interviste di Kai Nebel

Fernando Fulgenzi

sbarco degli americani in Sicilia, approfondisci qui.

Fernando Fulgenzi

AUDIO Intervista di Kai Nebel a Fernando Fulgenzi

Fernando Fulgenzi


Kai: nome?

Fernando Fulgensi. Classe 1923. So nato il 18 settembre del 1923.

Facevo parte delle truppe da sbarco 33° reggimento fanteria.

Kai: dove?

In Sicilia, tra Gela e Licata. Siamo stati lì per la preparazione in attesa di essere impiegati in combattimenti.

Ma purtroppo questo combattimento è stato tutto un tradimento.

Io parlo chiaro perché facevo parte dei guastatori.

Kai: allora che cosa è successo?

Adesso che è successo: quando a noi ci hanno dato l’allarme per portarci in zona di combattimento, ci hanno dato l’allarme con dieci ore di ritardo. Le truppe americane avevano sbarcato tutto un grandissimo arsenale militare.


sbarco degli americani in Sicilia, approfondisci qui.

Kai: si, e dopo?

Dopo con gli scontri e coi combattimenti abbiamo dopo tre, quattro giorni, adesso non ricordo bene, ma questo è il tempo, ci siamo ritirati perché gli americani sapendo che eravamo italiani hanno attenuato, si sono calmati facendo i bombardamenti. Soltanto con l’aereonautica, i B29 e bicoda 29, apparecchi da bombardamento. In quegli scontri io ho perso … (piange).

Certo chi c’ha i mezzi vince la guerra. Noi non c’avevamo manco le gallette per mangiare. Proprio ridotti a zero. Mussolini prima di fare la guerra, prima di allearsi con la Germania, con tutto il dovuto rispetto, combattenti anche loro, però doveva farsi un viaggio in America.

Dopo, combattimenti, ore, giorno, marcia, a piedi, fame, sete, disperazione, siamo arrivati a Gela, nella provincia di Enna, ultimo combattimento.

Grazie a Dio io ho perso degli amici, Grazie a Dio io mi sono salvato. Però ho perso dei carissimi amici del mio plotone. Perché io ero caporalmaggiore comandante squadra guastatori. Ero per quella cosa lì. I guastatori, come sapete, facevano saltare i fortini, ma però non c’avevamo niente, una disperazione completa: fame, sete, sonno, stanchezza, c’ho tutto, tutto, tutto.

9 luglio, 10 luglio del 43 ci hanno fatto prigionieri i neozelandesi.

Kai: dove?

In Sicilia. Nello sbarco sono entrati in azione le truppe neozelandesi e ci hanno fatto prigionieri. Io ho alzato le mani. So stato il primo a mettere bandiera bianca, non lo nego, perché la pelle è pelle!

Signori miei io ho combattuto finché glielo fatta: non gliela facevo più. Mancava mangiare, mancava vitto, alloggio, mancava tutto… medicamenti, ufficiali medici non si trovavano: è stata una guerra di disperati.

Kai: e poi?

Poi ci hanno fatto prigionieri e ci hanno portato a Pachino, sempre in Sicilia, e ci hanno consegnato agli inglesi. Gli inglesi ricevevano il mangiare dagli americani, attenzione che questo è importante: ci davano il famoso pane americano.

Kai: si, si.

Allora questo per due, una pagnotta per ogni due italiani. Noi… vabbè. Invece gli inglesi facevano una pagnotta ogni 4 italiani, il resto lo mangiavano loro.

Kai: mamma mia.

Eh, hai capito? Io ho dovuto dare ad un neozelandese che faceva la guardia, l’orologio che m’aveva fatto mia madre per avere una borraccia d’acqua.

Kai: mamma mia.

Eh, quando poi l’inglese l’ha saputo m’ha fatto restituire l’orologio e l’ha vergato di frustate, tante frustate gli ha dato. Non doveva fare. Ma quello era un inglese che aveva poca coscienza.

Poi c’avevano messo sui treni e ci hanno portato a Schansì, in Algeria. Lì c’hanno preso in consegna gli americani. Tra questi americani ce n’era uno che era bravissimo. Il maresciallo Morello, italo americano e: “qua adesso in fila da mangiare per tutti!”

