: allora a quel tempo venne il fascismo, Mussolini.

Eh, come no? Eravamo proprio nel periodo del fascismo.

Kai: come era a quel tempo durante i 20 e i 30?

A quei tempi diciamo erano tutti fascisti… si perché non c’era alternativa. Io c’ho delle fotografie ad esempio che sono pubblicate anche … perché, non ricordo esattamente se, ma attraverso la Cassa Rurale sono stati pubblicati due libri delle fotografie del tempo passato e in uno di questo libro c’è una fotografia che io l’ho fatto riprodurre in grande: c’è una schiera di ragazzi come me vestiti da Balilla.

Kai: ah, si, come Maria. Anche Maria era un piccolo fascista quando Balilla…

La sua signora?

Kai: si, si, la mia signora.

E questo gruppo in posizione un po’ sopraelevata, ci sono le Piccole Italiane, che erano donne. Di queste donne attualmente è vivente una soltanto.

Ossia, sono vivente io perché gli altri, i maschi, sono morti tutti. E delle donne c’è rimasta soltanto una Lucchini Lina mi sembra che si chiami, che sarebbe la sorella di Don Peppe Lucchini, il parroco che sta a San Benedetto, qui a Montecavallo.

Kai: si, si.

Quella è ancora vivente. E c’ha qualche anno più di me.

Kai: quanti anni avrebbe?

Eh, quelle ce ne dovrebbe avere attorno a novant’anni.


Kai: e allora che facevi come questo, come hai chiamato, Balillo?

Balilla. Avanguardisti e poi su su, c’erano la Milizia Volontaria. La Milizia Volontaria la chiamavano per la sicurezza nazionale, quelli erano inquadrati, anche armati erano. Qui c’abbiamo avuto degli esponenti, insomma c’era il segretario politico, c’era tutta la gerarchia diciamo del regime. Era una cosa più che naturale.

Kai: si certo. E allora tu diventava soldato quando?

Dunque io sono andato militare il primo aprile dell’anno 1939.

Kai: 29, e come, volontario?

Nell’anno 1939.

Kai: 39, e volontario o?

No, no, no. Sono stato chiamato di soldato di leva.

Kai: soldato di leva.

Soldato di leva. Sono partito, diciamo, attraverso il distretto militare e io sono andato a Bologna.

A Bologna sono stato, diciamo, assegnato al 6° Centro Automobilistico. Si, adesso è un corpo che è stato disciolto, attualmente fa parte, diciamo, dell’alba(?) dei trasporti e dei materiali; è stato unificato.

Io ho fatto il militare a Bologna.

Kai: a Bologna; e dopo di quello?

Dopo, diciamo nell’anno 1940 è scoppiata la …, l’Italia è entrata in guerra. Sono stato mobilitato e sono stato assegnato in un reparto, eravamo circa 70 persone, un’officina mobile pesante: 18° Officina Mobile Pesante.


Ho fatto la campagna slava, poi dopo siamo rientrati in Italia.

Kai: slavia dove?

Jugoslavia.

Kai: Jugoslavia. In che parte? Ricordi?

Sono stato in Croazia, fino a Ogulin. Noi ci siamo fermati a Ogulin. Lì, diciamo, è finita la campagna, siamo rientrati in Italia e da Verona siamo stati mobilitati e c’hanno portato in Russia.

Kai: Russia?

Io sono stato due anni in Russia, sono andato in Russia con il corpo di spedizione.

Kai: mamma mia.

Si. Che lo comandava il generale Messe, Giovanni Messe.

Kai: Giovanni Messe, un italiano?

Si, si, si, italiano. E poi dopo, l’anno successivo è venuta l’armata. Dal corpo di spedizione si è passati all’armata che era chiamato ARMIR.


Kai: e che hai fatto?