E c’ha dato da mangiare. Perché c’avevamo tanta fame, tanta fame c’avevamo.

C’avevamo solo 18 anni, 19 anni, tutti ragazzi, tutti giovani. Mussolini non ha mai capito un cazzo, scusate la parola, ma non ha mai capito niente. Capiva di politica, però militare non capiva niente. Era un caporale. Doveva seguire l’esempio di Hiltler, s’era messo, Hiltler, caporale a lui e caporale la sua … è vero? Non mettersi i gradi da maresciallo dell’impero, ma quale maresciallo dell’impero, signori miei, io ho sofferto fame, sete, … (piange).


Kai: si, si… e dopo quello? Siete andati in America?

C’è, c’hanno portato gli americani. C’era il maresciallo Morello, per tenerci un po’ in movimento ci mandava a raccogliere a pulire i fiumi in Algeria, a Shansì. E c’erano i marocchini, perché erano i padroni, dopo gli americani erano i padroni loro del campo. Ci prendevano in giro: italiani figli di mignotta, italiano questo, italiano pederasta… noi un giorno l’abbiamo detto al maresciallo Morello: maresciallo questi ci prendono in giro, ci dicono un sacco di parolacce.

Botte. Siete italiani? Si. Menate, poi venite da me. E un giorno abbiamo preso sti quattro marocchini che … prendo respiro.

Kai: si.

Questi quattro marocchini, gli abbiamo dato un sacco di botte. Loro erano quattro, erano armati. Noi eravamo otto, prigionieri. Otto prigionieri e così abbiamo dato un sacco de botte. Abbiamo preso il camion che ci aveva portato e siamo ritornati al campo. Quando ci ha visto il maresciallo Morelli, che è successo? Morello, non Morelli, Morello.

“Che è successo?” Così, così, così, gli abbiamo menato.

“Avete fatto bene.” Da oggi in poi fuori tutti i marocchini, le guardie marocchine. Qui comandano gli americani. E siamo stati bene.

Poi un bel giorno dice: “ragazzi, si parte.” Per l’America. Per destinazione ignota.

Noi credevamo d’andà al fronte, giustamente, invece, invece c’hanno imbarcato in mare.

Mamma mia, pieno, pieno di navi. Mercantili, navi da guerra e vedevamo che su queste navi c’erano tutti soldati americani.

Ci anno accolto … (piange) come fratelli, a braccia aperte. C’hanno dato da mangiare, c’hanno… poi da Shansì a Orano al posto di imbarco, c’erano 15 chilometri da fare.

Io mi so dovuto incollare un nemic, un prigioniero, che poi non so che fine ha fatto, ci siamo rivisti in Italia. Ho portato lo zaino, ho portato lui a braccia perché gliela faceva più a camminare. Io purtroppo ho camminato molto, era allenato, e c’hanno portato a Orano. A Orano c’hanno imbarcato la sera alle 10 per evitare che ci vedessero gli aerei tedeschi. Perché aerei tedeschi bombardavano tutto quello che trovavano, distruggevano tutto quello che trovavano.

A bordo abbiamo trovato … (piange) abbiamo trovato il comandante della nave, ci ha assegnato le stive, mangiate e poi andate a dormire. Al mattino ci siamo svegliati, abbiamo fatto la doccia con la pompa dell’acqua del mare e siamo partiti.

Partiti… c’è capitato un americano di origine fiorentina, bravo, bravo, bravo… (piange) comandante, dove andiamo, questa è la strada…

“Andiamo in America, boni, tranquilli, qui c’è da mangiare per no un mese, due mesi c’è da mangiare, però non sprecate il mangiare perché appresso a voi vengono gli altri prigionieri.”

Dopo un mese di navigazione ci hanno portati, siamo sbarcati a Northforth (?)

Kai: ciao Maria.

Buon giorno signora, buon giorno.

Maria: stia comodo, stia comodo, non ti muovere.

Quindi ci chiamò il capitano americano, comandante della nave, “ragazzi, qui c’è da mangiare per tanto tempo; un mese, due mesi, tre mesi, però non lo sprecate perché appresso a voi vengono gli altri prigionieri.”

Le stive erano piene. Ad ognuno di noi diede una cassa piena di scatolame: pollo in scatola, minestrone, caffè, tutto da mettere in acqua calda, caffè metti in acqua calda e ti tocca a fa solubile.

Dopo un mese di navigazione siamo arrivati…

Ah, durante il viaggio in un’altra nave morì un prigioniero, famoso tifo petecchiale, che lì si muore. L’hanno messo dentro ad una cassa, onori … (piange) e l’hanno buttato a mare.

Ecco, questa è stata la guerra voluta da Mussolini.

La disperazione. Signori miei, quanta ce n’è stata.


Dopo un mese di navigazione arriviamo a Northforth nella Virginia.

Arriviamo a Northforth nella Virginia: prima di sbarcarci c’hanno fatto, c’hanno chiuso in un tunnel, attraverso quel tunnel siamo entrati dentro i bagni dove ci facevamo le docce. C’hanno dato saponette e disinfettanti; dopo il bagno si passava in un’altra sala. In quell’altra sala c’erano i negri con, come si chiama, gli spruzzatori per disinfettare. Sotto le ascelle, in mezzo alle gambe, scusi la parola, anche nell’ano, c’hanno disinfettato, perché avevano paura che c’erano degli ovuli di pidocchi, piattole, c’era tutta sta roba. Poi c’hanno fatto passare sotto una galleria e c’hanno portato sui treni eletti.

Adesso non mi ricordo il paese come si chiamava, no Paint Camp era vicino a New York, c’hanno, dopo quattro giorni e quattro notti de treno, tutte le mattine a fare la doccia. C’era dei vagoni apposta per fare la doccia. Barba poi i capelli abbiamo fatto per arrivare a destinazione. Dopodiché, dopo quattro giorni, da mangiare colazione, pranzo e cena, doppia colazione, tramezzini, caffèlatte, tè, quello che volevi, c’era tutto.

E’ proprio vero.

La nazione che ci ha passato Gesù, ci ha fatto la pipì, qui deve cresce il benessere del mondo. E’ cresciuta proprio per essere del mondo.

Noi siamo arrivati a questo campo, mi sfugge il nome non me lo ricordo, ma quando me lo ricorderò lo dirò a Mr. Kai. Dirò era il campo … 4 giorni 4 notti di treno. Appena sbarcati la sera dal treno, c’ha ricevuto lo sceriffo, che è il capo della contea. C’ha ricevuto questo sceriffo, a cavallo… “Benvenuti” (piange) “agli italiani.”

C’hanno portato dentro nel campo e c’hanno rifocillato con il tè caldo e qualche tramezzino, chi lo voleva. La mattina, c’ha mandato a letto, la mattina abbiamo fatto la doccia, e la mattina poi abbiamo fatto la colazione, col vassoio, c’ha radunato il colonnello, comandante del campo che aveva un figlio che stava prigioniero in Italia: “qui state bene; non scappate.”

Perché c’era qualche matto che tentava di scappare, dove andava, dove andava? Faceva un chilometro, due chilometri, poi lo riprendevano gli americani, gli elicotteri americani lo ripigliavano.

Si lavorava, siamo andati a raccogliere le barbabietole, siamo andati, io sono andato presso una famiglia che era proprietaria di circa 15 ettari di terra. A raccogliere le barbabietole. Tutto meccanizzato: noi c’avevamo i guanti, raccoglievamo le barbabietole e le mettevamo …

Kai: che cos’era?

Barbabietole.

Kai: barbabietole.

Si, signora…

Kai: che cos’è barbabietole?

Maria: ... (spelling) sugarbeet …

Per fare zucchero.

Kai: … is exactely sugarbeet, eh? Sugarbeet.


Ho lavorato 45 giorni a raccogliere barba… Ho, abbiamo lavorato, perché eravamo una squadra di 50, 50-60 prigionieri uno più uno meno, e prendevamo 8 dollari al giorno. Il governo americano ce li metteva; il libretto bancario. Poi a colazione che ci dava il boss, padrone del terreno, erano 7 fratelli, tutti oriundi tedeschi. Bravi, un signore. S’erano ambientati all’ambiente americano.