Eh, dunque io della Russia ne ho fatta parecchia: sono arrivato fino sul Donetz. Dopo da lì c’è stata la ritirata e siamo ritornati in Italia. Dopo c’hanno fatto girare un po’ perché il problema diciamo del movimento sul territorio era un po’ condizionato, vero, dal comando tedesco. A noi ci portavano sempre nelle zone più, diciamo, più remote per lasciare libere le vie di transito, vero, alle truppe combattenti. Noi facevamo parte dei servizi, quindi eravamo un po’, diciamo, di secondo ordine.

Kai: si, si, non c’era…

Però siamo arrivati fino nella Russia bianca, a Gomel. Mha, c’ho tutto l’itinerario io, tappa per tappa, come ho vissuto la campagna di Russia, ce l’ho tutta segnata.

Kai: tutta segnata?

Data, chilometri, tutto…

Kai: bravissimo.

Si, si.

Kai: questo scritto è qua?

Ce l’ho, ce l’ho a casa, ce l’ho qui di sopra.

Kai: ah, bene.

Si. Si.

Kai: mi piacerebbe vederlo qualche volta.

Come?

Kai: mi piacerebbe vederlo.

Ma io glie lo faccio vedere, adesso se mia moglie si ferma un attimo qui, possiamo salire di sopra e ti faccio vedere. Chiuda, chiuda.


Kai: e voi avete i ritornati a Italia primo aprile del 43? E dopo di quello,che succede?

Dunque dopo di quello il reparto mio non è stato sciolto perché sennò le truppe, diciamo combattenti, ritornate in Italia venivano smobilitate, vero, e quindi ognuno ritornava ai suoi reperti.

Noi invece, siccome eravamo un reperto autonomo, siamo stati, dopo la contumacia, periodo della contumacia, poi la licenza per il rientro in patria, siamo ritornati a Verona e l’Officina ha cominciato a lavorare un’altra volta. E riparavamo tutte questi stock di macchine che erano rientrate dalla Russia a Verona. A Verona lì è avvenuto l’armistizio, si è disciolto l’esercito, io sono ritornato da Verona a piedi fino a Budrio, nei dintorni di Bologna.

Kai: a piedi?

A piedi. E da lì poi dopo ho preso il treno e sono ritornato a casa, qua.

Kai: e durante quel periodo, durante la caduta di Italia, dopo l’armistizio?

Dopo l’armistizio…

Kai: c’era quasi guerra civile, mi sembra.

Eh, che erano i tedeschi. I tedeschi so rientrati…, noi lavoravamo con quest’Officina, diciamo era accampata, c’era una serie di padiglioni dietro alla caserma del 4° Centro Automobilistico a Verona. Noi eravamo appunto in uno di quei padiglioni lì. Abbiamo visto i tedeschi entrà dalla porta della caserma ufficiali del 4° Centro Automobilistico. Noi abbiamo saltato le mura e siamo andati, ci siamo sbandati e siamo venuti a casa. E lungo la strada, facevamo tutte strade secondarie per non incappare nelle pattuglie tedesche perché già incominciavano a…

Kai: a prendere i giovani.

Eh, come no; eh, diamine.


Kai: e qui a Pievetorina era tanto pericoloso. Per esempio Mario Marini è andato nella montagna per evitare…

Ci sono stato anch’io, diciamo…

Kai: fuori? Nelle montagne?

Si, si.

Kai: per nascondere?

Eh, dunque, il fatto è avvenuto in questo modo, che ritornati a casa, poi dopo c’è stato diciamo così, c’è stato un proclama per essere un’altra volta ripresentati nell’esercito, ma noi assieme a tanti altri ci siamo sbandati, non ci siamo presentati a questo proclama che aveva fatto il maresciallo Badoglio, no?

Kai: si.

Per ricostituire l’esercito …

Kai: si, quello non hai fatto.

E altri sono andati, si sono caricati con la Repubblica Sociale.

Kai: si, per esempio Lucio.

Noi ci siamo dati alla macchia. Siamo andati, noi, il posto nostro di rifugio era qui a Lecentare, dove c’ha la proprietà i Marchetti di Lucciano.