La moglie aveva paura di portarci la colazione, perché la propaganda, la propaganda è sempre quella che rovina la nazione, la propaganda diceva: sono sfregiati, hanno tatuaggi, non era vero niente. Adesso faccio vedere le fotografie a Mr. Kai e alla signora che non eravamo così.

Eravamo giovani, belli, florenti, paracadutisti, battaglione San Marco, truppe da sbarco, eravamo tutti giovani, 18, 19 anni, 20 anni.

Mussolini è stato un gran testa di cazzo. E’ stato.

Non doveva fare la guerra all’America sapendo che l’America aveva avuto tanti emigranti in America. Doveva fare, mho, ambizioso di portare la divisa. Embè, è andata così.

Poi dopo 45 giorni siamo rientrati al campo.

Qualche facinoroso gridava viva Stalin. Io no, io so stato sempre di destra. Sono cresciuto sotto quell’era, sono stato sempre di destra, ho sempre ammirato la politica di Mussolini, come oggi ammiro la politica di Bush, perché gli americani sarà a chi piace e a chi non piace. A me è sempre piaciuto. Il comandante deve essere giusto ed energico. Punto e basta.

Rientrava al campo, dopo una quindicina di giorni ci portano nel Nebraska. Nevada, Missouri, Indianapolis, due giorni, tre giorni, barcatevi, imbarcatevi, ripartiti, viaggi, camion, macchine, una cosa incredibile. Ci portano nel Nebraska.

In questo campo passa una mattina capitano americano.

D’accordo, certo c’era un capitano italiano, ma era uno scemo, non capiva niente.

Dice: “ragazzi si prospetta una possibilità, sta a voi decidere.”

Quale, signore?

Perché io sono stato imparato a dire “no signor capitano”, signore, perché si dice signore. Mio padre era militarista ed io ho imparato da mio padre.

Dice: “se volete collaborare con l’America, vi facciamo uscire, vi portiamo in un altro posto e lì state bene. Se non volete collaborare vi portiamo in un altro campo. Come state non lo sappiamo.” Invece lo sapevano loro.

Io sono stato il primo.

Io poi… le donne, perché voi italiani se vi manca la donna è finito.

La donna, spaghetti, c’era il capitano che adesso faccio vedere a Mr. Kai e alla signora, un capitano era un signore.

Così ho firmato, il mese di aprile c’hanno portato a Paint Camp, otto chilometri da New York.

Per addestramenti, non addestramenti di guerra, per non tenerci fermi, c’hanno fatto fare delle marcette, andavamo a fare il campo, ci facevano trovare il pranzo pronto, tutto, tutto a posto.

Non posso dire niente. Lo giuro davanti a Dio.

Quando siamo arrivati a Paint Camp, c’era il comandante, un colonnello, ancora… dopo è venuto Paoletti, così ho inteso però Paoletti non l’ho mai visto, ma era un colonnello in gamba. Ci ha chiamato, c’era un sergente maggiore di origine greca, era greco, era un figlio de mignotta, ce l’aveva con gli italiani perché gli italiani avevano fatta la guerra alla Grecia. Ma a me che me interessa? Tu guarda a me, tu sei americano adesso, si, allora non te la prendere con me. Ce l’aveva un po’ con gli italiani. Un giorno l’abbiamo detto al capitano. Signor Capità, così e così.

“A me? Sbrigatevala da solo.”

Capitano, lei è in gamba, noi c’abbiamo avuto tutti ufficiali bravi. Ufficiali bravissimi, no bravi, bravissimi.

Dice: “dategli qualche sberla fatta come si deve.” E invece ce stato uno che l’ha picchiato proprio bene, bene. Tutto… era diventato calmo, one, two, three, four, one, two, three, strillava, prendeva di petto li soldati. Italià, guarda che io so marcià meglio de te, non strillare, non gridare, a me era poi comandante di plotone, 10 soldati, 11 soldati e questo poi l’hanno mandato via.