Kai: ha, ho capito.

Stavamo lassù.

Kai: si, si.

E vivevamo, vero, lì alla giornata.

Kai: e i tedeschi sono stai qua a Pievetorina?

Eh, i tedeschi ne hanno fatte. A raccontare tutte le cose avvenute, diciamo, non è una cosa semplice così a voce.

Kai: no.

Si, bè, bisognerebbe ricordare scrivendo, ma ad esempio, quando che noi ci siamo dati alla, diciamo così, alla macchia, siamo partiti da Pievetorina siamo andati su a Valsantangelo, quindi a Lecentare.

Mentre che noi salivamo la strada che da Pievetorina va oltre Valsantangelo, che va verso la Pintura di Ciglia, il valico, s’erano, diciamo così, sbandati tutti gli internati del Montenegro che l’avevano portati a Colfiorito.

Kai: a Colfiorito, si, si.

Quelli, come noi, hanno rotto i cancelli e si sono dati così girovaghi. Infatti attorno lì alle montagne di Valsantagelo era pieno di questi Montenegrini che poi dopo sono scesi, qualcuno è venuto anche assieme a noi, perché noi eravamo tutti abusivi, no?

Kai: si.

Abitavamo dentro le case disabitate di Lecentare. E questi Montenegrini sono venuti, poi dopo qualche giorno si sono anche armati. Noi cercavamo di mangiare perché il mangiare ce n’era poco. Questi invece si sono subito riarmati.


Kai: a quel tempo è morto il fratello di Maria.

Quello è il fatto che io l’ho vissuto in prima persona.

Kai: si?

Perché uno di questi Montenegrini che si chiamava Giugo e doveva soggiornare qui a Antico, che cosa è avvento? Che qui a Pievetorina si era costituito un gruppo di partigiani, no?

Kai: si.

Che operavano in collegamento con questi di Massaprofoglio, altri stavano a Collebianchi, qui vicino a Montecavallo, e qui questo gruppo lo capeggiava Domenico Lorenzetti.

Ragioniere Domenico Lorenzetti che attualmente la moglie ancora vive, Adorna, la figlia è la dottoressa…

Kai: si, si, si, la conosco, è molto simpatica.

A Camerino.

Kai: si, si, si.

Un’altra è, dovrebbe essere un’esperta in commercio.

Kai: si, si.

Sta con una fabbrica di borse di un nome molto pregiato, neanche lo ricordo; Paola si chiama.

E questo Domenico Lorenzetti, appunto che era un ex ufficiale dell’esercito, capeggiava questo gruppo di Pievetorinesi che cercavano di salvaguardare un povero, la quiete pubblica.

Kai: si.

E quindi …

Kai: e che vogliono fare, che vogliono?

Facevano delle pattuglie notturne. Io vivevo in disparte perché ho sempre partecipato, ma siccome ero reduce dalla Russia e di tribolazioni (eh eh) ne avevo affrontate parecchie, allora a Domenico Lorenzetti che eravamo amici del banco di scuola gli dissi oh, dico, a me lasciami in pace, io sto con voi, ma cerco di stare anche un po’ riparato qui a casa, perché …

Kai: si, si, si.

Alla notte mi piaceva andà a dormì sul letto. E allora qui, venuto da Roma, viveva un certo Vincenzo Micarelli. Questo Vincenzo Micarelli era un direttore di un gruppo di alimentaristi a Roma, una persona per bene, e veniva qui a casa mia perché ascoltavamo radio Londra. E radio Londra non si poteva ascoltare perché te portavano via, te mettevano in galera.

Allora una sera, io non ricordo appunto la data, perché a me le date non c’ho proprio memoria, stavamo ascoltando radio Londra in quel locale dove attualmente adesso c’è la cucina, lì in basso, e sentimmo uno sparo. Proprio lì come adesso c’è l’ingresso dell’abitazione, questo disse che questo colpo gli era partito per disgrazia. Lo investì sull’addome.