Durante questo campo io ero addetto alla lavanderia. Una volta alla settimana con l’autista femminile, soldatessa americana, mi mettevo dietro il cassone, do stavano tutti i panni sporchi e lei guidava davanti e dallo specchietto l’italiano sai com’è fatto, quella me guardava e faceva così e io facevo smack, gli davo i baci… (ride).

Allora lei stava … agli ordini del capitano, perché noi do stavamo da Paint Camp per annà, andare alla lavanderia, dovevamo attraversare tutto un bosco. C’era la strada, la strada attraversava tutto un bosco.

S’è fermata, dice “Hey Feri, come on, come on!” vieni vicino a me. Mo sera imparata qual cosina d’italiano, e lì abbiamo amoreggiato. Ah, l’italiano è fetente. Dice vieni eh… so salito e mi so messo vicino a lei. Dice stai bene? Eh dico si…

Una volta alla settimana c’era il cambio di tutta la biancheria, lenzuola, vestiti, tutto c’era il cambio, … ognuno c’aveva il sacco della biancheria per conto proprio, dopodiché c’era dopo due mesi, due mesi e mezzo adesso non lo ricordo bene, c’hanno rimesso sul treno e c’hanno portato nello stato d’Illinois, Rock Island.

Kai: si, lo conosco.

Lo conosci? C’hanno portato nello stato d’Illinois perché lì c’era lo stabilimento militare mi sembra che era, mi sembra, che era la Ford, era arretrato di 4 o 5 mesi, perché lì era un paese, non lo so che c’avevano, però erano arretrati. Il colonnello americano ci disse: “chiedetemi tutto, purché lavorate.” Infatti noi abbiamo cominciato a chiedere la sala cinematografica, e la sala da ballo; sala da ballo dove la sera passavamo un’ora, due ore, con le ragazze che venivano dai village e si ballava e si passava un’oretta in santa pace.

Kai: abbastanza bello.

Eh?

Kai: bello quello.

Ah! Mha, stavamo bene, stavamo bene Mister, stavamo bene, no bene, benissimo.

Allora il governo americano aveva stabilito otto dollari al giorno. Perché otto dollari, pensavamo alle sigarette, Chesterfield, Camel, Lucky Strike, dallo spaccio militare americano. La birra, dallo spaccio militare un centesimo… E c’avevamo messo i sordarelli da parte. Perché noi quando ce pagava il capitano, se vi sono avanzati dei soldi dateli qui, li mettiamo sul libretto che ognuno di voi, noi conserviamo, al momento dell’imbarco vi saranno restituiti.

E’ stato un errore quello perché i soldi se li sono fregati i governanti americani.

Poi eravamo liberi.

Io andavo al cinema con June, una sera con June, n’altra con Heter, n’altra con Mary, n’altra con Fe, tutte le sere cambiavamo donna, pensa un po’!

Mo… posso parlà, è una questione un po’ delicata (ride).

Tutte le sere a fare l’amore. Tutte le sere. Quand’è stato un bel giorno non glie l’abbiamo fatta più.

Il capitano americano che stava in fotografia: “che avete fatto, ragazzi?” Eh… “Donne, girl?” Dico si. “Tante?” Tante. Venne l’ufficiale medico disse “giù le mutande” io c’avevo il pisello così piccoletto….(ridono) … facevamo Mister, scusa ma io sono franco nel parlare.

Perché il bene che ho avuto da quella gente.

Otto giorni a letto. Nessuno esce da questa stanza. Andate a mangiare e ritornate qua. Una puntura e pasticca. Dopo otto giorni eravamo di nuovo come i leoni, fortificati, dice, va bene, e siamo ritornati al lavoro. Però il capitano diceva “ragazzi, fate le cose per bene. Non cerchiamo di richiamare l’ufficiale medico per farvi rivisitare”.

Vabbè. E noi c’eravamo attenuti anche per ragionamento nostro, si faceva, cerchiamo di essere più calmi…

C’era tante ragazze belle! Belle. Poi io ero giovane, quell’altro, tutti giovani poi faccio vedere la fotografia al Mister.