Kai: si, si.

E noi sentimmo questo colpo e scendemmo giù, e questo poveraccio, Gabriele, lo portammo appresso a qui a confine, allora ci abitava Fronzi con il forno, Duilia, che era la moglie di Domenico Fronzi, sarebbero stati i genitori di Alberto e Sandro Fronzi. Attualmente stanno in disparte, ma il forno ancora è gestito a nome loro. E fu sdraiato sopra un lettino, venne giù la madre, Peppina, e questo ragazzo, che era lucidissimo, non faceva altro che raccomandargli di non inveire contro nessuno perché questo colpo, secondo quello che diceva lui, era partito per disgrazia.

Kai: per un incidente, non era…

Un incidente.

Kai: non era intenzionale.

Disse.

Kai: disse, ma …

Lui insisté a dire, che si trattava di un colpo partito per incidente. Incidentalmente.

Io uscii da casa, allora c’era l’oscuramento non si vedeva niente di notte, andetti su qui alla Rocca, che ci abitava un certo Giovagnoli Pietro, però gli dicevano Ninì, e c’aveva un servizio pubblico, una macchina adibita a servizio pubblico e non si voleva alzare perché era andato a letto, era di notte, c’era l’oscuramento.

Kai: c’erano ancora i tedeschi?

Era zona libera. I tedeschi stavano a Macerata…

Kai: si e altre parti.

Qui come ripeto la zona era un po’ sorvegliata da questo gruppo di partigiani locali.

Kai: si.

E, come ripeto, venne giù, fu caricato su questa, era una Balilla a tre marce, una macchina piccola, e fu portato a Camerino.

Il mattino dopo è deceduto.

Kai: si, a quel tempo non era possibile salvarlo … che peccato. Ma che pensi tu, era intenzionale? Chi ha fatto questo colpo, uno di questi slavi?

Questo montenegrino, che lo chiamavano Giugo, una persona irruenta, proprio una persona da tenere in disparte, era in pattuglia assieme a questo Marini Gabriele. Loro due soli. Pattugliavano il paese.

Kai: si, si.

Quindi è avvenuto così, senza testimoni.


Kai, si. Chi lo sa. E quando sono partiti i tedeschi di queste parti c’è stato questo esercito che ha camminato tutto…

E, dunque, diciamo, qui si tratta sempre di date, di giorni che io non ricordo, però sommariamente avevano occupato, ossia, c’era diciamo una radio trasmittente che s’era collocata su al campanile, in cima al campanile, ed era in collegamento con altri gruppi che stavano in Umbria. La maggior parte dei tedeschi alloggiava dentro qui al palazzo dove attualmente c’è la sede dell’Aereonautica, il palazzo che poi era di Cancellieri Vincenzo che era adibito ad ammasso di granaglie, che poi dopo questo palazzo qui l’hanno comprato gli Aquini (?). E quello era pieno di tedeschi.

Kai: ah, si.

I tedeschi quella mattina c’era un movimento con tutte queste bombe diciamo che le andavano collocando nei ponti, nei punti di passaggio e poi un’altra parte aveva occupato anche la casa di Ciccarelli, qui di fronte a me.

Kai: si.

Verso l’una, così, nel pomeriggio, nel primissimo pomeriggio, in brevissimo tempo, si so dati una radunata tutti quanti, hanno incominciato ad andar via, via, via, e sono partiti così senza far niente.

Io mi ricordo che l’ultimo tedesco che è uscito dal paese era un ufficiale che viaggiava con un sidecar, una motocicletta col sidecar, e si dimenticò, questo ufficiale qui, si dimenticò il fucile mitragliatore dove attualmente lì c’è la banca delle Marche e c’è quella fontana, lì la fontana non c’era c’erano delle panchine, e si dimenticò il fucile mitragliatore lì.

Kai: ah.