Così, siamo stati lì finché è arrivato dopo due, tre anni di prigionia. Prigionia, ex prigionia perché noi portavamo la divisa americana con uno stemma qui sul braccio sinistro dove c’era scritto Italy.

Però per andare in night, c’era il night americano e il night per gli italiani. Noi, italiano furbo, avevamo strappato lo stemma italiano, staccato proprio, io parlavo bene americano perché stavo sempre in mezzo agli americani; parlavo bene l’americano e c’era la guardia che stava sulla porta del night. Tu non sei americano, tu sei italiano. Io che potevo dire? Niente, m’aveva scoperto. Dico si, sono italiano. “Va dentro, però calma eh?”

Entrai dentro trovai, trovai tutti bene a posto meno qualche americano che stava coi i piedi sul tavolino. Dico qui se entra l’ufficiale. Entra, infatti entrò il capitano, allora io abituato con la disciplina italiana, come entrò il capitano subito sull’attenti, salutare.

Il capitano americano non voleva questo. In luogo chiuso non si saluta. Neanche se entra il presidente degli Stati Uniti, dicevano. Soltanto loro… se entra in forma ufficiale, allora tutti sull’attenti, ma sennò no. E infatti noi siamo abituati all’ambiente come americano.

C’era il capitano nostro italiano, capitano Dell’Anna, me ricordo, capitano Dell’Anna… “voi ogni volta che incontrate un ufficiale dovete salutare.” Allora a chi diamo retta, a lei signor capitano o a quello americano? Qui stiamo in America e diamo retta al capitano americano. Noi ascoltiamo quello che ci dice il capitano. Infatti il capitano americano ce diceva “non salutate: una volta basta, perché è scemo lui se non lo riconosce, noi sappiamo chi saluta e chi non saluta.

Quando siamo stati … la mensa, entravano sempre per ultimo quei quattro o cinque ufficiali italiani perché non volevano sedersi vicino ai soldati italiani. Noi non eravamo più soldati italiani, eravamo soldati americani. Perché io c’ho le fotografie sono vestito come soldato americano.

“Tu, tenente Dell’Anna, s’accomodi.”

“Ah, io non mangio.”

“Fuori allora” (il capitano americano) “Fuori, qui tutti americani siamo”. E li mandava via.

Imbarcati. E’ arrivato il giorno dell’imbarco. Siamo, c’hanno portato sulla nave, hanno consegnato i libretti all’autorità portuale, al capitano, questi devono essere consegnati all’autorità italiana.

Signori miei, i soldi non li abbiamo visti.

Adesso il nostro presidente Berlusconi sembra che ci voglia dare i soldi perché ce stata un’interpellanza alla televisione, fatta su Rai 3, … chi ha preso questi soldi? Qualcuno ha detto Andreotti e Fanfani. Chiudo perché…

Viva l’America. Viva Bush.

Kai: grazie.

Prego.

Siamo stati bene, infatti il governo americano, sapendo quello che avevamo fatto noi negli Stati Uniti, il lavoro, … aver rimesso in parità quegli altri stabilimenti, aveva fatto la proposta al governo italiano di trattenere in America, c’avevano fatto le visite, trattenere in America gli ex prigionieri italiani. Visita, contro visita, fatto tutto, tutto, tutto. C’è stato un governo comunista, allora, del comitato di liberazione italiano, no, rivoglio tutti i prigionieri.

Perché noi le ragazze che c’avevano figli da parte nostra, io non lo so se ce n’ho 10 o 20 non lo so.

Ho incontrato dei parenti che stava a Carthage, New York, si chiama la zona, Carthage New York.

Lo zio c’aveva 15 taxi, uno ce lavorava lui e 14 l’aveva affittati.

Siamo stati bene, volevamo restare in America.

Questo imbecille di partito “rivoglio gli italiani” presidente del consiglio Parri, faccio il nome, non nascondo io. Parri: “rivoglio gli italiani perché voglio riformare l’esercito italiano.”


Ferruccio Parri

Ma che riformi, la fame? C’avamo la disperazione. Ho chiuso, arrivederci. Mister.