Io quasi quasi avevo tentato di scende giù e piglià sto fucile, invece quello ritornò indietro di corsa col sidecar e riprese sto fucile e poi andò via. Ecco come è avvenuta l’evacuazione da Pievetorina, è avvenuta appunto in brevissimo tempo. Da diciamo attorno all’una, all’una e mezza era tutto sgombero.


Kai: interessante, si. E dopo la guerra è un po’ difficile la vita?

E, dopo la guerra ognuno ha cercato di fare il possibile per sopravvivere.

Kai: e voi avete questo negozio sotto?

Il negozio c’era sempre, in negozio era mia madre e mia sorella, ma diciamo, eravamo sprovvisti quasi di tutto. Anche, diciamo, le fonti di approvvigionamento non c’erano, no? Uno cercava di comperare, venivano ad esempio non so a Tolentino, venivano saltuariamente gente che viaggiava dal nord, portava giù la roba, insomma ognuno cercava di arrangiarsi come meglio poteva.

Kai: lei aveva qualche campo per crescere i vegetali…

No, no, no, noi non avevamo estensioni di terreno.

Kai: e voi avete figli?

En, dunque, io dopo mi sono sposato, ma molto dopo la guerra.

Kai: si, si. Che anno?

Nel 50, mi sa. Nell’anno 1950.

Kai: e ci sono stati figli?

Io c’ho avuto un figlio, no? Che attualmente c’ha lo studio da ingegneria, fa l’ingegnere.

Kai: ah, ho capito, dove?

Qui a Pievetorina. C’ha lo studio lì sopra alla banche delle Marche. Lui occupa tutto l’appartamento della banca delle Marche.

Kai: non lo sapevo.

Si, si. Antonio si chiama. Ma lo conoscono, i parenti di sua moglie lo conoscono bene.


Kai: si, si. Allora, dimmi un po’ di quel bombardamento in Russi dove era; il bombardamento dei Russi contro voi.

E, lì c’erano, diciamo, alla sera nel periodo … c’erano…

Kai: dove era? Quando?

A Gomel. Ma i bombardamenti, noi ad esempio quando eravamo a Bonoscinograd(?), i bombardamenti erano giornalieri perché … c’ho anche delle fotografie dove eravamo noi con l’Officina, cadde uno spezzone da un aereo, fece una buca enorme. Io me ricordo che dalla parte di dietro dove c’era l’ingresso che cadde questo spezzone di bomba e c’era una porta grandissima, e stava entrando uno con una motocicletta col sidecar, con lo spostamento dell’aria lo schizzò dentro come un proiettile… eh si.

Kai: si, si.

E, la guerra era così.

Kai: terribile.

Noi non eravamo truppe combattenti, però là la guerra era per tutti, non risparmiava nessuno.

Kai: esatto; voi portava qualche materiale per aiuto ai soldati? Che cosa…

Dunque io ero il magazziniere della 18° Officina Mobile Pesante e c’avevo in consegna tutto il materiale… noi c’avevamo 8 autocarri carichi di tutti i pezzi di ricambio, vero, delle varie macchine, vero, che operavano sul territorio. Più 4 automezzi sui quali veniva caricata tutta l’attrezzatura dell’Officina.

Kai: si, si, bene. Allora, pensa lei di qualche altra cosa che vuole dire?

Che gli posso dire?

Kai: … abbiamo finito.

Mha, ci sarebbe tanto da dire, ma come ripeto…

Kai: ma tu ricordi qualche altra cosa?

Così a braccio è sempre una cosa difficile a riferire le cose anche perché poi io c’ho un’istruzione elementare. Io ho fatto la quinta elementare, non è che sono andato oltre.

Kai: non importa molto. Allora molto molto grazie.

Ma di che cosa? Ma per carità.

Kai: è interessante.

Ma ci sarebbe da parlare, avoglia …

Kai: si, si, bello.

Adesso glie voglio fa vedere qualche fotografia ...